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Astropate

Momenti BG 48: I cicli degli elfi e dell’universo

C’è un fatto molto semplice che ancora molti ignorano. Non sempre volontariamente e con malizia, si tende a dimenticare che Warhammer Age of Sigmar sia solo una continuazione della stessa ambientazione, mutata dopo un’enorme apocalisse. Eppure molte cose, per volere divino, capriccio della magia o chissà cos’altro, sono rimaste o tornate tra noi nonostante lo scorrere dei millenni, che siano personaggi come Valkia, Archaon o Gotrek, che siano divinità come Ursun o Necoho, che siano artefatti o doni come il Raccoglitore di Anime o il Respiro della Vita, un tempo utilizzati rispettivamente da Valnir e Aekold. Così gli Idoneth Deepkin, una sottorazza di elfi abitatori degli abissi, sono nati da coloro che un tempo venerarono Mathlann. Tuttavia, bisogna sapere che Mathlann fosse anche Manann, Mathann e tanti altri nomi. Nomi diversi per lo stesso dio di cui gli Idoneth ereditano ancora alcune tradizioni. Così gli Idoneth, così un intero ciclo. Vediamo questa storia e quella di tutti gli elfi, dal mondo-che-fu all’Età di Sigmar.

Le origini delle divinità

Partiamo dalle origini di Manann e degli altri dei. Origini su cui ha regnato il mistero per molti anni e per cui abbiamo ricevuto solo informazioni misteriose fino all’uscita di End Times. Questo evento non ha mai cambiato le carte in tavola, le ha solo spiegate. Alcuni credono che, in realtà, le divinità elfiche siano gli Antichi e che gli elfi abbiano solo creato la propria mitologia a partire da essi, ma non è così. Gli Antichi furono una razza tecnologicamente iperavanzata che intorno al -15000 IC raggiunse il pianeta a bordo dei propri vascelli, spostando la sua posizione nello spazio, modificando la sua orbita, la sua morfologia e il suo ciclo delle stagioni secondo i propri canoni e infine creando razze umanoidi come gli elfi, i nani, gli umani, etc. Tuttavia, per quanto riguarda gli elfi, gli Antichi non furono soli, considerata la presenza di Asuryan e Isha. La mitologia elfica pare contraddirsi su questo argomento, poiché sia gli Antichi che le due divinità vengono considerati i creatori degli elfi, infatti Padre Igyori Rhyurvic di Brunmarl, Prete di Verena, cercò di comprendere la questione. Nei suoi diari troviamo la seguente testimonianza.

“Ho speso tutta la mia vita adulta studiando le grandi opere delle Antiche Razze e, senza paragone alcuno, gli aspetti più misteriosi dei loro scritti riguardano gli ‘Antichi’. Ad esempio: gli scritti Alti Elfi riguardanti gli Antichi paiono competere direttamente con i miti della creazione elfica riguardanti due dei loro Dei: Asuryan e Isha. Nel Libro dei Giorni del Maestro del Sapere Finreir, agli Antichi – i quali “vennero da oltre i cieli” –  vengono attribuiti la formazione del mondo come lo conosciamo e la creazione della razza Elfica. Tuttavia, in contraddizione con questo, l’influente opera sulla teologia Elfica del Maestro del Sapere Beldryal, intitolato La Fiamma Eterna, vede “l’Imperatore dei Cieli” Elfico, Asuryan – di cui tutti gli Elfi dicono di seguire il piano – come il primario creatore, e Isha, una Dea della Natura, come la madre – i.e. creatrice – della razza Elfica. Inoltre, apparentemente gli Alti Elfi non credono che questi due testi si contraddicano a vicenda. L’unica ragionevole conclusione è che gli Dei degli Elfi siano realmente Antichi e che i due libri stiano semplicemente raccontando due varianti della stessa storia. Tuttavia, quando ho proposto le mie ipotesi a Felanthiar, uno studioso Elfico proveniente da Marienburg con cui ho comunicato per molti anni, la sua enigmatica risposta mi ha semplicemente confuso ancor di più: ‘Amico mio, sbagli, gli Antichi non sono gli “Dei” del mio popolo. Ciononostante, per rilassare la tua mente, posso confermarti che i due testi Asur che citi nella tua illuminante missiva non si contraddicono a vicenda.’ Forse le mie traduzioni sono errate?”

Durante la Fine dei Tempi, la dea Lileath, conosciuta nel mondo anche come Ladrielle e Dama del Lago, spiegò meglio la questione. La realtà segue un ciclo di vita e morte in cui i sopravvissuti del mondo precedente diventano nuovi dei del successivo (ciò non vuol dire che poi debbano essere gli unici dei esistenti). Per questo motivo Asuryan, Isha, Lileath, etc. non sono altro che sopravvissuti di una realtà precedente e, di conseguenza, si può assumere che Asuryan e Isha abbiano creato gli elfi insieme agli Antichi. Queste stesse divinità, sebbene nomi, parentele e alcuni dettagli cambino in base ai miti tramandati dai popoli che li venerano, sono anche gli Dei Classici del Vecchio Mondo. Volendo fare alcuni esempi, proprio come Mathlann è Manann, anche Isha è allo stesso tempo Shallya e Rhya, Verena è Hoeth, Taal è Kurnous, mentre Morr parrebbe essere Ereth Khial (Sarriel per gli Elfi Silvani della foresta di Laurelorn). In Tilea, divinità come Manann, Taal e Rhya hanno altri nomi, ossia Mathann, Karnos e Ishea, il che rende ancora più evidente l’equivalenza. Questo discorso si potrebbe espandere ad altri luoghi e altri dei minori che in realtà sono nomi diversi per altri maggiori, ma finiremmo per fare solo una tabella di nomi.

I Primogeniti e gli Ogham

Non è noto se tutti loro accettassero tale nome, ma Ulric, citando la morte della madre (Madre Terra, Isha) durante la Fine dei Tempi, parlò di sé come l’ultimo dei Primogeniti. Queste divinità, questi Primogeniti, essendo già presenti all’alba dei tempi, affrontarono il Caos durante la Grande Catastrofe, come riportato da due testimonianze.

