Electronic Arts ha annunciato un nuovo capitolo della sua famosissima serie di racing game arcade Need For Speed.
Un brand che fino a dieci anni fa godeva di grandissima popolarità ma che con il tempo ha iniziato a perdere colpi, o meglio, posizioni.
Need For Speed Heat è il titolo del nuovo gioco e il trailer pubblicato qualche giorno fa non mi ha convinto particolarmente.
Alla fine si tratta sempre delle solite, tamarre, gare clandestine su bolidi personalizzati e potenziati fino allo sfinimento e, ovviamente, gli infiniti inseguimenti della polizia.
Certo, sembrano esserci anche novità interessanti, come le corse “legali”, gli Speed Hunter Showdown, ma alla fine, tranne per questo particolare, le strade della lussuosa Palm City ricordano molto quelle che abbiamo visto nel reboot del 2015 e in Payback.
Dal trailer si può intuire ancora poco sulla storia che potrebbe essere un altro elemento che fa la differenza rispetto ai capitoli precedenti. Da quel che si vede per adesso però, sembrano essere caduti nei soliti, deludenti cliché alla Fast and Furious.
Non disperiamoci, è ancora presto per parlare, alla Gamescom vedremo finalmente un gameplay di gioco e potremo esprimerci meglio su questo titolo. Quello che possiamo fare adesso è solo analizzare i problemi della serie, i motivi per cui Need For Speed non è più l’ip di una volta.
Sembra quasi ironico, proprio l’altra sera ero in macchina e parlavo con alcuni amici dei pomeriggi passati a giocare a i vecchi Need For Speed epoca Ps2 e Xbox. I due Underground, usciti rispettivamente nel 2003 e 2004, hanno fatto la storia.
Il gioco proponeva un parco macchine niente male, ottimo level design dei circuiti, tante modalità per rendere vario il gioco, una soundtrack eccezionale e la modalità esplora introdotta con il secondo capitolo poteva solo essere il fiore all’occhiello.
Il tuning era davvero molto curato, soprattutto in Underground 2 le possibilità di personalizzazione erano estreme se non assurde; sembrava di assistere ad una puntata di Pimp My Ride.
Le storie dei due giochi erano ben narrate, ma niente più, solo un piacevole contorno per dei titoli davvero ricchi nei contenuti.
Quel che mancava però a questi due capitoli era l’adrenalina degli inseguimenti con la polizia che furono introdotti nella serie molti anni prima, con Need For Speed 3: Hot Pursuit.
Immaginate di prendere le spericolate gare cittadine e la modalità esplora di Underground 2 ed unirci i folli inseguimenti visti in Hot Pursuit 2, ecco servito Need For Speed Most Wanted che fu rilasciato nel 2006.
Era molto di più che una sintesi dei capitoli precedenti: la mappa cittadina e i circuiti di Rockport City erano molto vari, oltre ad essere integrati tra di loro in maniera impeccabile.
Gli inseguimenti erano emozionanti, tra scorciatoie e “trappole coreografiche” per distruggere le auto della polizia c’era davvero da divertirsi.
Molto buono il parco auto e il tuning, anche se più limitato rispetto ai due capitoli precedenti, era comunque ben implementato.
La modalità storia era davvero ottima e proponeva la scalata dei 15 della blacklist, una lista tra i piloti più forti e più ricercati della città. Ogni volta dovevamo completare una serie di gare e raggiungere determinati obiettivi negli inseguimenti con la polizia per sfidare il prossimo boss. Ottime anche in questo caso le colonne sonore, decisamente più crude e “da strada”.
L’anno successivo uscì il seguito diretto, Need For Speed Carbon. Prendete il gameplay di Most Wanted e riportatelo alle corse by night a Palamont City, una città situata vicino ad un immenso canyon.
Probabilmente ispirato da Gta San Andreas, la storia di Carbon non riguardava più una blacklist da risalire, ma un’intera città con territori da conquistare con la nostra banda i cui membri potevano essere usati come supporto nelle gare.
La città era composta da diverse aree, ognuna sotto il dominio di una banda. Vincendo gare e completando inseguimenti dovevamo ridurre l’influenza della banda avversaria ed assicurare il nostro predominio.
Una volta conquistata una macroarea eravamo pronti a sfidare l’avversario in una gara mortale lungo il canyon.
Le novità non finivano qui: il parco auto era diviso in tra macrocategorie (muscle, modificate e importate), ognuno garantiva un diverso stile di gioco e una soundtrack differente, ma sempre ottima.
L’arrivo della settima generazione videoludica segnò anche l’inizio del declino della saga. Da allora furono rilasciati una serie di titoli nel complesso mediocri e privi di mordente, tranne rare eccezioni, sviluppati da quattro differenti studios: Black Box, Sightly Mad Studios, Criterion Games e successivamente Ghost Games.
Nel 2007 Black Box realizzò Need For Speed Prostreet che riportava le gare alla “legalità” delle competizioni ad evento sportivo.
Inutile dire che il titolo risultava anonimo e incapace di competere con la concorrenza come la serie Toca: Race Driver la quale riusciva a proporre titoli molto più validi e soprattutto con circuiti reali.
L’anno seguente (2008) si fece “retrofront” per tornare alle gare clandestine e agli spericolati inseguimenti con Need For Speed Undercover. Un copia e incolla di Most Wanted tuttavia impoverito di molte meccaniche e con una storia scadente. Un peccato perché tecnicamente era all’avanguardia all’epoca.
Nel 2009 e nel 2011 la gara fu condotta da Sightly Mad Studios che portarono in pista quelli che per me sono gli ultimi due capitoli validi del brand. Tuttavia Shift e Shift 2 non sono veri e propri Need For Speed, si avvicinano molto di più ai giochi di corse simulativi.
