Cosa c’è dopo la vita terrena?
Una domanda del genere, tanto apparentemente retorica, ha forse rappresentano nei secoli, la fiamma che ha sospinto dal basso, lo studio dei più importanti pensatori e filosofi, che si sono arrovellati su qualcosa di tanto intangibile quanto eternamente presente come la morte. Proprio riguardo a questa intangibilità che la rende però, eterna presenza, già lo storico greco Diogene Laerzio, riportava le parole di Epicuro:
Quando ci siamo noi, la morte non c’è; e quando c’è la morte noi non ci siamo
Alcuni pensatori, chiaramente restii dall’abbracciare l’ontologia platonica e parmenidea, hanno anche discusso su come fosse sbagliato anche solo considerare la morte come un evento della vita. Un esempio su tutti è Wittgenstein, che parla de facto, della morte come non-vita:
La morte non è un evento della vita: non si vive la morte
E riceve l’eco di Sartre, secondo cui:
La morte è un puro fatto, come la nascita; essa viene a noi dall’esterno e ci trasforma in esteriorità
Ogni dichiarazione su vita e morte però, non può esser considerata come una sentenza senza contesto, ma come un’estrinsecazione di un pensare comune o singolo, sviluppato dalla vita in un ambiente piuttosto che in un altro. Gli Idola baconiani non ci insegnano altro (piccolo approfondimento sugli Idola). E allora, prima di proseguire, una piccola digressione contestuale.
Le varie dottrine filosofiche sulla vita e sulla morte, hanno sempre subito l’influenza dei pensieri religiosi, che in certi periodi, rappresentavano vere e proprie forze politiche. Nel momento in cui una religione dominava un’area, instillandosi come pensiero unico, ecco che le analisi iniziavano necessariamente a vertere in una sola direzione.
Ma da quelle che sono state niente più niente meno che sanguinose imposizioni di pensiero, è giusto prendere tutto ciò che di buono si può. E proprio riguardo a vita e morte, al pensiero Cattolico Cristiano, si deve uno dei concetti più interessanti che, come spesso accadeva in epoca antica, altro non era che una decostruzione con conseguente ricostruzione, di pensieri preesistenti, allineati a una nuova morale, a dei nuovi costumi.
E dunque il Tartaro e l’Ade greci diventano pagani e cedono il passo all’Inferno; l’Olimpo segue, diventando non la casa degli Dei ma dell’unico Dio, che uno e trino, è attorniato dagli angeli e da tutti i santi, in quello che conosciamo come Paradiso, che è un po’ l’unione di Olimpo ed Eliseo. Se è però vero, che la mitologia greca era concettualmente un “tertium non datur” in fatto di aldilà, così non è stata quella Cristiana.
Nasce il concetto di Limbo.
Ma cos’è il Limbo e perché è così importante nella nostra analisi? Difficile dare al concetto una collocazione temporale ma storici e teologi gli attribuiscono un’origine tomistica legata alla scuola di San Tommaso D’Aquino.
Tommaso, filosofo e teologo, in uno dei suoi scritti sul posizionamento fisico dei luoghi dell’aldilà, scriveva:
Si consideretur quantum ad situm loci, sic probabile est quod idem locus, vel quasi continuus, sit infernus et limbus
Che, traducendo, diventa un’indicazione sommaria che considererebbe il Limbo come un luogo in perfetta continuità con l’Inferno. Il Limbo è quindi, un’eterna sala d’attesa, diversa dal Purgatorio da cui è possibile evadere. Il Limbo è immobilità, staticità.
Non è nemmeno corretto parlare di “eternità”, dato che è un luogo in cui pare che il concetto di tempo nemmeno esista, che non passi mai.
Qualche giorno fa, a Londra, ho avuto la possibilità di partecipare all’anteprima riservata alla stampa, del nuovo titolo di Hexworks, Lords Of The Fallen. E come un involontario avventore del Limbo, mi sono ritrovato in una situazione in cui pareva che il tempo si fosse fermato. Dal 2014, pareva non essere passato un attimo.
Da sempre noto come la filosofia di una software house, si rifletta sulle sue produzioni. E se Lords Of The Fallen è un titolo che punta alla rinascita di un brand, è impossibile non notare quanto restare ingabbiati in un Limbo, sia dentro che fuori il gioco, porti a porsi delle domande sul progetto.