“E poi il Cataclisma giunse.Re Taal si erse dalla Propria Foresta, e con l’Oscuro Morr intento a borbottare terribili presagi nel Suo orecchio, Egli bandì tutti gli immortali dal mondo. Ma gli architetti del Cataclisma rifiutarono i Suoi ordini. Il Corvo, il Mastino, la Serpe e l’Avvoltoio erano gelosi di Re Taal e provarono ad usare i Grandi Cancelli per portargli via ciò che era Suo. Fallirono. Mentre altri immortali fuggirono, i Quattro attaccarono, amareggiati e furiosi nella loro frustrazione. Molti morirono. Dopo innumerevoli battaglie, alla fine Re Taal fu accerchiato. Pochi erano ancora al suo fianco. Ulric il Lupo. Il Nobile Margileo. La Giusta Verena. Sotek il Serpente. Manann del Mare. E la Gentile Shallya, macchiata dalle lacrime e impaurita. Anche il Sorridente Ranald era fuggito e ora si rintanava nei Luoghi in Mezzo, temendo per il futuro. Poi, proprio quando i Quattro e i loro alleati arrivarono per la Battaglia Finale, la Fenice Fiammeggiante, cui tutti avevano creduto morta, ritornò dalla cima della Sua Piramide Scintillante e li punì. Così i ribelli vennero spinti oltre i Grandi Cancelli e sigillati lì per sempre. Ma furono irrequieti all’interno della propria prigione e presto si misero al lavoro per fuggire.”- Tradotto dalla Pietra di Obernarn, custodita nel Museo Imperiale, Altdorf

La Pietra di Obernarn era una pietra Ogham, ossia uno dei tanti monoliti incisi che costellavano il Vecchio Mondo. Quando ancora non si diffuse pienamente la venerazione degli Dei Classici, essi costituirono le basi della Vecchia Fede basata sulla natura e la Dea Madre (in realtà Isha). Col tempo, l’Impero credette che questi monoliti fossero stati eretti dai Belthani, ovvero gli uomini primitivi, ma fu Teclis a mostrare la verità. Gli Ogham, termine originatosi nelle terre dell’Albion e sostituibile con altre parole equivalenti come Pietrevia, Pietre Elfiche e altri ancora, non erano altro che punti di canalizzazione per le energie magiche creati dagli Antichi e posizionati in luoghi ben precisi che corrispondevano a faglie nella realtà naturali o createsi a causa di interferenze degli Antichi stessi.

Dopo la Grande Catastrofe, le valorose imprese di Aenarion e la creazione del Vortice della Magia, gli elfi decisero di ripristinare ed estendere questa rete di obelischi per rafforzare il sistema del Vortice. A loro volta, i nani impararono dagli elfi la natura del Vortice e di queste pietre, perciò contribuirono al rafforzamento della rete tramite la magia applicata agli oggetti per mezzo delle rune. Gli umani, invece, credettero che questi monoliti fossero stati posizionati dalle divinità e perciò, oltre a venerarli, cominciarono a costruirne di altri. Molti inutili ai fini del Vortice, ma di importante valore storico grazie alla celebrazione di grandi battaglie e potenti eroi, eppure molti altri utili grazie alla sensibilità umana nei confronti dei flussi magici. Solo con la fine della Grande Guerra contro il Caos e la fondazione degli otto Collegi della Magia nell’estate del 2304 IC da parte di Teclis e Finreir (sotto richiesta di Magnus il Pio), allora venne svelata la reale natura delle Pietrevia. Erowin Grunfeld, ai tempi Magister dell’Ordine di Giada, riportò nei propri documenti il totale rifiuto di questa verità da parte di un terzo delle Famiglie Druidiche e la loro fuga all’interno delle foreste. I rimanenti due terzi andarono poi a formare l’Ordine di Giada.

Duplicità e incarnazioni

La stessa storia della Pietra di Obernarn, esposta in una versione più prosata e con maggiori dettagli, viene riportata da Markus Fischer, Lord Magister dell’Ordine Grigio fin da poco dopo il 2510 IC.

“Questo mito non è noto ai culti, poiché proviene dagli Asur, con i quali ho avuto la fortuna di discutere di queste materie. Quando i Grandi Cancelli collassarono e le energie mutagene dell’Aethyr vennero liberate, Verena, in lutto, venne avvicinata da Taal per unirsi alla difesa contro gli Dei Oscuri. Era diventato re dopo che suo padre, Asuryan, era stato ucciso dal Dio del Sangue, e stava riunendo coloro che ancora vivevano. Dopo molta persuasione, alla fine Verena accettò di unirsi ai sopravvissuti nella Grande Piramide. Quando arrivò, rimase scioccata nel vedere quanti pochi fossero rimasti. Sapendo di avere il disperato bisogno di un vantaggio, Verena studiò le grandi tavole degli Antichi e scoprì l’esistenza della Spada del Giudizio di Tlanxla, un’arma dal potere incredibile. Quindi, senza informare Taal, viaggiò fino al Cancello Meridionale mascherata come una serva degli Dei Oscuri. Dopo innumerevoli difficoltà, alla fine la trovò nelle mani di un Dio Demone. Come molti altri artefatti degli Antichi, la Spada era usata per portare avanti i piani degli Dei Oscuri. Il Dio Demone in questione era chiamato Ulgu, al quale era stato ordinato dal Signore del Cambiamento di unirsi ad altri sette Dei per allagare il reame mortale con l’Aethyr. Verena, usando la propria intelligenza e la propria astuzia, ingannò Ulgu facendosi dare la Spada, per poi fuggire tornando alla Piramide in modo da unirsi all’ultima resistenza contro gli Dei Oscuri. Quando arrivò, le forze del Caos avevano già attaccato. Piombò giù e si unì alla difesa. Passo a passo, i difensori vennero spinti sulla piramide, finché rimase solo una manciata di Dei intorno al Trono di Diamante. Quando sembrò tutto perduto, un grande, fuoco bianco eruttò dal Trono, e Asuryan la Fenice, indossando una maschera biforcata di bianco e di nero, avanzò. Con la forza generata dalla furia, il risorto Re degli Dei respinse le forze confuse del Caos. Fino a questo giorno, tutti i servi elfici di Verena, da loro chiamata Hoeth, usano delle spade, proprio come il loro Dio. A nostra volta noi, i Saggi Magister dell’Ordine Grigio, favoriamo quest’arma, tutto in memoria di un mito che probabilmente non è neanche vero.”

Questo mondo sarebbe potuto finire già con quel conflitto, ma gli dei resistettero e non ci fu un nuovo inizio dopo appena diecimila anni. In tutto questo non furono soli, poiché la storia è facilmente ricollegabile a quelle conosciute dagli Uomini Lucertola, dove la Grande Piramide di Asuryan non è altro che la stessa Grande Piramide di Itza. Gli Slann e tutte le altre specie scelsero un sentiero, gli dei un altro.

Alcune divinità scelsero di rifugiarsi parzialmente o completamente nel mondo mortale e per questo apparvero Orion e Ariel, rispettivamente incarnazioni di Kurnous e Isha. Tuttavia, non incarnazioni totali, ma frammenti del dio sul piano mortale. Per questo Nurgle poté imprigionare Shallya e quest’ultima curare temporaneamente Taal. Altre divinità assunsero aspetti diversi; Vaul divenne il fabbro Daith, sebbene, durante la Fine dei Tempi, Malekith credette che Hotek, creatore della sua armatura e della spada Asuryath, fosse la sua reale incarnazione. Daith stesso svelò la verità su di sé ad Araloth, consorte di Lileath. Nethu, guardiano delle porte dell’aldilà, trovò posto in Imrik, Principe di Caledor. Manann/Mathlann incarnò una parte di sé in Aislinn, Signore del Mare. Morai-Heg, secondo Malekith, si incarnò tramite Alith Anar, sebbene questa sia rimasta solo una sua ipotesi. Ulric, dopo molto tempo, fece risiedere gran parte del suo potere nell’omonima Fiamma all’interno della città che poi divenne Middenheim.

