Nel ringraziare Jyamma Games per averci concesso una chiave, per provare e recensire Enotria: The Last Song, opera prima della software house italiana, vogliamo fare delle premesse che, speriamo, potranno permettere una lettura più consapevole di questo articolo.
Prima di tutto, il fatto che si parli di sviluppatori italiani, non influenzerà il giudizio finale né in positivo né in negativo. Riteniamo che, per conferire il giusto livello di dignità e autorevolezza al lavoro di Jyamma, sia necessario applicare un metro di giudizio scevro da preconcetti basati sulla provenienza degli sviluppatori.
Secondo poi, siamo consapevoli delle polemiche nate in seguito ad alcuni eventi, che hanno generato scintille tra alcune testate giornalistiche, creator e gli sviluppatori del gioco. In sede di recensione non verrà tenuto conto di niente che non riguardi il gioco e solo il gioco.
Detto ciò, siamo pronti per partire con la recensione di Enotria: The Last Song.
Giù il sipario – Storia e narrazione, dalla luce alle tenebre
Iniziamo dal contestualizzare il lavoro di Jyamma Games, a livello di storia e narrazione, prima di addentrarci nel gameplay.
Enotria: The Last Song è stato sin da subito denominato come “summer Souls”, definizione che tentava di unire la sua natura spiccatamente Soulslike con il fatto che, al contrario dei titoli di From e di quelli dello stesso filone ludico, tentava di estraniarsi da uno dei fattori che sempre aveva contraddistinto tali produzioni: l’ambientazione cupa, a tratti opprimente, lasciando invece spazio alla luce, al sole, ad aree aperte e di ampio respiro.
Una premessa che, sin dalle prime battute, aveva attirato l’attenzione di molti. Ricercare un cambiamento, tema centrale del titolo, dal punto di vista visivo, è sicuramente il primo passo per colpire il pubblico e non si può dire che non abbia funzionato. Il luminoso Souls di Jyamma, è diventato subito un prodotto molto atteso, soprattutto dagli appassionati del genere che non vedevano l’ora di mettere le mani su qualcosa di diverso dal solito.
E sulla scorta di questa premessa, funziona ancora meglio il contrasto che, sin dalle primissime fasi di gioco, domina il mondo di Enotria, che all’apparenza si mantiene luminoso, quasi pregno di malinconica nostalgia, mentre a un’analisi più attenta si rivela un opprimente tugurio nel quale, come istrionici zombi, gli abitanti si ritrovano a recitare un ruolo martellante e incessante, intrappolati dall’influenza del Canovaccio, artefatto magico da cui solo pochissimi sono riusciti ad affrancarsi, per farla estremamente breve. Tale contrasto diverrà sempre più sottile, fino a protendere per un inasprimento delle ambientazioni che, nella fasi finali, soprattutto a Litumnia e dintorni, trova il suo climax.
Noi giocatori, in questo contesto, saremo dei “Senza Maschera”, delle vere e proprie marionette, create da Pulcinella, uno stravagante psicopompo. In quanto Senza Maschera, saremo immuni alle manipolazioni del Canovaccio, diventando la più grande arma per porre fine alla maledizione che affligge l’umanità.
Si possono da subito notare tematiche che, per noi italiani, nati e cresciuti scolasticamente con alcuni concetti estremamente liofilizzati, rappresentano un bagaglio ormai ampiamente immagazzinato. E dunque è facile riconoscere, banalmente, il concetto di “Maschera” pirandelliana (sarà forse un caso che i “Signori” del mondo di Enotria, descritti nella cut scene iniziale, siano 6 come i pirandelliani “personaggi in cerca d’autore“?) per dirne una, concetto che viene calato poi molto bene nel gameplay, diventando le meccanica su cui si è basato tanto dell’interesse del pubblico. Ma di gameplay, concedetemi di parlarne più avanti.
In linea di massima, lo scopo del Senza Maschera, sarà quello di porre fine alle manipolazioni del Canovaccio. Ma come tutte le storie che si rispettano, lasciamo a voi il piacere della scoperta dei dettagli.
