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Realm of Ink | DEMO (PC) | Intrappolati in un ottimo Hades-like

Come ci si sente a non essere padroni della propria vita, della propria storia?

Legum servi sumus ut liberi esse possimus

Siamo schiavi delle leggi per poter essere liberi. Così scriveva Cicerone nell’orazione in difesa di Aulo Cluenzio Abito, lui che da grande oratore qual era, parlava di quel senso di oppressione, che magari non sempre si riesce a identificare ma che, in un modo o nell’altro, ci accompagna, senza che ci rendiamo conto di chi o cosa sia.

Cicerone identifica tale oppressione nelle leggi; un’oppressione utile, accettata, regolatrice quella delle leggi. Caso diverso potrebbe essere però, quello in cui l’oppressione alla libertà umana è posta in maniera arbitraria, fuori da qualunque logica che non sia il soddisfacimento personale di un ente sugli enti, un controllore su cui nessun altro ha controllo e a cui nessuno può ribellarsi.
Il Behemoth descritto da Carl Schmitt.

In quel caso, l’unico modo per uscirne da entità libere è la rivoluzione intesa come sovversione dell’ordine costituito. Ribaltare un dettame che non ha forza se non quella di essere stato emanato da un’entità talmente tanto al di sopra di noi, da essere intangibile, una voce che ci sussurra in un orecchio a cui non riusciamo a dare un volto, una spiegazione.

Realm of Ink, il titolo di debutto della software house Maple Leaf Studio in collaborazione con Leap Studio, parte da un assunto che è riconducibile a quel senso di prigionia e alla ricerca di un’evasione da una gabbia fatta di concetti che non hanno una vera logica, ma che sono posti arbitrariamente e che, con la prepotenza dell’arbiter che li pone, tentano di controllarci.

Tutto questo però, come si traduce in narrazione videoludica e conseguente gameplay?

Il fittizio nel fittizio

Morta? Peggio

Quando al liceo studiai per la prima volta Alessandro Manzoni e quel bel mattone che è “I Promessi Sposi”, sarò sincero, non me ne innamorai. Leggevo quelle vicende, mi figuravo quei personaggi, tentavo di vivere quello che stavano vivendo loro ma c’era qualcosa che mi frenava dall’assaporare quello che l’autore avrebbe voluto raccontarmi. Per anni cercai di capire quale fosse il problema, in cosa fossi manchevole, se stessi lesinando d’attenzione.

Poi, un giorno, l’illuminazione.
Mi trovai tra le mani un manga di Abi Umeda, Children of the Whales, che iniziai a leggere con un certo trasporto, fin quando, nel finire il primo numero e sfogliando le ultime pagine, su cui mi aspettavo di trovare un qualche tipo di annuncio, trovo invece un altro racconto, intitolato “La storia del ritrovamento di Children of the Whales”. Due pagine in cui l’autrice descrive una storia fittizia, che la vede avventurarsi in una libreria e, tra antichi manoscritti, ritrovare le pagine di un diario da cui poi lei trarrà il manga.

Provo lo stesso fastidio che avevo provato al liceo.
Finalmente capisco il problema.

Quando ci si approccia a una storia, qualunque storia, è necessario un certo grado di sospensione dell’incredulità, così da riuscire a godersi al meglio quello che viene narrato, per quanto romanzato e artificioso. Ciò che mi aveva impedito di godere de I Promessi Sposi prima e di Children of the Whales poi, era la richiesta che gli autori facevano ai lettori: un doppio grado di sospensione di quell’incredulità, un livello aggiuntivo di immaginazione.

Non dovevo solo pensare a cosa mi veniva raccontato ma dovevo anche capire che quello che leggevo era, a sua volta, frutto di un altro racconto, seppur fittizio. Un’analisi semplice in verità, ma che per anni mi ha condizionato come lettore.

Non cielo dichenoooo

Sono felice dunque, di aver giocatore Realm of Ink solo ora, solo dopo aver acquisito quella maturità che mi ha permesso di capire al meglio quale fosse il senso che l’opera voleva trasmettere.
In Realm of Ink ci troveremo a interpretare Red (nel gioco finale sarannopresenti altri due personaggi: Wang Ding e Ning Ye), una ragazza forte e determinata, accompagnata dal suo animaletto MoMo.

Non appena siamo stati buttati nella demo, come un fulmine a ciel serteno, una voce ha iniziato a parlarci. E mentre io, da dietro lo schermo del pc, mi chiedevo “ma chi è che parla?” noto che anche Red, che era però dentro lo schermo, oltre quella dimensione che dovrebbe dividere il giocatore dal giocato, si interrogava allo stesso modo.
“Chi è che parla? Perché sono qui?”.

