Insieme ad Angels of Death, attualmente Warhammer+ sta pubblicando anche la serie animata antologica Hammer and Bolter. Essa riprende il nome dell’omonima collana di racconti pubblicata dal 2010 al 2012, tant’è che propone storie brevi capaci di intrattenere spettatori vecchi e nuovi.
Non sappiamo ancora quanti episodi debba durare l’attuale prima stagione, ma per ora sei episodi sono andati, quindi credo sia giunto il momento di commentarli uno ad uno per iniziare a tirare le somme. Attenti agli spoiler perché l’articolo li scaglierà senza pietà.
Partiamo quindi da Death’s Hand, episodio che ci racconta la storia di Kiamoro, Inquisitore di cui è stata prevista una morte inevitabile. Volendo evitare questo fato, Kiamoro consulta astropati e veggenti affinché gli svelino un altro futuro tramite i Tarocchi dell’Imperatore. L’Inquisitore appare subito come un personaggio ormai ossessionato da questo fato, pronto ad uccidere chiunque non gli sveli il futuro che desidera e a consultare persino i veggenti aeldari.
Accompagnato dal proprio seguito, Kiamoro viene improvvisamente raggiunto da Arturo, un vecchio amico Inquisitore che, a sua volta, è circondato dai propri sottoposti. Kiamoro si dimostra subito sospettoso, pensa già che Arturo sia lì per fargli pagare le conseguenze della sua ossessione che ormai lo sta rendendo pericoloso. Tuttavia, inizialmente il loro incontro è proprio quello di due vecchi amici che appaiono felicissimi di rivedersi. Non solo, la scena è un enorme riferimento ai primi minuti del film Predator, infatti, Kiamoro e Arturo riproducono la classica stretta di mano potentissima dove i palmi che si scontrano riproducono un rumore a 120 dB. Successivamente, parlano dei recenti successi e ricordano i cari vecchi tempi. Sì, è proprio un voluto omaggio a Predator.
Poco dopo, quando si scopre la verità sul loro incontro e scoppia la battaglia, ecco che Hammer and Bolter mostra chiaramente la brutalità di Warhammer. Un po’ come successo con Warhammer Adventures, c’era chi diceva che questi “cartoni animati” avrebbero diluito Warhammer per renderlo adatto ai bambini. Arti mozzati, sangue che scorre, ossa che volano e intestini maciullati sono esattamente ciò che farei vedere a mio fratello di otto anni (no, seriamente, se riuscisse a seguire i sottotitoli glielo mostrerei senza problemi).
Proseguendo, il colpo di scena del saggio scriba che si rivela essere un’assassina Callidus era stato già mostrato nei trailer, ma è sicuramente bello se lo si scopre senza aver visto nulla della serie. Ciò ci mostra perfettamente quanto possa essere letale e terribile un’assassina di questo tipo.
Al culmine del combattimento, mi ha fatto molto piacere vedere in azione Turk, il quale si scopre essere un crono gladiatore. Perché ha un contatore delle uccisioni da lui effettuate? Perché i crono gladiatori sono persone condannate ad esplodere se non alimentano tramite uccisioni costanti il conto alla rovescia di una bomba inserita nel loro corpo. Esistono varie versioni di questa bomba interna, infatti ci sono crono gladiatori il cui conto alla rovescia sale di una frazione di secondo per uccisione, ce ne sono altri il cui conto si resetta con ogni uccisione. Inoltre, ogni crono gladiatore viene imbottito di droghe da combattimento e pesantemente modificato tramite innesti di ogni genere.
Il design di Turk mostra una chiara ispirazione a Krieger ‘Krash’ Thrax, famoso crono gladiatore del gioco da tavolo Inquisitor che apparve pure nel fumetto di Kal Jerico intitolato Killing Time. In più, pare che per il contatore sul petto sia stata ripresa l’idea del crono gladiatore realizzato per la prima versione del gioco di ruolo Wrath & Glory.
Nella restante parte della storia, invece, risulta davvero molto interessante scoprire la verità sulla presenza della Callidus e vedere su schermo il terribile processo con cui viene “creato” un assassino Vindicare. Con l’ultimo colpo di scena, assistiamo a una dolce vendetta e all’ennesima trasformazione della Callidus.