Come in Prostreet si torna alle gare legali ma questa volta su circuiti con licenza. Dopo quasi quindici anni torna la visuale dall’interno del cruscotto per garantire il massimo realismo sui tracciati.
A proposito di realismo, Shift resta forse tra i giochi di guida con la migliore intelligenza artificiale che io abbia mai provato: i piloti reagiscono in modo reale ai nostri atteggiamenti che possono essere più “puliti”, seguendo le linee guida del circuito o più sporchi e aggressivi tamponando e tagliando la strada agli avversari. I nostri comportamenti verranno registrati durante ogni gara tramite due barre di punti esperienza e determineranno l’evoluzione del pilota nel corso della modalità carriera.
Questa meccanica verrà poi accantonata nel secondo capitolo limitandosi semplicemente ai punti esperienza. Shift 2 essenzialmente è un more of the same che affina e migliora molte caratteristiche del primo capitolo.
Un’interessante novità è la telecamera fissata sul casco che simula in modo veramente realistico i movimenti della testa del pilota.
La parentesi Shift si conclude nel 2011. In seguito questo brillante team abbandonò il brand NFS per dedicarsi ai Project Cars che vi consiglio di recuperare se avete apprezzato questi due capitoli.
Questo fu un periodo in cui uscirono addirittura più titoli del brand all’anno, indice di una disperata volontà di EA sfruttare il brand.
Lo dimostra il fatto che lo studio di Criterion Games abbandonò la saga di Burnout per dedicarsi alla realizzazione dei remake di Need For Speed Hot Pursuit nel 2010 e Most Wanted nel 2012.
Il primo titolo era abbastanza fedele all’originale, con l’open world ed una componente multiplayer always online chiamato Autolog simile a quella vista in Burnout Paradise. Nel complesso è stato un capitolo divertente ma non memorabile.
Need For Speed Most Wanted, d’altro canto, non aveva niente a che vedere con il titolo originale. Niente storia e niente modifiche estetiche, sembra più un seguito di Hot Pursuit. Anche questo capitolo ha l’always online con il sistema Autolog.
Sinceramente avrei preferito qualcosa di più simile al celebre titolo del 2005.
Nel mentre, nel 2010 e nel 2011 Black Box rilascia Need For Speed World e The Run. Il primo titolo, esclusivo per pc è stato realizzato in collaborazione con lo studio di EA Singapore e si trattò di un interessante esperimento MMO che univa le città di Most Wanted e Carbon.
Il gameplay era il medesimo dei due titoli citati ma, ovviamente, con le gare online. Lo provai per qualche tempo in fase di beta, ma annoiò molto presto. Il titolo fu chiuso nel 2015.
Need For Speed The Run è forse il titolo più scarso dal punto di vista di gameplay. Un’unica gara, da San Francisco a New York divisa in vari step dove l’unica cosa da fare era superare tot numero di avversari o fuggire dalla polizia.
Le fasi di guida erano intervallate da sequenze in quick time event dove si controllava il protagonista Jack (che per una volta non è un anonimo figurino dietro il vetro) fuori dell’auto tra spericolati inseguimenti, salti e acrobazie degne di uno z movie.
Nel complesso la trama è accettabile. Il gameplay è monotono e l’engine di gioco Frostbite 3 risulta poco adatto ad un racing game. Anche se c’è da dire che si sono impegnati per la varietà dei paesaggi.
Fu l’ultimo titolo di Black Box e la cosa non sorprende a conti fatti, la critica giudicò il titolo noioso ed il pubblico non apprezzò molto le scelte fatte dal punto di vista del gameplay.
Da qui la cadenza annuale (o semestrale) dei titoli della saga diventò biennale. Gli ultimi tre titoli sono Need For Speed Rivals nel 2013, Need For Speed nel 2015 e Need for Speed Payback nel 2017.
In quanto al primo titolo c’è poco da dire se non che è un more of the same di Hot Pursuit, sviluppato da Criterion Gamese Ghost Games. L’unica novità effettiva è la possibilità di giocare sia nei panni di un pilota di corse clandestine che da poliziotto.
Nel 2015 l’arrivo del reboot della serie, sempre dai ragazzi di Ghost Games fece ben sperare ad un ritorno alle origini. Devo ammettere che questo titolo a prima vista sembrava promettente. Era un sunto degli Underground e di Most Wanted, finalmente sarebbe tornato il turning, le gare notturne, la modalità esplora e il gioco sarebbe stato always online.
Tutte ottime premesse, se non fosse per la storia piatta e il sistema di guida alquanto imbarazzante che rendeva le auto incontrollabili sarebbe stato un buon Need For Speed.
Il motore grafico è sempre il Frostbite 3, meglio ottimizzato in questo caso. Sebbene talvolta sfiori il fotorealismo in alcuni tratti la grafica è ripetitiva oppure ha qualità discontinua.
L’ultimo capitolo rilasciato è Need For Speed Payback nel 2017. Non molto diverso dal capitolo precedente e per questo meno interessante.
Le uniche novità sono l’introduzione di un ciclo giorno e notte, la possibilità di giocare con tre personaggi e l’introduzione dell’offline.
Non sappiamo cosa ci riserverà questo nuovo Need For Speed Heat. Ricordo cosa ho già detto: avremo le prime conferme alla Gamescom, tra qualche giorno.
Il gioco uscirà nei negozi l’8 novembre, non proprio un’ottima data per rilanciare un brand visto l’altro grande titolone in arrivo lo stesso giorno, non trovate?
This post was published on 16 Agosto 2019 22:31
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