Poco più avanti, tutto diventa chiaro.
Red, insieme a tutti i vari personaggi che potremo incontrare durante la nostra avventura, è intrappolata tra le pagine di un romanzo. Quel “reame d’inchiostro” altro non è che un libro, redatto da un non meglio identificato figuro. Una vita scritta dunque, quella di Red.
L’esperienza più vicina a un Truman Show videoludico.

L’unico modo che avremo per fuggire dal racconto e quindi dal gioco di uno scrittore-Dio, intento a controllare ogni nostro movimento, sarà tramite le “Story Relics“, pezzi di storia da vivere e completare, i vari livelli; di gameplay ne parliamo tra un attimo.

Sarebbe curioso cercare di capire in che libro ci si trovi: alcune indicazioni, permettono di ricondurre ad alcuni libri ben noti della storia umana, come i 4 grandi romanzi classici cinesi (Viaggio in Occidente, I Briganti della palude, Il Romanzo dei Tre Regni, e Il sogno della Camera Rossa), visto che tutto nel gioco, richiama la mitologia cinese: dalla spirito della Volpe (chiamata Húli Jīng  狐狸精 nei racconti mitologici cinesi) che, secondo il mito, tende a prendere sembianze di giovani e bellissime ragazze, con l’intento di succhiare via l’energia vitale agli uomini; la Scimmia, una delle grandi presenze della mitologia cinese nel mondo (Sun Wukong) che qui conosciamo, almeno per ora, come “Generale”, a riprova che ci sia una gerarchia militare che potrebbe condurci a un Re Scimmia; tanti dei vari personaggi (almeno tra quelli presenti nella demo) hanno nomi riconducibili o ai quattro romanzi sopra citati o a personaggi storici cinesi realmente esistiti.

Forse è un po’ pochino per speculare, data la durata striminzita della demo, ma siamo qui anche per questo.

Un roguelite che più Hades non si può

Un hades-like?

Cerchiamo ora di identificare il genere di Realm of Ink.
Potremmo inquadrare il titolo nel filone dei Roguelite, ovvero quei giochi che traggono ispirazione dalle meccaniche Roguelike come permadeath e randomicità di alcuni elementi, cambiandone alcuni tratti che, in un certo senso rendono meno “randomico” il mondo di gioco e offrendo nel mentre un senso di progressione attraverso la presenza di potenziamenti permanenti.

Scherzosamente potremmo identificare Realm of Ink come un Hades-like, un sotto-sotto-sottogenere del Roguelike che, come in Hades, unisce gli elementi “Rogue” a quelli dell’hack and slash, con visuale isometrica, colori accesi e vivaci e metodo di potenziamento abbastanza simile al prodotto di Supergiant games. Come in Hades tra l’altro, riprende elementi mitologici e li adatta al medium videoludico. L’obiettivo è lo stesso di quello visto in altri giochi del genere: evadere.

Nella demo provata però, non c’è stato grande spazio per la personalizzazione degli ambienti e anche le build che potevano essere create, erano abbastanza limitate ma, alcuni elementi, lasciavano presagire che le somiglianze tra i due giochi, non si fermavano alla semplice apparenza.

La demo che gentilmente ci è stata concessa, aveva un tempo di completamento che si aggirava tra i 30 e i 45 minuti. Si trattava di un tutorial e dell’intero primo livello, fino al primo boss. Durante questo prima run però (che ci siamo premurati di rigiocare tante, tante volte così da provare ogni combinazione che la demo mettesse a disposizione) abbiamo potuto raccogliere un buon numero di informazioni utili su quello che sarà il gameplay.

Armi

Alleniamoci!

Nel titolo, esattamente come succede in Hades per esempio, prima di iniziare una run sarà possibile selezionare l’arma che preferiamo. Ogni arma è dotata di un attacco leggero e di un attacco pesante che potranno essere utilizzati in totale autonomia o in maniera combinata, dando vita a combo uniche. Al momento della demo, nel titolo erano presenti tre armi (nel titolo finale saranno nove):

  • Scarlet Sword: uno spadone dalla lama scarlatta, in grado di tirare ampi fendenti seppur non velocissimi. L’attacco pesante consiste in un fendente caricato che colpisce a 360°;
  • Shadow Twin Blades: due lame corte, più veloci dello spadone, in grado di travolgere i nemici in un vortice di colpi. L’attacco pensate consiste nel lancio di un’elica formata dalle due lame. Una volta lanciata l’elica, potremo continuare a sferrare attacchi leggeri, dando vita alla combo “blade Dance”;
  • Azure Aura Blade: si tratta dell’unica arma a distanza presente nella demo. Sono delle spade di luce, che fendono il terreno in verticale. Con l’attacco pesante, verrà lanciato un fendente in orizzontale.

