Al Tokyo Game Show abbiamo giocato l’incipit dell’atteso remake di Snake Eater, che si preannuncia un’esperienza da ricordare.
Il booth di Konami al Tokyo Game Show era uno dei più grandi in assoluto, fatto notevole se consideriamo che erano solamente 2 i videogiochi presentati: Silent Hill 2 (di cui potete leggere qui la nostra recensione) e Metal Gear Solid Δ: Snake Eater. Solo due giochi, per di più entrambi remake. Eppure per tutti e 3 i giorni in cui ho bazzicato la fiera nipponica ho visto il pubblico prendere d’assalto il padiglione e sorbirsi file incalcolabili per poter mettere mano ai due titoli.
I motivi sono molteplici: si tratta di due delle IP più celebri non solo di Konami, ma dell’intera storia dei videogiochi; la prima ha portato il genere survival horror su vette mai raggiunte prima (e difficilmente eguagliate dopo), il secondo è uno dei capitoli più amati di una serie che ha creato ex novo un genere ibrido, quel Tactical Espionage Action che ha traghettato il suo creatore Hideo Kojima nell’Olimpio dei game designer e che è risultato talmente identitario da aver avuto ben pochi emuli nella storia del medium: forse giusto le serie Syphon Filter (della cui genesi vi ho parlato qui), Hitman e Splinter Cell ne condividono alcuni elementi filosofici.
Il rapporto Konami-Kojima, che tanto ha dato alla storia dei videogiochi, si è interrotto in modo drammatico in corrispondenza del lancio di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, con l’abbandono della compagnia da parte del geniale director dopo tanti anni di proficua collaborazione. Konami si è trovata così orfana del suo più geniale talento, e non ha più saputo sfruttare la sua IP con opere degne della sua levatura, limitandosi a sviluppare il disastroso Metal Gear: Survive e a sfruttarne la licenza per brandizzare delle slot machine (è tutto vero e se ne sono pure vantati in un video a tema). Fortunatamente, dopo aver contemplato addirittura la dismissione dell’intero settore gaming per dedicarsi ad altri business, la compagnia giapponese negli ultimi anni si è rimessa in carreggiata e questi due remake testimoniano la volontà di riprendere in mano i propri marchi più celebri presentandoli a un nuovo pubblico, pur rimanendo nel solco della tradizione.
Per quanto riguarda Silent Hill 2 l’impresa è stata coronata dal successo come testimonia la nostra recensione, e gran parte del merito va allo sviluppatore Bloober Team e alla sua lunga esperienza nel genere horror (qui vi ho raccontato la storia dello studio). Nel caso di Metal Gear Solid Δ: Snake Eater invece lo sviluppo sta avvenendo internamente a Konami stessa (pur con il supporto di Virtuos) e ciò ha posto la compagnia sotto l’occhio scrutatore della critica e del pubblico, specialmente per quanto riguarda gli appassionati della serie, verso cui Konami si è sentita da subito in dovere di mantenere aperto un canale di comunicazione che ha preso la forma del Production Hotline: si tratta di una serie di video in cui alcune figure chiave della produzione condividono aggiornamenti sullo stato dei lavori e rispondono alle domande degli utenti. Finora ne sono stati pubblicati 3 e li troverete embeddati in questo articolo, compreso l’ultimo che avuto luogo dal vivo proprio dal palco del booth di Konami al Tokyo Game Show.
È tutto come lo ricordavo, anzi: meglio!
Questo è ciò che penso mentre assisto al filmato d’apertura di Metal Gear Solid Δ: Snake Eater. Non ho ancora raggiunto la postazione in cui proverò la demo. Sto sostando, assieme ad altri colleghi e membri dell’industry, in una sorta di cargo che assomiglia al vano dell’aereo da cui Snake si lancerà alla fine della cutscene che darà avvio alla Missione Virtuosa, nome in codice per l’operazione di infiltrazione e recupero che dà il via al gioco. Essa si svolge nel 1964 e vede l’agente segreto americano Naked Snake inoltrarsi nella giungla della Russia centrale per liberare Nikolai Stepanovich Sokolov, geniale scienziato che i sovietici stanno obbligando a lavorare a una misteriosa nuova arma che si teme in grado di capovolgere le sorti della Guerra Fredda. Ma questo è solo l’inizio di una missione che prenderà risvolti – militari e politici – totalmente inaspettati e porterà Snake a confrontarsi con i demoni del suo passato, oltre che con una schiera di terribili avversari, spie e misteriosi alleati, con i quali giocherà una pericolosissima partita che mette in palio la sicurezza e forse il destino dell’intero mondo.
