I Lumineth sono l’ultima civiltà d’origini elfiche ad essersi palesata nei Reami Mortali di Warhammer Age of Sigmar. Si tratta di una civiltà molto particolare, poiché estremamente legata ai luoghi che popola. Per capire a pieno cosa s’intende, possiamo fare un paragone con le altre civiltà aelfiche dei Reami Mortali e con gli antichi elfi di Ulthuan. Per quanto possano rispettare i luoghi che popolano, difficilmente guardano un fiume considerandolo più di un semplice ammasso d’acqua che si è scavato il proprio sentiero nella terra. I Lumineth, invece, sviluppano una vera e propria simbiosi con l’ambiente che li circonda entrando in comunione con gli spiriti che abitano fiumi, montagne, venti e altri luoghi o fenomeni naturali per guadagnarsi il loro rispetto e aiuto.
L’idea degli spiriti si rifà agli elementali, un concetto che apparve nel 1986 con la prima edizione di Warhammer Fantasy Roleplay. Tuttavia, ai tempi gli elementali personificavano i classici quattro (acqua, terra, fuoco, aria), non erano dotati di una propria identità ed erano fondamentalmente degli agglomerati di energia. L’idea degli elementali venne abbandonata pochi anni dopo, ma si può dire che quella degli spiriti che abitano i Reami Mortali sia una sorta di suo rinnovo. In realtà, prima dei Lumineth, nei Reami Mortali c’erano già state apparizioni di spiriti che personificavano specifici luoghi, ma oggi voglio concentrarmi proprio sugli spiriti di Hysh e sull’ispirazione orientale che ha fortemente influenzato il design dei Lumineth.
La prima ondata di modelli Lumineth ci ha mostrato gli Alarith, ossia la sotto-cultura legata alle montagne. Osservando l’aspetto dei modelli è possibile scorgere una forte influenza da parte della cultura tibetana, ma anche una minore da parte di quella cinese. Andiamo ad esaminare vari casi.
Gli spiriti delle montagne assumono forma fisica attraverso un processo lungo e doloroso. Prima di tutto, i Lumineth devono creare una statua di roccia ricca di pietra del Reame che lo spirito abiterà. Successivamente, sulle spalle di questa statua viene scolpito anche un picco atto a rappresentare la forma della montagna a cui lo spirito appartiene, ma poi il lavoro continua facendo sì che quella scultura diventi un piccolo ecosistema con tanto di alberelli Tohnasai. Infine, oltre alle armi che lo spirito impugnerà, vengono create un’armatura in metallo solare e una maschera che riproduce le sembianze di un Lungocorno Ymetricano, un animale alpino che si dice essere immortale, motivo per cui è ritenuto degno di personificare la montagna più di qualsiasi altro essere.
Questa caratterizzazione degli spiriti della montagna si ispira a vari aspetti della cultura tibetana. Innanzitutto, la religione pre-buddhista sostiene l’esistenza di divinità che personificano una moltitudine di monti sacri. Sui valichi tibetani si è soliti poter osservare tumuli di pietre imbandierati, poiché essi sono altari dedicati alle divinità del luogo. I fedeli vi depositano le offerte, le quali sono generalmente rappresentate da corna o crani di ruminanti e rami di arbusti. Questi tumuli prendono il nome di lha tho e i tibetani, nell’attraversarli, esplodono in esclamazioni di vittoria delle divinità montane contro i demoni. Sebbene esistano anche i Dgra lha, una specifica categoria di divinità guerriere pre-buddhiste, le divinità montane sono complessivamente bellicose, tant’è che ricevono spesso epiteti che esprimono la loro potenza o il loro dominio su un territorio.
Come in tantissime altre culture, anche i tibetani sostenevano che i loro sovrani fossero di origine divina. Andando nello specifico, sostenevano che il loro re ancestrale fosse sceso dal cielo e si fosse posato su uno di questi monti sacri. Talvolta questo monte viene identificato con il Gyang tho nel Tibet centro-orientale, altre volte con lo Yarlhashampo. Quest’ultimo è degno di ulteriore attenzione perché era considerato il dio guardiano di Yumbulakhar, il più antico castello reale tibetano. Eppure perché voglio dare particolare attenzione a questo Yarlhashampo? Fate attenzione.