Prima di iniziare ogni run, sarà possibile provare le varie armi e le loro combinazioni su un volpe meccanica che fungerà da manichino, un ottimo modo per rendersi conto di quale potrebbe essere lo stile di combattimento più adatto alle proprie esigenze.

Ink Gem

Con tanto di riassunto a fine livello

Il nostro personaggio ha due slot abilità (probabilmente espandibili nel gioco finale). A ognuno di questi, può essere assegnata un’abilità detta “Ink Gem” (nome che lascia presagire che si tratti di castoni fatti “d’inchiostro” e quindi derivanti da una scrittura, siamo veramente liberi allora? Basta speculare).

Le abilità assegnate a ogni slot, saranno abilità attive, molto potenti ma che avranno ovviamente un cooldown d’utilizzo. Ogni abilità corrisponderà a un elemento diverso: fuoco, terra, acqua, vento, fulmine e sicuramente ne starò dimenticando qualcuno.

La particolarità delle Ink Gem è che, oltre a conferire queste abilità attive, danno una serie di bonus passivi. Le gemme sono poteniziabili, da un NPC che troveremo durante le run e, potenziandole, non solo aumenterà il danno dell’utilizzo attivo ma aumenteranno anche i bonus passivi.

Come detto, si possono equipaggiare solo fino a due Ink Gem in contemporanea. Queste possono essere ovviamente cambiate nel corso della run, così da creare delle build funzionali, dando vita alle giuste sinergie. Se per esempio si prende un’abilità che fa un DOT, si potrebbe pensare di prendre una seconda abilità che passivamente aumenta il danno dei DOT. Le combinanzioni sono tante e varie, sarà sicuramente richiesto il giusto grado di approfondimento quando avremo il gioco finale.

Se doveste trovare delle Ink Gem che non vi servono, potrete sempre scomporle, acquisendo una valuta speciale, che vi servirà proprio per potenziare le gemme equipaggiate.

Vi saranno poi elisir, cibi e altri potenziamenti passivi, che vi daranno accesso alle solite cose: più danno, più vita, maggior percentuale di critico ecc.

La Stele dei Talenti

Restando un attimo in tema potenziamenti, è d’obbligo segnalare che nella demo era presente una “Stele dei Talenti“, a cui però non potevamo avere accesso. Era però possibile sbirciare i nomi di questi talenti, che lasciavano presagire un funzionamento per cui, una volta sbloccati, potremo portarceli dietro per tutta l’avventura. Grazie ai nomi, di alcuni si può già intuire il funzionamento: “Quick Revival” potrebbe servire a recuperare un certo quantitativo di vita; “Phoenix Rebirth” potrebbe donare una seconda vita.

I talenti sulla stele sono 12; non sappiamo se ne verranno aggiunti altri ma sappiamo che, sotto pagamento di una speciale valuta, i punti dedicati ai talenti potranno essere riassegnati. Si preannuncia un interessante modo per cambiare build in corsa.

Inoltre, con un aggiornamento uscito proprio a ridosso della pubblicazione di questo articolo, sono stati aggiunti dei buff a tempo, ottenibili da alcuni NPC durante le run.

Ink Pet

MOMO

Nella prima parte di quest’articolo, ho accennato a MoMo, il nostro tenerissimo companion che, però, ha un segreto.
Ogni volta che equipaggeremo delle Ink Gem, MoMo muterà in base alle gemme equipaggiate. Il mix dei vari elementi darà vita, ogni volta, a un MoMo diverso, che potrebbe essere la combinazione di acqua e fuoco, di terra e fulmine e così via. Il goco promette più di 15 forme disponibili per il nostro adorabile MoMo.

A ogni forma ovviamente, corrispondono attacchi in linea con i castoni equipaggiati, che daranno una mano non da poco durante i combattimenti, soprattutto nelle stanze più affollate.