Questo è il mio racconto del bellissimo viaggio a Londra, all’anteprima europea di Lords Of The Fallen, titolo sviluppato da HexWorks e pubblicato da CI Games.
Parlare di un titolo che si attende con una certa impazienza, non è mai facile. Si corre il rischio di gonfiare le proprie aspettative, ritrovandosi a dover affrontare la cocente delusione che solo un’attesa apparentemente infinita, regala. Quando sei tra i primi poi, a poter provare un determinato titolo, dopo che in tanti ne parlano attorno a te, all’aspettativa si accosta la responsabilità.
Oggi, alla mia aspettativa, è sopraggiunta quella responsabilità.
Qualche giorno fa, siamo stati invitati da CI Games a un’anteprima riservata alla stampa, in cui insieme a un gruppo decisamente minuto di giornalisti da varie parti d’Europa, abbiamo avuto il piacere di provare con mano il nuovo lavoro di Hexworks: Lords Of The Fallen.
Prima di parlare del titolo in sé però, un piccolo angolo di storia.
No, non ricordate male, esisteva già un gioco con lo stesso titolo.
Lords Of The Fallen infatti, è un titolo del 2014, pubblicato sempre da CI Games ma sviluppato da Deck13 (che quest’anno abbiamo potuto vedere all’opera su Atlas Fallen); al netto di un gioco che non ha brillato sotto quasi nessun aspetto, LOTF (2014) è stato indubbiamente importante per l’industria videoludica.
Si tratta infatti del primo titolo di rilievo, ad aver cercato di seguire la linea tracciata da Dark Souls, diventando de facto il primo Souls-like con una volontà ben precisa. Certo, il suo ingresso sul mercato non fu proprio dei migliori, dato che si trovò come diretto competitor Dark Souls II, uscito lo stesso anno. Tuttavia, riuscì a far parlare di sé abbastanza, tanto da diventare comunque l’unico punto di riferimento storico a fare da apripista al marasma di Souls-like che da pochi anni a quella parte, avrebbero invaso le librerie videoludiche di ogni appassionato.
Alla luce di ciò, questo nuovo Lords Of The Fallen, cos’è?
Una prima risposta, ci è stata data direttamente dagli sviluppatori, con cui abbiamo potuto fare una breve ma proficua chiacchierata. In alcune dichiarazioni precedenti, il titolo era stato definito “both a sequel and a reboot”, una definizione che destava non poche domande.
Gli sviluppatori, interrogati a riguardo, hanno riferito che chiamarlo Lords Of The Fallen, era “la scelta giusta, per una serie di ragioni”:
Prima di tutto è un sequel, perché riprende gli eventi del primo gioco, anche se circa 1000 anni dopo. Alcune cose sono diventate leggende, alcuni personaggi ricompaiono. D’altra parte però, è anche un reboot perché modernizza tutto, dal gameplay alla creazione del personaggio.
E qui la domanda sorge spontanea: perché non chiamarlo “Lords Of The Fallen 2”?
Chiamarlo Lords Of The Fallen 2, avrebbe portato molti a pensare che se non hai giocato il primo, non puoi giocare il secondo. Ma visto che oltre a essere un sequel, è pure un reboot e molte cose sono cambiate, non hai bisogno di giocare il primo per goderti il secondo. Magari se l’hai giocato, cogli qualcosa di familiare, qualche riferimento. Prendi “God Of War (2018)”. Continua le vicende dei precedenti giochi, ma è anche un reboot della saga e infatti l’hanno chiamato soltanto “God Of War”.
Anche alla luce di quanto riferitomi in fase d’intervista (avvenuta quando ancora la prova del titolo non era entrata nel vivo), le aspettative che portavo da fuori Londra, erano lievitate. Pensavo davvero che questo Lords Of The Fallen volesse essere qualcosa di diverso, che avesse un’anima che mai si era vista prima.
Ma è andata così?
Quando ripenso al primo Lords Of The Fallen, quello del 2014, penso a un gioco con tanti difetti e che, nonostante una buona resa grafica, aveva problemi sia lato prestazioni col frame rate che dava non poche rogne, sia lato gameplay con tante mancanze in fatto di hitbox, collisioni e feedback. Però, ripensando a quel gioco, mi viene in mente un titolo con un’anima estremamente presente.
