Cara gente, bentornati nelle Cronache Perdute di Gotrek & Felix! Nel corso del primo episodio abbiamo potuto iniziare a esplorare le riflessioni di Thanquol mentre si avvicina alla Torre Frantumata, all’interno della quale dovrà incontrare il Consiglio dei Tredici. Andiamo quindi a concludere la narrazione di questo racconto breve.
Buona lettura.
Quando Thanquol e la guardia albina varcarono l’ingresso della Torre Frantumata, scese il silenzio. Il frastuono della città fu tagliato fuori come da una cortina invisibile. L’aria era più fredda e e contaminata dall’umidità. Gli ricordò con forza il giorno in cui era stato portato presso il Santo tra i Santi, il luogo sacro dove il Ratto Cornuto si era manifestato di fronte ai supplicanti Veggenti Grigi e aveva posto fine alla grande Guerra Civile quasi duecento anni fa.
Ricordava lo stupore che aveva provato quando aveva guardato il pilastro a tredici lati, con i centosessantanove comandamenti incisi dal Ratto Cornuto stesso. Aveva osservato una reliquia dell’unico essere nell’universo che, nelle profondità segrete del suo cuore di Skaven, era pronto a riconoscere come più grande di lui.
I Signori del suo Ordine non avevano avuto bisogno di costringerlo ad prostrarsi di fronte alla Colonna. Si era gettato spontaneamente a terra in un’estasi di adorazione. Anche nella sua frenesia, qualche istinto lo aveva avvertito di non toccare il pilastro pieno di rune. I signori avevano mosso le loro code con fare saggio, sapendo che lui era davvero uno dei Prescelti.
Allora era solo un giovane. Doveva ancora essere iniziato a tutti i misteri del suo ordine. Non aveva mai assaggiato la mutapietra da fiuto che gli faceva danzare nel cervello deliziose visioni di carneficina e di morte. Non aveva ancora imparato i rituali segreti che avrebbero affinato i suoi poteri precognitivi, permettendogli di strappare il velo del futuro. Non aveva ancora imparato le arti segrete della divinazione che rivelavano alla sua mente acuta le trame dei suoi oppositori o quegli incantesimi mortali che gli avrebbero permesso di uccidere interi eserciti nemici.
Allora non sapeva nulla, ma era giovane, sveglio e desideroso di imparare. Ben presto era uscito dall’apprendistato. Era sopravvissuto mentre altri della sua età avevano fallito. Il ricordo dei destini degli altri che erano stati iniziati contemporaneamente a lui lo rincuorava spesso nei momenti più bui.
Squiktat era diventato veramente pazzo dopo aver dato un’occhiata di nascosto ai grimori segreti di Maestro Sleekit. Era scappato via saltellando e farfugliando con la schiuma alla bocca. Era sparito nelle paludi e non era stato più visto. Thanquol era contento che Squiktat avesse letto i libri. Anche lui aveva preso in considerazione l’idea di saccheggiare la biblioteca del Maestro.
Borkha si era trasformato in una Progenie del Caos dopo aver consumato troppa mutapietra affrontando gli Orchi in battaglia. Uno spreco, poiché Borkha era malleabile e avrebbe potuto rivelarsi un ottimo agente per Thanquol. Il brillante Tisquik era stato ucciso da una lama stillante, presumibilmente brandita da un assassino del Clan Eshin, vittima di uno degli interminabili intrighi del Consiglio. Forse il Lord Veggente Kritislik temeva che il suo protetto potesse sostituirlo nel Consiglio e lo aveva fatto rimosso dai giochi. Da quel giorno Thanquol era stato attento a non mostrare troppa ambizione.
Mentre iniziavano a salire le lunghe e tortuose scale che portavano alla sala del Consiglio, Thanquol imprecò, ricordando tutte le volte che aveva salito queste scale in trionfo. Non era sempre stato disapprovato dal Consiglio. Ricordava bene i primi tempi in cui aveva goduto del loro favore, quando aveva gareggiato e tramato contro i suoi fratelli Veggenti per ottenere le missioni più ambite.
Con un certo senso di trionfo, ricordava di essere stato scelto come messaggero del Consiglio nella roccaforte del Clan Eshin, sotto la terra nota agli umani come Catai. Lì aveva visto i loro strani templi a pagoda e aveva assistito all’addestramento dei loro assassini, acquisendo un vero e proprio rispetto per le abilità del clan degli assassini.
Ricordava di essere stato scelto per studiare le vie degli umani, il che era un grande onore, perché il Consiglio considerava quella specie a riproduzione rapida la più grande minaccia alla supremazia dell’Impero Sotterraneo. È vero, erano incredibilmente stupidi, ma non quanto gli orchi. Erano stregoni migliori della morente razza dei Nani e molto più numerosi della razza in declino degli Elfi. Ma erano anche malleabili e sarebbero stati ottimi schiavi una volta portati sotto la frusta degli Skaven. Thanquol aveva organizzato molti assalti contro di loro.