Assistere a questa lunga introduzione mi stimola una quantità di riflessioni: la prima riguarda indubbiamente la profondità di scrittura del gioco, ancora stupefacente nonostante siano trascorsi 20 anni dalla sua pubblicazione originale. Lo sforzo profuso da Kojima nell’approfondire il contesto sociopolitico di quegli anni e rendere verosimile il setting in cui ha luogo la missione di Snake ha dell’incredibile, specialmente per la naturalezza con cui storia e fantastoria si incastrano in un connubio irresistibile che coinvolge dal primo minuto. In secondo luogo, colpisce la realizzazione tecnica, sia per il grado di fedeltà all’opening originale – ricalcato shot-by-shot – sia per l’ottimo appeal grafico (il motore è Unreal Engine 5 e non più il caro vecchio Fox Engine) e sonoro, con un nuovo mix 7.1 calibrato e avvincente forte di una memorabile colonna sonora, di un sound design nuovo di zecca e del mantenimento del doppiaggio originale.
Infine, un fremito di approvazione mi ha pervaso non ho appena sono comparsi i titoli di testa: Konami ha mantenuto i titoli originali, così da riconoscere il lavoro dei creativi che plasmarono il titolo nel lontano 2004. Semplicemente, accanto ai loro nomi e ruoli è stata aggiunta la dicitura “original“; dunque i credits relativi allo staff di questo remake saranno relegati ai soli titoli di coda.
Raggiungo la mia postazione e la schermata di avvio non è come la ricordavo. Al posto della grafica di Snake che sottomette un soldano nemico tramite CQC, appare una generica visuale della giungla, percorsa dalla telecamera virtuale, con il titolo del gioco in sovrimpressione. Sono colpito da questo scarto rispetto al titolo originale, specialmente dopo aver appena visto la cutscene introduttiva che ricalca passo dopo passo quella del 2004. In realtà, come scoprirò a seguito della Production Hotline che ha luogo sul palco poco dopo (e che vedete qui sotto) questa nuova schermata di avvio si presenta solo qualora decidiamo di adottare il New Style, ovvero una configurazione dei comandi di gioco e interfaccia rivisitata ad hoc per questo remake. Ad esso si contrappone il Legacy Style, che ricalca fedelmente l’impianto di gioco originale. In questa prova non era possibile selezionarlo, dunque ho avviato la demo con il nuovo stile, utile a capire fin da subito che si tratta sì di una riproposizione pedissequa dello Snake Eater che tutti conosciamo, ma anche che esiste effettivamente un Delta tra le due versioni, non limitato al solo comparto tecnico.
Se la base di game design è ancora lì, inalterata nella sua bellezza ma con gli ovvi limiti dell’epoca di progettazione – che mantiene i caricamenti tra una schermata e l’altra invece che stravolgerne la struttura con una mappa contigua – tante piccole accortezze migliorano la quality of life del videogiocatore moderno, abituato a una fluidità e mappatura dei controlli più agevole. Ecco allora implementata la possibilità di muoversi stando accucciati – introdotta per la prima volta in Guns of the Patriots – e animazioni di movimento e azione nuove di zecca, com’era lecito aspettarsi. Snake non è mai stato tanto leggiadro nei movimenti, e passare dallo strisciare a terra a correre a gambe levate appare molto più naturale e consequenziale che in passato. Sono stati aggiunti dei comandi radiali rapidi che danno accesso a una rubrica del Codec, in modo da imbastire più velocemente una conversazione con i nostri alleati via radio. La stessa cosa vale per le mimetiche, accessibili tramite un menù rapido.
