Per alcuni è il primo passo verso la comunicazione extraterrestre!
Se solo gli animali potessero parlare come nei film! Sarebbe fantastico poter interloquire con il proprio cucciolo, scambiare due chiacchiere con una giraffa allo zoo, scambiare un saluto con le balene nelle profondità oceaniche tutte fantasie? Non quest’ultima: per la prima volta un gruppo di scienziati è riuscito a “parlare” con una balena, un passo avanti importante nei tentativi di comunicazione interspecie che fanno ben sperare per il futuro e addirittura per la comunicazione extraterrestre! Ma come ci sono riusciti?
Ok, non è andata proprio così, ma già il solo fatto di essere riusciti a mandare un segnale sono e riceverne in cambio è un passo avanti di grande portata nell’ambito della comunicazione sonora uomo-animale, un risultato mai raggiunto prima da equipe di scienziati che si è dedicata allo studio delle frequenze sonore emesse dai cetacei per comunicare tra loro, provando poi ad inviare gli stessi suoni ed ottenendo per la prima volta una risposta da uno di essi. Ecco come hanno fatto.
Una ricerca congiunta di University of California, Davis, SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence) Institute, e Alaska Whale Foundation ha pubblicato un report nel quale ha affermato di essere riuscita ad intrattenere “20 minuti di conversazione” con una megattera di 38 anni denominata Twain, che bazzica nelle acque dell’Alaska. Ciò è stato possibile grazie ad uno studio preliminare dei richiami delle balene, che sono stati campionati ed analizzati per individuare quelli che gli scienziati hanno interpretato come segnali di richiamo, utili ai genitori per farsi individuare dai piccoli. A curare la registrazione di questi suoni è stata la nave di ricerca Glacier Seal, a capo della cui missione scientifica vi è James Crutchfield, professore di fisica alla University of California. Questi richiami sonori, denominati “whup” e “throp, sono una sorta di botta e risposta tra madre e figli, e servono appunto a non perdersi di vista l’una con gli altri. L’equipe di ricerca ha pensato di provare a replicare tale segnale di richiamo per verificare se potessero ottenere da Twain una risposta.
Questo tipo di segnale sono non è l’unico utilizzato dai cetacei: secondo la ricerca questi animali utilizzano un totale di 15-20 segnali acustici differenti per scambiarsi informazioni: alcuni sono di richiamo, altri di chiamata all’accoppiamento, di altri ancora non si è capito esattamente lo scopo, ma sembra abbiano un’utilità sociale di qualche tipo. Riuscire ad interpretarli può essere la chiave per una comprensione maggiore delle modalità di comunicazione interna a questa specie, nonché ad un ampliamento delle possibilità di comunicazione interspecie uomo-balena.
Per il momento è stato effettuato un solo tentativo di comunicazione con Twain, ma esso è stato coronato dal successo: all’emissione del segnale di richiamo, la megattera ha risposto con il segnale corrispondente. Ciò si è ripetuto ad ogni invio del segnale di richiamo, ripetuto dopo intervalli di tempo variabili, e Twain ha sempre risposto come ci sia spettava. Si è anche provato ad interrompere l’emissione del segnale per analizzare il comportamento della balena: Twain ha emesso il suo richiamo un paio di volte a vuoto e, dopo essersi resa conto di non ricevere risposta, si è allontanata. Ciò conferma che l’interpretazione data dagli scienziati al significato di questo segnale sia corretta.
Vi starete chiedendo perché tra i promotori della ricerca in questione figura anche il programma SETI. Il motivo è presto detto: i ricercatori sono convinti che approfondire la comunicazione interspecie possa essere utile anche nell’eventualità di instaurare comunicazioni con entità extraterrestri, un’ipotesi cui la scienza sembra scommettere sempre di più. Per chi non lo sapesse, infatti SETI sta per Search For Extraterrestrial Intelligence, ed è un programma scientifico promosso dal SETI Institute avente come scopo proprio la comunicazione con forme di vita extraterrestre che si presuppone siano in grado di inviare, ricevere ed interpretare segnali radio. Nel corso degli anni, a partire da alcuni esperimenti degli anni ’70 quando ancora l’istituto non esisteva, l’umanità manda nello spazio profondo segnali radio sperando di ricevere feedback in un futuro tendenzialmente molto lontano (anche inviando messaggi alla velocità della luce, le distanze cosmiche sono tali da non permettere risposte in tempi brevi).
In ogni caso gli scienziati hanno buoni motivi per ritenere che prima o poi si possa ricevere una segnale di ritorno. Si calcola che l’universo a noi conosciuto contenga 2 trilioni di galassie (1 trilione = 1 miliardo di miliardi), ognuna delle quali potrebbe contenere oltre 1 trilione di pianeti! Con numeri così grandi da essere difficilmente concepibili per la mente umana, la possibilità che non siamo soli nell’universo è piuttosto plausibile. Persino nella nostra Via Lattea sono stati individuati sistemi stellari promettenti da questo punto di vista, a cominciare da TRAPPIST, i cui pianeti di dimensioni simili a quelli terrestri potrebbero trovarsi in condizioni favorevoli ad ospitare qualche forma di vita. Sarà forse questo sistema il prossimo a finire nel mirino del programma SETI?
In ogni caso, lo studio dei segnali sonori utilizzati dagli animali per comunicare tra loro potrebbero fornirci informazioni preziose in caso di ricezione di un messaggio simile proveniente dallo spazio profondo, ecco perché studiare le “lingue animali” e provare a comunicare con loro imparandone il linguaggio può essere utile per il futuro della nostra stessa specie.
This post was published on 20 Dicembre 2023 8:30
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