Narrami, O Sommo
La narrazione segue gli stilemi Souls, basandosi tanto sul “non-detto” e puntando a un approfondimento, delegato totalmente al giocatore, tramite la lettura di descrizioni di oggetti o di veri e propri pezzi di storia narrata, disseminati per la mappa, che aiutano ad approfondire la lore. Pregevole che, ogni aspetto che possa destare interesse, come contributo narrativo, per contestualizzare gli eventi che si vivono, appaia come “suggerimento” al lato destro dello schermo, concedendo al giocatore qualche attimo per decidere se aprirlo o meno.
Oltre agli stilemi Souls però, la scelta presa dal team è quella di dare maggior omogeneità al metodo narrativo e dunque, se è vero che bisogna leggere tanto per approfondire vicende, di cui altrimenti non conosceremmo quasi nulla, è anche vero che il gioco mette a disposizione del giocatore dei compendi, divisi per macro argomenti, che come dei veri e propri volumi enciclopedici, andranno a mettere in ordine la storia del mondo, rendendo più semplice l’approccio.
Il racconto in sé, oltre a non risultare chissà quanto interessante però, finisce con l’essere estremamente frammentato tanto da faticare a capire le vere ragioni che spingono determinati personaggi ad agire in un determinato modo.
Mi sento inoltre, di intercettare la critica del “così fan tutti”, che già in altre occasioni e per altri titoli, ha funto da scudo dietro cui difendere un prodotto: la presenza di veri e propri errori o di leggerezze, in produzioni da cui si prende spunto, non giustifica l’incalzare nuovamente sullo stesso solco tracciato.
Il problema più grosso però, è che risulta difficile per una narrazione compiuta quasi esclusivamente tramite descrizioni, con poche cut scene e tanti, tantissimi elementi di narrazione ambientale che sovrastano il racconto principale, continuare a tenere alto l’interesse del giocatore. Questo una volta giunto alle fasi finali del gioco si troverà ad avere a che fare con soluzioni abbastanza banali, che non riusciranno ad avere la giusta potenza proprio a causa della diluizione derivante dall’approccio narrativo.
A questo aggiungiamo una considerazione: la storia, finale compreso, risulta derivativa e fallisce nel dare un tentativo di rilettura di quelle che, alla fine dei conti, risultano “re-skin” più che maschere. A voler essere ironici, si potrebbe quasi dire che Enotria sia stato condannato a vestire il ruolo del prodotto derivativo. Ma come Enotria stesso ci insegna, le risa sardoniche, nascondono insidie da cui sarebbe meglio fuggire.
Il Giuoco delle Parti
Orsù, siam giunti a parlare di gameplay. E se nella narrazione vi erano delle lacune, è in questo paragrafo che inizieremo a scoperchiare le enormi falle che il sistema di gioco di Enotria presenta, aprendo a tante domande decisamente perigliose, tra le quali inerpicarsi. Più avanti, affronteremo in modo dettagliato il combat system.
Enotria: The Last Song ha il grande pregio, almeno nelle intenzioni, di tentare di accomunare uno stile di gioco spiccatamente Soulslike con meccaniche che riconducono maggiormente all’action puro, come approccio. Il giocatore verrà posto da subito, di fronte alle molteplici opportunità di approccio. Spieghiamo dunque in breve cosa sono le Maschere e i Corredi e come funzionano abilità attive (Versi) e passive.
Noi, come detto, interpreteremo un Senza Maschera. Vista la nostra natura, ci sarà possibile indossare le maschere che riusciremo a raccogliere durante l’avventura e ciò potrà avvenire o sconfiggendo dei boss o uccidendo per tante volte lo stesso tipo di nemico, finché non ci dropperà pezzi di maschera in quantità sufficiente per crearne una che riprende le sue fattezze. A ogni maschera, sono legate delle abilità passive, che possono riguardare una maggiorazione di alcune statistiche oltre a resistenze varie, tutti aspetti che verranno poi definiti meglio dalle Sembianze. Le Maschere però, che potranno anche essere potenziate, determineranno anche il nostro aspetto esteriore.
I Versi rappresentano le abilità attive, che potranno essere trovate in giro esplorando per bene ogni anfratto delle mappe. Queste potranno essere equipaggiate, fino a un massimo di 4 alla volta, potranno essere potenziate, con materiali vari da trovare in giro e permetteranno di avere attacchi che scaleranno su elementi specifici e che permetteranno di ampliare la propria build, aggiungendo magari una componente ranged alla propria build melee.
