Giornalismo.
Parlare di videogiochi.
Publisher che vendono i propri prodotti.
Tre concetti che vanno di pari passo con il lavoro che facciamo e che fanno i nostri stimati colleghi nostrani (ed esteri).
I nostri lettori lo sanno, siamo online da 30 mesi esatti e parliamo a modo nostro di videogiochi, amiamo il medium allo sfinimento. Passiamo intere giornate a giocare, discutere tra noi in redazione e sviscerare ogni singolo pixel dei titoli che trattiamo.
Come noi, ovviamente, le testate di tutta Italia che a modo loro si differenziano per le sfaccettature più disparate, generando una diversificazione di contenuti e soddisfacendo i gusti di ogni tipo di utenza.
In una nazione democratica come la nostra il giornalismo è da sempre visto come il quarto potere, i nostri articoli (anche se in portata ridotta) condizionano l’opinione pubblica e lo fanno informando, basandoci sulla nostra esperienza e sul nostro vissuto.
Ogni tanto ci si dimentica dell’importanza della pluralità dell’informazione, di quanto sia importante che il messaggio sia scevro da condizionamenti esterni e che sia indice di onestà intellettuale e profondo rispetto per chi dedica il proprio tempo a leggere approfondimenti, recensioni e inchieste.
Il fatto che i videogiochi siano un medium di intrattenimento non fa sì che i doveri dei redattori, nel trattare nel modo più professionale possibile i titoli proposti e di interesse pubblico, vengano ignorati, per farlo investiamo denaro nella gestione delle apparecchiature, nel comparto IT, SEO, nei redattori, nelle grafiche e nel gettito fiscale da versare all’erario dello stato. Tutto per parlare della nostra passione più grande, i videogiochi.
Probabilmente il giornalismo non ammaestrato da velate minacce non è visto di buon occhio, ma ci fa piacere ricordare di nuovo la pluralità dell’informazione e l’indipendenza che garantiamo a chi dedica tempo sulla nostra testata per scrivere.
Prima di arrivare al problema principale (le key) ho la premura di informare i nostri lettori di una questione interna che ci è successa due mesi fa con un publisher Italiano molto grande di cui non farò il nome, che dopo aver letto una nostra recensione e ritenuta insufficiente (si parla di un 7, non un 5 o un 4) ci ha scritto espressamente che “da noi non vedrete mai più una chiave o un gioco recensito dopo questa stroncatura“, senza possibilità di replica alcuna, senza degnarci di una risposta via mail, senza la possibilità di parlarne dal vivo durante la Milan Games Week o petto a petto dal vivo.
Per me e per i ragazzi e le ragazze che scrivono qui sopra, questa non è libertà di stampa e ci ha feriti nel profondo.
Il problema riportato sopra è grave, ma ancor più grave è il trattamento preferenziale riservato ai siti “di tier medio”, non i top player dell’editoria ma quelli che vivono in un limbo viaggiando tra i 400.000 e i 600.000 utenti unici mesili, come noi.
I giochi arrivano, arrivano sempre. Il problema è la tempistica, problema che fatichiamo a giustificare nella motivazione che viene data dai poveri responsabili alle pubbliche relazioni inondati di richieste, ovvero : ” abbiamo poche chiavi, un paio di giorni prima del Day 1 avrete la vostra scusate“, lo abbiamo sentito fin troppe volte e c’è da fare chiarezza. Più che per noi per VOI che ci leggete ogni giorno e desiderate capire se quel gioco fa al caso vostro.
Il problema sul digital delivery è ridicolo, ai tempi della carta stampata poteva essere un problema dover spedire un centinaio di copie fisiche in tutto lo stivale, nell’era del digitale dove semplicemente basta erogare un quantitativo necessario di chiavi non c’è giustificazione.
Quando si riceve un gioco si firma un tacito NDA (accordo di non divulgazione), dove non si rende noto che si è in possesso del gioco, non si fanno uscire immagini e video, non se ne parla proprio fino a quando non scadrà “l’embargo” sulla pubblicazione.
In barba ad ogni previsione abbiamo SEMPRE rispettato l’NDA dato dai publisher ( NDR: NDA che a volte alcune testate non hanno rispettato senza riperscussioni), abbiamo sempre messo anima e corpo per dare il meglio nel fiume di parole e immagini che si riversano in bit sul nostro sito, eppure malgrado il rispetto dei protocolli dell’eula stipulata con i publisher sentiamo ancora questa scusa del “non abbiamo abbastanza copie”. E allora, cari publisher, quando prenderete sul serio l’editoria?
Ci sono realtà che vanno al di là del clickbait, al di là del gossip spicciolo per creare audience, ci sono testate che provano a differenziarsi. Perché strozzare la loro voce? Perché negare la pluralità?
Non siamo stupidi, capiamo che un influencer random possa generare dieci volte tanto hype di una testata giornalistica, ma c’è una differenza sostanziale : l’autorevolezza. Un giornale basa tutto sul peso della propria voce nel mercato dell’informazione. Strozzare questa voce non è democratico, non è etico, non è giusto per gli utenti finali, ovvero i vostri clienti.
Sì, la soluzione c’è ed è tanto banale, create un database condiviso tra i publisher con l’elenco di tutte le testate.
Lasciate che i più “piccoli” possano avere la loro voce nell’informazione, lasciate che ogni sito abbia la possibilità di dire la sua, qualche pr ci ha detto “e l’azienda X non vuole spendere Y per promozione nelle key”, dannazione, ve le paghiamo. Non finiremo sotto un ponte per 60€ di gioco. Quello che ci preme è che siano garantite pari opportunità a tutti i siti (mica solo il nostro) di svolgere il proprio lavoro.
E per i più maliziosi, non è un piagnisteo. Il 60% dei giochi pubblicati ci arrivano con almeno una settimana di anticipo, il problema sono i restanti 40%, ma anche se fosse UN SOLO GIOCO su duecento usciti durante l’anno il problema si porrebbe. Il torto non è fatto a noi redattori, ma a chi ci legge.
Vogliamo informare i nostri lettori, vogliamo farlo bene e con le stesse “armi” dei nostri colleghi, senza dover sembrare un sito di serie B solo per delle leggi non scritte e legate al mondo del publishing.
Chiedo in fine agli altri siti di alzare la voce, di informare i propri lettori dell’ingiustizia e della mancanza di qualità che viene a trovarsi di riflesso negli articoli scritti frettolosamente “per stare al passo con i competitor”.
Come ultimo appunto, se tra qualche anno Player dovesse divenire il primo sito di informazione (basato sul numero di utenti unici, che vabbè, definizione che lascia il tempo che trova) ci batteremmo comunque anche per i siti più piccoli, il pluralismo settoriale è un diritto sacrosanto.
La strada alternativa è il monopolio sul settore e non è MAI una cosa buona. Perché i primi a subirne sareste voi lettori.
Per concludere, non è una questione di “io so’ io” ma di democratica parità di diritti, in questo caso, diritto all’informazione.
Daniele di Egidio – Responsabile progetto Player.it
This post was published on 16 Ottobre 2019 15:50
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