Lavorare in nero è una delle prassi più diffuse su tutto il territorio nazionale e, spesso, porta a discussioni infinite tra chi la considera una pratica deprecabile e chi la vede come una via percorribile, a causa di vari fattori che obbligherebbero alla ricerca di un pagamento in nero piuttosto che qualcosa di regolarizzato. Ma come si fa il calcolo dei lavoratori in nero in Italia? Lo svela l’Agenzia delle Entrate.
La pressione fiscale italiana, decisamente schiacciante e il costo della vita in continua crescita, sono alcuni dei fattori che spingono molti italiani a offrire prestazioni di lavoro la cui retribuzione sarà “in nero”. Lavorare in nero significa farlo senza alcun tipo di contratto di lavoro a tutela del lavoratore e, di conseguenza, senza alcun tipo di costrizione statale al versamento delle tasse sulle cifre che vengono percepite.
A occuparsi di vigilare e sanzionare certi comportamenti è, solitamente, l’Agenzia delle Entrate, un’agenzia fiscale della pubblica amministrazione italiana che dipende dal Ministero dell’economia e delle finanze e che svolge le funzioni relative ad accertamenti e controlli fiscali e alla gestione dei tributi. Spesso, questo lavoro si traduce nell’erogazione di sanzioni profumate.
Quella dell’Agenzia delle Entrate, è un controllo esercitato in maniera capillare che si attiva non appena viene venduto un prodotto, un servizio o, più in generale, viene messa in atto una transazione di denaro realizzando un meccanismo giuridicamente noto come “do ut des”. Questo meccanismo dovrebbe essere, tendenzialmente, regolato da norme statali e in base alla sua entità, dovrebbe necessitare di una parte di tasse versate.
Il lavoro nero bypassa questo aspetto, agendo fuori dai limiti dell’ordinamento giuridico. L’Agenzia dell’Entrate utilizza un semplice metodo per trovare i trasgressori: media semplice e quella ponderata. In tal modo, verrà lasciato al contribuente l’onere di dimostrare che il suo operato sia, fiscalmente, sano ed entro i limiti di legge.
L’Agenzia è alla continua ricerca di operazioni imponibili non dichiarate, ovvero il famoso guadagno in nero. Se alcune volte, la ricerca si rivela semplice, portando subito a galla situazioni di “nero”, altre volte risulta più complicato a causa delle modalità messe in atto: può capitare che un lavoratore percepisca l’assegno di disoccupazione, pur continuando a rimpolpare il conto in banca, cosa che porta a una serie di controlli al datore di lavoro.
Per risalire ai guadagni, l’Agenzia adotta dei metodi deduttivi: come prima cosa, vengono analizzati i movimenti bancari dei contribuenti e, se dovessero essere riscontrate irregolarità, l’onere della prova di un giusto operato fiscale ricadranno sul contribuente. Bisogna poi distinguere professionisti e imprenditori.
Per quanto riguarda i professionisti, i redditi imponibili sono rappresentati da versamenti e bonifici sul conto. Per gli imprenditori il discorso cambia perché ogni importo versato o prelevato dal conto è imponibile. Per atti di vendita, l’Agenzia ricerca il ricarico applicato dal commerciante per eventuali presenze di nero, sempre tramite metodo di media semplice e quella ponderata.
A quel punto, dato che il contribuente avrà l’onere della prova, per verificare il suo operato fiscale, gli sarà permesso partecipare come osservatore, alle operazioni di calcolo della percentuale di ricarico. Fatto ciò, potrà avanzare le dichiarazioni utili nel caso si rivelino delle incongruenze.
Se tutte queste operazioni dovessero rivelare la presenza di nero, a essere preso in esame sarebbe il datore di lavoro che dovrebbe rispondere davanti al tribunale civile per il versamento dei contributi. Verrà dunque interrogato sul periodo lavorativo su cui cadono i dubbi fiscali dell’Agenzia, riguardo gli straordinari non pagati stipendi non versati, ma anche il versamento delle differenze retributive, le indennità non pagate, il pagamento del Tfr e l’eventuale risarcimento per licenziamento illegittimo.
Il datore di lavoro affronterà ogni situazione in maniera unica, rivolgendo l’attenzione a ogni singolo lavoratore coinvolto e, per ognuno dei lavorati coinvolti e che hanno subito le medesime problematiche fiscali, il datore di lavoro potrà ritrovarsi a evadere delle sanzioni da 100 a 500 euro. A queste cifre, si aggiungerà la sanzione amministrativa variabile a seconda di quanto è durato l’impiego.
Se l’assunzione arriva fino a 30 giorni, la multa si aggira dai 1.500 ai 9.000 euro per ogni lavoratore irregolare. Queste cifre, raddoppieranno per ogni 30 giorni aggiuntivi in cui i lavoratori hanno subito quelle condizioni lavorative. Ma i problemi per il datore di lavoro in nero non finiscono qui.
Vi sono infatti da valutare due ulteriori fattori: l’età e l’etnia dei lavoratori. Se per caso dunque, uno o più lavoratori in nero, dovessero risultare come stranieri o minorenni, la sanzione sarebbe aumentata del 20%. Alla luce di quanto scritto, è utile che i lavoratori prendano nota delle ore di lavoro, includendo gli straordinari e le somme ricevute come compensi.
Nel caso ci siano incongruenze e si voglia intentare una causa civile al datore di lavoro, nel merito del suo operato fiscale, sarà utile per i lavoratori avere l’uno i contatti dell’altro e cercare di fare fronte comune, così che vengano rispettate le condizioni di lavoro adatte, a una paga adeguata.
This post was published on 23 Ottobre 2023 6:30
Risale al 1969 il primo messaggio mai inviato via internet. Malgrado qualche problema, fu un…
Il nuovo Marvel Rivals sta avendo un discreto successo ed è arrivata anche la prima…
Qual è il videogioco sportivo più venduto di sempre? No, non è né FIFA né…
Siete alla ricerca di un nuovo smartphone per iniziare l'anno nuovo? Ecco tre consigli per…
Per sbloccare un smartphone Android senza avere a disposizione la password non ci vuole per…
Quanto tempo hanno passato gli utenti di Steam, giocando a titoli usciti solo durante il…