Romics 2017, dalla crasi Roma e Comics, voleva essere tra le più grandi fiere del fumetto del belpaese; facile immaginare che la stragrande maggioranza degli stand sia dedicata a tale argomento eppure, da anni a questa parte, vi è un cambiamento che sta caratterizzando non solo la fiera della capitale ma tutte quelle di settore: il cosplay.
Se devo stare qui a spiegarvi cosa sia un cosplay non la finisco più, quindi la faccio corta e semplice: cosplay è quando ti rivedi cosi tanto in un personaggio di fantasia da volerti atteggiare come lui.
Come avevo detto sono stato breve.
Il cosplay ormai è diventato l’elemento di punta di Romic; non che in passato non lo sia mai stato, dopotutto è una delle date più importanti in Italia per chi vuole sfoggiare i suoi lavori anche quando suoi proprio non sono… ma non è questo l’argomento di tale articolo, bensì altro. Ora ve lo illustro.
Tra la miriade di cosplay visti a questo appuntamento – belli, brutti, nudi, vestiti, effimeri, ridicoli, sconosciuti e chi più ne ha più ne metta – una cosa che mi ha particolarmente e piacevolmente colpito è il livello raggiunto da alcuni di questi.
Nota, la cosa che più mi ha affascinato è che oltre ad essere bellissimi e calzantissimi erano realizzati da persone che hanno abbondantemente superato i 40 anni.
Sono rimasto molto affascinato da questo e mi sono posto la fatidica domanda: perché? Credo che la risposta risieda nel semplice fatto che il tempo scorre e non lo si può fermare.
Coloro che una volta erano miei coetanei o di poco più adulti hanno vissuto le mie, le tue, le nostre esperienze e, quindi, è normale che vogliano continuare a viverle impersonando i loro beniamini. La cosa più affascinante, però, è che questi mi sono sembrati anche quelli più sentiti.
Tale pensiero nasce da una semplice constatazione: se tutti i fallomarmocchi – grazie Feudalesimo e Libertà – che ho avuto occasione di incontrare nella giornata conclusiva di domenica mi apparivano come ripetitivi, insulsi, banali, scontati perché semplicemente appartenenti ad un filone mainstream come questo cosplay di un personaggio di LoL (tantissimi), quel personaggio di NieR Automata (vi lascio indovinare quale e perché) o, peggio, l’esser vestiti di niente fatta eccezione per la scritta Free Hugs (e poi rimaner esterrefatti e stupiti se il sottoscritto vi chiede di abbracciarvi… mah) o, in ultimo, l’evergreen di lasciar poco spazio alla fantasia senza nemmeno chiarire bene chi si sta interpretando (si parlo di tette), allora non posso che essere affascinato e rincuorato dall’uomo vestito da Mastro Geppetto che riporta alla mente gli anni del liceo in cui apprendevo che il vero finale di Pinocchio in realtà lo vede morto suicida, mi terrorizza vedere il signore conciato da Freddy Krueger che si rincuora sentirlo confidarsi con un suo coetaneo che “oggi è riuscito a convincere la polizia che il suo guanto artigliato è innocuo“, mi fa sorridere il vedere zio e nipote – credo – vestiti da Zio Fester e Mercoledì con tanto di lampadina funzionante.
Ma soprattutto, mi apre il cuore vedere una famiglia che ha speso tempo, forze, energie, passione, amore e sentimento nel realizzare costumi di tutti i ninja di Mortal Kombat – uno per ogni membro della famiglia – per poi portare i propri figli ad una fiera e passare tempo insieme divertendosi, cosi come me lo apre una giovane coppia che decide di impersonare Belle e la Bestia, una storia d’amore come non se ne leggono da tempo.
Per quello dico che i 40enni i cosplay lo fanno meglio. Non voletemene giovani 20/30, voi non siete malvagi, anzi, alcuni di voi sono dannatamente bravi.
Davvero, riuscite a far smuovere la mandibola anche ad un personaggio critico come me, però vi è un fattore – di cui fortunatamente non tutti sono afflitti – che impera: apparire.
Vi sfido a dire dell’uomo vestito da Geppetto, il vecchietto di Up, Zio Fester, il sosia si Walther White eccetera, eccetera, eccetera che siano scontati, banali e chi più ne ha più ne metta, perché no, non lo sono affatto. Sono la scelta consapevole di voler fare qualcosa di unico, di indimenticabile. Di, si magari come tutti gli altri, godere di un momento di celebrità – dopotutto il cosplay è ANCHE questo.
Però, sinceramente, tra un papà vestito da Sub Zero che confeziona il suo vestito di Ermac per il suo figlio appena 6enne e l’ennesima rivisitazione del noiosissimo elfo della notte di Word of Warcrat, beh, la scelta è fin troppo semplice.
Che dire, Romics 2017 mi ha riservato una bella sorpresa, una sorpresa purtroppo occlusa dalle miriade di stronzate contenute in inutili stand tutti dedicati ai soliti dozzinali gadget ormai acquistabili a meno e online nell’era dell’e-commerce – mi chiedo a cosa servano le fiere se puoi comprare tutto su internet a tempo zero, risparmiando – salvo l’occasionale perla posta qui e li, come un piccolo spazio riservato al gioco di ruolo (cosa che non avveniva da qualche tempo) che ospitava Nicola Degobbis di 7th Sea, premiato Miglior Gioco di Ruolo Lucca Comics & Games 2017.
Sinceramente? Questo Romics mi ha deluso più degli altri.
Questa è una fiera che può e deve dare di più e che non può limitarsi ad una passerella destinata alle solite banalità.
Se non fosse stato per quelle piccole, sparute, sciccherie che vi ho elencato, il mio pezzo sarebbe servito a stroncare quella che aspira ad essere la più grande fiera di settore italiana e sagra della patata e della carota a cui ho assistito.
Ah, si, grazie Stephen King: il mio amico Gullo è molto felice di poter galleggiare.
This post was published on 12 Ottobre 2017 20:23
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