Gli altri dei

Ciò vuol dire che tutti gli dei siano elfi di un mondo o qualsivoglia dimensione precedente? Assolutamente no. Come sappiamo grazie a individui come gli studiosi Alphonse Dolmancé e Richter Kleiss o il Magister Volans, primo Supremo Patriarca dei Collegi della Magia, gli dei possono essere alimentati e/o generati dalle anime e dalle emozioni dei mortali. Gli dei progenitori nanici sono a tutti gli effetti divinità originatesi all’interno del mondo-che-fu, così come Sigmar è un umano diventato dio. Totalmente generati dalle emozioni mortali, invece, sono gli Dei del Caos. Khorne, Tzeentch, Nurgle e Slaanesh come quattro poteri principali, ma anche il Ratto Cornuto per gli Skaven, Hashut per i Nani del Caos e vari altri Dei del Caos minori come Necoho e Zuvassin.

Il piano di Lileath

Tornando alla storia di questo passato divino, essa viene ulteriormente completata dalle parole che Lileath scambiò con Ariel, ormai morente negli anni della Fine dei Tempi a causa di Lileath stessa.

“Gli Dei Oscuri?” “Sì,” Confermò Lileath “Nella sua ignoranza, uno dei nostri gli è d’aiuto.” Ariel sospirò. “Il ciclo ricomincia. Li combatterai?” “Lo farò, come lo faranno gli altri che restano. I nostri figli prendono già i ruoli dei nostri defunti simili.” “Per il meglio o per il peggio?” “Per il meglio o per il peggio.” Concordò Lileath. “Non vivrò per vederlo. La mia forza svanisce d’ora in ora.” “Scusami.” Ariel udì appena quelle parole. “Ricordo quando ero giovane, persa nell’oscurità con solo Ereth Khial come compagnia. Anche nei suoi giorni più gentili, la Regina Pallida non era una grande compagna per una bambina e mi spaventava tanto quanto l’oscurità che ci avvolgeva. Poi venne Asuryan – Talyn, Signore delle Aquile sulla sua spalla – e lui portò avanti il fuoco per bandire l’oscurità e le mie paure.” “Non mi hai mai raccontato quella storia.” “Le mie più antiche memorie sono tutto ciò che mi rimane ora.” Disse Ariel tristemente.

Il Rifugio

Così si delinearono due futuri. Con la presa di potere di Nagash sul Vento della Morte, Ereth Khial venne sopraffatta e per questo si potrebbe dire che Morr sia stato già preso da Nagash prima dell’Età del Mito. La Principessa Eldyra di Tiranoc fu l’ultima sopravvissuta della spedizione di Eltharion atta a fermare Mannfred von Carstein e recuperare Aliathra, figlia di Alarielle e Tyrion. Catturata e tenuta all’interno di Castel Drakenhof, Eldyra iniziò ad essere fredda come il ghiaccio e ad essere perseguitata dalle voci dei morti, fenomeno che portò tutti a pensare che Eldyra fosse diventata una vampira per mano di Mannfred, eppure così non fu. Lileath si mascherò come uno dei servi del castello e offrì gentilezza all’elfa fino ad acquistare un grado di confidenza tale da poterle spiegare la verità. Eldyra non divenne una vampira, ma la forma mortale di Ereth Khial. Dopo un’iniziale pazzia, Eldyra accettò di essere guidata da Lileath, imparando a manovrare gli spiriti degli elfi morti rubati ad un destino nelle fauci di Slaanesh. Così l’elfa divenne abbastanza potente da evadere e fuggire tra le montagne in modo da svolgere il compito che Lileath le avrebbe affidato, ossia quello di creare un nuovo regno sulle fondamenta di decine di migliaia anime elfiche, al sicuro dagli Dei del Caos, almeno per molto tempo. Araloth fu un altro elemento essenziale per questo piano. Lileath gli spiegò la natura di questo nuovo mondo, creato dall’erede di Ereth Khial e difeso dagli spiriti dei più grandi cavalieri di Bretonnia. Araloth sarebbe stato il nuovo creatore, un nuovo Asuryan, ma non sarebbe stato solo. Lileath rivelò l’esistenza di una figlia tra i due, la quale sarebbe stata il nuovo equivalente di Isha.
Ma non tutti i piani vanno a buon fine.

La caduta

Quando Jerrod, un tempo Duca di Quenelles, scoprì la vera identità della Dama del Lago, raggiunse Lileath per chiedere spiegazioni. L’elfa, i cui poteri divini erano ormai quasi scomparsi, cercò di spiegare e parlò del Rifugio, di cui le anime di valorosi Bretoniani sarebbero stati i protettori. In seguito a ciò che accadde con la creazione degli elfi, Lileath sostenne che Asuryan non avrebbe mai accettato la creazione di un’altra razza e per questo ingannò il popolo di Bretonnia per raggiungere lo stesso fine. Lileath, però, compì un errore. Be’lakor, giunto ad Athel Loren per sfruttare la debolezza della dea in modo da rubarne le ultime tracce di potere, ascoltò tutto il discorso, scoprendo così del Rifugio. Il primo Principe Demone attaccò, ma l’intervento di Malekith e Tyrion gli impedì di vincere. Pur imprigionandolo e portandolo a confessare il reale piano di Archaon, gli Dei del Caos scoprirono a loro volta l’esistenza del Rifugio. Quando Lileath tentò di percepirlo, non sentì più nulla.

La fine di un ciclo…

Così arriviamo al secondo futuro, quello che finì per realizzarsi. Durante il decennio di guerre conosciuto come Fine dei Tempi, molti dei morirono e altri iniziarono a percorrere il cammino per diventare tali, sebbene non lo sapessero ancora. Del pantheon nanico, solo Valaya parve deceduta, mentre Grimnir camminò di nuovo sulla terra per combattere, venendo sostituito da un altro sventratore che solo dopo millenni riapparve tra i mortali per ritrovare la propria ascia e il proprio migliore amico. Degli altri Progenitori non ci è dato sapere. Non sapendo di Mathlann, Lileath credette di essere rimasta l’ultima vera dea del pantheon elfico, mentre Ulric e Sigmar usarono entrambi corpi non loro, anche se in modi diversi.

Ulric venne quasi distrutto dal furto della sua Fiamma da parte di Teclis, ma incarnò il suo rimanente potere all’interno di Gregor Martak, Mago d’Ambra e Supremo Patriarca dei Collegi della Magia in seguito alla scomunica di Balthasar Gelt. Martak incarnò i poteri dell’inverno e dei lupi di Ulric fino alla Battaglia di Middenheim nel 2527 IC, durante la quale lui e Valten vennero uccisi. A quel punto, Ulric riuscì a scindere ancor di più il proprio potere per sopravvivere, incarnandosi in Wendel Volker, un capitano dell’Impero. Volker fu a Middenheim nel 2528 IC, quando si svolse l’ultima battaglia del mondo-che-fu, ma lì Volker morì, ucciso da Archaon quando si intromise nel suo duello con Sigmar. Quest’ultimo, d’altro canto, si incarnò nel corpo dell’Imperatore Karl Franz durante la Caduta di Altdorf. Ulric, però, non poté continuare a scindersi cercando un altro corpo e la sua scintilla divina si estinse con l’ultimo respiro di Volker.