“Andiamo a cambiare il futuro” Dice lei, poiché farà certamente pensare d’aver trovato una soluzione al fato predestinato. L’episodio ci lascia con un finale aperto, magari con la curiosità di scoprire quali siano i futuri obiettivi dei due assassini, i quali si trovano tra le mani l’identità di Kiamoro, un Inquisitor prossimo all’Investitura che lo renderà un importante Inquisitore Lord.
In Bound for Greatness veniamo trasportati sul pianeta Antioth, il quale ospita una titanica biblioteca volta a conservare tonnellate di testi Imperiali. Questo episodio ci pone davanti alla vita comune dell’Imperium, una vita spesso terribile in cui regole opprimenti fermano ogni genere di libertà personale e portano tanti cittadini ad essere delle macchine organiche costrette a ripetere compiti inutili. Sia chiaro, non tutto l’Imperium è così e la situazione può essere molto diversa anche andando in un’altra zona della stesso pianeta. Sebbene l’Imperium sia comunque un regime feudale piuttosto rigido, ci sono tantissimi posti in cui un cittadino può condurre una vita più “normale” di questa. Tuttavia, qui stiamo parlando di una vita pressoché monastica in una biblioteca controllata dall’Adeptus Administratum.
L’adepto Neath deve contare sempre gli stessi libri, mangiare in silenzio del rancio di cadavere sputato da un servoteschio, andare a dormire e ripetere la stessa sequenza ogni singolo giorno. Neath trova una scappatoia dalla rigidità della propria vita quando la tentazione lo conduce verso un libro diverso dal solito. Da questo punto in poi la storia diventa abbastanza prevedibile e Neath viene corrotto da Tzeentch esattamente come ci si poteva aspettare.
Ciononostante, la cosa un po’ più inaspettata è la scala di questa corruzione. Non solo un infiltrato che cerca di corrompere altri adepti, ma un’intera biblioteca gestita da un sovrintendente che si rivela essere un Signore del Mutamento, il quale diffonde libri corrotti. Nel complesso, nonostante la storia sia abbastanza prevedibile, è davvero bello vedere la tentazione demoniaca e la discesa nella follia del protagonista fino al totale crollo mentale.
Un’ulteriore curiosità sorge quando facciamo attenzione a un dettaglio che potrebbe facilmente passare inosservato. Questo episodio si svolge su Antioth, pianeta che alla fine è destinato ad essere interamente corrotto da Tzeentch. In Death’s Hand, Kiamoro e Arturo discutono proprio di quel pianeta:
“Siamo quasi morti su Antioth, Arturo. L’Arcinemico conosceva ogni nostra mossa. Gli abbiamo ceduto cento mondi. Sono morti a miliardi. Persino con le tue limitate abilità psichiche, dimmi che non riesci ancora a sentire le loro urla.”
“Non avremmo potuto fare niente di più.”
“E se avessimo potuto? Se avessimo saputo?”
Con questo piccolo tassello in più comprendiamo quanto dev’essere stata ampia la corruzione diffusa da quella biblioteca corrotta. Tzeentch ha corrotto Antioth e un centinaio d’altri mondi finché l’Inquisizione non è arrivata su quel pianeta causando miliardi di morti, ma Kiamoro e Arturo sono quasi morti nell’impresa. Antioth ha subito un Exterminatus? I caotici sono stati estirpati o qualcuno è riuscito a fuggire? Sarebbe molto interessante vedere altri episodi con sottili collegamenti di questo tipo e con l’obiettivo di dipingere un quadro più completo di quella catastrofe. Chissà se Antioth sarà nuovamente oggetto di discussione in futuro.
Sembra strano, ma siamo dovuti arrivare al quarto episodio per vedere gli Space Marine tra i protagonisti della storia. Ancor più strano se pensiamo al fatto che non siano nemmeno i protagonisti su cui la storia si concentra maggiormente.