Quel titolo, nel 2014, forse proprio perché non aveva tanto materiale a cui ispirarsi, dato che di Souls ne erano usciti al massimo un paio, aveva una forte identità propria. Era meno arcade dei titoli From, più pesante nei movimenti, più fisico e lento; la gestione delle magie era diversa, come le ricompense e i vari sistemi per ottenerne di più prestigiose.
Trovandomi di fronte al nuovo Lords Of The Fallen, ho avuto una strana sensazione.
Mi sentivo di star giocando un titolo che cercava di essere un Souls. Non un titolo che si ispirava a quel mondo videoludico, ma che cercava in tutto e per tutto di essere quella cosa lì.
Sinceramente un po’ sono rimasto deluso.
Perché da Lords Of The Fallen, mi aspetto tanto di diverso rispetto a un Souls e lo faccio per ragioni ben precise. Gli sviluppatori stessi, in fase di promozione del titolo, hanno preso delle scelte che miravano a segnare una distinzione netta tra i mondi From e il mondo di HexWorks.
Con loro per esempio, ho discusso della scelta di “Fear Of The Dark” degli Iron Maiden, utilizzata come canzone per il trailer di presentazione del titolo:
Siamo tutti sviluppatori occidentali e abbiamo riempito questo nostro fantasy con elementi occidentali. Siamo anche dei metallari, figli degli anni ’80 e ’90. Volevamo un’impronta diversa e all’inizio, non era deciso che andasse così, era solo una delle possibilità, che poi divenne un pensiero che poi divenne un’idea, che crebbe e divenne un albero da cui si sviluppò un’ombra. Inoltre gli Iron Maiden ci hanno dato la loro benedizione e abbiamo preso ciò come una validazione, era la cosa giusta da fare. Leggendo poi le parole di Fear of The Dark, sembra quasi che di vedere degli spoiler di Umbral (ne parliamo tra poco di cosa sia Umbral – Ndr). Dall’esterno poi, è ovvio che venga vista come una manovra di marketing.
Provando il titolo però, si ha quella fastidiosa sensazione di giocare un titolo già giocato, che ha poco da aggiungere al dialogo videoludico nonostante sia palese il tentativo; diversi sono gli elementi macroscopici che cercano di imitare l’esperienza From senza poi essere realmente tale.
Moveset delle armi identici, moveset dei boss potenzialmente derivativi da creature di vari giochi From (tra quelli affrontati, due ricordavano estremamente due boss di Elden Ring), level design emulato ma che scala male all’aumentare delle dimensioni dei livelli etc. Se parlo di “paura del diverso” dunque, l’accezione vuole essere quella per cui un prodotto che mira a essere l’alternativa, che vede germogliare idee che diventano alberi che proiettano ombre, si ritrova a vivere sotto un’ombra proiettata da qualche altro albero. E viene quasi spontaneo chiedersi, dove sia finito quel germoglio.
La cosa che durante l’anteprima ha maggiormente attirato l’attenzione è stato il worldbuilding del mondo di Lords of the Fallen, con tanto di contorno narrativo davvero interessante.
A circa 1000 anni da quando il Dio Demone Adyr è stato sconfitto, il male riprende a proliferare; la venuta dello stesso si realizza quindi come una profezia che ha atteso un millennio per arrivare a compimento. Con le hallowed sentinels distrutte (il primo corpo di difesa dell’umanità), tutte le speranze sono riposte nella chiesa di Orius e nei discepoli dello stesso. Sarà proprio la chiesa a permettere al nostro protagonista di ottenere le capacità adeguate per sconfiggere il male, complice anche un potente artefatto magico dalla forma di lanterna.
Questa ha una capacità molto specifica: farci vivere a cavallo tra due mondi chiamati Umbral e Axiom; altro mondo e mondo dei vivi, luoghi terribile dove sopravvivere e luogo dove sopravvivere è un po’ più semplice. Accedere a Umbral, tra le altre cose, implica due possibili scelte: l’esecuzione dell’umbral rift o la più comune (e semplice) morte. Mutuando quindi la meccanica della rinascita da Sekiro, quel “die twice” si concretizza non in una semplice rinascita sul posto, ma in un cambio di dimensione, in cui ci verrà data una seconda possibilità.
