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Astropate

Games Workshop, guarda un po’ di più Riot Games

Questo è un articolo molto personale, molto sentito, perciò vorrei avviare il discorso stabilendo una semplice opinione: non mi è mai piaciuto League of Legends. Non sono un fan dei MOBA, non mi hanno mai attirato, però l’ambientazione di Runeterra mi ha sempre stuzzicato. Per molto tempo non ho approfondito, ma Runeterra è sempre rimasta in quel cassetto delle cose che a un certo punto avrei voluto conoscere meglio. Più recentemente ho saputo del progetto Riot Forge e ne ho apprezzato l’idea perché avrei voluto vedere giochi diversi da LoL che mi permettessero di “entrare” in quell’ambientazione tramite generi di mio gradimento. Nelle ultime settimane, però, è arrivata la serie TV Arcane, la quale mi ha coinvolto tantissimo, mi ha preso, strappato e infine ricomposto in un piccolo omuncolo depresso che attende la seconda stagione con tanta felicità quanto tristezza.

Durante la mia visione di Arcane, ho cercato di conoscere meglio Runeterra e la compagnia alle sue spalle, comprendendo meglio “chi sia” Riot Games e come gestisca i propri progetti. Durante le mie ricerche si è progressivamente formato un pensiero nella mia testa. In qualità di Astropate, Games Workshop è la compagnia che seguo in tutto e per tutto, quindi mi è risultato naturale fare dei paragoni.

Ora, vorrei subito sfatare un pensiero balenato nelle menti di varie persone appena ho annunciato la scrittura di questo articolo: no, non voglio dire solamente “Games Workshop, mettici più soldi”. Considerando solo questo punto di vista, credo ne fuoriesca un discorso banale. Il mio vuole essere un discorso contemporaneamente più ampio e mirato, quindi non perdiamo altro tempo e iniziamolo davvero.

Riot Forge e Games Workshop: due modelli a confronto

Per diverso tempo Riot Games è vissuta solamente tramite League of Legends. Successivamente si è espansa con giochi quali Valorant e Legends of Runeterra, ma tutto si risolveva in videogiochi che non ponevano particolarmente l’attenzione sull’ambientazione di Runeterra. Quest’ultima era prevalentemente curata tramite racconti brevi, biografie dei personaggi, piccoli fumetti, una marea di illustrazioni e una mappa interattiva sul sito di League of Legends. Nel corso del tempo, Riot ha anche effettuato molti cambiamenti nella propria ambientazione, andando a cambiare radicalmente tantissime cose di Runeterra. Man mano ha trovato il proprio “equilibrio narrativo” e Arcane, cambiando ulteriori cose, pare essere stato il primo tassello importante.

La serie TV Arcane, però, non è arrivata da sola. Riot Games possiede una divisione chiamata Riot Forge, la quale si occupa di fare da publisher per vari studi di sviluppo che propongono la loro idea per un gioco. Si tratta di un approccio ben diverso rispetto a quello adottato da Games Workshop. Quest’ultima non fa da publisher per i videogiochi ambientati negli universi di Warhammer, ma stringe accordi di licenza con dei partner che fungeranno loro stessi da publisher dei propri giochi oppure assumeranno a loro volta studi di sviluppo. Ne possiamo vedere alcuni esempi.

Focus Home Interactive (recentemente rinominatasi Focus Entertainment) possiede la licenza per produrre giochi di Warhammer, perciò assume studi di sviluppo che lo facciano per loro, ad esempio Rogue Factor o Streum On Studio. Frontier Development si sta occupando di un RTS di Warhammer Age of Sigmar e possiede sua volta la propria Frontier Foundry, un progetto analogo a Riot Forge. Games Workshop possiede del personale volto a gestire le varie licenze e ad approvare il lavoro realizzato, ma non ha una parte realmente attiva nello sviluppo. Inoltre, Games Workshop ha spesso adottato un modello completamente diverso di distribuzione dei videogiochi, ossia una sorta di scarica di mitragliatrice impazzita rivolta verso un bersaglio. La maggior parte dei colpi sparati non centrerà quel bersaglio, ma alcuni sì e forse lo faranno beccando pure il centro.