Fangs ci porta su Fenris e mostra la storia di tre aspiranti Space Wolves che tentano di superare la Prova di Morkai, ossia una delle prove finali nella serie che porta all’accettazione all’interno del Capitolo. Dopo aver superato le prove precedenti, gli aspiranti vengono portati in terre selvagge e lontane dalla Zanna (la fortezza-monastero del Capitolo) affinché ritrovino la strada sopravvivendo all’ambiente inospitale e alle terribili bestie che lo abitano.
Nel frattempo, all’interno della Zanna troviamo ben tre personaggi assai noti:
I tre personaggi sono a riposo e si concedono una bevuta accompagnata da una partita a un gioco da tavolo. Si può ipotizzare che si tratti di regicidio, un gioco da tavolo piuttosto diffuso in ogni rango sociale dell’Imperium di cui esistono differenti tipi di regole e plance. Non è sicuro, ma mi piace pensare che possa essere così.
I tre personaggi discutono allegramente e scommettono sui tre aspiranti di cui vediamo le imprese nel corso dell’episodio, tant’è che c’è un bell’alternarsi d’attenzione tra i due punti di vista. Gli Space Marine, spesso visti nel bel mezzo dell’azione, costituiscono la calma di questa narrazione. All’esterno, invece, tre ragazzi cercano di guadagnarsi la vita e un posto tra coloro che adesso bevono, giocano e minchionano (termine tecnico). Ad ostacolare questi aspiranti ci sono varie bestie feroci, tra cui un grande orso bianco arrabbiatissimo e un lupo fenrisiano. Durante lo scontro con quest’ultimo, l’aspirante finisce in acqua ed è visibile l’elmo ancora intatto di un Marine della Rubrica, un chiaro riferimento agli eventi della campagna narrativa War Zone Fenris: Wrath of Magnus del 2016 (in realtà i Thousand Sons invadono Fenris anche prima, ma dubito che il riferimento voglia essere più complicato di così). Poco prima, invece, Krom cita gli eventi di Alaric Primus, ossia la storia raccontata in Sanctus Reach, campagna narrativa del 2014 in cui Krom divenne un personaggio giocabile di Warhammer 40.000 ricevendo anche un modello in plastica.
L’episodio è carino, mi è piaciuta la caratterizzazione data ai “tre famosi” ed è bello vedere degli aspiranti che cercano di raggiungere la zanna portando un pegno di una bestia feroce uccisa. Alla fine vediamo anche l’aspirante sopravvissuto che diventa uno Space Marine Primaris, ma credo che questo episodio avrebbe potuto osare ben di più e ora vi spiego perché.
Nonostante siano totalmente a riposo in una notte di svago e attesa degli aspiranti, i tre Space Marine continuano ad indossare l’armatura potenziata. Capisco che l’immaginario comune sia quello del Marine in armatura, ma solitamente gli Astartes se la tolgono. Non vivono sempre con essa e una breve sequenza di pochi secondi avrebbe potuto mostrare i tre personaggi che la rimuovono. Così facendo, tutti avrebbero riconosciuto comunque i personaggi e la scena avrebbe contribuito a sfatare il mito ancora diffuso dello Space Marine che non si toglie mai l’armatura. Ancor di più, secondo sarebbe stato davvero bello vedere le vesti indossate dai tre personaggi, poiché probabilmente avrebbero rafforzato ancor di più le differenze nella loro caratterizzazione.
Un altro punto importante che, secondo me, è stata una piccola occasione persa è il lupo fenrisiano e le terribili conseguenze che può avere l’impianto del Canis Helix. Quando gli aspiranti affrontano la prova vista nell’episodio, non devono vincere solo contro Fenris, ma anche contro se stessi. Questo perché, prima di essere portati in un luogo lontano dalla Zanna, ricevono il Canis Helix, la prima parte del seme genetico degli Space Wolves e anche la più instabile. La seconda sfida importante è quindi riuscire a dominare il Canis Helix perché, altrimenti, esso li porterà ad una mutazione irreversibile che li farà diventare prima un wulfen e poi un lupo fenrisiano. È totalmente possibile che il lupo visto nell’episodio sia stato un aspirante passato che ha fallito ed è progressivamente diventato una bestia di Fenris. Sarebbe stato davvero grandioso vedere uno dei tre aspiranti fallire e tramutarsi a sua volta in una creatura lupoide. Nonostante il successo di un aspirante, allo stesso tempo avremmo visto il terribile ciclo ripetersi. Anche in questo caso, nel caso in cui lo spettatore non avesse saputo del Canis Helix, una breve sequenza animata e un paio di frasi avrebbero potuto introdurre efficacemente l’argomento.
