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Fuorigioco

Le guerre senza fucili e bombe, le Ai e i robot combatteranno in questo modo

Le guerre combattute dalle IA e non più dagli uomini, questo scenario non è così fantascientifico, anzi, è in cima alle preoccupazioni di molti paesi che si sono incontrati per discutere della questione. Le IA potrebbero in futuro avere un ruolo determinante sul campo di battaglia, con serie ripercussioni dal punto di vista etico e di sicurezza.

L’uso dell’intelligenza artificiale in campo bellico potrebbe avere conseguenze significative e complesse, sia dal punto di vista etico che operativo.

In termini di conseguenze etiche, l’uso di IA potrebbe aumentare il rischio di danni collaterali e la perdita di vite umane, in quanto le decisioni prese dall’IA potrebbero non essere sempre in grado di distinguere tra i combattenti e i civili. Inoltre, l’IA potrebbe anche essere utilizzata per sviluppare armi autonome, cioè armi che possono agire indipendentemente dall’essere umano, con il rischio di creare una destabilizzazione della sicurezza internazionale e di una corsa agli armamenti.

Cosa può fare un’IA in guerra?

Sul fronte operativo, le IA potrebbero essere utilizzate per supportare le forze armate in molteplici modi, come ad esempio:

  • Analisi dei dati: le IA possono analizzare grandi quantità di dati, come immagini satellitari, video e messaggi, per identificare obiettivi nemici o raccogliere informazioni sul campo di battaglia.
  • Previsione delle situazioni: grazie alle IA si possono analizzare i dati per identificare tendenze e modelli, che potrebbero aiutare le forze armate a prevedere le azioni nemiche e pianificare la strategia.
  • Supporto alle decisioni: le IA possono fornire raccomandazioni per le decisioni operative, come la scelta di una rotta o l’uso di un’arma specifica.
  • Controllo delle armi: le IA possono aiutare a guidare i droni e i missili, migliorando la precisione e riducendo il rischio di danni collaterali.

L’uso dell’IA in campo bellico ha il potenziale per migliorare l’efficienza e la precisione delle forze armate, ma è importante considerare anche le conseguenze etiche e di sicurezza, così come valutare attentamente l’impatto delle scelte operative e tecnologiche.

Ma perché tutte queste preoccupazioni? Siamo davvero vicini a un futuro in cui le guerre verranno combattute a fianco delle intelligenze artificiali? Secondo i capi di governo di decine di nazioni la risposta è sì, pertanto vanno prese delle decisioni nell’immediato.

I robot sono già sul piede di guerra

I robot vengono già utilizzati in guerra in varie forme. Ad esempio, i robot che disinnescano mine sono stati impiegati in varie operazioni militari per individuare e neutralizzare esplosivi. I droni, che sono pilotati a distanza da operatori umani, vengono utilizzati per la sorveglianza, la raccolta di informazioni e l’attacco a distanza.

Alcuni droni sono in grado di individuare e attaccare obiettivi autonomamente, anche se l’approvazione finale dell’attacco è ancora in mano a un operatore umano. Inoltre, i robot terrestri sono stati utilizzati per portare rifornimenti e attrezzature ai soldati sul campo di battaglia.

L’impiego dei robot in guerra è destinato ad aumentare in futuro, poiché la tecnologia continua a svilupparsi. Tuttavia, ci sono preoccupazioni riguardo all’impiego di robot autonomi, in grado di prendere decisioni e attaccare senza il controllo umano.

Il mondo è preoccupato: le IA possono combattere

Il primo summit globale sulla responsabilità dell’intelligenza artificiale nel settore militare, denominato REAIM, si è tenuto a L’Aia, nei Paesi Bassi, dove è stato siglato un accordo per garantire che l’argomento sia al centro dell’agenda politica. Il rapido progresso nell’ambito dell’IA negli ultimi mesi ha sollevato timori sulla sua possibile utilizzazione dannosa anche in ambito militare. L’impiego massiccio di IA nel campo civile ha già creato problematiche riguardanti l’occupazione e la creatività umana, ma l’impiego di macchine intelligenti in guerra potrebbe avere conseguenze catastrofiche.

Il summit REAIM, organizzato dalla collaborazione tra Paesi Bassi e Corea del Sud, ha visto la partecipazione di rappresentanti di oltre 60 paesi, tra cui la Cina, ma non ha coinvolto la Russia mentre l’Ucraina non ha partecipato per le ovvie motivazioni che tutti conosciamo.

La maggioranza dei partecipanti ha sottoscritto un appello all’azione che impegna i firmatari a sviluppare e utilizzare l’IA in campo militare in modo responsabile, rispettando gli obblighi legali internazionali e garantendo la sicurezza, la stabilità e la responsabilità internazionali. Tra le questioni che necessitano di attenzione ci sono l’affidabilità dell’IA militare, le conseguenze indesiderate del suo utilizzo, i rischi di escalation e il coinvolgimento degli esseri umani nel processo decisionale.

L’impiego di sistemi d’arma basati sull’intelligenza artificiale potrebbe consentire all’esercito di prendere decisioni più rapidamente e di essere più efficiente in zona di guerra. Tuttavia, tali sistemi comportano seri rischi e pericoli per i civili, in quanto la stessa tecnologia utilizzata per salvaguardare un particolare gruppo potrebbe essere impiegata per attaccarlo.

Bonnie Jenkins, sottosegretario di Stato americano per il controllo degli armamenti, ha dichiarato: “Invitiamo tutti gli stati a unirsi a noi nell’attuazione delle norme internazionali, in quanto riguardano lo sviluppo militare e l’uso dell’intelligenza artificiale. Vogliamo sottolineare che siamo aperti all’impegno con qualsiasi paese interessato a unirsi a noi”.

Se ben 60 paesi si riuniscono per discutere di intelligenze artificiali in guerra, significa che il pericolo è davvero alto. Un’escalation dei conflitti bellici potrebbe portare molto rapidamente a sviluppare nuovi modi, che prima sembravano fantascienza, per avere la meglio sul campo di battaglia.

This post was published on 24 Febbraio 2023 16:35

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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