In un certo senso, il modello GW si è rivelato abbastanza vincente per le tasche della compagnia, ma allo stesso tempo ha generato una certa sfiducia nei confronti di molti nuovi titoli. Quando sta per uscire un nuovo videogioco di Warhammer, ormai tanti hanno come primo pensiero “Ah sì, un altro videogioco di Warhammer…”. Si è verificata una tale bulimia di titoli su licenza di bassa lega che molte persone adesso partono prevenute, non concedendo fiducia ad alcuni giochi che magari un po’ di attenzione la meriterebbero. Qual è, invece, il franchise per cui solitamente c’è un atteggiamento molto positivo e con cui Games Workshop intrattiene una stretta collaborazione? Total War: Warhammer. I risultati si vedono.

Costruire il titolo adatto

Bisogna dire un’altra cosa: Riot parte avvantaggiata su un certo aspetto. Pur avendo un’ambientazione alle spalle, Runeterra si basa molto sui propri personaggi, sui propri Campioni. Con Riot Forge, uno studio di sviluppo “adotta” uno o più Campioni e realizza il gioco più adatto ad essi spaziando su ogni genere e sottogenere, dal JRPG al videogioco ritmico.

Games Workshop ha chiaramente degli universi differenti tra le mani. Molte delle loro storie sono raccontate tramite media testuali e spesso i videogiochi adottano l’idea di digitalizzazione di giochi da tavolo pre-esistenti. Ciò vuol dire che io desideri meno romanzi e più videogiochi? In realtà no, a me sta bene che Games Workshop non sia una compagnia che punta fortemente sul lato videoludico, però secondo me potrebbe gestirlo meglio.

A questo punto voglio farvi capire perché io non intenda un semplice “Mettici i soldi”. I titoli Riot Forge non sono particolarmente dissimili da ciò a cui hanno lavorato precedentemente gli sviluppatori coinvolti. A tal riguardo, vi invito a guardare questo video dedicato a CONV/RGENCE: A League of Legends Story, in particolare da 01:20 a a 01:50.

CONV/RGENCE è un gioco inarrivabile, frutto di un budget multimilionario? Inoltre, è così diverso e tecnicamente superiore rispetto a Speed Brawl, gioco precedente di Double Stallion Games? Direi di no, gli sviluppatori sono rimasti nel proprio angolino felice, in quel tipo di gioco su cui si sentono sicuri e con un passo in più sulla pulizia delle animazioni e del level design. Games Workshop e Riot Games hanno oltre un miliardo di dollari di differenza nei propri incassi annuali, ma qui Riot sta proponendo un gioco apparentemente interessante senza coinvolgere tutto il budget che potrebbe tirare fuori. Per questo motivo il mio pensiero non sta semplicemente nel “tirare fuori i soldi”, ma piuttosto nel gestire meglio le proprie risorse.

Allo stesso tempo, Games Workshop aveva già detto di voler cambiare il proprio modus operandi riguardo ai videogiochi. A tal proposito, attualmente mi sento di dire che la bulimia di un tempo si sia attenuata e che su certi titoli si possa sentire un filo di quello spirito Riot. Voglio prendere come esempio Shootas, Blood and Teef. Si tratta di un gioco di Warhammer 40.000 realizzato dagli stessi sviluppatori di Guns, Gore and Cannoli.

Osservando questo gioco (compresi i successivi aggiornamenti sullo sviluppo), avverto la stessa sensazione che provo guardando CONV/RGENCE o gli altri titoli Riot Forge. Sviluppatori che sfruttano il campo su cui sono esperti per realizzare giochi di Warhammer con idee intriganti. Un discorso simile lo potrei fare anche con Chaos Gate: Daemonhunters e Warhammer 40.000: Darktide, altri due titoli di cui si attende l’uscita.

Space Marine 2 e gli ultimi anni

Chaos Gate: Daemonhunters scava nel passato riportando alla luce un storico titolo del 1998, Darktide porta in Warhammer 40.000 la formula vincente di Vermintide e ci sono vari altri titoli interessanti in produzione o recentemente messi in commercio, eppure tra tutti c’è un Re il cui Ritorno ormai era scomparso dalle speranze di molti. Quel Re è Space Marine, la storia di Titus, Capitano della 2a Compagnia degli Ultramarine prima di Cato Sicarius e di Severus Agemann. Durante i The Game Awards 2021, Focus Entertainment e Saber Interactive hanno presentato Space Marine 2, ambientato nell’odierno Imperium post-Cicatrix (circa due secoli dopo) e con Titus nuovamente protagonista. Sono molto contento di questo annuncio e le brevi sezioni di gameplay presenti nel trailer mostrano subito un’alta fedeltà all’originale, tant’è che vorrei chiarire un’ulteriore faccenda. Per ciò che è uscito negli ultimi 4 anni e ciò di cui si sta aspettando l’uscita, io mi ritengo un appassionato soddisfatto. Pur essendoci qualche titolo minore di poco conto e qualche imperfezione negli altri titoli presenti, devo dire che gli ultimi anni del “Warhammer videoludico” mi hanno dato titoli gradevoli (alcuni di essi devono ancora essere raggiunti dalla mia programmazione Twitch), inoltre ho un grande desiderio di giocare i vari titoli ancora in fase di sviluppo.

