Dopo anni dalla sua prima scoperta, è giunta un’importante scoperta per quanto riguarda il morbo di Parkinson.
La ricerca in campo medico è fondamentale per le nostre vite, non solo per quanto riguarda la scoperta di nuove patologie e malattie, ma anche per importanti aggiornamenti e passi in avanti su condizioni patologiche già note da tempo.
Tra questi c’è sicuramente il morbo di Parkinson sul quale i ricercatori hanno fatto un’importante scoperta negli ultimi giorni.
Il morbo di Parkinson, chiamata anche in gergo sindrome ipocinetica rigida o paralisi agitante, è una malattia neurodegenerativa, ovvero quella categoria di patologie che colpisce il sistema nervoso centrale.
La condizione generale è dovuta soprattutto al fatto che, a causa di questa patologia, muoiono le cellule che generano dopamina.
Si tratta della malattia neurodegenerativa più comune dopo l’Alzheimer ed è stata scoperta per la prima volta agli inizi dell’Ottocento a opera del medico inglese James Parkinson, dal quale chiaramente deriva il nome della malattia.
Da allora la patologia è stata studiata per anni e ancora oggi, stando alle ultime notizie, vengono fatte importanti scoperte a riguardo.
Tra le tante informazioni che si conoscono per quanto riguarda il morbo di Parkinson c’è quella che riguarda il fattore genetico: è stato studiato, infatti, che nel 15% dei casi, il rischio di sviluppare questa malattia aumenta se sono presenti, o sono stati presenti in passato, casi di Parkinson all’interno della famiglia.
Oltre alla genetica, altri fattori di rischio possono essere l’età e l’esposizione diretta e continua all’inquinamento ambientale.
Fino a questo momento questi erano tra i fattori di rischio più conosciuti per quanto riguarda lo sviluppo del Parkinson in molti individui della popolazione mondiale, ma a quanto pare i ricercatori negli ultimi giorni hanno scoperto un nuovo fattore genetico collegato alla malattia.
Si tratta di una scoperta a dir poco importante proprio perché in questo modo si potrebbe prevedere più facilmente la malattia.
Fino a questo momento le ricerche del morbo di Parkinson sono state effettuate sempre sulla base di individui appartenenti alla popolazione europea, ma ultimamente un gruppo di scienziati provenienti da Stati Uniti, Regno Unito e Nigeria hanno deciso di unire le forze per allargare il campo anche alla popolazione americana e africana.
Le ricerche condotte dal team sono partiti dallo studio di associazione genomica che serve appunto a identificare diverse varianti di geni collegati a varie malattie.
Sono stati presi in considerazione circa 200.000 individui di origine africana o mista, provenienti sia dalla Nigeria, ma anche una piccola parte dagli Stati Uniti.
Tra questi a circa 1500 individui è stato diagnosticato il Parkinson.
La scoperta più importante però riguarda la nuova variante del gene, definita β-glucocerebrosidasi, che sembra essere strettamente collegata allo sviluppo del Parkinson.
Il team di ricercatori ha scoperto che gli individui che avevano questa variante del gene avevano una possibilità maggiore dell’1,5 di sviluppare la patologia, mentre addirittura maggiore del 3,5 per gli individui che presentavano due copie del gene.
La maggior parte di questi dati è stata riscontrata nello studio di persone di origine africana ed è per questo motivo che questa scoperta deve essere d’esempio per il futuro: lo studio di diverse popolazioni può portare alla scoperta di nuove varianti e di conseguenza nuovi modi per capire anzitempo il sopraggiungere di una determinata patologia e quindi curarla con più efficacia.
This post was published on 1 Ottobre 2023 6:30
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