Le smart-tv più moderne sono illegali: è quello che vuole affermare il Garante delle Comunicazioni italiano
La TV è cambiata e tutti devono fare i conti con questa nuova realtà. Sono ben poche, ormai, le famiglie che utilizzano la cara vecchia televisione come un tempo: RAI, Mediaset e tutti gli altri canali ordinari devono fare i conti con le piattaforme di streaming, sempre più numerose e con cataloghi sempre più ricchi.
A maggior ragione oggi che, dopo l’annunciato switch-off, tutti si sono muniti di modelli di TV più recenti, quindi quasi tutti “Smart”. Oramai, la televisione è quasi solo un tramite per trasmettere dagli svariati Netflix, Prime Video, Disney, Sky e chi più ne ha più ne metta. Alcuni addirittura non sono nemmeno più interessati a collegare la TV all’antenna, basta il Wi-Fi.
L’Agcom, l’Autorità Garante per le Comunicazioni, è recentemente intervenuta sulla questione in difesa delle care vecchie reti nazionali. Nella riunione del Consiglio Agcom del 25 gennaio 2023 il Garante ha avviato una consultazione pubblica puntando il dito contro i produttori di televisioni.
Secondo l’Agcom, infatti, le nuove smart-tv non pubblicizzano adeguatamente i canali nazionali, preferendo mettere in risalto le piattaforme a pagamento. Del resto, basta accendere la TV per rendersene conto: appena avviata mostra le app installate e, quindi, le icone per accedere alle varie piattaforme di streaming, mentre per accedere alla TV “normale” bisogna cliccare su una, in genere, anonima casella “TV” o “Digitale terrestre”.
Per l’Agcom la soluzione è dettare delle linee guida per denominare alcune reti come di “interesse generale”, quindi reti di informazione e trasmissione di carattere nazionale che devono quindi rivestire un’importanza maggiore rispetto agli altri canali di intrattenimento.
Tale denominazione può essere richiesta, in primis, dai canali RAI, la rete nazionale, sia televisivi che radiofonici. Inoltre, qualunque altra rete può richiederlo inoltrando un’apposita richiesta all’Agcom. L’obiettivo è ovviamente quello di creare un fronte comune contro le piattaforme a pagamento, una sorta di unione di reti televisive nazionali. Lo scopo è quello di ottenere uno spazio centrale all’interno della selezione canali delle nuove smart-tv.
L’Agcom chiede anche apposite icone sia per le reti nazionali che per le reti locali da inserire nella home delle smart-tv.
E’ discutibile, tuttavia, questa forma di intromissione. Definire una rete di “interesse generale” solo perché nazionale e non per un’effettiva utilità pubblica sembra una soluzione che contrasta con il principio europeo di libera concorrenza. Escludendo i telegiornali, le reti nazionali si riducono a mero intrattenimento. Se tali reti non riescono ad emergere è per la preferenza degli spettatori e, quindi, grazie al naturale gioco della concorrenza.
Nel mirino di Agcom non solo le smart-tv, ma anche i telecomandi di nuova generazione. Infatti, i nuovi dispositivi spesso sono sprovvisti del tastierino numerico per rendere più facile la navigazione attraverso le varie app. Per il Garante la mancanza del tastierino è un enorme malus per i canali nazionali: gli spettatori, infatti, avrebbero serie difficoltà a digitare il canale richiesto, dovendo avanzare tra le varie reti per trovarlo.
Per questo motivo, le linee guida Agcom prevedono anche l’obbligo per tutti i produttori di inserire in ogni telecomando il tastierino numerico.
Al momento queste linee guida sono ancora solo delle proposte ed andranno vagliate nelle prossime settimane anche dal Governo. Tuttavia, è chiaro che simili obblighi esigono la collaborazione da parte dei produttori principali di TV che, come sappiamo, sono tutti esteri.
E’ improbabile che grandi multinazionali come, ad esempio, la Samsung, decidano di produrre dispositivi appositamente per l’Italia e per tutelare il nostro digitale terrestre. Assai più probabile che tali disposizioni restino sulla carta, essendo impossibile farle rispettare in tutto il mondo.
This post was published on 30 Gennaio 2023 6:30
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