Tutto ciò vuol dire che Games Workshop stia facendo dei passi avanti sul proprio approccio al videogioco? Su certi lati sicuramente, ma ci sono ancora numerosi passi da fare. Due di essi sono…

… l’integrazione e la pubblicità

Attualmente Runeterra è un’ambientazione che sta subendo vari cambiamenti, ma nel complesso non ha l’abitudine di chiudere i propri prodotti in una scatola. Mi spiego meglio. Ben prima dell’uscita di Arcane, alcuni Campioni avevano dei dialoghi particolari durante le partite di LoL, i quali hanno acquisito un nuovo livello di profondità una volta vista la serie TV. In più, se ora andassi a giocare la modalità giocatore singolo del gioco di carte Legends of Runeterra, potrei trovare un breve fumetto di Jinx che trova il vecchio coniglio di pezza visto nella serie. C’è interconnessione tra i prodotti, anche se media e/o target sono differenti.

Ora, qualcuno potrebbe aver pensato: “Aaaaah, come fa Star Wars con il canone e i riferimenti ad altre storie”. Più o meno. Personalmente ritengo che fin troppo spesso Star Wars faccia uso del riferimento e dell’easter egg come sabbia negli occhi per distogliere l’attenzione da evidenti lacune di trama. Con ciò che ho descritto fino ad ora, invece, vedo storie di varia natura che Riot non ritiene meno importanti lasciando che, al massimo, si citino tra loro senza “intaccare” qualcosa che la compagnia ritiene primario. A tal proposito, Riot dimostra di non ritenere tutto questo meno importante anche tramite la pubblicità.

Negli universi di Warhammer questi comportamenti sono parzialmente presenti. Games Workshop ritiene primario tutto ciò che concerne il wargame. Le pubblicazioni letterarie della divisione Black Library seguono a ruota, tant’è che nell’ultimo decennio i collegamenti a varie storie romanzate sono aumentati. Tuttavia, quante volte abbiamo visto un comportamento simile con videogiochi o giochi di ruolo? Davvero poche. In un manuale di Necromunda non troverò alcuna menzione degli eventi dei videogiochi Hired Gun o Underhive Wars; una campagna narrativa di Warhammer 40.000 non sarà mai ambientata nel Sistema Gilead del gioco di ruolo Wrath & Glory; un certo Space Marine del Caos (che non spoilererò qui) non parlerà mai della propria apparizione nel videogioco Warhammer 40.000: Inquisitor al di fuori del gioco stesso.

Allo stesso modo, Games Workshop pubblicizza poco questi prodotti perché li ritiene secondari se non addirittura terziari. Ribadisco, a me sta bene che Games Workshop voglia ritenere secondario qualcosa, ma un maggior impegno e coinvolgimento darebbe una marcia in più alla qualità dei prodotti e alle loro vendite. Games Workshop ha fatto raramente qualcosa di simile, ossia con il già citato Total War: Warhammer e con Warhammer 40.000: Dawn of War. Nel 2004, fu il noto Graham McNeill a occuparsi della lore dei Corvi Sanguinari affinché potessero diventare dei buoni protagonisti per Dawn of War. Con Total War: Warhammer, in particolare con l’imminente terzo capitolo della serie, Games Workshop e Creative Assembly hanno lavorato a stretto contatto. Persone rilevanti come l’illustratore Mark Bedford o il game designer Andy Hoare si sono occupati di plasmare meglio intere civiltà come il Gran Catai affinché potessero rendere al meglio sullo schermo e in futuro anche sui tavoli grazie al progetto Warhammer: The Old World. Brian Blessed è stato pure chiamato affinché doppiasse Gotrek sia nei nuovi audiodrammi che in Total War: Warhammer II.

Capite come Games Workshop si comporti in maniera profondamente diversa in base al progetto preso in esame.