Oltre a corrompere i Borgomastri Tileani, aveva organizzato la ribellione mutante a Moussillon, nella terra di Bretonnia. Aveva supervisionato la riapertura dell’antica rivalità tra i templi di Ulric e Sigmar. Il Consiglio era stato molto soddisfatto di lui e lo aveva ricompensato con i servizi della sua guardia del corpo rattogre chiamata Strappaossa. Maledetta quell’impotente e traditrice progenie del Clan Moulder. Aveva quasi causato la morte di Thanquol per la sua incompetenza. Thanquol aveva sempre sospettato che i rattogre portassero sfortuna.
Era stato così vicino. Il successo finale era quasi a portata di mano. Aveva quasi fatto precipitare l’Impero, il più potente degli stati umani, in una guerra civile. Quello avrebbe dovuto essere il suo momento più grande. La sua pedina umana, von Halstadt, avrebbe assassinato il fratello dell’Imperatore. L’uccisione di un tale uomo da parte del capo della polizia segreta della Contessa Elettrice di Nuln avrebbe portato alla guerra tra la potente città-stato di Nuln e le forze dell’Imperatore.
E così avrebbe dovuto essere. Invece era andato tutto terribilmente male. Von Halstadt era stato ucciso da un ometto. Prima che Thanquol e Strappaossa potessero intervenire e salvare von Halstadt, Strappaossa era stato ucciso dal compagno nano dell’ometto e Thanquol era stato costretto a una prudente ritirata. In seguito aveva fatto del suo meglio per salvare la situazione.
Smentì completamente quelle anime malvagie sussurranti l’idea che avesse semplicemente cercato di vendicarsi del nano per la sua umiliazione. Semplicemente non era vero. Era troppo perspicace per una cosa simile. L’invasione di Nuln era stata una mossa finemente calcolata. Avrebbe dovuto funzionare. In linea con i suoi piani, i suoi scagnozzi erano emersi nel palazzo dell’Elettrice nel bel mezzo del Gran Ballo. Con un solo affondo aveva stretto nell’artiglio tutti i capi della città e avrebbe potuto costringerli a fare la sua volontà. Ma ancora una volta era stato ostacolato dalla coppia maledetta e dall’incompetenza dei suoi sottoposti. Chi avrebbe mai pensato che l’ometto avrebbe potuto convincere una folla di umani ad attaccare il palazzo? Chi avrebbe pensato che lui e il nano avrebbero potuto combattere per entrare nella sala da ballo e liberare i nobili? Nemmeno da uno Skaven della perspicacia di Thanquol ci si poteva aspettare la presa in considerazione di queste cose.
Dopodiché Thanquol non ebbe altra scelta che ordinare l’invasione totale della città. Era stata una decisione perfettamente razionale. Non era stata presa in alcun modo per rabbia o collera, come alcuni dei suoi nemici avevano sussurrato. Il tempismo era stato giusto e gli umani erano stati colti di sorpresa dall’apparizione di una forza skaven così massiccia in mezzo a loro.
Gli riempiva ancora il cuore di orgoglio ricordare quell’enorme esercito di ratti che si muoveva nelle fogne. Era stata un’orda quasi invincibile. Gli umani disorganizzati non potevano opporsi ai fanatici Monaci della Peste del Clan Pestilens. Erano stati uccisi in massa dalle macchine da guerra diabolicamente astute del Clan Skryre ed erano stati cacciati da dietro le loro barricate dai Globadieri del Vento Venefico. Il suo esercito era stato invincibile. Per un’ora l’orda ululante e schiumante si era scatenata per le strade di Nuln.
La città sarebbe caduta in poche ore se quel nano maledetto non avesse dato fuoco al quartiere della città in cui era emerso il suo esercito, costringendolo a fuggire verso quello umano rimasto in attesa oltre le fiamme. Poteva quasi essere un’imboscata ben preparata, anche se Thanquol dubitava che qualche umano avesse avuto l’arguzia di prepararla. Ora più che mai sospettava un tradimento.
Le vittime skaven dell’incendio erano state immense, ma la devastazione della parte umana era stata altrettanto incommensurabile. Era stata un’immensa sconfitta per la razza umana. Vista nella giusta luce, la missione era stata un successo. Assolutamente, indubbiamente un successo, e questo è ciò che avrebbe detto al Consiglio.
Si trovavano ora davanti a due grandi porte nere con l’insegna del Ratto Cornuto. Accanto alla porta c’era un immenso gong di ottone. Mentre Thanquol guardava, un gigantesco rattogre colpì il gong e risuonò un’unica, terrificante nota. Mossi da un operato invisibile, i battenti si aprirono per rivelare la Camera dei Tredici.
Thanquol respirò profondamente e iniziò gli esercizi che il vecchio Sleekit gli aveva insegnato per controllare la tachicardia. Costringendo un piede artigliato davanti all’altro, entrò nella camera, sforzando i suoi occhi acuti e lungimiranti nel tentativo di penetrare l’oscurità.
La camera era vasta, circolare e a malapena illuminata. Una pedana emisferica correva intorno a un bordo della stanza. Su di essa si trovava un gigantesco podio drappeggiato di rosso e nero. Dietro il podio c’erano tredici sedie. Alcune erano occupate, altre erano vuote. Nella penombra era difficile distinguere i dettagli degli occupanti della camera. Dietro ogni sedia era ripetuto il segno del Ratto Cornuto. Davanti a ogni sedia era drappeggiato uno stendardo con il simbolo del clan o della fazione dell’occupante. Tutte le pareti erano coperte da grandi arazzi rossi.
