Alla Milan Games Week & Comics abbiamo messo le mani sul prequel della celebre serie punta e clicca, chiacchierando con gli sviluppatori. Ecco le nostre impressioni!
Una delle principali raison d’etre della Milan Games Week & Comics è l’esistenza dell’indie dungeon, spazio riservato all’esposizione di giochi in sviluppo da parte di team italiani di recente (o in via di) costituzione, spesso alle prese con la loro opera prima, che si cimentano con la presentazione delle proprie creazioni a pubblico e stampa. Il nostro Alessandro Colantonio sta scrivendo un approfondimento dedicato proprio all’esposizione di quest’anno, in cui vi presenterà i titoli più interessanti.
In questa cornice ho avuto l’opportunità di incontrare i ragazzi di Smallthing Studios, che rappresentano un’eccezione in questo panorama di esordienti: si tratta infatti di un developer con già qualche anno sulle spalle (è stato fondato nel 2019) e altri due giochi in sviluppo e annunciati da tempo (che per la verità ci chiediamo dove siano finiti) ovvero lo shoot’em up vertical scroller 1949 Endwar e l’avventura story-driven Where the River Dies. Inoltre lo studio è stato fondato da un paio di veterani dello sviluppo videoludico italiano, ovvero Massimiliano Calamai (ex Simulmondo) e Stefano Campodall’Orto (ex Artematica).
L’amore per le avventure grafiche degli anni Novanta ha spinto lo studio a sviluppare un’idea originale per ridare lustro ad una celebre IP di Adventure Soft che ha fatto la storia dei punta-e-clicca: Simon The Sorcerer. L’idea di un prequel è piaciuta subito ai creatori originali e questa collaborazione ha portato ad un accordo di cessione della licenza da parte di Adventure Soft Publishing nonché di pubblicazione da parte di Leonardo Interactive, lasciando massima libertà creativa a Smallthing Studios per quanto riguarda la realizzazione.
Ho provato la breve demo disponibile in fiera chiacchierando con il Narrative Designer Fabrizio Rizzo e la Art Director Giuli Valentini, oltre allo stesso Calamai, Game Director del gioco.
Ripescare un punta e clicca famoso, ma vecchio di 30 anni (il primo titolo della serie uscì esattamente nel 1993), rischiava di attirare solo un pubblico di vecchi nostalgici. Da qui l’idea del team di optare per un prequel, che offrisse un nuovo punto di partenza per un pubblico giovane che non conosce la serie, pur mantenendo il legame con i fan della vecchia guardia, cui viene offerta una storia originale ambientata poche settimane prima dell’inizio delle vicende del primo gioco.
In questo modo Smallthing Studios si è assicurata una platea più ampia possibile, ovviamente circoscritta agli appassionati di avventure grafiche: dal breve provato che mi è stato possibile testare, infatti, Simon The Sorcerer Origins ricalca tutte le dinamiche classiche dei punta e clicca degli anni Novanta, pur con dovuti accorgimenti moderni.
La porzione di gioco che ho provato è l’incipit dell’avventura, che vede Simon e la madre prendere possesso della nuova casa in cui si sono appena trasferiti (sulla stessa demo è stata effettuata una prova da parte del nostro Simone Segatori alla Gamescom, potete leggere qui le sue impressioni). Scopo di questa primissima porzione di gioco è trovare il modo di aprire la porta della cameretta di Simon, di cui la chiave sembra essere smarrita.
Come detto, si è trattato di un provato estremamente breve: a conti fatti ho navigato per una manciata di schermate, preso confidenza con il sistema di controllo e risolto alcuni enigmi introduttivi. Il tutto si è tradotto meno di una ventina di minuti di gameplay, che si è concluso con l’immancabile apertura della soglia che ha catapultato uno sconvolto Simon all’interno del mondo magico.
La classicità del sistema è assicurata da un impianto di gioco che ricalca quelle delle classiche avventure grafiche bidimensionali: navighiamo le mappe cliccando con il mouse il punto dove vogliamo dirigere il personaggio, interagiamo con l’ambiente esaminando, raccogliendo o manipolando oggetti, ed esercitiamo un misto di deduzione e pensiero laterale per venire a capo di alcuni enigmi logici o ambientali.