Con i Venti della Magia legati ai loro corpi, tutti gli Incarnati sarebbero diventati dei se due di essi non fossero stati uccisi prima della fine del mondo-che-fu. Caradryan e Balthasar Gelt, rispettivamente Incarnati del Fuoco e del Metallo, morirono prima che tutto finisse e ciò li portò ad essere di nuovo semplici anime mortali. Gli altri, invece, tornarono. Il Rhana Dandra si concluse. Lileath si sacrificò affinché gli Incarnati potessero raggiungere il luogo dell’ultima battaglia, mentre Mathlann, insieme agli elfi a lui fedeli che tentò di proteggere, venne consumato da Slaanesh dopo il prosciugamento dei mari. Il mondo-che-fu, conosciuto anche come Reame Mortale da Alphonse Dolmancé, venne fatto a pezzi, lasciandone solo il nucleo. Eppure il ciclo doveva ricominciare e, come un big bang, dal nulla cosmico esplosero i Reami Mortali, dimensioni dalla forma pressoché sferica, collegati dall’Ognidove e sospesi in mezzo ad un oceano di magia non allineata chiamato Etere, oltre il quale si estende il Reame del Caos. Tuttavia, non è questo il luogo per discutere tutte le origini dei Reami Mortali e di ogni sua razza e divinità, verrà sicuramente fatto in un altro Momento BG. Questo è il luogo in cui parlare di come il ciclo degli elfi e dell’universo si ripeté.

… l’inizio di un altro

Malekith, Tyrion e Alarielle, durante la Fine dei Tempi, vennero rispettivamente legati ai Venti dell’Ombra, della Luce e della Vita. Per questo motivo i tre, con l’avvento di un nuovo “mondo”, divennero gli dei legati a queste energie. Attualmente non sappiamo come Teclis divenne a sua volta un dio della Luce e perché Tyrion divenne cieco, costretto a vedere attraverso gli occhi del fratello, ma anche questo nodo verrà al pettine e nel frattempo conosciamo già molto altro.

Il risveglio dei nuovi dei

È quindi tempo di narrare come la ruota cominciò un altro giro, tra il sorgere di nuove divinità e il ritorno di altre più antiche.

Durante la Fine dei Tempi, Morathi, madre di Malekith, entrò nel Grande Vortice di Ulthuan e affrontò Caledor. Tuttavia, entrambi vennero inghiottiti da Slaanesh. Forse perché stanco dopo millenni passati a mantenere stabile il Vortice, forse perché ferito durante lo scontro con Morathi o forse per un’altra ragione, Caledor non si liberò dallo stomaco di Slaanesh. Morathi, invece, pur soffrendo per molto tempo, riuscì a farsi vomitare dal Dio degli Eccessi. Perdendo i sensi, si risvegliò in caduta libera da un’altezza incalcolabile, tra le nubi grigie di Ulgu, il Reame dell’Ombra. Utilizzando la propria magia, riuscì a creare una sfera di protezione e terminare la propria caduta in un’esplosione di vapore sopra il Mare Umbralico. Toccò terra nella regione di Hellezar e per diverso tempo non ricordò più chi fosse. Quando finalmente riuscì a ricordare la propria identità, inorridì nell’osservare il proprio aspetto. Non era più una donna bellissima che nei millenni aveva mantenuto la propria giovinezza tramite sacrifici al dio Khaine, ma un mostro serpentino mutato dalle energie caotiche di Slaanesh. Sola e mostruosa, vagò per tutte le tredici regioni di Ulgu e sfruttò la magia per ricavarsi la compagnia di elementali della nebbia e demoni d’ombra. Molte creature la evitarono a causa del suo aspetto e Morathi dovette ricorrere a magie d’illusione e di mutamento per assumerne uno più simile a quello da lei posseduto un tempo, pur non riuscendo a mantenerlo in situazioni di stress o rabbia.

Fu con questa forma elfica illusoria che Morathi incontrò Malekith, anche lui nel bel mezzo di un viaggio iniziato chissà quanto tempo prima, con un lento recupero della propria memoria e l’esplorazione delle tredici regioni. Eppure Malekith era diverso, poiché era diventato un dio, un tutt’uno con la magia con cui era stato fuso durante la Fine dei Tempi. Durante il proprio vagare, Malekith riuscì a controllare la manipolazione della propria forma e ne assunse una più mostruosa. Allo stesso tempo, assunse un nuovo nome. Così Malekith divenne Malerion. Dal ricongiungimento tra Morathi e Malerion non sorse felicità, ma rabbia, rancore e soprattutto l’invidia di una madre nei confronti dell’immenso potere acquisito dal figlio. Tuttavia, entrambi furono d’accordo sulla totale assenza di elfi intorno a loro e per questo nacque una riluttante alleanza. Dopo tempo, Sigmar giunse su Ulgu e li trovò, conducendoli su Azyr.

Nel frattempo, anche altre divinità si risvegliarono sui Reami Mortali, sempre confuse e con ricordi difficili da recuperare e posizionare al proprio posto. Tyrion aprì gli occhi su Hysh, eppure per lui il Reame della Luce rimase completamente oscuro, poiché privato della vista. Riuscì ad avvertire la presenza del gemello Teclis al proprio fianco, anch’egli diventato un dio della luce. Nello svegliarlo, Tyrion si accorse di poter vedere attraverso gli occhi di Teclis. Come Malerion e Morathi esplorarono Ulgu, pur essendoci solo un dio tra questi due nomi, anche Tyrion e Teclis si addentrarono in ogni angolo di Hysh, ma anch’essi, tra le tante bizzarre creature, non trovarono traccia di vita elfica. Con lo stesso svolgersi degli eventi, i due vennero trovati da Sigmar, seguendolo su Azyr. Ai quattro si aggiunse Alarielle, anche lei ritrovata e unitasi alla Grande Alleanza di Sigmar. Giunti nella città di Azyrheim, poterono trovare traccia di vita elfica che ora si faceva chiamare aelf*, evidentemente all’oscuro di quale fosse il loro nome nel mondo-che-fu, così come in una realtà ancora precedente, forse, Asuryan e Isha ebbero un altro nome per il proprio popolo. Probabilmente si trattò di alcune anime che, gettate nell’etere in seguito alla distruzione del mondo-che-fu, presero nuovamente forma fisica sui Reami Mortali. Tuttavia, al di fuori di Azyrheim il nulla.

