Lo smart working è una pratica sempre più diffusa in Italia: ha tanti aspetti positivi, ma può anche far aumentare il prezzo delle bollette.
Negli ultimi anni abbiamo imparato a conoscere il significato di smart working, un concetto che in realtà esiste da diversi anni, ma che si è diffuso a macchia d’olio in giro per il mondo solo negli ultimi tre anni.
Il motivo è chiaramente da ricercare nello scoppio della pandemia da Covid-19 che ci ha costretto a stare in casa per fare tutto, anche e soprattutto per lavorare.
Lo smart working, infatti, è una pratica che consiste nello svolgere il proprio lavoro da casa anziché recarsi in ufficio o in azienda.
Si tratta di un tipo di lavoro che ha colpito principalmente i lavoratori d’ufficio che sono stati costretti a svolgere le proprie mansioni all’interno della propria abitazione poiché non era possibile raggiungere la sede lavorativa in virtù dello stato d’emergenza.
Nonostante lo stato d’emergenza sia ormai stato dichiarato terminato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, tantissimi lavoratori non sono ancora tornati nelle loro sedi e nelle loro aziende, ma hanno continuato con lo smart working.
Una pratica che sicuramente può essere comoda per alcuni versi, ma che può rischiare di farci spendere più soldi in bolletta.
Lo smart working è sicuramente un modo di lavorare che può far comodo sia all’azienda, la quale non deve mettere a disposizione i servizi ai propri dipendenti e dunque risparmiare molto sulle utenze, ma è una comodità chiaramente anche per i lavoratori che non devono uscire di casa di mattina presto, affrontare il traffico e le eventuali intemperie e raggiungere la sede.
Chiaramente però ci sono anche dei punti a sfavore di questa tipologia di lavoro.
I lavoratori in smart working, ad esempio, possono essere meno efficienti perché la vita privata si va a mischiare con quella lavorativa; inoltre non bisogna dimenticare che durante le ore lavorative che svolgiamo in casa andiamo a spendere dei soldi che alternativamente non avremmo speso se ci fossimo recati in sede.
Tra queste spese ci sono chiaramente quelle delle bollette dell’energia elettrica.
Non solo si tengono accese le luci e gli elettrodomestici quando magari si lavora in casa, ma ovviamente si attivano tutta una serie di dispositivi elettronici che utilizziamo effettivamente per lavorare.
Dopotutto “smart working” contiene proprio la parola “smart” che sta a indicare i dispositivi tecnologici che si usano.
È stato infatti appurato, dopo diverse analisi di mercato, che i lavoratori in smart working spendono in media più soldi in utenze energetiche rispetto a chi lavora in sede.
Queste spese in più sono il risultato di diverse pratiche che, come abbiamo accennato anche in precedenza, coloro che lavorano nella propria casa fanno rispetto a chi invece lavora all’interno di un’azienda o di un ufficio.
La luce accesa tutto il giorno, i dispositivi elettronici, la corrente elettrica per stampanti, scanner e altri dispositivi, i riscaldamenti durante la stagione invernale e il condizionatore durante la stagione estiva sono solo alcuni degli elementi che contribuiscono a far lievitare le bollette dei lavoratori in smart working.
Inoltre c’è anche la questione gas con i fornelli dato che chi lavora in casa si fa da mangiare nella propria cucina.
È stato stimato che i lavoratori in smart working vanno a spendere addirittura dal 19% al 23% in più in bolletta che, in termini monetari, equivale a circa 290-330 euro in più.
D’altro canto lo smart working ci fa anche risparmiare soldi per altre spese, come quelle che riguardano il trasporto pubblico, l’automobile e anche il lavaggio dei vestiti dato che non c’è bisogno di indossare gli abiti da lavoro in casa.
This post was published on 20 Novembre 2023 8:00
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