Di fatto dunque Umbral è più limbo che inferno, una specie di incavo dimensionale da cui avremo 2 modi per uscire: sfruttare una vestige (leggasi checkpoint/falò) o, di nuovo, la morte, stavolta vera e definitiva. In pieno stile souls anche qui esistono le corpse run, ovvero il possibile recupero delle risorse perse con la dipartita.
L’esistenza a cavallo tra i 2 mondi è chiaramente uno dei punti di forza del titolo, specie dal punto di vista estetico; ci sono comunque delle precisazioni da fare al riguardo.
La prima è che tale meccanica viene proposta come un sistema per rendere più accessibile l’esperienza: Axiom è dedicata ai videogiocatori più tranquilli, Umbral offre premi migliori ed è dedicata a chi vuole l’esperienza Hardcore; in parte si segue il modello delle tendenze di Demon’s Souls.
Il problema è che, definire tale scelta come opzione di “accessibilità” è filologicamente un errore. Il giocatore non ha modo di cambiare in maniera completamente autonoma il mondo in cui si trova e anzi, a volte è necessario cambiare per affrontare enigmi ambientali e avanzare nei livelli; il level design, quindi, suggerisce più un percorso obbligato che “la doppia possibilità” di proseguire nei livelli.
Con un pizzico di rammarico, l’aumento della difficoltà in Umbral, si concretizza perlopiù con un aumento dei nemici presenti. Si tratta per la maggior parte, di mob base, da uccidere distrattamente con un colpo, cosa che tende a renderli più un fastidio che altro.
Sarebbe stato sicuramente più efficace vedere la difficoltà aumentare in maniera organica, magari attraverso un malus alla stamina o magari con la presenza di mob esclusivi e più impegnativi, a mò di mini boss; magari sarebbe stato più interessante vedere una serie di creature eliminabili attraverso l’utilizzo delle meccaniche di parry e/o soul flay. In generale Umbral sarebbe stato il luogo perfetto per testare la reale conoscenza delle meccaniche di gioco, senza lasciare al giocatore la possibilità di mashare randomicamente R1 e risolvere tutti i problemi.
E ancora, ripeto che la prova è stata di sole 2 ore e 30 circa, poche per giudicare in toto una meccanica che le sorprese può regalarle e che anzi, secondo gli sviluppatori è il vero punto forte del titolo. Ma tra quello che ci è stato prima detto e ciò che ci è stato poi mostrato, il divario era presente. Non metto in dubbio che le intenzioni degli sviluppatori fossero quelle palesate nelle dichiarazioni, ma il risultato pad alla mano, dà l’idea di una meccanica estremamente ambiziosa che hanno comunque cercato di integrare.
Il risultato finale non è nemmeno troppo male, sia chiaro; la resa estetica parzialmente ripaga l’utilizzo di questa meccanica ma la cosa non ci ha soddisfatto del tutto.
La curiosità per questo titolo era ed è tanta e, inevitabilmente, ad aumentarla sono stati i magnifici trailer proposti, sia lato narrativo sia lato gameplay. Purtroppo fin dal trailer del gameplay c’era qualcosa che non convincenva e questo era proprio il feedback dei colpi.
Un gioco come Lords Of The Fallen, un action RPG basato sulla fisicità dei combattimenti (e teoricamente anche sulla magia, ma durante la prova non abbiamo avuto possibilità di impiegarla per i nostri scopi) deve fare bene alcune cose. Una di queste, è far percepire bene i colpi ai giocatori, fargli sentire la potenza del colpo che si ripercuote sul pad.
E dai trailer, traspariva quella brutta sensazione di quando i colpi sembrano soltanto lisciare gli avversari, come se chi combatte non abbia corpi fisici che possano fisicamente percepire l’urto di un martello o il taglio di una spada.
Sono stato quindi molto felice, quando ho esperito un feeback molto migliore di quello percepito dai trailer; pad alla mano si percepisce bene l’affondo dei colpi, la dimensione fisica dei nemici che si incontrano. Colpire un nemico umanoide di medie dimensioni darà una sensazione diversa dal colpire un umanoide alto il doppio di noi.