Tramite il Cammino degli Innovatori poi (leggasi skill tree) sarà possibile sbloccare abilità passive, che inizieranno ad avere effetto soltanto una volta equipaggiate, fino a un massimo di 6 per volta. Saranno di vari tipi, in base alla build che vogliamo portare avanti, che si scelga di concentrarsi sulla lotta più pura, sul curarsi in vari modi, sulle resistenze elementali, sull’uso di oggetti e quant’altro.
I Corredi, sono i “contenitori” entro cui racchiudere Maschere, Sembianze, Versi e abilità del Cammino degli Innovatori, oltre a consumabili, le due armi che potranno essere equipaggiate e delle speciali pietre, che andranno a influire su alcuni parametri legati al parry, la meccanica forse più importante da padroneggiare per progredire agevolmente in Enotria. Vi saranno 3 diversi slot per 3 diversi Corredi, che potranno essere cambiati in pochi istanti, in qualsiasi momento: la ratio dietro ciò, è la possibilità data al giocatore di crearsi 3 differenti build, adatte a tutte le occasioni, da cambiare all’abbisogna.
Dopo aver finito il gioco, in circa una ventina d’ore, mi sento però di dire tristemente come, la gigantesca mole di possibilità date, tra armi, abilità, maschere e possibilità di build, sia in realtà un enorme guscio vuoto.
Vediamo perché.
Tutto è utile, nulla è necessario…
Come detto, è possibile creare Corredi estremamente variegati ed è questo su cui mi sono concentrato, in certe fasi della run: cercare delle combinazioni, che mi permettessero di essere perfomante in ogni occasione. Il problema è che, basta veramente veramente poco per creare una build talmente tanto potente, da non avvertire mai la necessità di cambiare Corredo.
Senza nemmeno perderci troppo la testa, in blind totale, sono stato in grado di dare vita a una build in cui quasi ogni azione, dal parry all’uccidere i nemici all’utilizzare i Versi, mi curava in continuazione. Inoltre, vestendo la giusta Maschera e assumendo le giuste Sembianze, per la maggior parte del tempo non avevo nemmeno bisogno di fare ricorso agli item di cura. E se questa può essere vista come una cosa positiva, soprattutto per chi vorrebbe approcciarsi al genere ma lo ritiene estremamente proibitivo, non posso che vedere una leggerezza nello sviluppo di questo sistema.
Non si presentano mai situazioni che spingono realmente a sperimentare, se non per il semplice gusto di farlo. Di fatto, la possibilità di cambiare Corredo e di portarsi dietro 3 build differenti, si è rivelata un’utile meccanica per portare a termine delle piccole richieste di alcune quest secondarie ma mai per risolvere dei combattimenti, altrimenti proibitivi. E sia chiaro, mai avrete voluto l’opposto più radicale, in cui il cambio Corredo sarebbe divenuto necessario per superare degli ostacoli. Ciò su cui il gioco fallisce, è la ricerca della via di mezzo.
Ed è un discorso che si può allungare a qualunque componente dei Corredi, fatta esclusione probabilmente per le abilità passive del Cammino degli Innovatori.
Ciò che avvilisce però, è la selezione di armi: come annunciato sul sito ufficiale di Enotria: The Last Song e poi ribadito nell’apposito moveset showcase trailer, le armi sono sì tante.
Ciò su cui il gioco lesina, sono i moveset: tutte le armi appartenenti alla stessa classe (8 secondo il sito ufficiale, 7 secondo il trailer), potranno contare sullo stesso identico moveset. Tutti gli spadoni colossali avranno un singolo moveset, così come tutti i martelli, tutte le spade e così via.
Ciò che cambierà dunque, sarà l’output di danno, le cui differenze però, all’interno di armi della stessa classe, sarà pressochè irrisorio e il fatto di essere infuse con determinati elementi, a cui il boss di turno può risultare più debole. Ma anche alla luce della semplicità delle boss fight (ne parleremo più avanti, in un paragrafo dedicato), si rivela molto più veloce scegliere una sola arma, potenziarla e andare avanti con quella fino alla fine. Si, perché anche le armi trovate nella parte finale dell’avventura, hanno ben poco da regalare al giocatore, se non un’estetica sempre estremamente curata.
