Twitter ha recentemente dichiarato che a partire dal primo aprile avrebbe iniziato a rimuovere le celebri spunte blu dagli account che non hanno pagato per il nuovo servizio premium, ovvero Twitter Blue.
Nonostante l’annuncio, le spunte blu, utilizzate per verificare l’identità di figure pubbliche e famose, non sono state affatto rimosse. Pesce d’aprile o l’ennesima scadenza non rispettata dal miliardario Elon Musk?
Quando l’anno scorso è stata lanciata una prima versione di Twitter Blue, sono stati diversi gli utenti che ne hanno approfittato per impersonare persone famose o aziende, divulgando informazioni false, anche potenzialmente pericolose, e anche una valanga di tweet ironici.
Uno dei casi più assurdi ha visto un utente creare un account per replicare la pagina ufficiale del gigante farmaceutico Eli Lilly. Munito di spunta blu, l’utente ha twittato che l’azienda offriva insulina gratis, portando a dannose conseguenze: nonostante Eli abbia immediatamente smentito la notizia, con tanto di scuse, il falso tweet era stato retweetato già un centinaia di volte e tempestato da migliaia di like, provocando il crollo temporaneo della azioni di Eli Lilly.
Dopo questo epocale tonfo nell’acqua, Elon Musk ha continuato il sentiero per trasformare in realtà l’abbonamento premium Twitter Blu: il magnate di origini sudafricane aveva recentemente annunciato che avrebbero rimosso tutte le spunte blu dagli account che già ne erano in possesso, spingendo così aziende e figure celebri a sottoscrivere al nuovo abbonamento premium.
Superata la disavventura, Musk aveva dichiarato che una grande de-verifica sarebbe avvenuta “nelle prossime settimane”. Le settimane sono diventate “presto” e successivamente tutto è stato spostato ad un vago “nei prossimi mesi”. Dopo mezzo anno di ritardi, finalmente il momento era arrivato e il CEO ha twittato: “Il 1° aprile inizieremo a chiudere il nostro programma di verifica legacy e a rimuovere i segni di spunta legacy verified”.
Ovviamente, anche stavolta qualcosa deve essere andato storto. Il primo aprile è largamente passato e la maggior parte dei possessori della “vecchia spunta blu” non hanno visto alcun cambiamento, anzi, sono stati dotati con la seguente etichetta: “Questo account è verificato perché è abbonato a Twitter Blue o è un account verificato legacy”.
La dicitura, che compare quando gli utenti cliccano sul segno di spunta, non rende chiaro se gli account verificati siano effettivamente persone degne di nota o semplicemente utenti che hanno pagato per iscriversi a Twitter Blue, tornando così alla confusione che aveva già portato a diverse situazioni spiacevoli.
Alla fine soltanto un account è stato privato della tanto discussa spunta blu, ovvero l’account principale del New York Times, che in precedenza aveva dichiarato alla CNN che non avrebbe pagato per la verifica. Sebbene l’account principale del New York Times abbia perso la spunta blu, gli altri account legati alla testata giornalistica – come quelli dedicati all’arte, ai viaggi e ai libri – sono ancora dotati della magica spunta.
In risposta a questi ultimi eventi, il New York Times ha ribadito che non intende pagare la tariffa mensile per la verifica dei suoi account Twitter e né rimborsare i giornalisti per la verifica degli account personali. “Non abbiamo intenzione di pagare il canone mensile per ottenere il segno di spunta per i nostri account Twitter istituzionali”, ha dichiarato il Times in un comunicato di domenica. “Inoltre, non rimborseremo ai giornalisti lo status di Twitter Blue per gli account personali, tranne che in rari casi in cui questo status sarebbe essenziale ai fini del reportage”.
Tra le aziende di social media, Twitter è il social network più piccolo e ultimamente continua a ridursi in dimensioni e rilevanza. Tutto è cominciato quando Musk ha eliminato gran parte del personale di Twitter, portando l’azienda da 7.500 dipendenti a meno di 2.000. Una forza lavoro che sarebbe stata utili per affrontare i continui problemi del sito, causati dai bot che inviano spam e gli account impostori che impersonano persone o aziende note.
A questo vanno aggiunti i continui problemi di sicurezza, gli errori, i bug che si accumulano e soprattutto le costanti dichiarazioni e manovre controverse di Elon Musk. Questi motivi hanno portato alcuni influencer e giornalisti a migrare verso altre piattaforme come Mastodon, LinkedIn e Instagram.
This post was published on 7 Aprile 2023 9:30
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