L’accordo di vendita di NetCo, improvvisamente a rischio, agita i mercati.
Telecom Italia se la passa male. Sono anni che l’azienda di telecomunicazioni, una volta la principale realtà del settore nel nostro paese, vivacchia stretta tra le morse di una concorrenza che non fa sconti. Ora l’accordo raggiunto per la vendita di NetCo a KKR rischia di saltare per il ricorso intentato da Vivendi, che ha provocato un crollo del titolo in Borsa. Cerchiamo di capirci qualcosa di più.
Il 24 novembre scorso Tim ha varato l’organizzazione della divisione NetCo, ramo d’azienda che comprende – per citare lo tesso comunicato stampa di Tim – “l’infrastruttura di rete fissa e gli immobili di pertinenza, di cui avrà in carico la gestione, l’attività wholesale e l’intera partecipazione nella controllata Telenergia. La divisione si compone di oltre 20 mila persone, di cui già oggi oltre 19 mila lavorano in ambito di Wholesale & Network, mentre altre 900 circa confluiscono dalle funzioni Staff di TIM.” Tim ha deciso di creare questa divisione interna con uno scopo preciso: venderla.
È stato infatti stipulato un accordo di cessione di NetCo a FiberCop, una società controllata dal fondo di investimento americano Kohlberg Kravis Roberts & Co. L.P. (KKR), previsto per l’estate 2024. L’offerta, sulla quale aleggia ancora un alone di mistero, pare aver valorizzato la divisione per 18,8 miliardi di euro. Il motivo della vendita è presto detto: Tim deve smaltire un indebitamento finanziario pari a circa 14 miliardi di euro, dunque questa mossa potrebbe risolvere in sol colpo tutti i suoi problemi.
Ma a guastare la festa alla compagnia è intervenuta Vivendi (già primo azionista di Tim dato che ne possiede quasi il 24% delle azioni), che ha presentato un esposto presso il Tribunale di Milano contestando la legittimità della deliberà con cui il CdA ha accettato l’offerta di KKR. Questo ha avuto un chiaro effetto negativo sul valore del titolo in Borsa, almeno in una fase iniziale: negli ultimi giorni il titolo si è parzialmente ristabilito dopo una nota ufficiale della stessa Tim che ha fatto sapere che le trattative per finalizzare l’accordo tanno continuando dato che Vivendi “non ha formulato alcuna richiesta cautelare, né ha chiesto di inibire in via d’urgenza l’esecuzione della delibera e degli atti negoziali conseguenti”.
Ma perché Vivendi si oppone all’accordo? Da tempo pare che non scorra buon sangue tra l’azionista francese e il board di amministrazione della società, in gran parte italiano. Solamente 3 rappresentati della società francese sedevano in consiglio di amministrazione, ma sono stati recentemente ritirati da tale ruolo in aperta polemica con la gestione nostrana. Secondo Il Sole 24 Ore il punto sarebbe prettamente economico: Vivendi considera l’offerta di KKR troppo bassa, ed è convinta che Tim non avrebbe dovuto accettarla, per contrattare condizioni più favorevoli. Vivendi aveva così scritto al CdA chiedendo un’assemblea straordinaria per discutere la questione, ma tale possibilità gli era stata negata.
Insomma la questione pare più un battibecco interno alla dirigenza di Tim che un vero tentativo di bloccare l’accordo, anche perché come abbiamo detto questi soldi servono alla compagnia per appianare i debiti. Nonostante le difficoltà economiche di questo periodo, Tim rimane una delle realtà societarie maggiori del nostro paese. In base agli ultimi dati disponibili, Gruppo TIM è il settimo gruppo economico italiano per fatturato, e fino a qualche anno fa figurava nella classifica di Fortune tra i tra i primi 500 al mondo. Attualmente è stata scalzata e vi sono solo 5 gruppi italiani: Poste Italiane, Intesa San Paolo, Assicurazioni Generali, Enel ed ENI.
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This post was published on 22 Dicembre 2023 8:00
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