Da Souls player navigato, non posso che guardare indietro al 2011, a quel Dark Souls di From Software: anche lì era potenzialmente possibile finire il gioco con la prima arma trovata, nonostante la difficoltà che ciò avrebbe comportato. Implementare moveset diversi, fungeva da motore che invogliava continuamente a sperimentare, a capire quale fosse non solo l’arma che fa più male ma quella che si muove secondo la nostra idea di gioco. Anche soltanto un passo in avanti durante una stoccata, la velocità di caduta del braccio per un fendente, il tempo di recupero dopo uno slam, costituivano elementi maggiormente determinanti nella volontà di cambiamento, che si innestava nel giocatore, rendendolo sempre curioso.
…persin per l’esplorazione, di ciò diventa corollario
E la triste, necessaria, conseguenza di un gioco che non stimola a cambiare di tanto in tanto setup, è la totale perdita d’interesse per l’esplorazione delle mappe.
Parlando delle mappe, ci tengo a sottolineare quanto siano esteticamente ben realizzate, curate in tantissimi dettagli che aiutano a rendere l’esperienza sicuramente più immersiva. Da premiare è sicuramente il level design delle mappe: se c’è un aspetto del primo Dark Souls, che forse solo il Lords of the Fallen di Hexworks ha saputo riprendere per bene, è l’interconnessione delle varie mappe, creando un mondo unitario, tondeggiante. Enotria prova a percorrere la stessa strada.
Il level design, nonostante non sia forse complesso quanto quello dei due titoli citati, riesce a regalare molto bene l’idea di mappe interconnesse seppur con qualche limite. Le mappe risultano a un primo impatto ampie, a tratti labirintiche ma mai finendo col diventare eccessive; prendendo un po’ di dimestichezza con le idee di level design di Jyamma, si riesce presto a capire come orientarsi per non perdersi nulla.
Un punto su cui sarebbe stato gradevole vedere maggior investimento, è l’utilizzo dell’Ardore: si tratta di un potere in mano al Senza Maschera, che permette di alterare la realtà. Chi ha già giocato la demo, uscita a maggio, ne ha avuto un assaggio con la splendida interazione che permette di ricostruire il ponte, per accedere alla città di Quinta, la prima vera area del gioco. Purtroppo però, si tratta di una meccanica che viene sfruttata decisamente poco risultando quasi artificialmente necessaria alla prosecuzione.
Ma per tornare all’argomento d’apertura del paragrafo, il vero punto debole è l’esplorazione, non intesa come atto ma come risultato.
Esplorare è infatti abbastanza divertente e piacevole, visto che vi troverete davanti ad alcuni semplici puzzle ambientali, che vi permetteranno di sbloccare short cut varie, che aumenteranno la sensazione di interconnessione.
Come detto, il risultato che si otterrà dall’esplorazione, raramente riuscirà a darvi soddisfazioni: in un gioco in cui la costruzione della build conta più nelle fasi iniziali che in quelle finali, in cui non vi sono poi troppi consumabili utili (se non gli abbondanti materiali che, proprio in quanto abbondanti, non generano emozioni nel trovarne di nuovi) e in cui ogni tipologia di arma segue sempre lo stesso moveset, la scoperta perde subito il suo aspetto piacevole, diventando una semplice attività secondaria e serenamente bypassabile.
A singolar tenzone
Giungiamo al tasto dolente per antonomasia: il combat system.
In un Soulslike, il combattimento è sicuramente il fulcro del gameplay, ciò su cui il giocatore concentra maggiormente i suoi sforzi e su cui, ci si aspetta, che anche gli sviluppatori abbiano concentrato la maggior parte delle loro energie. Purtroppo però, il sistema di combattimento di Enotria è funestato da problemi di varia natura, che ne abbassano ampiamente la godibilità.
Primo problema percepito, sono le hitbox: Enotria va a riprendere tanto la meccanica del parry, ispirandosi concettualmente a titoli come Sekiro, Thymesia e Lies of P, in cui a una serie di parry perfetti, corrisponde la rottura dell’equilibrio del nemico e la sua esposizione a un repost devastante. In un titolo del genere, è necessario che le hitbox e le aree d’impatto, risultino estremamente chiare e intuitive.