*NOTA: la sillaba “ae” non si pronuncia come nella parola italiana “aereo”. Deriva dalla semplice trascrizione del suono /æ/ in IPA (Alfabeto fonetico internazionale), ossia vocale anteriore quasi aperta non arrotondata. Simile a /ɛ/, suono che noi Italiani riconduciamo alla lettera E, ma non esattamente identico. Nel parlato comune un Inglese direbbe elf e aelf allo stesso modo, riconducendo tutto a [ɛ], fatto ben dimostrato da Duncan Rhodes e Chris Peach durante tutti i video Tip of the Day in cui pronunciano la parola aelf. Ulteriormente accentuato dalla forma scritta plurale che, a differenza del singolare, non prende ispirazione dall’Inglese Arcaico ælfe e il femminile ælfen, ma semplicemente posiziona æ nella parola “elves”, ottenendo aelves. Per noi Italiani la faccenda può risultare meno istintiva perché abbiamo sempre avuto le traduzioni elfo ed elfi al posto di elf e elves, quindi può venire naturale pensare che possa esistere “aelfi”, ma in realtà si dice semplicemente elf proprio come duardin, ogor e orruk non diventano duardini, ogori e orruki. Ovviamente, per pura abitudine e comodità, rimane solito chiamarli elfi, ma ora conoscete pronuncia e derivazione della parola aelf.

La cattura di Slaanesh

Durante la loro continua ricerca, accompagnata da una crescente disperazione, fu Teclis, seguito da Tyrion e Malerion, a sentire le grida delle anime aelf tormentate da Slaanesh. Con lo spaccarsi del pianeta e il ruggito della tempesta del mondo, Slaanesh si ingozzò delle anime di quella razza che per tanto tempo aveva agognato, eppure fu sopraffatto dalla tale quantità ricevuta. Il Dio degli Eccessi si ritirò per assimilare tutte le anime divorate, ma Tzeentch agì manipolando gli dei elfici. Nonostante le anime fossero realmente tormentate, forse le loro urla nelle menti delle tre divinità furono solo un inganno di Tzeentch. Come se non bastasse, la potente luce di Teclis non avrebbe trovato Slaanesh se Tzeentch stesso non fosse intervenuto segretamente. Teclis, Tyrion e Malerion, seppur riluttanti, si unirono allo scopo di recuperare le anime del proprio popolo. Nel pianificare le proprie azioni, chiesero consiglio a Morathi, poiché sospettavano che possedesse informazioni segrete riguardanti Slaanesh. Inoltre, Teclis sospettò che la donna, in passato, fosse stata prigioniera di Slaanesh; un’ipotesi corretta che lei stessa confermò mostrando la propria forma originale. Dopo raccontò cosa gli successe e così, con nuove importanti conoscenze, gli dei si misero al lavoro.

Manipolando le energie di Hysh e Ulgu come mai prima d’ora e sfruttando l’aiuto di Morathi e di numerose cabale di stregoni, le grandi battaglie che seguirono terminarono Slaanesh imprigionato all’interno Uhl-Gysh, una sotto-Reame situato tra Hysh e Ulgu, conosciuto anche come il Crepuscolo Nascosto. Iniziò così il processo con cui le anime elfiche vennero estratte dal ventre di Slaanesh, eppure non furono gli stessi elfi del mondo-che-fu. Le loro anime erano cambiate, ora sarebbero stati gli aelf. Gli dei si accordarono sulla possessione e l’utilizzo delle anime estratte, discussione durante la quale Teclis ottenne il diritto ad avere le prime anime. Così come gli adoratori di Mathlann furono tra gli ultimi ad essere divorati, essi furono anche i primi ad essere portati alla luce, seguiti da milioni e milioni di nuovi aelf che rinacquero nelle forme più diverse. Su Hysh sorsero esseri luminosi, creature angeliche governate dalla ragione e i Cythai di Teclis; su Ulgu creature più oscure e nuovi culti dedicati a Khaine.

I Viandanti

Non è noto, almeno per ora, se i Viandanti possano essere anime rimodellate da Alarielle. Ciò che sappiamo è che la dea si allontanò sempre di più dai discendenti della razza a cui apparteneva. Alarielle creò i Sylvaneth usando i semi dell’anima, alcuni di essi contenenti spiriti direttamente provenienti dal mondo che-fu, come Drycha o Durthu, generando una vita pacifica tra Viandanti e Sylvaneth. I Viandanti si dimostrarono fin da subito guardiani della vita e i loro re combatterono sempre per proteggere Ghyran, il Reame della Vita, ma Alarielle e i Sylvaneth, nonostante la convivenza, non li considerarono mai completamente legati alla natura, incapaci di creare lo stesso legame degli antichi Protettori. I Protettori non sono un mito o i primi individui che protessero il Reame della Vita, ma gli Asrai, ossia gli elfi silvani del mondo-che-fu. I Sylvaneth non sanno esattamente chi o cosa fossero e Alarielle non pare volerlo spiegare, ma c’è un’altra cosa fondamentale che non sanno.

Le leggende dei Protettori derivano dalla memoria delle loro vite precedenti nel mondo-che-fu, rimasta nei semi dell’anima prima della loro rinascita. Non è chiaro se alcuni sylvaneth siano stati un tempo elfi silvani o se semplicemente il loro ricordo porti gli Spiriti Nobili ad agire spontaneamente come nobili guardiani. Alcuni Spiriti Nobili, come i Revenant, arrivano anche a somigliare fisicamente ai Protettori, completando il tutto con armi modellate appositamente per assomigliare a quelle usate un tempo dai propri modelli di nobiltà e valore. I nuovi aelf, però, non riuscirono mai ad avere una comunione tale con il passato e neanche con i sylvaneth, specialmente con l’arrivo dell’Età del Caos. A quanto sostengono, i Viandanti furono costretti ad abbandonare Ghyran fuggendo in modo da raggiungere in tempo un qualsiasi Realmgate ancora aperto che li portasse su Azyr. I Sylvaneth, in particolare considerando le tantissime perdite subite, non perdonarono mai i Viandanti per quello che considerarono e considerano ancora un abbandono.

Ora i Viandanti seguono la luce della stella Sigendil, la quale si frammenta in centinaia di linee che si spargono verso terre lontane, posizionando pietrevia in modo da amplificare il suo potere e respingere la corruzione caotica presente in quelle zone. Queste pietrevia possono riportare rune dell’antica lingua eltharin, come l’Indrast, simbolo di cieli risvegliati e di destino compiuto; Lecai, simbolo di luce, nobiltà dell’anima e lucentezza dell’essere; Histo, simbolo di abbondanza, predominio, Età dell’Oro.