In definitiva

Tiro le somme su questo discorso. Riot Games si impegna in prima persona sui progetti esterni a League of Legends. Non stipula accordi tramite i quali concede la licenza per poi lasciare ogni cosa ai fondi e agli sforzi di coloro che hanno preso tale licenza. Attraverso i dipendenti della divisione Forge, Riot fornisce supporto diretto per doppiaggi, marketing, localizzazione, narrativa, etc. Questi prodotti non sono ritenuti meno importanti e ottengono il giusto riconoscimento anche in altro materiale pubblicato.

Games Workshop ha fornito raramente un supporto simile e spesso chiude i prodotti su licenza, videoludici e non, nel loro angolo d’ambientazione. Datemi un buon videogioco che mi racconti la storia di un noto personaggio di Warhammer 40.000, Fantasy o Age of Sigmar, fate sì che un videogioco simile sia un trampolino di lancio per nuovi hobbisti o per persone che magari vogliono godere di Warhammer attraverso altri mezzi. Datemi romanzi ambientati nel Settore Calixis, nel Sistema Gilead o nella città di Lancia Splendente nel Regno di Aqshy. Date una mano a questi progetti e fate sì che alcuni di essi non siano solo un mordi e fuggi, ma progetti con un lungo supporto post-lancio. Come si suol dire: una mano lava l’altra. Per questo, Games Workshop, fai meno la Nurglita.

La questione dell’animazione

Paragonare Riot Games e Games Workshop come due compagnie appena lanciatesi nell’animazione, secondo me, è totalmente scorretto. Prima del lancio del servizio Warhammer+, Games Workshop aveva davvero poca esperienza su questo campo. Non aveva collegamenti stabili con studi d’animazione di rilievo, le poche esperienze passate comprendevano il fallimentare Ultramarines – The Movie e infine gli svariati corti animati erano frutto di collaborazioni tra studi d’animazione e compagnie che avevano ottenuto una licenza per creare i propri prodotti (solitamente videogiochi che ricevevano cinematic trailer).

Quando Games Workshop ha deciso di lanciarsi personalmente nell’animazione, lo ha fatto senza troppe pretese attraverso trailer dedicati all’uscita di qualche novità modellistica o manualistica, la cui animazione era essenzialmente composta da carrellate d’immagini statiche con occasionali cambi di posa. Nulla di estremo, per loro erano poco più che spot pubblicitari narrativi. Il vero passo avanti è stato fatto il 23 maggio 2020 con Warhammer 40,000 The New Edition Cinematic Trailer:

Prodotto insieme a M2 Animation, Games Workshop ha iniziato a porre le basi per future collaborazioni durature. Ciò, infatti, ha portato le due compagnie a lavorare insieme anche ai successivi corti animati dedicati alle rispettive terze edizioni di Warhammer Age of Sigmar e di Kill Team. Nel frattempo, anche prima dell’uscita del primo corto animato di M2, Games Workshop ha iniziato i lavori dedicati a due serie TV: Hammer and Bolter e Angels of Death. Per la prima si è rivolta a Sun & Moon Animation, un piccolo studio inglese, mentre per la seconda è stato fatto qualcosa di particolare.

Games Workshop ha assunto Richard Boylan, animatore e sviluppatore professionista che precedentemente aveva realizzato una versione animata dell’audiolibro Helsreach, noto romanzo di Aaron Dembski-Bowden. Prendendo il libro doppiato da Jonathan Keeble, vari modelli 3D presi da alcuni videogiochi di Warhammer 40.000 e un filtro usato per mascherare un po’ la legnosità dei modelli videoludici, Boylan realizzò un buon prodotto (anche se personalmente ritengo che lo stile fosse nettamente migliore nei primi episodi). Games Workshop, osservando il lavoro fatto e notando che si trattasse di un professionista del campo, ha quindi deciso di assumerlo per la realizzazione di Angels of Death coinvolgendo anche lo studio d’animazione legato a Boylan, ossia 9393-7084 Quebec Inc. Successivamente ha messo in atto operazioni simili per altri progetti nati come animazioni amatoriali, prima assumendo Syama Pedersen e canonizzando Astartes, poi facendo lo stesso con progetti quali Iron Within, The Exodite, Altar of Wrath, etc.


Per conoscere meglio il progetto di Pedersen, leggi anche “Astartes: Capire l’opera di Syama Pedersen”!


Benché tutto ciò sia positivo, arriviamo a toccare un argomento spinoso.

