Accanto a Pennywise, Jason Voorhees e Freddy Kruger, non è difficile immaginare Slenderman. La sua leggenda ha un’origine piuttosto bizzarra: nel 2009 il sito Something Awful crea un contest che ha per tema la manipolazione di foto inserendo elementi paranormali e macabri. L’utente Victor Surge (Eric Knudsen è il vero nome) decide di partecipare con delle foto in bianco e nero, raffiguranti gruppi di bambini e un essere alle loro spalle, quasi sfocato. Questo sembra un uomo ben vestito, ma esageratamente alto, con dei tentacoli che fuoriescono dal suo busto. A rendere tutto ciò ancor più spettrale vi è un ulteriore elemento: esso è senza volto. Titolo delle foto? Slenderman.
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Dal quel contest, l’Uomo Smilzo ha invaso internet, attraverso meme, fan art e creepypasta, cioè storie dell’orrore raccontante nel web. Tutto ciò ha alimentato la sua leggenda, portando alla creazione di storie legate al suo passato, che lo vedono come un padre che ha perso il figlio a causa di un incendio, e che per la disperazione continua a vagare nei luoghi frequentati dai bambini in cerca della sua creatura. Un velo di romanticismo che però non rende meno inquietante la sua figura: Slenderman infatti rapisce i bambini, attirandoli a sé attraverso una sorta di ipnosi, per poi farli scomparire nel nulla.
Sarà proprio per la mancanza di sangue e violenza, tipica nei mostri dei nostri incubi giovanili, che Slenderman conquista l’immaginario collettivo odierno.
Slenderman nella cultura pop
Sarebbe riduttivo collegare il suo successo alla sola prolificazione di meme e creepypasta, per il semplice motivo che questi contenuti sono succubi del concetto di moda. Semplicemente il boom di Slenderman deriva dalla sua intromissione nei media più popolari. A tal proposito, nei giorni scorsi è stato diffuso il trailer di un film a lui dedicato, che sarà disponibile a maggio 2018. Questo dimostra che anche Hollywood si è piegata al fascino dell’Uomo Smilzo, dedicandogli una pellicola per il grande pubblico.
Tuttavia, il percorso di Slenderman all’interno della cultura pop occidentale ha origini ben lontane.
Il primo esempio risale al 2009 ed è un web series intitolata Marble Hornets, la quale presenta la struttura di un finto documentario per consentire un maggiore coinvolgimento agli spettatori. In essa vengono narrate le vicende di un gruppo di giovani studenti impegnati a girare un corto amatoriale per un concorso scolastico. Durante le riprese il gruppo si imbatte nell’Operatore, un’entità maligna ispirata a Slenderman.
È però con i videogiochi che l’essere longilineo trova la sua espressione più riuscita. Il caposaldo videoludico da cui è iniziato tutto è Slender: The Eight Pages, titolo horror del 2012 creato da Parsec Productions. Esso riprende la meccanica ben riuscita di Amnesia: The Dark Descent, ovvero quello di avere un protagonista indifeso davanti a un male superiore, e la reinterpreta in chiave Slender Man, nonostante il titolo abbia poche pretese in termini di gameplay e grafica. Il concept è infatti molto semplice: siete una bambina, il cui scopo è trovare otto pagine di diario disperse in un bosco. È notte fonda e voi avete solo una torcia, che ha una durata limitata.
Il tutto rigorosamente in prima persona.
L’aspetto inquietante del gioco è che, mentre girovagate per lo scenario con la sola luce tremante della torcia, Slenderman vi osserva, costantemente, nascosto tra gli alberi o dietro a un angolo. E più pagine trovate, più lui si avvicina a voi, provocando un senso di angoscia quasi soffocante, enfatizzato dalla colonna sonora tetra e crescente. Se durante il cammino incrociate il suo volto bianco, dovete immediatamente nascondervi dalla sua visuale, altrimenti vi piomberà davanti all’improvviso, causando il game over oltre a un probabile infarto.
La tensione accumulata durante l’esplorazione è, per l’appunto, molto alta, e quando Slenderman compare in lontananza è facile saltare dalla sedia e lanciare un grido. Questo effetto ha portato tantissimi streammers e youtubers a filmare le loro partite condensate di jumpscares, provocando la notorietà del titolo indie e soprattutto la ribalta di Slenderman tra i nuovi mostri dell’era digitale.
Slender: The Eight Pages rappresenta un esperimento decisamente riuscito, che ha sancito la nascita di una scia di titoli dedicati all’Uomo Smilzo: Slender’s Wood (2012), il seguito spirituale di Eight Pages ovvero Slender Man’s Shadow (2012), e il seguito ufficiale Slender: The Arrival, titolo uscito in multipiattaforma nel 2014. Esiste pure una risposta tutta italiana creata da un fan, Slender: Lo Sguardo dell’Orrore.
Tutti i giochi citati, sebbene diversificati nell’ambientazione e nella trama, presentano la struttura del walking simulator horror, con Slenderman alle nostre calcagna. Un’impostazione forse poco innovativa ma che riesce ad esprimere al meglio la paura causata dall’essere longilineo. Con lui non vediamo mai spargimenti di sangue, armi e quant’altro, ma è tutta una paura psicologica, legata al suo aspetto fisico e al suo modo di operare, entrambi eleganti ma malsani.
Slenderman nella vita reale
In particolare, l’elemento perturbante viene enfatizzato da alcuni casi di cronaca nera che hanno coinvolto i giovani americani. Tra gli eventi più noti ritroviamo quello di Morgan Geyser e Anissa Weier, due ragazzine di 12 anni, le quali hanno condotto nel bosco la loro amica Payton Leutner, e l’hanno uccisa con 19 coltellate. Quando le due colpevoli sono state interrogate dalla polizia, queste hanno confessato di aver compiuto l’atroce omicidio con lo scopo di placare e allontanare la figura di un uomo alto, elegante e senza volto. La storia risale al 2014, ed ha coinvolto la cittadina di Waukesha, nel Wisconsin.
La vicenda è divenuta oggetto del docu-film Beware the Slenderman, presentato nel Regno Unito il 23 gennaio 2017, e diretto da Irene Taylor Brodsky per HBO. Il prodotto è stato ben accolto dalla critica specializzata per il modo in cui tratta i disturbi della personalità che colpiscono i giovani in relazione a internet e al mondo digitale. Ne viene fuori un effetto disturbante e preoccupante, poiché dimostra la debolezza del cervello umano davanti all’irrazionalità.
Sempre nel 2014 sono stati registrati altri due casi di aggressione da parte di adolescenti affascinati dall’inquietante figura. Queste storie hanno provocato un certo allarmismo in America, a tal punto che lo stesso sito su cui è nato Slenderman, Something Awful, nel 2014 ha creato un post con il titolo “Please don’t kill anybody because of Slenderman” per invitare i giovani a non divenire succubi di un mito inesistente. Inoltre, il padre di Anissa, una delle due ragazzine omicide citate poc’anzi, si è recentemente opposto alla proiezione del film in arrivo a maggio, poiché rischia di minimizzare un problema adolescenziale oltre a sdrammatizzare la tragedia che ha colpito la sua famiglia.
Sono dei risvolti che inquietano, ma non ci addentriamo in questa discussione controversa che vede conseguenze nella vita quotidiana. Ciò che però è oggettivo è che Slenderman, essere mostruoso nato per caso su internet, dal passato oscuro e dallo stile paurosamente originale, è riuscito a conquistare gli incubi della nostra generazione.