Negli ultimi anni il mercato videolucido, sull’onda lunga di quanto avviene in tutti i più famosi sport mondiali, ha preso una deriva spiccatamente orientata al cosidetto fair play, ovvero il gioco pulito. Non è un caso che quasi tutti i titoli sportivi più famosi promuovano una competizione sana e senza trucchi. C’era un tempo però, in cui la sportività non era proprio il primo pensiero delle software house. Ed è in quel periodo che sono nati i giochi antisportivi migliori di sempre. Piccole perle fatte di scorrettezze e bassezze, alcune delle quali sono diventate veri e propri marchi di fabbrica di titoli anche molto famosi. Ecco la nostra top 5:
Ok, diciamo che Mario Kart non è un gioco puramente sportivo, ma sfrutta una componente squisitamente sportiva come le gare tra Kart, unendole al mondo e ai personaggi di casa Nintendo. Quello che evidentemente devono aver pensato i programmatori a suo tempo è che un semplice gioco di corse non sarebbe stato abbastanza vario e divertente. Ecco dunque che il tratto distintivo della serie, oltre ovviamente all’enorme carisma dei suoi personaggi, diventò come per magia tutto quello che si poteva fare (e che gli altri potevano fare a voi) durante le corse. Scorrettezze, bassezze, bonus, malus, armi. Quante volte una gara dominata in lungo e in largo, condotta magistralmente con una guida senza sbavature, degna dello Schumacher dei vecchi tempi, è stata vanificata all’ultima curva da un colpo basso di chi vi inseguiva? Mario Kart, nonostante sia uno dei giochi antisportivi più estremi, resta anche uno dei brand videoludici di maggior successo nella storia dei videogiochi, a testimonianza di come non sempre quello che è corretto è anche divertente.
La simulazione cestistica della 2K è famosa in tutto il mondo per il suo enorme livello di realismo, per la complessità e la raffinatezza di un gameplay in grado di restituire un’esperienza di basket pressoché identica alla realtà. Per fortuna ancora non sono arrivati a riprodurre le risse che ogni tanto si accendono sui campi e sugli spalti dei palazzetti americani, e nemmeno i gesti “borderline” come il passetto galeotto di Pachulia che è costato caviglia e serie al miglior giocatore degli Spurs quest’anno. Se da questo punto di vista, il titolo è sicuramente intriso di sportività, non si può dire lo stesso per quanto riguarda il flopping. Il flppping è una tecnica sleale usata da moltissimi giocatori che consiste nel lasciarsi cadere (in modo più o meno credibile) quando si sente un minimo contatto con l’avversario che attacca, nella speranza che l’arbitro gli fischi un fallo di sfondamento. Questo gesto, spesso ai limiti dell’antisportività, può essere riprodotto in NBA 2K dal nostro giocatore virtuale. Questa particolarià ha portato due conseguenze, entrambe nei match online. La prima è che bisogna stare molto attenti a dove si corre nelle partite dove si può uscire per falli. I giocatori più esperti infatti si mettono sulle nostre traiettorie di corsa e poi floppano, facendoci fischiare falli in attacco su falli in attacco finché non veniamo tolti dalla partita. Al parco invece, dove non si esce per falli, i giocatori che si lanciano a terra vi stanno dicendo qualcosa del tipo: “Non ci posso credere, non è possibile dai, svengo“, e sono soliti farlo dopo avervi umiliato o dopo situazioni particolarmente improbabili appena accadute.
L’hockey si sa, non è certo uno sport popolare nel vecchio continente. Ma intorno alla fine degli anni 90, quando la EA Sports faceva il bello e il cattivo tempo nel campo delle simulazioni sportive per PC, praticamente tutti avevano in casa il trittico NBA, FIFA e NHL. Nonostante il disco fosse difficilissimo da vedere e le regole fossero un puro mistero, molti di noi si dilettavano con questo simulatore per un unico, vero motivo. Le risse. Si, la peculiarità dei primi NHL, divenuta poi una costante di tutta la serie, erano proprio i momenti di fighting. All’improvviso, senza una vera e propria ragione, i nostri eroi si toglievano guanti e mazza e via giù cazzotti che nemmeno in un film con Bud Spencer. La chicca era poi rappresentata dalla barra di energia sopra entrambi i contendenti, mutuata dai vai Street fighter e Mortal Kombat, esaurita la quale il nostro giocatore stramazzava al suolo sconfitto. Al giorno d’oggi sarebbe impensabile avere tra le mani altri giochi antisportivi dove i protagonisti se le danno di santa ragione, ma NHL non ha voluto abbandonare questa sua piccola chicca, evidentemente sostenuta da una nutrito gruppo di appassionati che non potrebbero fare a meno del loro momento preferito.
Quando si dice che non bisogna giudicare un libro dal titolo non ci riferiamo per nulla a questo gioco. Brutal Football, come suggerisce il nome stesso, è forse il re dei giochi antisportivi. L’idea di base di questa variante del football americano, pubblicata per Amiga nel lontano 1993, è la stessa alla base del motto di una famosa squadra di serie A: “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. Anche a costo di massacrare l’avversario. Ecco allora che, se lo scopo principale resta quello di mettere il pallone ovale nella porta avversaria, per poterlo recuperare potremo usare svariati tipi di armi, quali scudi, lance, spade. Strumenti che, se usati nel modo giusto, possono portare alla decapitazione dei giocatori avversari (la cui testa poteva poi essere portata in meta al posto della palla). Le partite si possono dunque vincere sia facendo più goal, sia trucidando tutta la squadra avversaria. Decisamente pochissimo fair play per uno dei giochi più violenti e divertenti che siano mai stati pensati e prodotti.
Ebbene si, il vincitore di questa classifica di giochi antisportivi è proprio il classico della EA Sports. Questo particolare capitolo infatti è rimasto famoso per le numerose chicche antisportive presenti al suo interno. Ancora oggi non c’è appassionato di videogiochi sportivi (nato tra gli anni ’80 e ’90) che non ricordi l’utilizzo dei tasti “Q” ed “E“. Con il primo tasto infatti si potevano fare i cosiddetti falli violenti. Delle entrate in scivolata con la gamba alta, altezza ginocchio avversario, in grado di far accapponare la pelle anche ai giocatori più inclini alla delinquenza sportiva. Ovviamente questo tipo di falli, oltre ad interrompere le carriere virtuali dei nostri avversari, portavano l’arbitro a cacciarci con un immediato cartellino rosso e il buon Bulgarelli a deliziarci con una delle sue frasi must: “questa è proprio un’entrata da macellaio“. Il tasto “E” invece, è quanto di più antisportivo si sia visto su campo da calcio virtuale. Questo tasto serviva infatti per lasciarsi cadere a terra, imitando il gesto di una plateale simulazione. Una chicca per aspiranti Pippo Inzaghi, che ci ha regalato tantissimi cartellini gialli per simulazione, ma anche tanti rigori lucrati con abile maestria. Con il senno di poi, posso nostalgicamente affermare che pagherei oro per poter simulare anche in un match online di Fifa 18, immaginando il malcapitato dall’altra parte insultarmi in tutte le lingue del mondo per la mia scorrettezza. Perché nella vita ci vuole fair play, ma nei videogiochi in cui non c’era, a volte, ci siamo divertiti anche di più.
This post was published on 3 Giugno 2017 11:17
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