Al tempo stesso vi sono elementi di rottura rispetto al capostipite della serie: il set di comandi a schermo è sparito, sostituito da un cursore adattivo che, posto sopra un oggetto interagibile, mostra l’azione che è possibile intraprendere con esso; si tratta di una soluzione senza dubbio elegante e livello di pulizia visiva, che consente una visualizzazione a tutto schermo dell’ambiente di gioco e limita l’HUD al solo inventario e pochi altri elementi di configurazione.
D’altra parte, agli occhi di un veterano potrebbe apparire come una eccessiva semplificazione, poiché riduce ad una singola azione le possibilità di interazione (sebbene ciò sia per molti versi un problema solo apparente, poiché nelle vecchie avventure grafiche la maggior parte degli elementi erano compatibili solo con una manciata di azioni, rendendo spesso ridondanti comandi come “Apri” “Chiudi”, “Tira” e “Spingi”, per esempio). Questa stilizzazione dell’interazione è però compensata da un maggiore dinamismo, che porterà alcuni elementi della schermata a “cambiare stato” a seguito delle nostre azioni, modificando anche il modo in cui potremo interagire con essi.
Per fare un esempio concreto, mi sono ritrovato nella cucina della casa ad osservare delle calamite applicate al frigorifero, troppo in alto affinché Simon potesse raggiungerle. In quel momento l’unica azione possibile nei confronti delle calamite era quella di osservarle da lontano. Compiuta una serie di azioni, tuttavia, ho potuto avvicinarmi, e spostando nuovamente sopra di essere l’azione è cambiata, rendendo possibile raccoglierne una. Questa dinamica fa sì che sarà probabilmente necessario tornare spesso sui propri passi, o comunque riesaminare più volte gli stessi elementi, per verificare eventuali cambiamenti nelle dinamiche di interazione con gli oggetti a seguito dei nostri comportamenti in game. Inoltre anche osservare più volte gli stessi elementi dello scenario potrebbe portare Simon a cogliere particolari aggiuntivi, premiando la curiosità del giocatore.
La breve demo non mi permette giudizi particolarmente articolati sul gioco, di cui ho visto decisamente troppo poco per farmi un’idea: sicuramente la prima impressione è decisamente positiva, i pochi enigmi provati sono stati proposti con arguzia e le battute di Simon a corredo delle sue azioni/osservazioni rispettano appieno il carattere esuberante del personaggio. Lo stile grafico rinnovato ( ve ne parlo più sotto) è gradevole e non fa rimpiangere la pixel art del passato. La demo provata non includeva il doppiaggio, che sarà invece presente nella release finale in italiano e in inglese: quest’ultima avrà una sorpresa che, a detta degli sviluppatori, manderà in delirio i fan storici della serie!
Durante e dopo la prova ho chiacchierato con il team, cercando di capire quanto il prodotto sia rispettoso della tradizione e come, d’altro canto, si stiano distanziando dal canone per offrire la loro visione originale sul gioco. Scherzosamente, Calamai ha rivelato che per forma mentis preferisce lavorare dietro le quinte e, fosse stato per lui, non avrebbe svelato nulla del gioco fino al giorno del lancio! Ma ogni tanto bisogna pur misurarsi col pubblico e la stampa, dunque eccoci qua.
Approfondendo l’argomento della navigabilità e del sistema di controllo, il team ha chiarito che l’avventura sarà giocabile sia tramite mouse e tastiera sia tramite pad. In questo secondo caso, si potrà decidere se deputare lo stick al ruolo di controllo del puntatore, o se preferire una selezione diretta, scorrendo quindi in sequenza gli elemini interagibili dello scenario senza una navigazione libera. Una scelta sicuramente più agevole da effettuare per chi utilizza un controller, posto che un’avventura grafica è generalmente più piacevole da vivere tramite la combo classica mouse + tastiera. Ci sarà anche ampia possibilità di personalizzazione dell’interfaccia, ad esempio in termini di dimensione dei caratteri ed ombreggiatura dei sottotitoli.
A livello di grado di sfida, i programmatori si sono concentrati nell’offrire sempre uno stimolo al giocatore, sfidandolo a risolvere enigmi di difficoltà variabile, cercando di bilanciare il tutto per evitare eccessive frustrazioni. Ecco perché, malgrado alcune situazioni richiedano una certa dose di pensiero laterale per essere risolte, la costruzione dei rompicapi di gioco promettono di avere sempre soluzioni logiche e razionali. Di conseguenza si è deciso di adottare un unico livello di difficoltà e di non includere un diario degli indizi, in controtendenza rispetto alle logiche contemporanee che tentano di rendere la sfida scalabile per adattarsi a vari tipi di pubblico. In alcuni casi particolari potrebbe addirittura essere una buona idea prendere qualche nota con carta e penna (a meno che non si abbia ottima memoria).
