Abbiamo provato in anteprima il prologo del gioco. Ecco le nostre impressioni sull’atteso remake del JRPG di Square Enix!
Per un’IP nata senza pretese, anzi con l’unico scopo di rappresentare una versione portatile e mordi-e-fuggi dei JRPG (il riferimento è ai primi 3 capitoli della serie pubblicati per Game Boy, e brandizzati in occidente Final Fantasy Legend) la serie SaGa è riuscita a ritagliarsi un posto speciale nel genere di appartenenza, costruendo regole sue proprie che negli anni hanno attirato una discreta nicchia di appassionati permettendole non solo di sopravvivere, ma anche di sbocciare in un mazzo di tanti fiori, rappresentati da seguiti canonici, spin-off e ovviamente un’immancabile sfilza di collezioni, rimasterizzazioni e remake per console moderne.
L’ultimo arrivato è Romancing Saga 2: Revenge of the Seven, che dal titolo lascia ovviamente intendere di non essere un nuovo capitolo principale bensì un remake 3D del gioco pubblicato su SNES nel lontano 1993, uno dei più apprezzati. Ho provato in anteprima il prologo del gioco, e l’impressione è che questo titolo costituisca un ottimo biglietto di ingresso per chi ancora non si è mai avvicinato alla serie, oltre che un gradita occasione di ritorno per tutti i fan di vecchia data.
Non c’è problema se non avete mai giocato un titolo della serie SaGa: proprio come per Final Fantasy, ogni gioco è narrativamente autonomo, dunque potete gettarvi a capofitto nel racconto epico di Romancing Saga 2: Revenge of the Seven, che fa capo a una leggenda. In tempi remoti il mondo fu salvato da Sette Eroi che sconfissero le forze del male, rispondendo alle preghiere degli Antichi che i invocarono in loro difesa. Subito dopo però sparirono misteriosamente senza mia più far ritorno. Dopo secoli di pace, ora il piccolo regno di Avalon nella regione di Varenne è sconquassato dalla comparsa di mostri che pullulano ovunque, e sembrano capeggiati nientemeno che dai Sette Eroi della leggenda, o meglio, da una loro terribile forma corrotta e malvagia. Chi è il responsabile di questa rovina? E come si potrà fermarli?
Nel prologo prendiamo il controllo di re Leon, del suo manipolo di fidati guerrieri e di suo figlio minore Gerard, di fisico gracile e indole studiosa, chiamato a fare la sua parte per la difesa del regno. I timori si riveleranno ben presto fondati: i mostri sono capeggiati da Kzinssie, uno dei Sette Eroi, tramutato in un essere repellente e dalle intenzioni tutt’altro che pacifiche. Il prologo si conclude al termine della spedizione punitiva organizzata da re Leon verso il covo di Kzinssie, spedizione di cui non vi svelerò l’epilogo qualora non conosciate il gioco originale.
Romancing Saga 2: Revenge of the Seven si presenta infatti come una riproposizione fedele della narrativa del titolo del ’93, almeno per quanto riguarda l’incipit dell’avventura. Allo stesso modo, la mappa del mondo è stata ridisegnata con poche licenze, e il sistema di gioco fa sempre capo alle particolarità proprie della serie, a partire dal combat system a turni, dall’approccio non lineare all’avventura e dalla mancanza del level up classico dei personaggi, sostituito da un sistema di progressione delle abilità che fa capo all’utilizzo delle armi e delle magie, in modo simile a quanto accade in Final Fantasy II per intenderci.
Su queste premesse, il team capeggiato dal director Tadayuki Akiyama (che se non erro è alla sua prima direzione, essendosi occupato finora di programmazione, QA e ruoli manageriali) ha imbastito una serie di miglioramenti, modifiche e aggiunte capaci di rendere un titolo vecchio di 30 anni appetibile alle odierne platee videogiocatori.
La prima cosa che salta all’occhio, ovviamente, è il passaggio dal 2D al 3D. La splendida pixel art del gioco originale è stata tradotta in una grafica tridimensionale che compensa con i colori sgargianti una mole poligonale non certo da produzione AAA. D’altronde la sua natura di produzione media non toglie nulla a una resa estetica ricercata e gradevole, che con linee semplici e un character design leggermente deformato opta per una visione d’insieme che suggerisce un accostamento con l’appena uscito Visions of Mana – d’altronde il co-developer del progetto è Xeen Inc., che si è occupato del port Switch di Trials of Mana e immagino farà lo stesso anche in questo caso.
L’aggiunta di una dimensione, oltre ad aggiungere profondità e respiro agli ambienti di gioco e a garantire il controllo al giocatore sulla telecamera virtuale, ha consentito una leggera sofisticazione del level design, che osa alcune timide proposte di platforming – nel gioco si può saltare! – e percorsi nascosti con ricompense speciali, tentando di restituire l’inventiva con cui si creavano soluzioni analoghe ricorrendo a tiles invisibili, sovrapposizione di layer e altri stratagemmi del genere.
Nel corso della prova ho bazzicato per il castello di Avalon, il borgo ai suoi piedi e un paio di dungeon, oltre a piccoli ambienti di corredo. Ogni ambiente ha la sua personalità e un’identità visiva spiccata, e l’impressione è che il team si sia sforzato per attenuare quel senso di deja-vu che sovente ricorre nelle produzioni JRPG di ambientazione fantasy. Ogni nuova location è introdotta da una breve sequenza animata che ne introduce il nome e le location principali, un escamotage molto vecchia scuola che dimostra ancora oggi la sua efficacia.
