La missione della NASA che vuole portare sulla Terra dei campioni di suolo di Marte è ambiziosissima. Forse troppo a giudicare dai costi faraonici, che mettono a serio rischio le sue finanze!
Quanto vale per voi un campione di suolo marziano? Anche il solo fatto di porsi questa domanda è strabiliante, poiché lascia intendere che oggigiorno disponiamo della tecnologia sufficiente ad inviare un veicolo spaziale sul Pianeta Rosso. In effetti lo abbiamo fatto diverse volte: nel 2003 è atterrato il primo lander Beagle 2 (anche se ne abbiamo perse le tracce fino al 2014), poi è stat la volta dei rover Spirit e Opportunity, atterrati con successo nello stesso anno. Poi è stata la volta del Phoenx ars Lander che ha esplorato il polo nord marziano nel 2008, e del rover Curiosity nel 2011. Gli approdi più recenti sono quelli del lander InSight atterrato nel 2018, il cinese Tianwen-1 nel 2021, e la coppia Perseverance-Ingenuity (rover+drone) nello stesso anno.
Ora però la NASA non si accontenta più di fotografie e sonde, vuole aumentare l’asticella dell’ambizione verso l’alto: la scommessa è quella di riuscire a portare sulla Terra diversi campioni di suolo marziano, per studiarne la composizione. C’è solo un piccolo problema: il costo dell’operazione è… astronomico!
Missione galattica, costo galattico
La missione allo studio della NASA si chiama Mars Sample Return e, come dice il nome, lo scopo è semplice da spiegare: utilizzare un lander per prelevare campioni di suolo a varie profondità, per spedirli qui sulla Terra ed analizzarli in tutta tranquillità. C’è solo un piccolo problema: il costo iniziale stimato per l’intera operazione fu preliminarmente di 4,4 miliardi di dollari. Ora è semplicemente raddoppiato!
Come hanno riportato il direttore della missione Jeff Gramling e il Program Manager Richard Cook, che supervisiona la costruzione dei veicoli al Jet Propulsion Laboratory, il nuovo costo previsto è di 8-9 miliardi di dollari, che coprono solamente la fase di progettazione e test. Ciò significa che ad essi vanno aggiunti gli ulteriori costi di lancio effettivo nello spazio, viaggio interstellare andata e ritorno (si parla di 5 anni complessivi) e di costruzione del laboratorio di analisi ad hoc sulla Terra. Decisamente un conto da far veder le stelle!
Le incognite non riguardano solo i costi ma anche i tempi di completamente della missione, ed ovviamente le due cose vanno a braccetto: più i tempi si allungano più i costi aumentano. Il lander Perseverance, che ho citato in apertura, è deputato alla raccolta dei campioni, ma non è in grado di rispedirli in orbita. Per questo obiettivo si sta costruendo un nuovo dispositivo che faccia da “ricevitore” di questi campioni. Questo Sample Retriever Lander dovrebbe raccogliere il testimone, recuperando i campioni da Perseverance una volta atterrato anch’esso sul Pianeta Rosso. Ma quali sono, realisticamente, le tempistiche? Ebbene, inizialmente si stimava di poter assistere al suo atterraggio nel 2028, ma alcuni problemi in fase di progettazione hanno già spostato questa data più in là nel tempo, tanto che ora persino il 2030 è considerata una data molto ottimistica.
Passa qua!
Inoltre il Sample Retriever Lander non è ancora l’ultimo dispositivo di questa catena tecnologica. Il veicolo ha il solo scopo di radunare e portare con sé tutti i campioni raccolti da Perseverance, ma non può “spararli nello spazio” in direzione Terra. Per fare ciò serve un vero e proprio razzo, anch’esso in fase di progettazione/costruzione, denominato Mars Ascent Vehicle. Costruito dalla ditta Lockheed Martin, il razzo sparerà i campioni nell’orbita marziana.
“Allora è fatta!“, dite voi. E invece no.
È impensabile che la sola propulsione del razzo riesca a vincere la gravità del Pianeta Rosso. I campioni saranno sparati in orbita, ma lì rimarranno, almeno finché non saranno raccolti da un ennesimo dispositivo, l’ultimo di questa lunga catena: si tratta di un “Earth return orbiter” che, come dice il nome, sarà il veicolo deputato a riportare effettivamente i campioni nell’orbita terrestre… dopo 5 anni di viaggio, ovviamente! Bisogna inoltre mettere in conto la costruzione di altri 2 veicoli di supporto, pronti ad intervenire qualora Perseverance desse segni di malfunzionamento e non fosse in grado di portare a termine la raccolta dei campioni. A questa pagina potete vedere un render preparato dalla stessa NASA che mostra tutte le fasi dell’operazione.
Mission abort?
Pagare o non pagare? Questo è il dilemma!
Decidere se impiegare questi soldi o meno è il vero nodo da sciogliere, poiché significa investire la quasi totalità del budget a disposizione della NASA per i prossimi anni, il che equivale a dire che questa missione costituirebbe l’unica attività in cui l’ente spaziale americano potrebbe dedicarsi per i prossimi quindici anni!
Il dibattito sta infervorando i capi della NASA stessa e l’intera comunica scientifica ed aerospaziale americana. Per ora si stanno individuando due possibili strade da percorrere per tentare di arginare il problema. La prima consiste semplicemente nel chiedere maggiori fondi al Parlamento, tramite lo stanziamento di budget più elevati per i prossimi anni. Ovviamente si tratta di una decisione che non può essere presa dall’oggi al domani né alla leggera, poiché va ad impegnare le casse dell’intero stato nel lungo periodo, peraltro con scarsissime (per non dire nulle) possibilità di ritorni economici immediati. La seconda strada, più appetibile, è quella di ricorrere alla collaborazione con aziende private, che fortunatamente oggigiorno non mancano: tra SpaceX, Blue Origin, Astrobotic, Intuitive Machines e altre, sono sempre più numerose le realtà imprenditoriali che decidono di gettarsi nel business aerospaziale.
Con un po’ di lungimiranza, la logo della Mars Sample Return Mission potrebbe rappresentare un punto di svolta nella storia delle esplorazioni spaziali, segnando l’inizio di una fase di collaborazione pubblico-privato in grado di provocare un’accelerazione dei tempi verso nuovi, finora impensabili, conquiste galattiche!