Tristemente sottotono invece il sound design, elemento fondamentale in termini di feedback e che in questa prima prova si è dimostrato troppo grezzo in praticamente tutte le sue iterazioni. Dal suono dei colpi all’integrazione della musica, il suono non fa la sua parte nel lavoro di immersione.
Esempio? Ci siamo avvicinati ad un corso d’acqua di Axion per venire delusi dalla distribuzione stereofonica dello scrosciare dell’acqua, con sbalzi di volume da destra a sinistra; le musiche sono integrate male con il suono, risultando poco efficaci nel far risaltare prima gli ambienti e poi i combattimenti; le musiche dei boss? Non particolarmente ben mixate con i suoni ambientali e così via.
HexWorks ha dimostrato, almeno attraverso le interviste, di avere la musica dentro: motivo per cui le speranze di vedere questi problemi risolti per la release del titolo sono molteplici e anche mediamente fondate. Non è un caso che moltissimi giocatori ancora oggi ricordano le bossfight dei souls grazie anche alle scelte sonore, non sarebbe male poter fare lo stesso con Lords Of The Fallen.
E proprio parlando di idee, è il momento di dare a Cesare ciò che gli spetta.
Lords Of The Fallen, al netto di alcune mancanze e di alcuni aspetti troppo derivativi, ha delle idee molto interessanti.
Come prima, penso alla gestione della stamina nemica.
Ogni nemico infatti, una volta lockato, presenterà sul petto un cerchietto che indicherà il suo livello di stamina. Questa può venir minata dai colpi e dalla deflessione degli attacchi attraverso la meccanica del parry La stamina del nemico può venir minata dai nostri continui colpi o dalle nostre parate con deflessione degli attacchi, a.k.a. parry (che è abbastanza simile a quanto abbiamo già visto nei giochi From).
È possibile azzerare la stamina nemica; se il giocatore effettua un parry su un nemico con barra della stamina totalmente scarica, potrà effettuare un contrattacco critico infliggendo ingenti danni. Effettuare parry su nemici con stamina carica servirà soltanto a ridurne grandemente la stamina e, chiaramente, più un nemico è temibile e più saranno i parry necessari a effettuare il colpo critico.
La barra della stamina sempre in vista, alla fine dei conti, è una meccanica interessante che sembra mutuare in parte dalle meccaniche di Sekiro e che si aggiunge alla già citata meccanica della rinascita per il passaggio tra i due mondi. Questo passaggio, tra le altre cose, è interessante anche dal punto di vista del combat system perché attraverso una piccola esplosione permette di allontanare i nemici vicini e di guadagnare un po’ di respiro.
Non manca una meccanica per il recupero degli HP, a mo’ di Bloodborne, anche se in questo caso basterà un singolo colpo per recuperare tutti i punti salute del caso. Tutta nuova, invece, è la meccanica del soul flay per cui è possibile letteralmente stunnare i nostri nemici (prevalentemente umanoidi) attraverso l’estrazione dell’anima, richiamabile attraverso una combinazione di tasti e un abile movimento della lanterna.
Purtroppo non abbiamo avuto modo di provare la magia, che ci è sembrata essere una meccanica di livello più avanzato e che probabilmente male si prestava ai tempi di un’anteprima. Il quantitativo di meccaniche messe in gioco ci è sembrato elevato, forse anche troppo per i nostri gusti ma il giudizio definitivo dovrà aspettare il gioco completo.
Com’è giocare a Lords Of The Fallen?
Partendo dall’editor, la sensazione è stata positiva.
Per motivi di tempo, non ho potuto spendere i minuti soliti, per personalizzare il personaggio. Tuttavia, facendo un rapido controllo dei menù, pareva trattarsi di un editor abbastanza completo, in grado di offrire qualche soddisfazione a chi cerca l’immersione visiva.
Beh, diciamo che se si è appassionati, sicuramente un motivo per divertirsi lo si trova sicuramente; avendo feedback responsivo, boss abbastanza frequenti e aree non troppo intricate da visitare, non ci si annoia mai. Di fatto la nostra prova di 2 ore e passa è stata divertente, con il tempo volato via rapidamente.