Le Figlie di Khaine

Eppure Khaine è morto, perché sono sorti nuovi culti a lui dedicati? Il motivo è Morathi, la quale fu certa della morte del dio quando i suoi rituali non le permisero più di ringiovanire, costringendola ad usare la magia delle ombre per estendere ulteriormente la propria vita. Ciononostante, riportò in auge la sua venerazione e, mentre veniva costruito il tempo di Hagg Nar, tentò di trovarne traccia. Khaine fu ridotto in schegge, ma molte caddero nelle mani di Khorne, il quale le fuse per forgiare potenti armi per i suoi Assetati di Sangue più degni. Dopo tempo, però, Morathi udì il battito di un cuore in sogno. Sfruttò ogni sua abilità per trovare la fonte di quel battito, giungendo al cospetto di una bestia divina: Kharybtar, Padre delle Kharybdiss e possessore del cuore di ferro di Khaine, l’ultimo frammento rimasto. Fallendo nel tentativo di sedurlo, iniziò un duello di tredici giorni che terminò con Morathi colpita duramente da Kharybtar, ma con il cuore conquistato. Fu proprio l’energia assorbita dal cuore che le permise di sopravvivere all’ultimo colpo sferrato dalla bestia divina e così Morathi, presa dal desiderio di raggiungere lo status di divinità, cominciò ad assorbirla regolarmente.

Khaine, essendo un dio coinvolto nei cicli, sarebbe potuto rinascere se il cuore avesse avuto il tempo necessario, ma la Regina delle Ombre non volle. Morathi abbandonò il ringiovanimento tramite la magia delle ombre e iniziò ad acquisire potere tramite il cuore di ferro, contemporaneamente impedendo a Khaine di rinascere. Un destino sfortunato rispetto a quello di Kurnous, apparentemente tornato sotto forma di Kurnoth. Forse ci sono altri dei i cui piccoli frammenti porteranno a una rinascita, ma per ora non lo sappiamo. Morathi, usando le sue anime raccolte all’interno del Máthcoir, il grande calderone di ferro, diede vita alle Figli di Khaine, adoratrici di un dio morto. Tra le donne, le aelf delle Figlie di Khaine assunsero diverse forme. Molte simili agli elfi del mondo-che-fu, altre più simili alla forma mostruosa della loro leader. Le Melusai dal corpo serpentino vennero create mescolando le anime alla magia delle ombre e il sangue di Morathi, così come le Khinerai dalle ali d’arpia. Le Medusae, invece, comportarono un dono o una maledizione. Un dono per le più fedeli, ma una maledizione per coloro che osavano disprezzare gli insegnamenti della Regine delle Ombre, costrette ad essere sottoposte al rituale Slith-onóir, morse dai serpenti che coronano la testa di Morathi. Ora, che sia per fedeltà o per punizione, le aelf scelte diventano Medusae estremamente leali e piene di fede. Attualmente vivono anche uomini nella loro società, ma spesso sono leathanam, ossia mezze-anime. Vengono creati a partire da anime danneggiate o ritenute troppo deboli, formando una casta di servi e lavoratori. Altri, nati tramite semplice riproduzione, sono comunque affetti da una maledizione lanciata in passato da Morathi su qualsiasi maschio del proprio popolo. Una parte della loro anima viene canalizzata nel Máthcoir e in pochi riescono a diventare abbastanza forti da assorbire le energie di Ulgu.

Morathi, sospettosa nei confronti di un potere non conferito da lei stessa, li marchia con rune di controllo spacciate per protezioni contro Slaanesh. L’operato della madre di Malerion, però, non finì qui. Ingannò suo figlio e gli altri dei elfici, sfruttando segretamente la propria magia in modo da ottenere una porzione maggiore di anime aelf. Inconsapevolmente, ciò causò uno squilibrio nel Crepuscolo Nascosto e il conseguente spostamento verso Ulgu. Fu tale vicinanza ad attirare per secoli i servi di Slaanesh su Ulgu, i quali avvertirono la presenza del proprio patrono. Mentre demoni come Luxcious tentarono di usurpare il trono del proprio dio dandosi l’appellativo di Ur-Slaanesh, molti altri avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di trovare la sua esatta posizione. Nel frattempo, Slaanesh soffrì a causa delle torture e allo stesso tempo gioì, trascorrendo il tempo nel silenzio.

Il declino dei Cythai

Cosa successe, invece, alle prime anime prese da Teclis? I vecchi adoratori del dio Mathlann, ormai distrutto, vennero rimodellati come i nobili elfi di un tempo e venne dato loro il nome Cythai, ossia Risvegliati. Il primo aelf ad essere creato dalle anime recuperate dallo stomaco di Slaanesh fu Teclis costruì per i Cythai la città di Léiriú nel Reame della Luce, conosciuta anche come Rifugio Splendente o Città della Riflessione. Successivamente, Teclis condivise con loro insegnamenti magici, ma anche la conoscenza della storia antica, dei loro nemici giurati e del vecchio pantheon elfico. Teclis, seguendo il ciclo delle divinità, avrebbe voluto ridare vita a quelli del mondo-che-fu donando loro nuovi adoratori. Tra i Cythai spiccò Volturnos, il primo aelf ad essere creato da Teclis, l’archetipo di una nuova razza che risultasse splendida e potente. Tale la sua fama e la sua importanza che Teclis stesso gli donò lo scudo Cealith e la spada Astra Solus, lama di luce. Tuttavia, i piani di Teclis non proseguirono bene per moltissimo tempo.

I Cythai tentarono più volte di ridare vita al vecchio pantheon, in particolare a Mathlann, ma senza successo. Per tutta la loro vita, le profondità marine continuarono a richiamare qualcosa di recondito nel loro spirito fino ad idolatrare il loro passato, immaginando un’era felice precedente ai tempi in cui le loro anime vennero tormentate e durante la quale Mathlann era il loro protettore. Isolazionisti fin dall’inizio, i Cythai iniziarono anche a scontrarsi tra di loro finendo per dividersi in fazioni, eventi ai quali Teclis reagì cercando di sondare l’animo dei suoi nuovi aelf. Pur possedendo un occhio interiore capace di penetrare ogni cosa con le dovute tempistiche, in ognuna delle sue creazioni rimase un’ombra impenetrabile che ipotizzò essere una contaminazione. A quel punto, il dio usò magie purificanti e luci di verità per esporre l’oscurità dei Cythai, causando reazioni diverse: molti morirono, mentre altri impazzirono. I sopravvissuti ancora sani, seppure potenzialmente deturpati, fuggirono dalla luce di Teclis rispondendo ai loro più profondi istinti, tra la recondita memoria della venerazione nei confronti di Mathlann e la ricerca di un luogo che li riparasse dal loro passato tormentato all’interno di Slaanesh. Inizialmente i Cythai rimasero su Hysh fuggendo nelle profondità dell’Oceano Gealus e dando vita alla città di Gealrachi. Lì scoprirono le Whirlway, vortici con la stessa funzione dei Realmgate, ma, non riuscendo a rimanere uniti come un unico popolo, si separarono diffondendosi nei vari angoli dei Reami Mortali. Tuttavia, fu un termine di uso crescente ad unirli: Idoneth, una parola con vari significati, tra cui isolamento estremo e misure disperate. Allo stesso tempo, l’enclave Ionrach, prima che tutti gli Idoneth si separassero, riuscì a far approvare l’organizzazione periodica di grandi riunioni dei rappresentanti delle enclavi, eventi che vennero poi conosciuti come assembrali. 