La visuale over-the-shoulder è un’altra gradita novità, che peraltro ha comportato un riposizionamento della barra della salute e vigore nella parte bassa e centrale dell’HUD, invece dell’angolo in alto a sinistra come un tempo (ma è riposizionabile a piacimento). Ci sono altre migliorie, alcune scontate e sacrosante come la possibilità di mettere in pausa le scene di intermezzo, altre inattese e benvenute, come l’introduzione della bussola. Si tratta di una dimostrazione d’attenzione nei confronti del giocatore, e di un’attenta pianificazione delle conseguenze che ogni cambiamento introdotto nel gioco comporta. Il riferimento, in questo caso, è all’adozione della telecamera libera, che il giocatore può orientare con lo stick destro. Nel titolo originale questa libertà non era concessa (se non nella versione Subsistence), dunque la prospettiva era sempre e solo una, e l’orientamento isometrico della schermata sempre quello (almeno finché non si passava alla visuale soggettiva): si sapeva sempre dove andare. Ora che non è più così, conoscere in ogni momento la posizione dei punti cardinali può essere utile a non rimanere disorientati.
Altre soluzioni coniugano esigenze estetiche e funzionali: le funzionalità mimetiche delle uniformi di Snake sono ora influenzate da alcune condizioni ambientali (ad esempio rotolarci nel fango può aumentare la nostra elusività), di contro l’usura, gli strappi e il deterioramento delle stesse sarà permanente nel corso della partita, proprio come graffi e cicatrici sul corpo del nostro eroe. Dunque ogni ferita subita, ogni supplizio patito dal valoroso agente segreto ne plasmerà l’aspetto, contribuendo all’immedesimazione a rendere ogni partita a suo modo unica. La Production Hotline ha evidenziato l’introduzione dei GA-KO, una nuova serie di paperelle cammuffate collezionabili in-game, che vi costringeranno ad aguzzare la vista per trovarle tutte. Che ne è, dunque, dei Kerotan (le rane verid del titolo originale)? Ebbene, posso confermare di averne trovato uno nella demo, quindi immagino che la loro raccolta sia ancora possibile e fors enecessaria per sbloccar ela mimetica ottica, come nell’originale. Cosa succederà una volta raccolti tutti i GA-KO? Questo per il momento non è dato sapere.
C’era così tanto da vedere e da provare, che ho speso tutta la mia prova nelle prime schermate di gioco, prendendomi una manciata di minuti per affrontare i primi nemici che si incontrano nell’avventura. Non ho riscontrato differenze particolari nei metodi di ingaggio, che possono avvenire a distanza tramite armi da fuoco o corpo a corpo tramite le tecniche CQC (possiamo ribaltare, strozzare o immobilizzare l’avversario, in questo caso per interrogarlo o usarlo come scudo umano). Possiamo trascinare un nemico morto o svenuto per nasconderlo da qualche parte, farli svuotare le tasche e sgozzarlo senza pietà, o addormentarlo con un tranquillante per passare oltre senza lasciare traccia; come sempre la scelta sta a noi, e chi si vorrà cimentare nella Pacific Run troverà pane per i suoi denti, specialmente alle difficioltà più elevate (nella demo si poteva giocare solo a Facile o Normale, ma io incorcio le dita nella speranza che ci sia la cara vecchia European Extreme per i veterani più hardcore).
Dopo questa prova estremamente positiva c’è decisamente da essere ottimisti riguardo Metal Gear Solid Δ: Snake Eater. Konami sembra determinata a non sbagliare una virgola nel riproporre ad una platea moderna uno dei suoi giochi migliori in assoluto, confezionando un remake in grado di appagare le aspettative dei giocatori più esigenti. Non resta che attendere il prossimo Production Hotline nella speranza che venga annunciata una data di uscita definitiva. Il silenzio della comapgnia da questo punto di vista solleva più di un dubbio circa il possibile lancio entro la fine del 2024, come originariamente annunciato. In ogni caso, è bene che il serpente si prenda tutto il tempo necessario per mutare pelle e mostrarsi in tutta la sua bellezza.
This post was published on 28 Ottobre 2024 23:00
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