Amazon è ormai il colosso per quanto riguarda il settore spedizioni e spesa online. Qualunque oggetto, o quasi, può ormai essere reperito su Amazon che lo farà arrivare direttamente a casa, in una manciata di giorni. Queste caratteristiche gli hanno permesso di diventare sinonimo di garanzia e affidabilità per tutti i suoi utenti. Ma che succede quando Amazon non può più garantire il servizio?
Se fino a qualche anno fa si parlava di Amazon, ciò che veniva subito in mente era un servizio che riusciva a garantire spedizioni veloci, senza costi aggiuntivi per la spedizione e in grado fornire un catalogo vastissimo da cui attingere. Qualunque cosa poteva e può essere acquistata su Amazon, dai libri agli elettrodomestici, da prodotti informatici ai vestiti, dai mobili alla spesa giornaliera.
Amazon ha sicuramente cambiato il modo di percepire il commercio online, diventando un punto di riferimento per tutte quelle persone che riuscivano a fruire di prodotti molto difficili da reperire nelle proprie zone. Non tutti hanno la fortuna di vivere in una metropoli e Amazon riesce a rappresentare un modo, semplice e veloce, per non doversi spostare di chilometri per ogni esigenza un po’ più particolare.
Ma Amazon, ormai, non è solo spedizioni.
Da diversi anni, Amazon ha iniziato a fornire un servizio facoltativo, chiamato Amazon Prime. Si tratta di un abbonamento annuale dal costo attuale di 36 euro (o 18 nel caso siate studenti) la cui ragion d’essere, all’inizio, era continuare a garantire le spedizioni gratuite riuscendo a efficientare i tempi.
Chi ha sottoscritto l’abbonamento ad Amazon Prime saprà sicuramente, che Amazon garantisce la spedizione in uno o due giorni domeniche e festivi compresi, per tutti i prodotti venduti direttamente da Amazon e non da terzi che vendono tramite Amazon. Le isole sono forse le zone un po’ più penalizzate da questo metodo, ma ultimamente la situazione sembra essersi stabilizzata e anche gli abitanti di Sicilia e Sardegna si vedono garantite spedizioni in un massimo di due giorni.
Ma oltre a questo, indispensabile servizio, Amazon fornisce tutta una gamma di servizi aggiuntivi che arricchiscono l’offerta e non di poco. Pensiamo ad esempio a Prime Video. Si tratta di un servizio di streaming online, il secondo in Italia per numero di utenti, incluso nell’abbonamento Prime.
L’offerta di Prime Video è poi, molto ampia. Si passa da serie TV esclusive come la fortunata ed amata The Boys, ispirata all’opera fumettistica di Garth Ennis fino a show esclusivi come il nostrano LOL- Chi Ride è Fuori, in cui un gruppo di comici vengono rinchiusi in una stanza. Solo chi non riderà per 6 ore consecutive, sarà il vincitore.
Altro servizio ormai indispensabile è Twitch Prime.
Twitch è diventata, anche complice la pandemia, una delle piattaforme più utilizzate del web. Si tratta di una piattaforma di streaming, in cui ogni streamer cerca di intrattenere il proprio pubblico giocando ai videogiochi o chiacchierando del più e del meno.
Su Twitch è possibile sottoscrivere le cosiddette “sub”, una sorta di abbonamento al proprio streamer preferito, così da sostenerlo economicamente con una minima spesa mensile. Amazon propone però, a tutti gli utenti abbonati ad Amazon Prime, di usufruire di una “sub” gratuita al mese, così da sostenere lo streamer che più si preferisce senza però uscire un euro dalle proprie tasche.
A fronte di quello che è, indubbiamente, un servizio incredibile, la domanda sorge spontanea: il modello di business di Amazon sarà sostenibile nel lungo periodo?
La risposta potrebbe non fare piacere a molti.
Dunque, il modello di business di Amazon può essere sostenibile nel lungo periodo?
La triste risposta pare essere “no”. A riprova di ciò, è il fatto che Amazon, il colosso delle spedizioni con sedi in tutto il mondo e sinonimo di garanzia per utenti e dipendenti, dovrà licenziare 9000 dipendenti. Ma vediamo meglio di cosa si tratta.
È proprio di qualche ora fa, la triste notizia per cui Amazon dovrà licenziare una grossa fetta di dipendenti, 9000 per la precisione. A riferire la sofferta decisione è stato l’amministratore delegato di Amazon, Andy Jassy.
La lettera diffusa riesce a far percepire quali siano le motivazioni dietro quella che, lo stesso Jassy, ha definito una “una decisione difficile”.
Vi scrivo per condividere con voi che intendiamo eliminare altre 9mila posizioni nelle prossime settimane. Questa è una decisione difficile, ma che riteniamo sia per il bene della società nel lungo termine
Amazon non è comunque nuovo a queste pratiche. Già a inizio gennaio 2023, altri 18.000 dipendenti erano stati licenziati, che sommati a quelli appena annunciati, fanno lievitare il numero di licenziamenti a 27.000 unità nel solo 2023.
Dietro a questi numeri e a queste decisioni, starebbe un processo di revisione che ha evidenziato esuberi soprattutto in AWS, PXT, Advertising e Twitch. A detta di Jassy, si tratterebbe di una ridefinizione di priorità della società. L’obiettivo è uno snellimento nei costi e nell’organico, che riusciranno a rendere più efficiente Amazon nel lungo termine.
La nota di Jassy continua, chiarendo quale sia l’obiettivo dei tagli:
La società è attualmente concentrata sulla necessità di ottimizzare i costi, investendo allo stesso tempo nella soddisfazione dei clienti
I settori che verranno ridimensionati, con ogni probabilità, saranno perlopiù il cloud computing, le risorse umane e la pubblicità. I diretti interessati dai tagli, verranno contattati direttamente nei prossimi giorni mentre in Europa le comunicazione arriveranno tramite i sindacati. Amazon ha comunque messo in chiaro che vuole dare delle garanzie ai dipendenti licenziati.
Verranno sostenuti “coloro che dobbiamo lasciare andare fornendo pacchetti che includono un’indennità di separazione, prestazioni di assicurazione sanitaria transitoria e supporto per l’inserimento lavorativo“.
This post was published on 21 Marzo 2023 6:30
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