Ci sono però osservazioni da fare poiché tra divertirsi e giudicare un titolo come solido c’è una differenza non da poco. La giocabilità risente di diverse stortura, una tra tutte la precisione del lock-in sui nemici, mentre il pessimo sound design confonde le acque e dona un minor coinvolgimento nelle azioni.
L’aggancio dei nemici diventa davvero odioso nelle situazioni con tanti avversari a schemo poiché la tendenza della telecamera ad agganciare continuamente nemici nuovi è veramente forte; non di rado ci è capitato di finire per fissare punti random su nemici non nel nostro campo visivo.
Un altro problema è rappresentato dalle animazioni che sono fluide e intuitive, almeno finché non si parla di mob normali; parliamo quindi di animazioni poco leggibili, altre volte di animazioni troppo scattose, altre volte ci sono movimenti che sono difficili da interpretare a dei sistemi di lock-in utilizzati dalla CPU, che quasi fanno teletrasportare i nemici di fianco al giocatore.
L’ultima stortura è rappresentata dal parry che qui non ha un tasto dedicato a sé ma è rappresentato dai frame iniziali di utilizzo della parata. Parando con la giusta tempistica, di fatto, defletteremo il colpo avversario; tutto meraviglioso se non fosse che le mancanze sulle animazioni di cui abbiamo parlato sopra rischiano di complicare estremamente questo processo, rendendo difficoltoso il parry e mettendo il giocatore nella condizione di effettuare anche dei parry involontari, spezzando il ritmo dell’azione e dando meno valore a strategie che richiedono un elevato grado di programmazione delle azioni.
Ci auguriamo di vedere delle migliorie sotto questo punto di vista, così che il titolo possa risultare intrattenente per come è pensato. Anche perché, cosa molto importante, da quanto ci è stato riferito dagli sviluppatori, il titolo è giocabile interamente in co-op, senza necessità di mandare via gli alleati quando si attivano le Vestigia o, apparentemente, dopo aver sconfitto un boss. Per ovvi motivi però, non abbiamo avuto modo di provare tale meccanica. Ma con queste premesse, i pomeriggi di divertimento tra amici potrebbero diventare all’ordine del giorno e noi, sinceramente, ce lo auguriamo.
Una delle domande che ho potuto fare al team di sviluppo, riguardava tutte quelle ispirazioni esterne al mondo dei videogiochi; sia di scrittura sia artistiche, che hanno contribuito a rendere Lord Of The Fallen il progetto che è.
Per quanto non siamo ancora in grado di formulare un’opinione sensata sulla scrittura (poiché non abbiamo avuto molto tempo per leggere le descrizioni degli oggetti o per speculare), artisticamente e creativamente possiamo definire LOTF come un gioco in grado di lasciare il segno. Design del mondo e dei nemici, ad esempio, ci sono sembrati particolarmente efficaci così come siamo rimasti affascinati dalle differenze stilistiche e cromatiche tra la lucentezza tra Axiom e Umbral, con tanti piccoli dettagli a far capolino quà e la.
In tal senso, questo discorso fatto con gli sviluppatori è stato illuminante:
Abbiamo letto Il Signore degli Anelli, Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, Stormbringer, i grandi prodotti fantasy. Queste sono quindi le prime ispirazioni e, ovviamente, anche le controparti televisive come Game Of Thrones, lasciando perdere l’ultima stagione. Ci sono tante ispirazioni, dal classico “western look” fino al fantasy medievale.
E proprio sulla trasformazione del fantasy medievale, hanno precisato che:
Il fantasy medievale tendeva ad apparire come dozzinale, molto “warcraftiano”, cartoonesco. Dopo, Il Signore degli Anelli, l’ha reso vero, ci ha fatto credere che quelle cose potessero esistere davvero.
Anche la cultura giapponese, ha influito molto:
Abbiamo preso questa folle interpretazione del fantasy medievale, dal Giappone. Quella giapponese è una cultura, basata molto sull’aspetto grafico; chiunque legge manga ovunque, in metropolitana, per strada e ciò ha permesso quindi di creare dei prodotti molto profondi, in termini di resa grafica, molto forti nelle tematiche. Una cosa che fanno molto bene, è rappresentare la corruzione dei loro Dei, dei loro leader, persone che diventano mostri. E noi volevamo questo: qualcosa che fosse un mix tra Game Of Thrones e quel tocco di follia, tipico di Berserk o Claymore.
