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Editoriali

Apartheid meccanico: discriminazione 3.0 in Deus Ex: Mankind Divided

Treat people like animals long enough, and they’ll start acting like animals

Il tema della discriminazione è molto delicato e trattarlo potrebbe risultare un’arma a doppio taglio. Si rischia di cadere in banalità o in dolorose gaffe, ma Deus Ex: Mankind Divided ci è riuscito. Il gioco di Eidos Montréal, distribuito nel 2016, riesce addirittura a portare l’argomento a un livello superiore introducendoci nel delicato tema dell’apartheid meccanico.

Ci sono giochi che non finiscono una volta arrivati ai titoli di coda. Deus Ex: Mankind Divided fa parte di quella tipologia di titoli che ronzano nella testa e fanno capolino quando ci si immerge nei ricordi. Questo avviene per un gameplay ben strutturato, certo, per un livello tecnico altissimo, non c’è dubbio, ma anche e soprattutto perché ciò che ci sbatte sul muso è una realtà chiara e diretta. Ebbene sì, nonostante il gioco sia ambientato nel 2029 e faccia parte del filone sci-fi con un’ambientazione e un’atmosfera cyberpunk, Deus Ex: MD racconta la realtà.

Apartheid meccanico: un nuovo modo di discriminare

Sappiamo tutti che terribile periodo storico sia stato quello dell’apartheid. La segregazione razziale perpetuata dal governo di etnia bianca in Sudafrica è durata fino al 1994, ma le discriminazioni non sono mai finite, né lì né altrove. Cambiano i tempi e le discriminazioni si evolvono con essi, direzionando paure e preconcetti verso nuovi bersagli. Così, nel mondo di Deus Ex, i bersagli di questa feroce lotta al diverso diventano i potenziati.

L’umanità è divisa. Da una parte ci sono i naturali, coloro che non hanno avuto bisogno o hanno rifiutato interventi della biomeccanica, dall’altra i transumani o potenziati che, invece, chi più chi meno, portano sul loro corpo (e dentro) i segni del progresso che avanza. La faccenda prende una piega ancora più sanguinosa rispetto agli eventi di Human Revolution a causa di attacchi terroristici che stanno sconvolgendo il mondo. Il videogioco con protagonista Adam Jensen risulta, oggi più che mai, una finestra da cui è possibile dare uno sguardo pieno di sbigottimento al mondo in declino. Un mondo in cui diventa concreta la triste espressione: homo homini lupus.

L’apartheid meccanico ha portato il governo a prendere drastiche misure di sicurezza, tra cui spicca lo “Human Restoration Act”. I potenziati vengono ghettizzati e trasportati in prigioni a loro riservate. Nella città di Praga, setting scelto da Eidos per l’avventura principale del gioco, i potenziati sono sbattuti a Utulek, i bassifondi della capitale ceca. Un posto dove non filtra la luce e sembra costantemente notte.

La discriminazione avanza di livello

Il capro espiatorio degli attacchi terroristici narrati nel gioco è rappresentato dall’A.R.C. (Augmented Rights Coalition), un’organizzazione non governativa che si batte per i diritti dei potenziati. Come potrebbe essere altrimenti? I potenziati sono il bersaglio più semplice da colpire perché, agli occhi dei “naturali”, essi hanno perso identità, non sono più “loro”, ma “altro” e ciò che è estraneo incute timore. Guardare con la coda dell’occhio un potenziato è consuetudine, anzi, è ritenuto giusto, perché “chissà cosa potrebbe avere in mente” è la considerazione spontanea di chi guarda tutto e tutti con sospetto. Proprio come quando si tende a tenere d’occhio un turista dalla carnagione scura perché ”con tutte le cose che si sentono in tv” è la conseguenza di un clima di terrore che aleggia sul mondo.

L’Apartheid meccanico, dunque, è ciò che è sempre stata la discriminazione, non racconta nulla di nuovo o di futuristico e lontano dalla concezione umana. L’apartheid meccanico non fa altro che prevedere le mosse della paura che si evolve in uno stadio più avanzato, come un cancro. Perché ritorna spesso la parola paura? Perché è strettamente collegata alla vera causa di ogni tipo di apartheid: l’ignoranza. Il termine non è dispregiativo, ogni singola persona su questo pianeta ignora qualcosa; il problema sorge quando a essa non si accompagna la curiosità di imparare, ma la suggestione e, appunto, la paura. Ignoranza ha un’etimologia molto chiara:

Etimologia: ← dal lat. ignorantĭa(m), da ignorāre ‘ignorare’, formato sulla stessa radice del greco GNOR-IZEIN (Conoscere).

Si possono, dunque, non conoscere le affinità culturali, socio-politiche e linguistiche di una comunità, come è possibile ignorare i principi meccanici applicati agli organismi viventi. Abbiamo, pertanto, due tipi di ignoranza che affondano le radici in due campi diversi. In entrambi i casi, la pigrizia nel cercare risposte porta alla paura dell’altro, e si viene così a creare discriminazione razziale e la discriminazione meccanica raccontata in DE: MD.

Il volto dell’altro

Nell’apartheid meccanico di Deus Ex: Mankind Divided, i “naturali” non vedono l’altro nella sua interezza, ma si soffermano sulle parti meccaniche come se esse avessero sostituito in toto non solo la carne, ma anche lo “spirito vitale” che con la materia dovrebbe interagire. Una considerazione potrebbe essere fatta attingendo alla filosofia di Emmanuel Lévinas, filosofo francese di origini ebraiche.

I naturali non si soffermano a guardare il volto dell’altro che, anche se solcato da innesti biomeccanici, conserva i lineamenti umani che chiunque cerca in uno sguardo. Ecco cosa diceva Lévinas:

Nel semplice incontro di un uomo con l’altro si gioca l’essenziale, l’assoluto: nella manifestazione, nell’«epifania» del volto dell’altro scopro che il mondo è mio nella misura in cui lo posso condividere con l’altro. E l’assoluto si gioca nella prossimità, alla portata del mio sguardo, alla portata di un gesto di complicità o di aggressività, di accoglienza o di rifiuto.

Una filosofia aperta all’incontro con ciò che riteniamo diverso, ma che in realtà è uguale a noi, perché noi siamo l’altro e viceversa.

Apartheid sì, apartheid no

Va detto che Eidos Montréal ha ricevuto critiche nell’aver lei stessa definito questo tipo di discriminazione con il termine apartheid meccanico. Alcuni utenti si sarebbero sentiti ”offesi” e così rispose la software house nella persona di Mary DeMerle, direttrice della narrativa di Deus Ex: Mankind Divided:

“Quando abbiamo scelto di usare il termine ‘apartheid meccanico’, lo abbiamo fatto riflettendoci su e con non poche preoccupazioni. Quello che stiamo provando a fare con Deus Ex è osservare il mondo, non giudicare il mondo ma presentarlo con moltissime sfumature. Presentiamo il mondo in modo da permettere ai giocatori di interpretarlo e farsi una propria idea […] stiamo cercando di essere il più veritieri e onesti possibile, ci spiace aver offeso qualcuno”.

Questo è il classico esempio di colui che guarda il dito e non la luna. Eidos non avrebbe avuto nulla di cui scusarsi, anzi, a loro va un ringraziamento particolare per aver diffuso un tema così impegnato e impegnativo, offrendo al contempo un’esperienza ludica straordinaria.

Molti preferiscono credere che tutto ciò sia fantascienza, piuttosto che riconoscere una realtà così vicina al nostro quotidiano.

This post was published on 13 Luglio 2017 15:00

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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