Gli Idoneth e la vita negli abissi

Uno ad uno, che fosse in battaglia, contro un mostro degli abissi, a causa della pazzia denominata mallachi o, più raramente, di vecchiaia, i Cythai originali morirono in tutte le nascenti enclavi degli Idoneth. Rimase solo Volturnos ad assistere al rapido avvicinamento dell’estinzione, nonostante gli Idoneth, oltre a creare grandi città come Príom o Mor’drechi, tentassero di portare avanti la propria specie. La loro prole non nacque quasi mai splendida come le creazioni di Teclis. Circa uno su cento sì, gli altri si rivelarono essere pallide creature senza occhi e con anime deboli, presto denominati Namarti. La rara prole nata senza difetti, invece, si divise in Isharann e Akhelian, rispettivamente caste specializzate nelle doti magiche e nelle doti marziali. Isharann e Akhelian dovettero presto trovare una soluzione alla precoce deteriorazione delle anime Namarti, la quale causava morti premature entro il superamento dell’infanzia. Gli Idoneth si trovarono così con un popolo di grandi talenti in mezzo a una pila di bambini morti.

Col tempo, gli Isharann e gli Akhelian dell’enclave Ionrach riuscirono a trovare il modo di strappare l’anima dai corpi altrui e piantarli in quello dei loro simili, donando almeno trenta o quarant’anni di vita ai Namarti e una lenta inversione nella curva di crescita della loro popolazione. Quello degli occhi, al contrario, fu il problema minore, poiché negli abissi la vista non risultò mai fondamentale. Di conseguenza, i Namarti vennero presto introdotti ad una gioventù occupata da pesanti addestramenti volti allo sviluppo degli altri sensi e delle risposte a stimoli diversi, tra udito ipersviluppato, individuazione degli impulsi elettromagnetici e ricezione dei cambiamenti di pressione intorno a loro, proprio come tanti animali della fauna oceanica. Pur risultando una casta più bassa, spesso usata per i lavori più umili, i suoi membri riuscirono a condurre una vita più o meno normale. Solo i più dotati vennero introdotti nella struttura militare e addestrati duramente per poter combattere in corpo a corpo o a distanza con la stessa, se non addirittura maggiore efficienza di un individuo dotato di occhi.

Gli Isharann dovettero fare i conti anche con la semplice sopravvivenza sott’acqua. Le magie tramandate dagli insegnamenti di Teclis furono appena sufficienti a consentire la vita negli abissi, ma successivi studi permisero di creare magie capaci di combinare l’acqua con l’aria, permettendo la coesistenza di esseri dotati di polmoni o branchie. In certi momenti di vita quotidiana non dominati dai raid per la cattura delle anime o dalla difesa contro invasori o potenti mastodonti marini, questi aelf portarono con sé un’altra conseguenza della contaminazione di Slaanesh. Non solo un malessere dell’anima, ma un costante terrore di essere ancora prede del Dio degli Eccessi che in tali momenti li portò a minimizzare ogni processo cognitivo: periodi di totale isolamento dominati da un volontario intorpidimento della mente volto a non pensare, sognare o provare emozioni.

Non un dio, ma il suo ricordo

Sebbene il rapporto tra gli Idoneth e l’anima possa già risultare complicato, in realtà lo è ancora di più.Un tempo, nel mondo-che-fu, più precisamente a nord di Salzenmund, capitale del Nordland, sorgeva il Tempio del Corallo Rosso, chiamato così per il misterioso corallo che, benché inusuale per le acque dei mari settentrionali, risultava molto diffuso nella zona. Oltre ad essere usato nella costruzione stessa del tempio, il corallo e la grande quantità di pesci presenti nelle acque circostanti vennero considerato segni della benedizione di Manann.

Come un tempo gli umani del mondo-che-fu venerarono il corallo tanto da costruirne un tempio, gli Idoneth cominciarono ad usare le barriere coralline accumulando al loro interno le anime dei defunti per paura che potessero tornare ad essere tormentate tra le fauci di Slaanesh. Tali barriere presero il nome di chorrileum e vennero usate in diversi modi. Spade conosciute con il nome di lame abissali vennero temprate usando i pensieri più oscuri e carichi d’odio estrapolati dal chorrileum, mentre da rami vuoti di corallo vennero ricavati anelli intrisi di ricordi, capaci di assistere determinati Idoneth tramite saggezza proveniente dal passato. Ciononostante, il suo utilizzo principale fu un altro. Pur conservando la venerazione nei confronti di Mathlann, gli Idoneth si resero pienamente conto di non poter più contare su di lui, poiché ormai distrutto da Slaanesh. Questo, però non voleva dire che le anime presenti nel chorrileum non potessero cumulare porzioni della propria energia in modo da creare qualcosa di fisico. Non un avatar, poiché non si trattava di una reale manifestazione di un dio, ma un eidolon.

Si ritiene che un Eidolon possa, con elevate probabilità, assumere qualsiasi forma, potenzialmente permettendo anche l’esistenza di Eidolon di Asuryan, Hoeth, Vaul o qualsiasi altro dio elfico, ma chiaramente gli Idoneth preferiscono ricorrere a un eidolon che rappresenti Mathlann. Nel suo concepimento, l’eidolon si genera mostrando le multiple sfaccettature con cui un dio è stato ricordato per millenni. Mathlann, conosciuto come il Re della Tempesta e del Mare, così come Stromfels è l’estrema rappresentazione della sua rabbia e Manann è la sua visione umana. Il suo eidolon si manifesta dividendosi nella Tempesta e nel Mare. L’Aspetto della Tempesta, richiamato dalla rabbia, espressione del potere del mare come pericoloso distruttore. L’Aspetto del Mare, il quale richiama il potere delle nebbie.

Quest’ultime sono inoltre un legame fondamentale tra ciò che furono gli adoratori di Mathlann nel mondo-che-fu e ciò che gli Idoneth sono adesso. Aislinn, un tempo Araldo di Mathlann, è infatti colui che adoperò nebbie magiche per nascondere la propria flotta. Allo stesso modo, gli Idoneth usano le nebbie del mare eterico e l’eidolon usa la nebbia a scopi curativi, ma anche tattici come in passato fece Aislinn. Un eidolon è sicuramente pericoloso da usare, poiché le energie che lo compongono si disperdono se viene distrutto e gli Idoneth addetti devono recuperarle in tempo, eppure sono una grande espressione del lungo filo che, con la fine di un mondo, non si è affatto spezzato.

