Solitamente accade, soprattutto per tutti coloro che non hanno tempo e voglia di seguire assiduamente il mondo videoludico, che siano i franchise a richiamare l’interesse delle grandi masse. Il nuovo capitolo di Call of Duty, qualsiasi sia lo sviluppatore dietro esso, raccoglierà infatti quasi certamente in ogni caso milioni di proseliti, così come pure un nuovo attesissimo Final Fantasy, indifferentemente dalla Creative Business Unit che ci ha lavorato, e così via. Talvolta è invece il nome di qualche visionario, vedi ad esempio il celeberrimo Hideo Kojima o, in misura minore, Tim Schafer, a catturare l’interesse dei videogiocatori sulla loro nuova opera. Si tratta però di casi sporadici e che rappresentano più la classica mosca bianca del settore che la sua normalità.
Ancor più raro è che siano le software house stesse a far da traino a qualche nuovo titolo, ma è proprio quello che sta succedendo ora con Armored Core VI Fires of Rubicon. Sebbene sia sicuramente una saga storica, presente sul mercato dall’oramai lontanissimo 1997 e contraddistinta da oltre una decina di episodi, Armored Core è infatti sempre rimasta tutto sommato di nicchia, complice anche un gameplay non esattamente accessibilissimo al grande pubblico. Un franchise quindi sì apprezzato, ma che non è mai riuscito a entrare nel gotha dei videogiochi.
Complice il grande successo ottenuto con i vari souls-like, From Software pare però finalmente pronta a far entrare la saga di Armored Core nel posto che le spetta, provando a sdoganarla definitivamente con questo sesto capitolo principale. Un titolo a dir poco attesissimo visto il recente e infallibile curriculum di From Software, che abbiamo avuto la fortuna di provare in anteprima qualche settimana fa. Allacciatevi le cinture, perché con Armored Core VI Fires of Rubicon c’è decisamente da ballare.
Nel nostro hands on dell’attesissimo titolo di Bandai Namco e From Software abbiamo potuto provare con mano l’intero primo atto di gioco, composto da ben 11 differenti missioni. Il tutto, ovviamente, correlato dalle immancabili fasi di customizzazione, oltre che da tutta una serie di addestramenti atti a farci prendere padronanza il prima possibile con le varie dinamiche di gioco. Le nostre impressioni? Assolutamente positive e a tratti anche quasi entusiastiche, ma andiamo però con ordine.
Armored Core VI Fires of Rubicon prova a sdoganare la ultradecennale saga, facendole abbracciare alcune delle dinamiche rese celebri dai precedenti lavori di From Software; il tutto senza tradire il feeling storico della serie.
Un traguardo, insomma, decisamente ambizioso, ma che dopo una prova di poco meno di quattro ore sembra essere decisamente alla portata della nota software house nipponica.
La prima cosa che balza all’occhio fin dalla prima tostissima missione è appunto un livello di sfida assolutamente notevole. Al boss finale del primo livello, ossia una sorta di grande aeronave in grado di sparare letali raffiche di missile, abbiamo infatti visto, noi come la totalità dei colleghi presenti all’evento, ben più di una volta la schermata di game over. Un leitmotiv che si è ovviamente ripetuto anche nelle altre missioni, raggiungendo i propri apici nei due boss successivi, con il terzo, posizionato alla fine dell’undicesima e ultima missione del primo atto del titolo, che abbiamo vissuto in solo in una manciata di persone.
Il sesto capitolo principale di Armored Core, insomma, pare proprio come da tradizione From Software un’opera altamente sfidante e che fa della gratificazione ottenuta dall’essere riusciti a superare qualche scoglio particolarmente ostico uno dei propri cavalli di battaglia. A differenza di Dark Souls e affini, Fires of Rubicon ha però un quid in più a riguardo, che rende tale meccanica ancor più azzeccata con l’intero impianto di gioco.
Tra una debacle e il successivo nuovo tentativo è infatti possibile andare a personalizzare pesantemente il proprio mech, variandone non solo l’armamentario, ma anche l’intero telaio. Nel caso ci trovassimo contro un avversario che richiede un determinato approccio potremo quindi variare radicalmente il nostro setup, passando ad esempio da un una configurazione corazzata pensata per causare un elevato quantitativo di danni a un qualcosa di più leggero e scattante, ma ovviamente meno letale. Un cambiamento drastico in medias res, una sublimazione in chiave ludica del ciclo di Deming, in cui, tentativo dopo tentativo, si è chiamati a trovare la chiave di volta.
Ma com’è Armored Core VI Fires of Rubicon sul piano del gameplay?
Senza girarci troppo attorno decisamente assuefacente. From Software ha infatti imbastito per l’occasione un sistema di gioco altamente adrenalinico e basato sulla verticalità. Grazie ai reattori del nostro AC, che non sono illimitati e hanno un tempo di ricarica più o meno ampio in base all’equipaggiamento scelto, è infatti possibile alzarsi in volo e affrontare il campo di battaglia in totale libertà.