Va da sé che una platea meno esperta potrà incontrare più difficoltà rispetto ad una veterana: a seconda dell’abilità del giocatore il team si aspetta che l’avventura possa essere completata in un arco temporale compreso tra le 8 e le 10 ore. Lo studio spera anche che, non avendo facilitazioni o aiuti in-game, i giocatori riscoprano il piacere di discutere con gli amici ed altri utenti per pervenire alle soluzioni, recuperando quella dimensione sociale delle avventure grafiche che storicamente erano parte integrante del divertimento.
Ho insistito nel chiedere se la scelta della difficoltà unica non rischi di minare la rigiocabilità del titolo. Il team ha risposto di puntare in primo luogo sull’efficacia della storia e la sua forza espressiva e narrativa, per far sì che rimanga nella memoria di chi la vive come una bella esperienza da ricordare. Come chicche aggiuntive, inoltre, il gioco includerà alcuni piccoli elementi nascosti qua e là nonché un sistema di trofei che saranno ottenibili compiendo azioni non strettamente legate allo svolgersi degli eventi. Il team non si è sbottonato troppo da questo di vista, limitandosi a ritenere molto improbabile che un giocatore, per quanto skillato, possa platinare il gioco in una sola run.
Visivamente parlando salta subito all’occhio una grande differenza rispetto all’originale, ovvero l’estetica del gioco: abbandonata la pixel art del capostipite, Simon The Sorcerer Origins adotta uno stile hand drawn che gli conferisce personalità e al tempo stesso omaggia un altro caposaldo degli anni Novanta, ovvero l’animazione bidimensionale e i cartoni animati.
Si tratta di una scelta che è stata condivisa fin da subito tra Lead Artist e Game Director, e che personalmente mi ha comunicato delle vibrazioni assolutamente positive. La palette sgargiante dei colori non fa rimpiangere il vecchio standard 256-VGA. Una grande fonte di ispirazione è stata la serie Disney di Rapunzel, posto che a livello tematico e di dialoghi non si tratta di un prodotto pensato per i bambini, sia a livello di linguaggio adottato sia per le tematiche affrontate ed il comportamento dello stesso protagonista, simpaticamente definito dagli sviluppatori come un “caotico neutrale”.
Narrativamente parlando, le ispirazioni principali per la sceneggiatura sono stati, a parte ovviamente i punti saldi sviluppati dalla serie, i grandi film di avventure fantastiche degli anni Ottanta-Novanta, tra cui ad esempio Small Soldiers e I Goonies, aventi per protagonisti dei ragazzini spigliati e dal temperamento un po’ ribelle, che con intelligenza, furbizia e fortuna riescono a venire a capo delle situazioni più improbabili. La tematica centrale della narrazione, i cui dettagli sono stati sorvolati per evitare spoiler, è lo sviluppo delle abilità personali e l’autoaffermazione che consentono ad un individuo di maturare e far fronte alle difficoltà che la vita inevitabilmente ci pone di fronte.
Questo ha permesso di sviluppare il personaggio di Simon permettendo di arricchire il personaggio di strati di carattere e personalità inediti anche rispetto ai giochi preesistenti. Molta cura è stata anche riposta nella caratterizzazione del villain, che risulta essere il personaggio preferito da molti degli sviluppatori stessi, i quali lo descrivono come un Millennial adulto e disilluso con il quale molti giocatori suoi coevi probabilmente entreranno in empatia. Questo conflitto sarà incorniciato da una narrativa da avventura umoristica che si inserisce appieno nel mood dei punta e clicca anni Novanta, condito anche da gustosi elementi slapstick.
Dopo due anni e mezzo di lavoro e con un team complessivo di 80 persone coinvolte, lo sviluppo del titolo è giunto alle sue fasi finali: attualmente è in corso la registrazione dei dialoghi, e il polishing generale. Non esiste ancora una data di uscita ufficiale, in ogni caso Simon The Sorcerer Origins sarà lanciato nel corso del 2024.
This post was published on 29 Novembre 2023 15:30
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