Yarlhashampo è considerato particolarmente importante, in varie sotto-culture locali è anche considerato il più potente tra gli dei montani, ma soprattutto è noto per la capacità di assumere la forma di uno yak bianco che può soffiare bufere dalle narici. Lo yak è un tipico bovino dell’altopiano tibetano, conosciuto anche con l’appellativo di bue tibetano. Capite voi stessi come il binomio yak-montagna dia facilmente vita a una figura come gli spiriti della montagna dei Lumineth. Il Lungocorno Ymetricano non è altro che una sorta di yak dei Reami Mortali.
Da tutto questo si comprende bene che il bianco non sia stato scelto come “colore da copertina” solo per simboleggiare la luce e la purezza di Hysh, ma anche per il suo rapporto con Yarlhashampo. Volendo citare anche un dettaglio un po’ più marginale, ma sempre legato ad autorità e guerra, in Tibet le tombe di re o di guerrieri morti in combattimento vengono decorate con delle pietre bianche.
A coronare il tutto ci sono i rituali, di combattimento e non, che i tibetani praticano per onorare le divinità montane ed essere ritenuti degni, esattamente come i Lumineth compiono delle prove per essere considerati degni dagli spiriti che abitano Hysh.
Come accennato prima, i Tohnasai sono alberelli che i Lumineth posizionano sulla scultura che riproduce la montagna originaria dello spirito che stanno cercando di richiamare affinché combatta al loro fianco. Abbiamo visto come i rami d’arbusto possano servire ad onorare gli altari delle divinità montane del Tibet, ma in questo caso dobbiamo spostarci verso altre tradizioni. Il nome Tohnasai porta immediatamente alla mente una tradizione che noi occidentali conosciamo spesso nella sua incarnazione giapponese, ossia il bonsai, ma che in realtà trova le proprie origini in Cina con la pratica del penjing o penzai. Penso che chiunque stia leggendo conosca la comune rappresentazione degli alberi in miniatura, ma chiaramente c’è di più.
Il penjing è un’arte che non si traduce solo nella riproduzione di alberi in miniatura, ma anche nella creazione di interi diorami che possono includere fiori, montagne, laghetti, etc. Fondamentalmente si può dire che l’intera montagna con alberelli creata dai Lumineth sia una forma di penjing. Questa arte è profondamente legata alle filosofie Taoiste e Confuciane, poiché rappresenta l’ideale di armonia universale e amore per la natura. Nei Lumineth, questa pratica ha proprio l’obiettivo di onorare gli spiriti affinché la lontananza dalla propria montagna non causi loro troppa sofferenza.
Osservando attentamente l’armatura e la maschera degli spiriti della montagna, è pure possibile notare il richiamo alla tradizione tibetana. Gli yak vengono spesso agghindati con una moltitudine di decorazioni quali fiocchi, tessuti e soprattutto nappe. Ciò viene fatto in particolar modo prima delle corse degli yak, uno sport tradizionale tibetano che solitamente si tiene durante il Festival Wunggao, il quale celebra l’arrivo della stagione del raccolto.
I Maghi della Pietra Lumineth rappresentano sempre un’influenza tibetana molto antica, ma in questo caso un po’ più recente, poiché andiamo a toccare le tradizioni adottate dai monaci tibetani buddhisti.
Quella assunta tipicamente dal Mago della Pietra è la posizione del loto che chiunque avrà visto almeno una volta in una foto che ritrae un monaco tibetano durante la meditazione. A voler essere precisi, la classica posizione del loto è nota come Padmasana, mentre quella del Mago della Pietra è la variante Sukhasana. Il termine significa posizione facile/piacevole, poiché consiste nel semplice incrocio delle gambe, al contrario della posizione originale e di altre varianti, le quali richiedono maggiore sforzo nell’eseguirle e mantenerle.
La seconda sotto-cultura dei Lumineth che Games Workshop ha deciso di approfondire è legata ai venti. Anche qui le influenze orientali abbondano, ma c’è un unico curioso dettaglio che, al contrario, è tutto occidentale: Hurakan. Questa parola potrebbe sembrare una semplicissima storpiatura del termine hurricane, ossia uragano in inglese, ma in realtà non è così. Hurricane stesso è un termine che deriva dallo spagnolo huracán, parola che a sua volta deriva da huricán, parola che indica le tempeste nella lingua Taino (indigeni dei Caraibi). In più, Huracan, ossia Cuore del Cielo, era una divinità Maya associata ai venti e alle tempeste.