Il dilemma del porcospino

Si dice che l’Imperium sia crudele perché ha bisogno di esserlo, perché le minacce esterne sono talmente pericolose da richiedere un comportamento terribilmente ferreo e chiuso. In un certo senso, Games Workshop è “traumatizzata” da qualcosa di simile. Dopo essere partita da radici piuttosto derivative, alcune delle quali dovute al fatto che Games Workshop avesse la licenza per lavorare su vari franchise appartenenti a terzi, già alla fine degli anni ’80 gli universi di Warhammer hanno iniziato a crearsi maggiormente la propria identità sempre più iconica e originale. Nel corso del tempo, è diventato Warhammer il marchio da cui gli altri vengono tutt’ora influenzati, ma talvolta ciò è diventato eccessivo.

Ci sono numerose compagnie, piccole o grandi, che sono nate solamente per parassitare la proprietà intellettuale di Warhammer producendo “quell’unità di cui GW non ha ancora fatto il modello” o vari personaggi che si pensava non avrebbero mai visto un proprio modello ufficiale, ad esempio i Primarchi. Una compagnia in particolare ha improvvisato velocemente un regolamento per giustificare i propri modelli casualmente molto simili a quelli di Warhammer. Altri hanno attivamente effettuato spionaggio industriale nei pressi di Nottingham. Un’altra, chiamata Chapterhouse, è stata la famosa goccia che ha fatto traboccare il vaso. Dopo una marea di modelli e kit di modifica che sfruttavano in maniera totalmente palese la proprietà intellettuale di Games Workshop, quest’ultima ha portato Chapterhouse in tribunale per un lungo processo che ha colpito duramente entrambe le parti.

A quel punto Games Workshop ha cambiato il proprio approccio su vari aspetti, tra cui un uso maggiore di nomenclature più facili da “proteggere”. Purtroppo, però, la direzione Games Workshop ha l’abitudine di reagire in maniera spropositata per poi darsi progressivamente una calmata, indipendentemente da chi siano le persone che compongono tale direzione. Sul campo dei nomi, ad esempio, ha finito per evitare la traduzione di pressoché ogni cosa esistente nei propri giochi, anche parole semplici e non inventate da Warhammer come Capitano o pugnale. Ci siamo quindi trovati con regolamenti e manuali narrativi in cui il Captain usava la Power Sword per colpire l’Ork in Mega-Armour. Una situazione terribile che è scemata nel corso degli anni successivi.

Vi starete chiedendo perché io vi stia facendo tutto questo lungo discorso nonostante i presupposti fossero quelli di parlare delle serie animate. State tranquilli, ci sto arrivando.

Games Workshop ha anche deciso di passare a un modello di produzione in cui nessun manuale avrebbe più contenuto unità non rappresentabili tramite un modello già in commercio. Questo modus operandi permane ancora adesso, ma la compagnia ha imparato a conviverci meglio, poiché all’inizio ci eravamo trovati con un Codex: Skitarii e Codex: Cult Mechanicus che non avevano alcun reale motivo d’esistere separatamente, ma che erano stati separati perché Games Workshop aveva prodotto prima la linea Skitarii e solo dopo quella Cult Mechanicus. Con gli anni successivi, GW ha imparato e ha organizzato meglio le proprie uscite riguardo a situazioni simili. Recentemente, però, si è verificato un altro problema.

Con la decisione di lanciare il servizio ad abbonamento mensile chiamato Warhammer Plus, Games Workshop ha raggiunto e assunto numerosi animatori per coinvolgerli nella produzione di nuove serie TV o nell’ufficializzazione e canonizzazione di quelli che inizialmente erano partiti come progetti amatoriali. Come già detto prima, ora Richard Boylan e Syama Pedersen lavorano per Games Workshop grazie a quest’operazione (e così fanno anche i loro rispettivi studi d’animazione), ma la stessa cosa vale anche per progetti come Altar of Wrath e The Exodite. Si tratta di una mossa indubbiamente lodevole, io l’ho apprezzata molto, ma allo stesso tempo Games Workshop ha fatto “la cazzata”.

Ammorbidirsi

La produzione di animazioni amatoriali tramite le quali i fan sfruttano in maniera non autorizzata la proprietà intellettuale di Warhammer è qualcosa che Games Workshop può vietare? Sì, senza dubbio.

L’imposizione di tale divieto appiccica automaticamente un bollino con la scritta “Stronzi” sul petto di un’ipotetica forma umanoide della compagnia? Sì, lo fa eccome.