Mentre Thanquol avanzava, un inquietante riflettore verde individuò un punto al centro del pavimento. Cadde direttamente su un grande cerchio dove il simbolo del Ratto Cornuto era ancora una volta inciso sul pavimento. Thanquol sapeva, senza che gli fosse stato detto, che ci si aspettava di vederlo fermo lì. Si avvicinò con calma, combattendo l’impulso di voltarsi e fuggire, resistendo all’impulso ancora più forte di mostrare i denti in un sorriso rabbioso. La Fame Nera gli lacerava lo stomaco e in quel momento sapeva di essere pronto a combattere anche il Consiglio dei Tredici, se necessario.
Il pavimento scricchiolò sotto il suo peso ed ebbe la certezza che quella sezione fosse vuota e instabile. Da sotto di lui proveniva il debole odore dell’acqua fetida e di qualcos’altro, qualcosa di rettile. Era certo di aver sentito un rumore di spruzzi lontani e un sibilo. Quindi era vero, il Consiglio aveva un dispositivo segreto qui. Aveva sentito voci terribili riguardanti l’utilizzo di una trappola atta a far cadere coloro che li avevano scontentati in una pozza di mostri affamati e mutati, un orrendo ibrido di Skaven e coccodrillo. Si chiese quanto tempo sarebbe passato prima di conoscere l’esatta verità.
Rimase in piedi strizzando gli occhi sotto i riflettori. Ora, con la luce negli occhi, non riusciva a vedere nulla. Le figure sulle sedie erano solo forme d’ombra. Sapeva che si sarebbe trovato in un terribile svantaggio se avesse dovuto combattere. Era un bersaglio fisso per dardi o incantesimi, mentre lui non poteva mirare a nulla. Stabilì rapidamente che combattere era impraticabile. Qualunque fosse il suo destino, era segnato.
“Saluti-saluti, Veggente Grigio Thanquol,” disse una voce ricca e profonda, intrisa di antica malvagità.
“Sì, saluti,” dissero altre voci. Alcune erano sottili e roche, così deboli da essere quasi inudibili. Altre erano abbastanza profonde da provenire da gole di troll. “Saluti e congratulazioni.”
La voce di Thanquol fu prossima allo spezzarsi mentre rispondeva. Lottò per non farla stridere. “Saluti, grandi e potenti Signori del Decadimento.”
“Desideriamo parlarvi delle vostre recenti azioni nella città di Nuln…”
“Posso spiegare,” interruppe Thanquol. “I miei miseri sottoposti…”
“Non c’è bisogno di fare il modesto, Veggente Grigio Thanquol, la responsabilità del piano era tutta tua.”
“Sì… no! È stato un piccolo contrattempo, tutto qui. Posso rimediare alla situazione.”
“Non ce n’è bisogno. La città umana è per metà in rovina e i guerrieri del Clan Skab sono ridotti a un decimo della loro forza precedente. Non sono più una minaccia per il Consiglio.”
Thanquol fece rapidamente alcuni calcoli. Vide un lampo di luce alla fine del tunnel. “Progettavano la ribellione.” Cercò di farlo sembrare a metà strada tra un’affermazione e una domanda.
“Sì-sì, Veggente Grigio Thanquol. Ora non pianificano più. Complimenti a te. Abbiamo un’altra missione per te. Una di estrema importanza. Per aiutarti abbiamo ingaggiato una nuova guardia del corpo.”
Thanquol cercò di esaminare la situazione da tutti i punti di vista. Sembrava improbabile che il Consiglio lo credesse a conoscenza del tradimento del Clan Skab quando in realtà non lo era. Erano troppo ben informati. Tuttavia, per alcuni di loro doveva essere utile fingere che avesse distrutto di proposito il Clan Skab. Forse il clan era sotto il patrocinio di uno dei Signori del Decadimento che aveva pianificato una mossa contro il Consiglio. Se così fosse stato, l’ammissione esplicita di azioni eseguite contro il Consiglio avrebbe scatenato un’altra disastrosa guerra civile. Nessuno nel Consiglio voleva questo. Perciò gli conveniva fingere che avesse sventato la cospirazione da solo.
E non era forse vero, in un certo senso? Thanquol si sentì gonfiare d’orgoglio. Un altro pensiero lo colpì. La sua missione era stata sabotata per farla fallire. Ora ne era certo. Come aveva sempre sospettato, i suoi piani meticolosi erano stati rovinati dal tradimento di un altro.
Mentre il Consiglio delineava la sua missione, lasciò che i suoi pensieri si rivolgessero a piani di vendetta. Prima doveva trovare il suo nemico nascosto e poi… decise anche che avrebbe chiamato la sua nuova guardia del corpo Strappaossa, in omaggio al suo fedele, fidato e purtroppo defunto seguace. Sì, Thanquol aveva sempre sospettato che i rattogre portassero fortuna.