Rinchiudere il videogioco in una categoria, che irrimediabilmente ne castra tutte le potenzialità, non è semplice neanche per gli addetti ai lavori. Gli stessi videogiocatori non sono tutti concordi sulla definizione esatta da dare a questo medium comunicativo dalla carica emotiva e narrativa eccezionale. Esiste davvero un bisogno di classificare tutto? Probabilmente sì, perché è uno degli step da completare per un riconoscimento a livello globale di un certo prodotto o attività. Il fenomeno degli eSports sancisce, però, il fatto che i videogiochi possano essere considerati una disciplina sportiva a tutti gli effetti.
Difatti, eSports sta per electronic sports (sport elettronici) e, come vedremo nel prossimo paragrafo, questo riconoscimento parte da più lontano di quanto si possa immaginare. I videogiochi come attività fisica e disciplina sportiva? L’eco dei denigratori si sente chiara e forte, ma va detto che ormai l’era de “i videogiochi sono per bambini” è finita da un pezzo e che a questa buffonata non ci crede più nessuno. Anzi, se vogliamo essere ancora più chiari sulla questione, va anche detto che la parete che si frappone tra arte e videogiochi è molto sottile, anzi, è già stata quasi sfondata a suon di martellate. Videogiochi, arte, sport: come si lega tutto questo? Andiamo per gradi.
Tutto parte da Atari che nel 1980 organizzò un torneo di Space Invaders che vide la partecipazione di ben 10.000 persone. È negli anni Novanta che il fenomeno inizia ad assumere connotati molto simili a quelli odierni. Risale al 1997 il primo campionato internazionale professionistico dei videogiochi, denominato Cyberathlete Professional League. Iniziarono, inoltre, ad arrivare richieste di sponsorizzazione che mossero montagne di quattrini intorno agli sport elettronici. Chi pensa che lo slancio maggiore fu dato negli immensi Stati Uniti d’America si sbaglia di grosso. È proprio l’Italia ad aver assestato i colpi decisivi.
La rivista Videogiochi, la prima sull’argomento nel Bel Paese, già dal 1984 dedicò molto spazio ai tornei videoludici. Il tutto era ancora molto grezzo, a dire il vero, basti ricordare che la rivista chiedeva ai lettori di inviare alla redazione foto degli schermi dei televisori che testimoniassero un avvenuto record. Ciò portò comunque alla fondazione dell’AIVA, Associazione Italiana Video Atletica. L’associazione organizzò nel 1985 il primo campionato di “video atletica” nel Salone Internazionale della Musica a Milano. Purtroppo l’AIVA non ebbe vita lunghissima, ma la pietra fu lanciata.
Dal 2014, torniamo quindi a tempi più recenti, il suo posto è stato preso da Giochi Elettronici Competitivi, settore sportivo di ASI (Alleanza sportiva italiana) riconosciuto dal CONI, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano che ha lo scopo di promuovere e potenziare lo sport italiano. Se ancora non si fosse capito: i videogiochi hanno raggiunto nel tempo una dignità sportiva riconosciuta dai più importanti organi del settore.
Non sorprende l’ufficialità della presenza degli eSports durante i Giochi Olimpici Asiatici del 2022 che si terranno in Cina. Gli sport elettronici faranno, dunque, la loro comparsa nel medagliere dell’evento sportivo più importante del continente asiatico. Questo passo fondamentale per gli eSports potrebbe essere quello decisivo per far sì che i videogiochi entrino di diritto anche tra le discipline delle Olimpiadi. Qualche mese fa trapelò, inoltre, una voce che voleva gli eSports a Tokyo 2020. A questo punto, però, sopraggiungono alcuni dubbi: come possono i videogiochi essere uno sport, addirittura da presentare ai Giochi Olimpici, se non presentano uno sforzo fisico o un’abilità atletica? Siamo davvero sicuri che sia così?
Partiamo da un presupposto: chi dice che ci vogliano dei requisiti fisici? Molti altri sport non puntano sull’agonismo, un esempio fra tutti è quello portato dagli scacchi. Gli scacchi sono uno sport? Certo, a dirlo sono il CONI e il Comitato Olimpico Internazionale. Nessuno ha mai visto Garri Kasparov o Bobby Fischer fare piroette o lanciarsi in direzione della scacchiera per mangiare il re dell’avversario. Gli scacchi, però, sono una disciplina sportiva perché hanno bisogno di abilità molto particolari. La concentrazione e la resistenza di uno scacchista non sono seconde a quelle di altri sportivi più “attivi”. Alcune partite possono durare anche più di sette ore e tenere la guardia bassa, proprio come per un pugile, può risultare fatale.
Non bisogna dimenticare poi che la rapidità di pensiero-azione è uno dei punti fondamentali del gioco degli scacchi. La stessa rapidità è richiesta ai gamers professionisti. Gli eSports portano sul palco diversi generi di videogames e ognuno di essi necessita di abilità differenti. In linea generale, per diventare un giocatore professionista è d’uopo avere coordinazione, velocità “digitale” e riflessi molto sviluppati e sensibili. La sopracitata rapidità di pensiero-azione permette di compiere movimenti in pochi secondi o millesimi di secondo e necessita di tantissimo allenamento (e predisposizione).
Fisico e mente, dunque, sono entrambi impegnati durante un match di un MOBA, in una mappa di un fps o mentre si è alle prese con uno strategico in tempo reale.
Come si fa ad arrivare alla definizione di arte partendo dallo sport? Può sembrare un volo pindarico, un salto carpiato, in realtà arte e sport non sono così lontani e proprio i videogiochi riescono a fare da anello di congiunzione. Nessuno è intenzionato a dire che il calcio, il basket o il rugby siano arte. Lo sport e le arti si trovano su piani differenti, ma ciò non implica che siano inavvicinabili.
Non ne siete ancora convinti? Allora chi ha vissuto l’epopea di McEnroe potrà facilmente capire come la perfezione di un movimento può essere arte. Un rovescio del tennista statunitense, fermato al momento opportuno, potrebbe diventare una scultura che forma figure geometriche ben definite.
Se questo ancora non bastasse, allora un layup di Michael Jordan potrebbe mettere tutti d’accordo. Come quando su un affresco il soggetto cerca, tendendo le mani, di raggiungere la conoscenza divina, così il cestista dei Chicago Bulls tendeva verso lo stato dell’arte, raggiungendolo e glorificandolo.
Dunque, abbiamo parlato di videogiochi come anello di congiunzione. Dimostrato che gli eSports hanno tutto il diritto di essere considerati come una delle più moderne incarnazioni delle discipline sportive, si può senza ombra di dubbio stimare come irrecusabile l’opinione che vuole i videogiochi come la più moderna e avanguardistica forma d’arte. I videogiochi sono uno sport grazie ai milioni di gamer e appassionati che con le loro combo stilisticamente perfette e i loro headshots magistrali mostrano al mondo che avere un joypad in mano non è poi così diverso dall’avere una racchetta da tennis. I videogiochi sono arte perché racchiudono ed espandono tutte le altre forme artistiche: musica, narrazione, cinematografia. Un’arte sportiva, ecco cosa sono gli eSports.
Nota della redazione, entro fine anno uscirà un documentario sugli Esports in italia, a cura del nostro Adriano Merlo Milone e girato dal project manager Daniele Di Egidio con il prezioso aiuto di Arturo Chesi Visani.
This post was published on 5 Luglio 2017 17:39
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