E se fino a qui, le ispirazioni risultavano abbastanza palesi, ciò che veramente mi ha stupito, ha riguardo l’aspetto grafico di Umbral:
Per Umbral abbiamo cercato molto. Volevamo che fosse un posto unico e che, allo stesso tempo, riflettesse il nostro desiderio di un posto di “orrore cosmico”, come guardare in uno specchio corrotto che rende tutto scheletrico, un po’ alla Dorian Gray. Abbiamo quindi esplorato varie possibilità: siamo partiti dall’inferno di Costantine, ma non andava bene perché Umbral è un Limbo in cui si rimane intrappolati.
Il nostro direttore artistico, dopo tanta ricerca, giunse con un’idea basata sulle opere del talentuoso pittore polacco Edward Krasinski. Un’altra grandissima ispirazione, fu Olivier De Sagazan, un’artista molto poco conosciuto che usa l’argilla: mette l’argilla sul viso e sul corpo e la modella, creando delle “creature” deformate, visioni orride. Distorsione dell’umanità, che non va confusa col “body horror”. Quelli di Umbral, sono sentimenti trasfigurate in creature
Il lavoro di ricerca artistica dunque, è stato affrontato con grande cura dal team e si vede. C’è grande ricerca, cosa che rende molti design parecchio interessanti. Cosa da non sottovalutare, sono i vari scorsi che è possibile incontrare, con punti panoramici studiati alla perfezione, così da regalare vedute mozzafiato.
Artisticamente, parliamo quindi di un titolo che sa dove vuole arrivare e che, almeno da quanto si è visto, pare essere molto a fuoco. Vedremo come se la caverà sul lungo periodo.
Per chiudere questa lunga analisi, è giusto fare dei brevi accenni al lato tecnico del titolo, così da avere una visione chiara di quale sia lo stato dei lavori a circa due mesi dall’uscita.
Ci tengo a specificare che la build PC da me provata non è definitiva e che gli sviluppatori hanno intenzione di lavorare fino all’ultimo giorno per renderla più gradevole possibile.
Il titolo, a livello tecnico, non è sembrato essere particolarmente solido; abbiamo esperito frequentemente cali di frame, per quanto non molto fastidiosi. Durante i test abbiamo avuto modo di beccare anche diversi bug che hanno costretto noi e altri redattori a morire misteriosamente.
Tutto sommato il gioco funzionicchia ma non è esente da problemi; abbiamo il legittimo dubbio che parte dei problemi grafici derivi dall’utilizzare un motore grafico ancora giovane come l’Unreal Engine 5 ma non c’è modo di sapere se ciò è reale o meno.
Tuttavia, è giusto concedere il beneficio del dubbio a un team che sta mettendo anima e cuore in questo lavoro, che crede tanto in Lords Of The Fallen e cercherà di renderlo un titolo estremamente competitivo, considerato che il mercato videoludico nel 2023, è un terreno estremamente difficile su cui muoversi e in cui ogni errore viene attentamente pesato dalle community sparse per il web.
Vedremo dunque se da qui all’uscita, HexWorks saprà mettere a posto la maggior parte dei problemi, lasciando al giocatore il semplice compito di divertirsi.
Lords Of The Fallen è un prodotto che merita attenzione. Il team di sviluppo è innamorato della sua creatura e si nota, perché il titolo ha tanto cuore e, proprio alla luce di ciò, non riesco bene a spiegarmi la mancanza d’ispirazione lato gameplay, per quanto riguarda moveset di armi e boss. D’altro canto, l’ispirazione non manca lato artistico, aspetto su cui hanno riversato minuziosa attenzione, così da rendere il titolo visivamente unico, oltre che gradevole. Il mio augurio dunque, è che il titolo riesca a non restare intrappolato in quel Limbo e che riesca, anzi, a ritagliarsi un posto d’onore tra le uscite di quest’anno. Da Umbral si esce solo in due modi: raggiungendo l’obiettivo finale o morendo definitivamente. E personalmente, considerate le aspettative e la voglia che ho di giocare, spero davvero che HexWorks riesca a fuoriuscire vittoriosa da questa sfida.
This post was published on 10 Agosto 2023 15:00
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