Giovedì Helon Musk ha sospeso da Twitter un gruppo di giornalisti che si occupano di argomenti tech, tra cui Ryan Mac del New York Times, Drew Harwell del Washington Post e Donie O’Sullivan della CNN.
Per quale motivo? Pare che questi giornalisti abbiano violato le nuove regole riguardo la condivisioni di dati, relativi alla localizzazione della posizione delle persone, condividendo proprio alcune informazioni riguardo gli spostamenti del jet posseduto dal CEO di Tesla.
Il popolo di Twitter insorge
Dopo aver sospeso gli account, Musk è stato assaltato da una valanga di critiche che mettono in luce soprattutto l’ipocrisia riguardo la “liberà di parola” che tanto professava nelle ultime settimane. La stessa libertà che aveva professato per giustificare la reintegrazione di Donald Trump: la decisione, che ha portato a revocare la sospensione dell’ex Presidente, è stata presa attraverso un sondaggio su Twitter.
Musk ha giustificato l’ultima sospensione accusando i giornalisti di aver non solo violato le regole di Twitter, ma di aver messo in pericolo la sua famiglia con il “doxxing”, ovvero la divulgazione di informazioni private sulla sua posizione. Nonostante le giustificazioni, gli utenti dell’uccelliino blu non hanno smesso di condividere e urlare sul social il proprio disappunto.
I divieti hanno sollevato anche una serie di dubbi e domande sul futuro della piattaforma blu, mettendo in seria discussione il presunto impegno di Musk nei confronti della libertà di parola che avrebbe dovuto regnare su Twitter, differenziandola così da qualsiasi altro social.
Libertà di parola, ma non dei media
Musk aveva infatti ripetutamente affermato di voler consentire ogni forma di espressione legale sulla propria piattaforma, inoltre, quando ha annunciato l’acquisto di Twitter ad Aprile l’imprenditore di origini sudafricane ha affermato: “Spero che anche i miei peggiori critici rimangano su Twitter, perché questo è il significato di libertà di parola”. Il popolo di Twitter non lo ha dimenticato e con una serie di commenti e critiche ha fatto in modo che neanche il nuovo proprietario potesse scordarlo.
Musk ha così deciso di ricorrere ai ripari, creando un primo sondaggio sul suo account Twitter per chiedere agli utenti per quanto tempo gli account dei giornalisti dovessero essere sospesi. Dopo le prime votazioni a favore di un’inversione immediata dei divieti affermati Giovedì ai danni dei giornalisti, Musk ha deciso di proporre un altro sondaggio, poiché nel primo c’erano troppe opzioni, offrendo semplicemente due sole scelte: mantenere la sospensione o revocarla immediatamente.
Dopo quasi 3,7 milioni di voti, gli utenti hanno votato per la revoca del divieto con il 58,7% contro il 41,3%. Successivamente, sempre tramite un post su Twitter, Musk ha dichiarato che avrebbe revocato i divieti e molti di questi utenti sono tornati sulla piattaforma: “La gente ha parlato. Gli account che hanno fatto doxing sulla mia posizione non saranno più sospesi”.
Emerge un nuovo scenario per Twitter
Come avevamo detto pochi paragrafi prima, secondo il CEO di Testla e Twitter i giornalisti lo avevano “doxato”, ma sono emerse in seguito altre informazioni che rivelano uno scenario ben diverso. Pare che i giornalisti sospesi in realtà avevano semplicemente pubblicato degli articoli che non rivelavano la posizione di Musk, ma riportavano invece la notizia sulla sospensione di un account Twitter che aveva condiviso questi dati relativi agli spostamenti del jet privato di Musk, ma senza riportare in alcun modo queste informazioni.
Cosa vuol dire? Che gli articoli scritti dai giornalisti, prima che i loro account venisse sospeso, in realtà non includevano nessuna informazione sulla posizione in tempo reale di Musk o su quella dei suoi familiari.
Musk ultimamente si è dipinto sempre più spesso come un “assolutista della libertà di parola”, portando contro di lui dubbi e critiche da parte di alcuni funzionari della Francia, Germania, Regno Unito e Unione Europea.
Il ministro francese Roland Lescure ha dichiarato che, in seguito alla sospensione dei giornalisti, avrebbe sospeso la propria attività sulla piattaforma dell’uccellino blu. Melissa Fleming, responsabile delle comunicazioni per le Nazioni Unite, ha espresso invece tutta la sua paura nei confronti della nuova gestione di Twitter, affermando che la libertà dei media non è un giocattolo.