Il filo unico

Durante l’Età dell Mito si svilupparono anche altre culture e altri domini aelf, compresi interi regni e imperi. Altre volte si vide la rinascita di organizzazioni che un tempo caratterizzarono gli elfi nel mondo-che-fu, probabilmente anche grazie ad antiche memorie razziali impresse nelle anime di alcuni popoli. Degli aelf iniziarono a venerare una bestia divina chiamata Ur-Fenice, dando vita al Tempio della Fenice; altri crearono gli Order Draconis, grandi ordini di cavalcadraghi; altri ancora crearono le Torri Bianche per riunire concili di potenti maghi e così via.A permettere tutto questo fu Mallus, ossia i resti del mondo-che-fu. Milioni di anime restarono ancora legate al nucleo del mondo in seguito alla sua distruzione e le arcane energie di quest’ultimo saturarono gli Incarnati rendendoli divini. In seguito, con l’intervento di Dracothion e il risveglio di Sigmar, il Dio-Re poté utilizzare il potere di Mallus per dare nuova vita a quella moltitudine di anime. Una reincarnazione sicuramente privata di ricordi completi (se non una totale cancellazione) della propria vita precedente e che probabilmente non conservò neanche l’aspetto passato dell’individuo, ma comunque vita senziente capace di popolare i Reami Mortali. In questo modo un lungo filo non si è interrotto, come probabilmente non si è interrotto neanche in seguito alla fine del ciclo da cui provennero i Primogeniti. La Fine dei Tempi è stata il culmine di trame intrecciatesi per anni che solo avidi lettori avrebbero potuto cogliere a pieno, tra Tyrion prevedibilmente legato a Khaine nella trilogia di William King iniziata nel 2011 o Malekith legittimo Re Fenice che probabilmente non ha stupito chiunque abbia letto l’omonimo romanzo della collana Time of Legends nel 2009, quando Morathi esclamò che la successione fosse truccata e che Aenarion non avesse avuto bisogno di magie protettive per passare attraverso le fiamme.

A loro volta, i Reami Mortali vivono perfettamente sulle leggi di ciò che vi era prima, ma le portano all’estremo perché sono generati dall’esplosione di una saturazione di energia di cui prima vedevamo i bizzarri e spaventosi frutti solo avvicinandoci ai poli del mondo-che-fu. Animali marini come i Deepmare cavalcati dai Re Akhelian degli Idoneth non sono altro che fauna estremamente simile a quella che i Discendenti di Mathlann, lancieri Alti Elfi provenienti da Cothique, richiamavano in battaglia, così come sono simili agli animali che in Bretonnia erano conosciuti come Prole di Theralind. Nel momento in cui questo articolo viene scritto, i Reami Mortali hanno solo tre anni. I primi fan di Warhammer Fantasy hanno visto grandi cambiamenti come gli elfi oscuri che da completi caotici passarono ad un popolo separatosi dagli alti elfi in seguito agli intrighi politici di questo nuovo arrivato chiamato Malekith; hanno aspettato sedici anni prima di scoprire una vera storia dettagliata di Archaon, come hanno aspettato più o meno anni per scoprire una marea di altri fatti interessanti che forse un tempo erano considerati buchi di trama che, in realtà, semplicemente non erano stati ancora trattati.

Ora, nel 2018, abbiamo già otto Reami con 34 manuali contenenti background, 23 romanzi, 25 racconti brevi, 3 audiodrammi e altro materiale narrativo in arrivo. Ci vorrà altro tempo prima che i Reami raggiungano la stessa profondità narrativa del mondo-che-fu e vengano apprezzati allo stesso modo? Certo, d’altronde Warhammer Fantasy ha ricevuto quella collana capolavoro chiamata Time of Legends solo nel 2008, mentre libri che ora sono considerati classici di Warhammer furono un totale fallimento ai tempi, come testimoniato da William King riguardo a pubblicazioni quali Drachenfels o le prime storie di Gotrek & Felix. Fermatevi un attimo e pensate a ciò che avete letto. Un cambiamento epocale, ma un solo filo unico. Due cicli dell’esistenza profondamente legati per chi sa coglierne le sfaccettature. Indipendentemente dal gusto, negarlo è pura cecità.

Tra grandi tumulti, profonde discordie e alleanze difficili, questa è la storia dei cicli degli elfi e dell’universo. Non conta quante realtà verranno distrutte dal Caos, quante anime dovranno estinguersi e quanti nemici di diversa natura dovranno essere sconfitti, poiché, come si dice in un famoso film:

“Life, uh, finds a way.”

Bibliografia

Manuali

  • Warhammer Fantasy Roleplay (2a edizione): Regni della Stregoneria
  • Warhammer Fantasy Roleplay (2a edizione): Tome of Salvation
  • Warhammer Fantasy Roleplay (2a edizione): Tomo della Corruzione
  • Warhammer Fantasy Roleplay (2a edizione): Ombre sull’Impero
  • Warhammer Fantasy Roleplay (2a edizione): Progenie del Ratto Cornuto
  • Warhammer Fantasy Roleplay (2a edizione): Eredi di Sigmar
  • Warhammer – Libri degli Eserciti: Alti Elfi (7a edizione)
  • Warhammer – Libri degli Eserciti: Alti Elfi (8a edizione)
  • Warhammer – Libri degli Eserciti: Uomini Lucertola (6a edizione)
  • Warhammer – Libri degli Eserciti: Uomini Lucertola (7a edizione)
  • Uniformi & Araldica degli Alti Elfi
  • Grudgelore, di Nick Kyme e Gav Thorpe
  • Warhammer – The End Times: Nagash
  • Warhammer – The End Times: Glottkin
  • Warhammer – The End Times: Khaine
  • Warhammer – The End Times: Thanquol
  • Warhammer – The End Times: Archaon
  • Warhammer Age of Sigmar: Mighty Battles in an Age of Unending War
  • Grand Alliance: Order
  • Battletome: Daughters of Khaine
  • Battletome: Idoneth Deepkin
  • Battletome: Legions of Nagash

Romanzi e racconti brevi

  • Warhammer – The End Times: Curse of Khaine, di Gav Thorpe
  • Warhammer – The End Times: Lord of the End Times, di Josh Reynolds
  • Gotrek & Felix: Giantslayer, di William King
  • Gotrek & Felix: Slayer, di David Guymer

Altro

  • Liber Chaotica, di Marijan von Staufer e Richard Williams
  • White Dwarf 76 (2015)

This post was published on 24 Maggio 2018 15:18

Nicholas Sacco

Nato nel 1994 tra le lande nebbiose della provincia di Torino, Nicholas si dimostra fin da subito interessato ai giochi in ogni forma, anche quando prende in mano una copia inglese di Dragon Quest Monsters all'età di 6 anni non capendo assolutamente nulla dei testi, ma divertendosi comunque un mondo. Nel corso degli anni è passato da un interesse nei confronti dei giochi come puro consumatore ad uno in cui trova estremamente interessante approfondire le dinamiche delle compagnie e dei processi di sviluppo che stanno dietro ad essi. Nel frattempo, le passioni per la scrittura giornalistica e Warhammer si sono infiltrate nella sua vita. Ora il suo lavoro gravita principalmente attorno agli universi di Warhammer in qualità di Astropate, trasformatosi da un blog personale a una professione. Ora è caporedattore di Alanera Edizioni, casa editrice che si occupa di tradurre e pubblicare i romanzi di Warhammer in Italia, inoltre ha collaborato con Need Games alla localizzazione italiana dei giochi di ruolo Warhammer 40.000: Wrath & Glory e Warhammer Age of Sigmar: Soulbound. Per trovare i Momenti BG, consulta la sezione apposita: Momenti BG

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