Capita spesso invece che, soprattutto con boss e nemici elitè, le hitbox da individuare per effettuare la parata perfetta, non corrispondano per niente a quello che vede l’occhio. Per fare un esempio senza fare spoiler: uno dei boss della fase finale del gioco, armato di martellone, contava su una serie d’attacchi in cui l’hitbox del colpo non era sulla testa del martello ma sulla punta del manico. Il risultato, per poterlo affrontare al meglio, è stato quello di dover imparare un tempismo che non corrispondesse a ciò che gli occhi ci suggerivano.
Ed esempi simili, possono essere ricondotti a qualunque nemico. Unitamente al problema delle hitbox però, ce n’è uno forse ancora più grave che è quello delle animazioni. Queste risultano poco fluide e sembrano mancare di frame di intermezzo, che permettono di cogliere perfettamente i movimenti che un nemico compie. La mancanza di abbastanza frame d’animazione, porta alla necessaria conseguenza di mancanza di call out adeguato per ogni attacco, elemento che mancando, compromette la buona riuscita di molti scontri. Per fortuna, si riesce a sopperire grazie a una difficoltà che, per tutta la durata dell’esperienza, tolti alcuni fugaci picchi, si mantiene abbastanza media.
Grande problema legato al parry, è anche il numero di parate necessarie per rompere l’equilibrio nemico: se nelle prime fasi di gioco, una serie abbastanza contenuta di parry perfetti, porta alla rottura dell’equilibrio in modo abbastanza veloce ed equilibrato, man mano che si procede l’efficacia del parry sarà messa molto in discussione: di fatto, più si progredisce, meno risulterà appagante in termini di risultato effettuare parate perfette una dietro l’altra, senza contare che a soffrire di questo problema non sono soltanto i boss ma anche parecchi mob che si possono trovare in giro e che spesso, ostruiscono proprio la strada che porta a quei boss.
Se dunque il posizionamento dei Nodi della Realtà (leggasi falò) è anche abbastanza intelligente in senso di level design, il quantitativo di nemici tra un nodo ed il successivo risulta spesso soverchiante.
E sia chiaro, il parry non è l’unico metodo di contrastare gli avversari: esiste la schivata ed esistono quei Versi già citati; per la schivata però, si è optato non per un classico roll ma per un semplice step, alla Bloodborne per capirci.
Però, se nel titolo di From questo funzionava, in Enotria costituisce soltanto un limite dato che molti attacchi, saranno praticamente impossibili da schivare con un semplice step al momento giusto, costringendo di fatto il giocatore a ingegnarsi coi parry, che come abbiamo visto, non sempre risultano una scelta comoda, soprattutto davanti a certi moveset dalle animazioni tronche. È possibile schivare con un roll, soltanto se non si tiene il lock sul nemico. Altre volte, le animazioni d’attacco dei nemici sono talmente tanto veloci, che risulta praticamente impossibile recuperare dal parry precedente per metterne a segno un altro. Senza contare i momenti in cui, ad attaccarci, sono più nemici in contemporanea, situazione che più volte si verifica in spazi estremamente ristretti.
E Dio vi scampi dall’incontrare plurimi nemici che attaccano dalla distanza.
E forse, un discorsetto più approfondito è da dedicare ai boss di Enotria.
Boss fight all’acqua di rose
In un titolo Soulslike, le boss fight rappresentano dei veri e propri momenti catartici: giungere dinnanzi a un boss, di cui tanto si è sentito parlare, di cui tanto si conosce senza neppure averlo mai visto. E poi batterlo, dopo svariati tentativi, dopo uno scontro epico che farà percepire le mani vibranti, il cuore in gola. Catarsi completata e via verso la prossima zona.
In Enotria, ciò che manca è proprio l’elemento epico, scenico oltre che quello puramente combattivo.
La maggior parte dei boss, saranno ingabbiati in pochi e semplici moveset, guidati da intelligenze artificiali molto poco approfondite che potranno essere rotte, senza nemmeno impegnarsi. Più volte, durante boss fight che trovavo leggermente più appaganti, ho dovuto pregare che l’IA mi permettesse di arrivare alla fine del combattimento, senza che il mio avversario perdesse totalmente la testa.