Lato sonoro va segnalato un doppiaggio completo di tutti i dialoghi principali del gioco, sia in giapponese che in inglese. Ovviamente Square Enix ha avuto un occhio di riguardo per la memorabile colonna sonora di Kenji Ito, riarrangiata per l’occasione per un intera orchestra; in ogni momento comunque sarà possibile operare uno switch tra le due versioni, qualora ci si volesse immergere nella versione MIDI composta ai tempi dal maestro.
Come anticipato sopra, Romancing Saga 2: Revenge of the Seven modernizza il sistema di gioco di originale con qualche aggiunta che non snatura l’impianto identitario della serie. Si controllano fino a cinque personaggi, che si dispongono sul campo di battaglia in specifiche formazioni, ovvero schemi di disposizione che attribuiscono benefici particolari a uno o più personaggi. Se disporre tutti in fila permette di combattere a partire dai normali parametri dei personaggi, adottare formazioni più eccentriche può favorire la difesa fisica di chi è schierato in prima linea (ma sarà anche più esposto ai colpi avversari) privilegiano l’evasività delle retrovie. Nella demo erano presenti solo due configurazioni, ma nel corso dell’avventura ne sbloccheremo a bizzeffe (ce n’erano 18 nel gioco originale, chissà che il remake non ne introduca di nuove).
La battaglia si svolge in un’istanza sperata dal mondo di gioco, come d’uso per tutti i vecchi JRPG turn-based. Se non altro i mostri sono visibili nella mappa, e potremo riuscire a sorprenderli arrivando loro alle spalle. Questo espediente ha messo in risalto una generale deficienza dell’AI nemica, che spesso basta spingere fino al limite di aggro per far sì che ci volti le spalle; a quel punto potremo ingaggiarla di nascosto ottenendo così un attacco preventivo.
Questa mossa ci garantisce l’iniziativa, un attacco automatico contro l’avversario e un parziale riempimento della barra che carica dell’Overdrive, una delle aggiunte di questo remake: si tratta di un attacco speciale che concatena più colpi da parte dei nostri guerrieri, garantendo danni devastanti contro gli avversari. Un’ottima risorsa per moltiplicare la nostra potenza, che dovremo comunque tarare sul sistema di debolezze e resistenze degli avversari secondo una modalità che può richiamare alla mente le serie Persona/SMT, almeno dal punto di vista visivo: ogni nemico è debole o resistente a una o più classe di armi e a una o più scuola di magia. Dovremo provare vari attacchi fino a trovare quelli giusti, dopodiché saranno perennemente contrassegnati.
In questo quadro si inseriscono le abilità. Esse si acquisiscono “spontaneamente”, scaturiscono dall’uso costante di determinante armi e/o magie, inoltre le abilità così apprese possono a loro volta sbloccarne di nuove, sempre in base al loro utilizzo reiterato. Questo meccanismo, che prende il nome di Glimmer, potrebbe suonarvi famigliare se avete dimestichezza con la serie Front Mission, in cui le abilità dei mecha si ottenevano in modo simile.
Tutto ciò si traduce in una grande libertà di personalizzazione delle build dei personaggi, dato che tutti possono equipaggiare qualsiasi classe di armi, e di conseguenza imparare un ampio ventaglio di abilità (tuttavia, non il 100% delle abilità può essere appreso dal 100% dei personaggi). Detto questo, ogni personaggio ha delle caratteristiche di base sue proprie che lo spingono naturalmente verso certe tipologie di armi piuttosto che altre. Nulla vi vieta comunque di fare un po’ quello che volete: sentitevi liberi di sperimentare!
Il remake ha aggiunto una barra delle turnazioni presente nella parte alta dello schermo, che permette di tenere sempre sott’occhio l’ordine di attacco, e ci avverte anche quando un nemico è in procinto di lanciare un attacco particolarmente devastante, in modo da poterci preparare a reggere l’urto. A proposito, il gioco prevede tre livelli di difficoltà, in cui quella Hard corrisponde alla riproposizione fedele della difficoltà del gioco originale. Io ho provato la demo a Normale, e tutto è filato liscio, ma non stento a credere che la situazione possa complicarsi non poco nelle fasi più avanzate. Probabilmente i veterani del genere o i minmaxer in cerca di sfide impegnative preferiranno cimentarsi subito con la difficoltà massima… a loro rischio e pericolo!
La demo si conclude proprio nel momento in cui introduce un’altra meccanica principe del gioco, ovvero l’eredità dei poteri: la storia del gioco coinvolge infattii più generazioni di regnanti, e ad ogni passaggio di consegne ci troveremo a prendere il comando di un nuovo re di Avalon, che potrà ereditare le abilità del precedente. Ci saranno poi molte altre dinamiche legate alla conquista dei territori, alla gestione dei fondi del regno e al reclutamento di nuovi guerrieri, che potranno essere approfondite solamente nella prova finale del gioco.
Il primo impatto con Romancing Saga 2: Revenge of the Seven è decisamente positivo. Square Enix ha rifatto completamente il look al gioco pur mantenedosi fedele nelle suggestioni estetiche e nell’impianto di gioco. Tante piccole migliorie contribuiscono a proiettare un JRPG vecchio di 30 anni nell’epoca contemporanea, con la promessa di renderlo in grado di itnrattenere per decine e decine di ore. Personalmente non vedo l’ora di mettere mano alla versione finale del gioco, in arrivo il 24 ottobre su PC, PS5 e Switch.
This post was published on 19 Settembre 2024 3:30
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