Nel complesso, quindi, ci troviamo davanti a un buon episodio, ma che secondo avrebbe potuto spingere sull’acceleratore e avere una marcia in più così da raccontare una storia più elaborata.
Arriviamo dunque a un episodio dedicato alle sorelle guerriere dell’Adepta Sororitas. Elena e Agatha devono mantenere la posizione e difendere un altare dedicato alla Santa Vivente Josephine dalle feroci orde di Khorne.
L’episodio ci mostra la differenza tra una sorella totalmente devota al proprio dovere, i cui obiettivi sono solo quelli di servire con cieca fede, e una più giovane che mantiene dei desideri personali. La storia non vuole fornirci un particolare insegnamento al riguardo, ma propone una forte contrapposizione tra le due protagoniste.
Devo dire che per questo episodio non c’è molto da spiegare. I khorniti sono normalissimi khorniti che si comportano da khorniti, ma c’è comunque un punto interessante da discutere sulle Sante Viventi.
In questo episodio non vediamo una Santa Vivente come Celestina, bensì una più simile a Sabbat. In passato Josephine è morta ed è resuscitata come Santa Vivente, per poi ritornare qua e là nei secoli successivi. Quando Agatha è ormai morta, Elena le porge la spada di Josephine (di cui sente pure la voce) e lei torna temporaneamente in vita. Agatha mantiene parte della propria personalità, infatti dopo lo scontro la vediamo riaccendere una candela, ma, a tutti gli effetti, è probabile che ad animare il corpo ci fosse Josephine. Perché ciò la rende più simile a Sabbat? Perché Celestina è un essere unico che muore, affronta sfide terribili nel Warp e poi torna in vita con il proprio corpo, mentre Sabbat sceglie una persona ospite e si reincarna in essa. Allo stesso modo, Josephine ha sfruttato temporaneamente il corpo di Agatha. Forse non c’era alcuna traccia della personalità di Agatha e Josephine ha semplicemente deciso di onorare un’ultima volta i compiti della sorella di cui muoveva il corpo? Chissà…
Alla fine, poco importa, l’Adepta Sororitas decide comunque di onorare anche Agatha come nuova Santa Vivente. Purtroppo, però, con la salvezza giunge anche una condanna a bilanciare le cose, poiché Elena paga la vittoria con la vista. Proprio lei, la ragazza che un giorno avrebbe voluto fare un pellegrinaggio su Antioth, il luogo di nascita del suo Ordine Militante, per osservarne le grandi biblioteche.
Aspettate un momento.
Antioth.
Sì, di nuovo quel pianeta dal fato oscuro, inserito lì in mezzo a un dialogo. Forse la perdita della vista, seppur terribile, è stata una seconda salvezza, oppure qualcuno deciderà che il suo Ordine Militante dovrà estinguersi proprio perché nato in quel luogo. Magari il futuro di questa serie ci fornirà delle risposte.
Ve lo dico subito: attualmente In the Gardens of Ghosts è il mio episodio preferito. La storia ci propone uno stregone aeldari di nome Iocarus, il quale visita il suo vecchio arcamondo distrutto per ricordarne il passato e recuperare qualche pietra dello spirito ancora intatta, sperando che ce ne siano.
Nei primi minuti abbiamo subito quell’osare di più che mancava un po’ in Fangs. Iocarus rievoca psichicamente il passato dell’arcamondo vedendone gli antichi splendori e a un certo punto tocca un albero. Gli alberi sono molto importanti per gli Aeldari perché attraverso di essi possono far fluire emozioni, ricordi e, prima della Caduta, persino l’anima stessa. Iocarus vede sua madre che, cantando, riesce a far fiorire l’albero dimostrando quindi d’avere abilità paragonabili a quelle dei mondocantori, l’equivalente esodita degli spettrocantori. In pochi secondi abbiamo avuto una raffica di PROFONDA LORE, cara gente.