Sappiamo tutti quanto sia fastidioso quando una compagnia prende a calci in faccia un progetto amatoriale realizzato da qualche fan. Si tratta di un fenomeno visto fin troppo spesso nei campi dei cortometraggi e delle mod per videogiochi. Games Workshop ha assunto numerosi fan professionisti dell’animazione, ma ha anche imposto l’assoluto divieto di produrre qualsiasi futuro progetto d’animazione amatoriale. Ora, Games Workshop, prima e dopo la faccenda di Chapterhouse, è andata a pescare ogni singola compagnia che ancora adesso produce modelli parassitando più o meno fortemente gli universi di Warhammer? Decisamente no, Raging Heroes e Creature Caster ne sono la perfetta dimostrazione. Ora, invece, Games Workshop andrà a pescare ogni singolo progetto d’animazione per calciorotarlo fuori dall’esistenza? Sempre no, d’altronde ha avuto per anni il diritto di sopprimere If The Emperor Had a Text-to-Speech Device perché Alfabusa traeva migliaia di dollari mensili da un universo di cui non deteneva i diritti, ma non l’ha mai fatto e, pure quando ha iniziato a reclutare vari animatori, ha lasciato Alfabusa nel suo freddo angolino felice della Svezia affinché continuasse senza problemi la propria serie animata parodistica insieme ai suoi pazzi amici e colleghi. Alfabusa, però, cosa ha fatto? Ha messo in pausa il progetto. Io sono convinto che, come è stato lasciato libero di fare tutto per anni, sarebbe stato lasciato libero di fare tutto anche adesso, ma è assolutamente lecito che lui abbia voluto mettere ogni cosa in pausa per timore di subire delle ripercussioni legali.

Tutt’ora esistono progetti d’animazione amatoriali che se ne infischiano di questo divieto perché sanno che Games Workshop ha quest’abitudine di fare la voce grossa e di rinchiudersi a riccio in modo preventivo prima di ammorbidirsi nel corso del tempo. Ciononostante, a causa di questo divieto ci sono anche persone che sono tristemente scoraggiate dal dimostrare le proprie capacità e/o la propria voglia di raccontare una storia. D’altronde è stata proprio la possibilità di omaggiare liberamente le ambientazioni di Warhammer a far emergere progetti e persone che poi Games Workshop ha preso sotto la propria ala.

Spero che Games Workshop capisca di poter coesistere con le animazioni amatoriali e di poter comunque pensare di assumere persone che hanno portato alla luce progetti promettenti. Inoltre, spero anche che con il tempo i fondi stanziati per la produzione delle serie TV aumenti perché le storie sono davvero valide, di autori eccellenti Warhammer non ha mai avuto carenza, ma il lato tecnico può ampiamente migliorare.

Ora vai

Ora vai, Games Workshop. Hai dei bei videogiochi in produzione, le storie delle tue serie animate mi stanno piacendo tanto e recentemente hai pure riscoperto come si facciano dei manuali narrativi molto belli. Devi solo imparare a mettere più collante tra tutto e a non essere avvicinabile tanto quanto un certo Mariano Giusti. Non dico che sia facile e immediato, ma ce la puoi fare.

This post was published on 20 Dicembre 2021 13:00

Nicholas Sacco

Nato nel 1994 tra le lande nebbiose della provincia di Torino, Nicholas si dimostra fin da subito interessato ai giochi in ogni forma, anche quando prende in mano una copia inglese di Dragon Quest Monsters all'età di 6 anni non capendo assolutamente nulla dei testi, ma divertendosi comunque un mondo. Nel corso degli anni è passato da un interesse nei confronti dei giochi come puro consumatore ad uno in cui trova estremamente interessante approfondire le dinamiche delle compagnie e dei processi di sviluppo che stanno dietro ad essi. Nel frattempo, le passioni per la scrittura giornalistica e Warhammer si sono infiltrate nella sua vita. Ora il suo lavoro gravita principalmente attorno agli universi di Warhammer in qualità di Astropate, trasformatosi da un blog personale a una professione. Ora è caporedattore di Alanera Edizioni, casa editrice che si occupa di tradurre e pubblicare i romanzi di Warhammer in Italia, inoltre ha collaborato con Need Games alla localizzazione italiana dei giochi di ruolo Warhammer 40.000: Wrath & Glory e Warhammer Age of Sigmar: Soulbound. Per trovare i Momenti BG, consulta la sezione apposita: Momenti BG

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