Due sono i casi davanti cui ci si può trovare: o l’IA del boss impazzisce, iniziando a rendere il nemico una macchina che spamma attacchi senza lasciare la minima finestra d’attacco al giocatore, tutto corredato da hitbox estremamente poco chiare anche alla luce di attacchi che fanno rimpiangere la Waterfowl Dance di Malenia (e non ho scelto questa mossa a caso, dato che per un boss sono stati ripresi veri e propri pezzi di moveset proprio dalla Dea della Marcescenza di Elden Ring); o l’IA si rompe e il nemico si blocca, rimanendo totalmente immobile e inerme davanti a noi giocatori, che a quel punto avremo la possibilità di finirlo con tutta la calma del mondo.
Altri due problemi sono legati alle boss fight: moveset e telecamera, problemi che a volte sono anche strettamente legati tra loro.
I moveset di diversi boss non solo si ripetono da un boss all’altro, anche senza alcun tipo di connessione di lore che potrebbe giustificare il fatto (perché il Colosso Sommerso che si trova a Falesia Magna deve avere lo stesso identico moveset del Vetraio di Vetra che si trova a Litumnia?). E come se non bastasse, più volte i boss riprendono lo stesso identico moveset dei mob base, un problema che pareva appartenere soltanto alla demo e che invece affligge tutte le fasi di gioco fino alla fine.
La telecamera, nei Souls non è mai stata sicuramente una forza ma la gestione della telecamera di Enotria non ha fatto che accentuare questa cosa. Tante, troppe volte, gli scontri con i boss (e non solo) avvengono in arene abbastanza strette, portando a restare chiusi in un angolo, con la telecamera che finisce per incastrarsi nei muri, impedendo al giocatore di capire cosa stia succedendo. E non è certo un problema soltanto di boss fight, dato che molto spesso durante semplici sessioni esplorative, se ci si trova in spazi stretti, si noterà come la camera inizierà a “rimbalzare” tra una parete e l’altra, problema già riscontrato nella demo e mai corretto a dovere.
E il momento in cui telecamera e moveset iniziano a collaborare, per creare qualcosa di ingestibile, è sicuramente durante gli attacchi in salto: sfido chiunque a tenere il lock fisso su un nemico che salta sopra la vostra testa, senza iniziare ad accusare quantomeno una lieve vertigine. Senza parlare dei problemi di tracking, che in Enotria funziona come una vera e propria calamita: i nemici continueranno a tracciare i nostri movimenti, a costo di muoversi come veri e propri carillon, nel caso decidessimo di girargli attorno, con la telecamera che inizierebbe a imperniarsi sul nemico rotante. Una situazione davvero surreale, necessaria forse per evitare di investire tempo e risorse nella programmazione di un’IA maggiormente reattiva, il cui risultato è però tra il comico e il frustrante.
Parlando da un punto di vista più “di pancia”, si potrebbe semplicemente dire che nessuna delle boss fight affrontate, sia quelle di trama che quelle opzionali, riesce in qualche modo a regalare emozioni, generando una mancanza di pathos che fa perdere quel senso di catarsi, che una boss fight dovrebbe saper concedere al giocatore.
L’Arte del Bel Paese
Enotria: The Last Song vive d’arte. Sono tante le forme d’arte riscontrabili, dalla musica alla pittura fino a, ovviamente, la modellazione digitale.
Parlando di musica però, nonostante quella presente sia tutta di grande qualità tanto da far venire voglia di ascoltarla, anche una volta chiuso il gioco, è necessario far notare come in praticamente ogni boss fight minore (e sono tante) la canzone di background sia la stessa. Una scelta che si può sicuramente perdonare, viste la natura non AAA che è Enotria ma che alla lunga, rischia comunque di stuccare.
A livello puramente visivo, il lavoro di Jyamma Games è stato soltanto macroscopicamente encomiabile, tra scorci estremamente suggestivi, design dei nemici, degli NPC e delle Maschere azzeccatissimo. A ciò si aggiunge l’ottimo doppiaggio italiano del titolo, almeno per quegli NPC che sono stati doppiati. Già, perché molti NPC presentano soltanto linee di dialogo non doppiate, così come accade anche durante la cut scene iniziale ma di questo ne parliamo tra poco.