Come gli spiriti della montagna avevano come riferimento gli yak tibetani, gli spiriti del vento hanno le volpi. In questo caso non è possibile identificare un luogo d’origine ben preciso, dato che i miti sulle volpi sono qualcosa di estremamente diffuso in varie culture dell’Asia Orientale. Tuttavia, qualunque cultura si prenda, le volpi sono sempre viste come spiriti dalla natura benevola, malevola o persino duplice. Inoltre, questi spiriti sono sempre dotati di particolari capacità, spesso proporzionali all’anzianità. Ad esempio, lo storico cinese Guo Pu scrisse:
Quando una volpe ha cinquant’anni, può trasformarsi in una donna; quando ha cento anni, può diventare una bellissima donna, un medium o un uomo che ha rapporti sessuali con delle donne. Tali esseri sono capaci di percepire gli eventi a più di mille miglia di distanza; possono avvelenare gli uomini con la stregoneria, possederli e confonderli affinché perdano la memoria e la conoscenza; quando una volpe ha mille anni, essa ascende al cielo e diventa una volpe celeste.
Guo Pu nella sua edizione del Shan Hai Jing
Gli spiriti delle volpi sono associati al divino e ritenuti esseri che, con una certa anzianità, ascendono a uno stato superiore nei cieli (si ritiene anche che il loro manto diventi dorato), inoltre sono adorati per diversi motivi. A volte perché ritenuti portafortuna, altre volte per placare la loro natura maliziosa.
Il Re Scimmia, conosciuto con il nome di Sun Wukong, è uno dei personaggi più famosi della letteratura cinese. Si tratta di uno dei protagonisti de Il Viaggio in Occidente, uno dei quattro grandi romanzi classici della letteratura cinese, il quale fu pubblicato nel XVI secolo (Dinastia Ming) e attribuito tradizionalmente allo scrittore Wu Cheng’en. Si ritiene che Sun Wukong sia a sua volta ispirato dalla divinità induista Hanuman, ma si sostiene che ci siano state anche influenze da parte delle leggende sulla Scimmia Bianca e da quelle su altre entità scimmiesche diffusesi in numerose religioni locali.
Nel corso degli eventi del romanzo, Sun Wukong ottiene vari oggetti mitici che possiedono capacità straordinarie. All’interno del castello del Re Drago, sostiene di aver bisogno di un’arma e di un’armatura, perciò il Re Drago gli dona una spada, ma Sun Wukong dice di non saperla usare, perciò il Re Drago opta per una lancia che pesa circa 1630 Kg. Sun Wukong sostiene che sia troppo leggera, quindi gli viene donata un’alabarda che pesa circa 3260 Kg, ma il Re Scimmia sostiene ancora che si tratti di un’arma troppo leggera. A quel punto intervengono la moglie e le figlie del Drago, le quali propongono il Ruyi Jingu Bang, un lungo bastone dal peso di circa 8 tonnellate. Sun Wukong si ritiene soddisfatto, ma pensa che il bastone sia un po’ troppo spesso e lungo, motivo per cui il bastone reagisce immediatamente adattandosi alle richieste del portatore. Come se non bastasse, quando non lo utilizza può ridurne ulteriormente le dimensioni affinché possa tenerlo comodamente dietro l’orecchio.
Non finisce qui, poiché Sun Wukong aveva detto di aver bisogno di un’arma E di un’armatura. Il Re Drago non ha più nulla da dargli, quindi richiama i Re Drago che governano sui mari dei quattro punti cardinali, i quali portano altri doni. Una cotta di maglia dorata, un elmo dorato con una piuma di fenice purpurea e un paio di stivali di loto per camminare sulle nuvole. Sulla cotta di maglia e sull’elmo possiamo sorvolare, ma gli stivali sono importanti.