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Andando avanti conosciamo anche gli altri protagonisti provenienti dallo stesso Arcamondo, una Ranger e uno Scorpione Venefico. Iocarus è comunque quello più legato al passato e rimane scioccato quando vede l’eco spirituale di un Avatar ucciso. Anche qui andiamo a toccare argomenti possenti, poiché normalmente il corpo di un Avatar di Khaine è composto solamente da ferro, non si tratta di un corpo magico con proprietà particolari (vero, signor Cassern Sebastian Goto?), tant’è che quando muore non ne rimane un cadavere rinsecchito oppure uno scheletro. Tuttavia, ciò che vediamo nell’episodio è un’eco che ha assunto forma fisica. Talvolta capita che un evento psichicamente terribile “risuoni” nel Warp e produca un’eco talmente potente da essere riprodotto nello spazio materiale tramite una forma più o meno fisica. Ad esempio, la morte di Sanguinius non ha solo generato la Rabbia Nera nelle menti dei Blood Angels, ma anche un’eco visibile del primarca morto sulla nave Spirito Vendicativo. Nell’episodio, invece, si manifesta la forma dell’Avatar di Khaine nel momento della sua morte.
Iocarus tocca l’eco rivivendo quel passato e permettendoci di vedere i momenti in cui una schiera d’Ultramarine massacrò senza pietà quell’arcamondo. Vediamo tutta la brutalità e la forza che le due fazioni possono sfoderare, ma vediamo anche la madre di Iocarus morire dopo che un Ultramarine la definisce una cagna aliena.
Iocarus riceve un contraccolpo dal passato vissuto e alla fine riesce a trovare e recuperare la pietra dello spirito di sua madre. Tempo dopo la inserisce in uno spettrocostrutto, ma ad attenderci non c’è una felice riunione di famiglia. Essere risvegliati come spettrocostrutti non è bello, è un atto che gli aeldari considerano necromantico e che non è particolarmente piacevole per chi deve vivere in quella condizione. La madre di Iocarus può tornare a parlare, ma è scossa e sente freddo.
Ho apprezzato davvero moltissimo questo episodio nella sua totalità, dalla storia alle chicche d’ambientazione che inserisce. In più, c’è anche una questione di libertà narrativa. Attualmente Warhammer 40.000 si sta concentrando su un periodo situato circa 12 anni dopo l’inizio della Crociata Indomitus, ma ciò non vuol dire che alcune storie non possano concedersi degli sguardi nel futuro con le dovute attenzioni. Nel romanzo The Infinite and the Divine, ad esempio, c’è una scena ambientata moltissimi anni dopo l’apertura della Grande Fenditura, la quale evita qualsiasi conflitto con il resto dell’ambientazione perché rimane confinata in un singolo luogo evitando di specificare dettagli sul resto della galassia. In questo episodio abbiamo una situazione analoga perché l’arcamondo viene devastato quando Iocarus era ancora un bambino, eppure erano già presenti gli Space Marine Primaris, quindi dobbiamo per forza trovarci in un futuro lontano. L’episodio si prende la libertà di ambientare la propria storia in un tempo che attualmente il resto delle pubblicazioni non sta approfondendo, ma lo fa tenendosi a compartimenti stagni evitando di cozzare con qualsiasi storia successiva che potrà essere scritto. Certo, magari domani GW annuncia che tutti gli spettrocostrutti sono esplosi magicamente e non è più possibile crearli, ma non credo accadrà. Anzi, spero che più storie, con le giuste accortezze, si prendano libertà simili per raccontare qualcosa di interessante sia indietro che avanti nel tempo.
Gli episodi futuri sapranno osare di più dove necessario o puntare ancora più in alto dove il livello è già buono? Lo vedremo, intanto Hammer and Bolter ha avuto sicuramente un inizio entusiasmante.
This post was published on 26 Ottobre 2021 18:09
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