La Cina risplende

Si parte

Il 2024 si presenta come l’anno in cui la mitologia cinese, potrebbe venire affrontata e approfondita a dovere, grazie a titoli che da questa traggono ispirazione. Realm of Ink e Black Myth: Wukong permetteranno di conoscere nuovi mondo narrativi, a chi mai avrebbe pensato di andare oltre le suggestioni contenute in Dragonball o in Saiyouki.

Per rendere accattivante il viaggio all’interno di questa mitologia, i creatori di Realm of Ink hanno voluto creare un mondo di gioco estremamente colorato e giocoso, nonostante spesso le tematiche siano tutt’alrto che allegre.
Tanti colori accesi, tante esplosioni, tanti particellari in grado di regalare una sensazione d’appagamento visivo non da poco, che aiuta a rendere anche il gameplay meno frustrante possibile, grazie ai classici elementi che permettono di capire le direzioni degli attacchi, le aree d’influenza e quant’altro. Il tutto, senza che per un attimo l’occhio si appesantisca.

Il design di molti dei personaggi preenti nella demo, non ha particolarmente brillato, ricordando quelle produzioni anime stagionali che non riescono a lasciare il segno ma, alcuni guizzi sparsi qui e la, lasciano ben sperare.

Come detto, si tratta di una demo, dunque a livello tecnico c’è ancora qualcosa da rifinire. Siamo incappati in diversi bug oltre che in problemi di prestazioni, che tendevano a far crollare gli FPS durante sequenze più concitate. Abbiamo però notato come gli sviluppatori fossero attenti e quanto tenessero in considerazione le varie segnalazioni.

Ci è stato infatti possibile notare piacevoli differenze, migliorie e correzioni già tra la build agiuntaci in prima battuta e quella che ci siamo trovati a giocare a ridosso della pubblicazione di quest’articolo. Siamo quindi estremamente speranzosi.

Un passo alla volta

Due parole sulla difficoltà.
Sarebbe affrettato parlare ora della difficoltà e del bilanciamento del titolo. Già soltanto nella settimana in cui abbiamo avuto accesso alla demo, i vari aggiornamenti ribilanciavano le abilità, i danni, gli attacchi dei boss e quant’altro, con una frequenza tale da dare la sensazione di vivere sempre esperienze di gioco leggermente diverse dalla volta prima. Ci sentiamo però di dire che, se si è veterani di titoli del genere, non si dovrebbero avere grossi problemi d’accessibilità con Realm of Ink, visti tutti i potenziamenti ottenibili e la presenza di un companion molto potente.

Conclusioni

Il primo approccio a Realm of Ink è stato incredibilmente positivo. Si tratta di un lavoro che ha tanto da trasmettere, con un ottimo comparto grafico e dall’ottima direzione artistica. Per chi è amante della mitologia cinese o ha intenzione di giocare qualcosa tematicamente vicino, il titolo è estremamente consigliato. Come gameplay non è parso nulla di troppo originale, sebbene tutto quello che fa, lo fa egregiamente. Apprezzabile anche l’espediente narrativo del racconto-nel-racconto. Non vediamo l’ora di mettere le mani sul lavoro finito, così da raccontarvi nel dettaglio tutto quello che il titolo è in grado di trasmettere ma se queste sono le premesse, siamo sicuri che gli appassionati potranno trovarsi più un semplice passatempo tra le mani, in attesa di Hades II.

This post was published on 19 Gennaio 2024 15:00

Pietro Falzone

Redattore Appassionato di videogiochi sin dal sempre più lontano 2002, quando per festeggiare i 5 anni ricevette una copia di Crash Bandicoot per la prima PlayStation. Il richiamo dell'avventura digitale lo fece innamorare di un mondo fatto di pixel, più o meno definiti. E l'amore non si è mai fermato. Inizia così a tastare tutti gli aspetti del mondo videoludico. Tra le sue più grandi passioni, si piazzano in ordine gli MMORPG (con sempre meno per giocarli, purtroppo), gli sparatutto in prima persona e, doprattutto, giochi di ruolo single player. Così si spiegano le più di mille ore, spalmate sui vari titoli From Software, da Demon's Souls in poi. Dalla fine delle medie, scopre una nuova passione: la scrittura. E come se non bastasse, scopre che nel mondo c'è chi scrive riguardo ai videogiochi, come se fosse un lavoro vero. Cosa fare di due passioni del genere dunque? Inizia così la ricerca disperata del giusto vascello, che riuscisse a convogliare voglia di fare, idee e tempo. Dopo un periodo passato a peregrinare, tra siti e sitarelli, approda su Player.it dove trova una casa in cui convogliare idee e spunti, al fianco di un team solido e costruttivo.

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