Altro elemento su cui si poteva sicuramente fare meglio è il sound design: i suoni non sempre arrivano col giusto timing, quando per esempio un nemico carica con un attacco; nonostante un buon lavoro sia stato svolto sul feedback delle armi, si nota troppa poca differenza tra i suoni assegnati ad armi totalmente diverse tra loro; l’artificiale spazialità dell’audio, spesso, finisce col rendere molto complicato riuscire a orientarsi affidandosi soltanto a ciò che l’orecchio percepisce, soprattutto quando due azioni si svolgono nello stesso momento, su due livelli diversi.
A voler essere populisti, si potrebbe quasi dire che Enotria rappresenta davvero l’Italia: tante cose belle da vedere ma nulla che funzioni a dovere. Ma questa non è certo sede per populismi vari.
Jyamma come Balanzone, che una malattia fece dell’Ambizione
Il progetto di Jyamma Games è davvero tanto, troppo ambizioso e se prima questa poteva essere considerata una supposizione, dopo aver giocato prima la demo a maggio e ora il gioco “finito”, mi sento davvero di notare come la sensazione sia quella di giocare a un Accesso Anticipato.
Vi riporto di seguito, la definizione che viene data su Steam di Accesso Anticipato:
“L’accesso anticipato è un modello di sviluppo esclusivo che consente di giocare ai titoli mentre procedono verso una fase di rilascio completo. L’accesso anticipato incoraggia gli aggiornamenti continui da parte degli sviluppatori, permettendo ai giocatori di lasciare direttamente i loro feedback tramite il gameplay e il coinvolgimento della Comunità”.
È inquietante quanto questa definizione, calzi perfettamente con l’operazione che è stata Enotria. E siamo ormai fuori dal campo della speculazione, sin dal momento in cui gli sviluppatori hanno pubblicato sulle loro pagine social, una Road Map d’aggiornamento, iniziata a settembre con due “fast patch” ma che, da novembre fino a marzo, non elenca semplici migliorie ma vere e proprie mancanze che verranno implementate.
Per dire, tra gennaio e marzo sono previste l’aggiunta di “Intro Voiceover” e “Additional Voiceover for all character”. Ciò significa che, quella che poteva sembrare soltanto una scelta di gusto degli sviluppatori, non aggiungendo doppiaggio né nell’intro del gioco né per alcuni NPC minori, è in realtà una mancanza vera e propria. E a cose del genere, se ne aggiungono di nuove come l’implementazione di nuove animazioni per ogni classe di armi, con l’incremento della varietà dei moveset. Ancora, è impossibile non notare come non si tratti di scelte che vanno a pulire il gioco, a migliorarlo da un punto di vista tecnico, cosa assolutamente lecita.
Sarò ansioso di riprovare il titolo a marzo 2025, quella che a oggi, pare la vera data d’uscita del gioco completo così com’è concepito dagli sviluppatori, senza compromessi. Viene anche da chiedersi, quali sarebbero stati i risultati di una pubblicazione il 22 maggio come inizialmente preventivato, o il 21 giugno come successivamente preventivato o il 21 agosto come successivamente preventivato.
A ciò si aggiungono tutta una serie di problemi, più o meno gravi: dal frame rate che, in certe aree, cala vertiginosamente (soprattuto certe zone di Falesia e Litumnia) a problemi d’illuminazione (a Falesia, il sole che rimbalza sulle pareti bianche, risulta estremamente luminoso, rendendo difficile anche individuare i drop che vengono lasciati a terra dai nemici); tutte le storture dell’IA, già descritte; tutti i problemi di telecamera, già descritti.
Se dovessi dare una valutazione alla stato attuale delle cose, non potrei che tenermi su una grave insufficienza. Per questo motivo, in maniera assolutamente arbitraria, mi riservo di considerare Enotria: The Last Song come non più che un vero e proprio Accesso Anticipato, che vorrò riprendere con piacere in mano a marzo, quando a dire degli sviluppatori, il titolo sarà ultimato.
Conclusioni – E così finisce la storia di Enotria… per ora
Al fine della Canzone
Si snodano le Risa
Che satolle in Frustrazione
Mi bloccano la VISA
Da un acquisto Sconsiderato
Da protervia Lacerato
Che altro poi non è
Che un Accesso Anticipato
Che se per marzo avran concluso
Potrei aver voglia di farne Uso
Ma che a oggi, ch’io scrivo
Mi porta a tenermi Schivo