L’immagine di massa che si è formata in gran parte del mondo è quella secondo cui questo personaggio possieda letteralmente una nuvola tramite la quale volare in giro per la Cina. Si tratta di un’interpretazione semplice da rappresentare, inoltre è quella più comune nei personaggi che si ispirano a Sun Wukong ed è proprio quella che vediamo nel Mago del Vento Hurakan, ma in realtà la natura di questa abilità è differente.
Sun Wukong sa utilizzare un’abilità chiamata Jīndǒuyún. La sua traduzione più efficace è “salto tra le nuvole”, siccome consiste in un vero e proprio salto potentissimo con cui Sun Wukong può raggiungere le nuvole e coprire circa 54.000 Km di distanza. Non c’è bisogno di fornire ulteriori dettagli per capire quanto sia potente questo salto, ma vorrei solo ricordarvi che l’Italia è lunga circa 1300 Km. A questa tecnica si aggiungono i maestosi stivali donati da Ao Shun, il Re Drago del Mare Settentrionale, grazie ai quali può pure camminare sulle nuvole che raggiunge saltando.
Ora che vi ho reso nota la natura di Sun Wukong, di alcune sue abilità e degli oggetti che porta con sé, potete capire benissimo l’ispirazione che ha segnato il design del Mago del Vento Hurakan. Un mago che si muove su una nuvola usando non uno, ma ben due bastoni, è un chiaro omaggio a uno dei personaggi più esageratamente forti che la letteratura mondiale abbia mai creato.
I Destrieri del Vento Hurakan sono un’interessante mescolanza di tre miti.
Nella mitologia cinese esiste Hou Yi, un uomo che, in base alle versioni del mito, è considerato un dio dell’arco sceso dal cielo per aiutare l’umanità oppure un uomo con diversi gradi di divinità, ma sempre legato alla grande abilità con l’arco. I Lumineth, essendo figli di Teclis, hanno un profondo legame con la luna e lo stesso si può dire di Hou Yi, dio che ha per moglie Chang’e, dea della luna.
Hou Yi è un arciere divino che combatte anche a cavallo, ma perché proprio lui dovrebbe essere legato a degli arcieri in groppa a creature che non sono assolutamente cavalli? Per capirlo dobbiamo prendere in esame una delle sue imprese. A un certo punto della sua vita, Hou Yi si batte con Fei Lian e lo sconfigge. Fei Lian, conosciuto anche come Feng Bo nella sua forma umana, è un dio del vento che semina disastri e che nel corso del tempo ha ricevuto diverse rappresentazioni. A volte appare come una creatura draconica dalla lunga coda di serpente e la testa di cervo; altre volte la testa è di un uccello oppure di una sorta di unicorno alato. Proprio riguardo a quest’ultimo appellativo di unicorno alato, si potrebbero anche considerare delle influenze da parte dei Qilin, gli unicorni cinesi con corpo di cervo e coda di bue.
Si può dire che i Destrieri del Vento Hurakan siano un’unione tra Hou Yi, Qilin e Fei Lian, ovviamente rivisto prendendo informazioni qua e là dalle sue diverse rappresentazioni.
Vorrei tanto continuare a scrivere perché esistono anche alcune informazioni sugli spiriti delle altre sotto-culture dei Lumineth, ma mi inoltrerei in discorsi diversi dall’obiettivo che voglio raggiungere con questo articolo, ossia informare, non teorizzare selvaggiamente. A tempo debito, quando vedremo i modelli delle sotto-culture legate ai fiumi e allo zenith, anche loro riceveranno gli adeguati approfondimenti.
Per concludere, i Lumineth sono una civiltà affascinante. I loro modelli sono molto controversi, hanno generato una mole immensa di discussioni su Internet e c’è una forte divisione tra chi ama il loro stile e chi lo odia. Io non mi posiziono in questi due poli perché nel complesso mi piacciono, ma ci sono comunque alcune cose che mi fanno storcere il naso. Cionondimeno, posso dire di amare alla follia la voglia di esplorare creature e angoli più ricercati delle mitologie che raramente ricevono l’attenzione che meriterebbero nelle ambientazioni fantasy. Spero che Games Workshop tenti ancora di esplorare mitologie e leggende meno conosciute e mi auguro che questo articolo vi abbia fatto apprezzare queste parti delle culture orientali.
This post was published on 19 Marzo 2021 13:00
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