Assalti dall’alto, imboscate ad alta velocità e qualsiasi altra tecnica vi venga in mente: ogni missione può essere affrontata in diversi modi grazie alle potenzialità del gameplay, risultando più o meno ostica in base all’acume delle nostre scelte tattiche. Se l’approccio ai combattimenti in Fires of Rubicon pare quindi decisamente riuscito, è negli scontri veri e propri che il sistema di gioco dà il meglio di sé.
Grazie alla possibilità di utilizzare fino a 4 armi differenti – braccio destro, braccio sinistro, spalla destra e spalla sinistra -, alla già citata verticalità e altre peculiarità come un velocissimo dash che permette di avvicinarsi al nemico in pochi istanti, ogni più piccola scaramuccia in Armored Core VI diventa una danza della morte, in cui fluttuare come delle possenti semi divinità meccaniche obiettivo dopo obiettivo. A rendere il tutto più accattivante è poi la presenza di una barra gialla che prende il nome di SCA e che, se svuotata completamente, causa del barcollamento, lasciando il povero AC in questione in balia dei colpi avversari. Considerando come certe armi siano più indicate di altre per azzerarla, è evidente il quid strategico portato in dote da tale meccanica.
Più si prende confidenza con il sistema di gioco e più si ottengono nuovi armi e telai con cui personalizzare il proprio mech, più tale sensazione di padronanza si intensifica, rendendo il tutto ancor più assuefacente. Se durante le classiche missioni il tutto si traduce spesso in una sensazione di onnipotenza, con gli avversari che cadono come foglie di fronte al nostro avanzare, il tutto cambia radicalmente dinnanzi ai vari boss. Contro i nemici principali del gioco, o almeno con quelli con cui abbiamo avuto la sfortuna di incrociare il percorso, la musica cambia completamente, arrivando in certi frangenti a toccare anche delle sezioni al limite del bullet hell.
Funziona tutto bene quindi? Si, anche se vi è ancora qualcosa da limare e qualcos’altro che non ci ha convinto in pieno. Principale neo dell’esperienza, dovuto soprattutto a un gameplay come già più volte sottolineato altamente adrenalinico, è una telecamera che non riesce sempre a stare dietro agli attacchi nemici, obbligandoci di tanto in tanto a ricevere qualche colpo non completamente previsto. Gli hitmarker, soprattutto nel caso di nemici con corazze su specifici lati, non sono risultati precisi come volevamo tanto per i colpi inflitti quanto per quelli ricevuti. Come non citare, infine, le anacronistiche barriere invisibili, che ci impediscono di scorrazzare all’esterno della mappa della singola missione.
Molto interessante, anche se non abbiamo avuto modo di provarla in tutte le sue sfumature, è poi quella che è la customizzazione del mech, un qualcosa di imprescindibile all’interno di un Armored Core. Come precedentemente accennato, sono infatti ben 4 le armi che è possibile portare con sé in missione, con uno degli slot che può anche essere utilizzato per montare uno scudo portatile. Considerando la grande varietà di bocche da fuoco e non solo, vedi ad esempio le armi per attacchi melee, che paiono essere disponibili, è evidente come le possibilità di personalizzazione del proprio arsenale sembra essere decisamente elevata.
Da non dimenticare è poi ovviamente il fatto che non solo potremmo customizzare il nostro AC in quanto a equipaggiamento, e quindi armi, reattore e così via, ma anche per quanto riguarda l’intero telaio. Testa, tronco e armi inferiori: in base al loro peso e alle loro caratteristiche tecniche potremo modificare sostanzialmente la resa finale del mech, rendendolo più o meno agile, in grado di resistere a un dato numero di colpi e così via. Insomma From Software sembra aver imbastito un sistema di personalizzazione particolarmente ricco, corredato anche da un’approfondita customizzazione estetica con tanto di decalcomanie, e in grado di far la felicità anche del fan più esigente solo tale punto di vista. Il tutto è ovviamente da valutare nella versione completa del gioco, dove sarà più chiaro quanti pezzi saranno disponibili e il loro grado di differenza, ma per quanto visto fin ora è davvero difficile non ritenersi soddisfatti.
Ma come e dove ottenere nuovi armi, telai e così via?
Attraverso, ovviamente, il negozio, in cui potremmo spendere i crediti ottenuti durante le varie missioni. Attraverso un piccolo bilancio a fine livello, infatti, ci verrà assegnato un certo quantitativo di crediti, che sarà tanto più alto in base ai risultati ottenuti e più basso conseguentemente ai danni subiti e alle munizioni usate. Un qualcosa di squisitamente arcade, che spinge a fare sempre di meglio non solo per avere un risultato migliore, ma anche per ottenere un maggior numero di crediti in una spirale di miglioramento proprio e del proprio AC sempre più accentuata.
Spostandosi ora sulle missioni in sé, è evidente come esse siano divise in Armored Core VI Fires of Rubicon, almeno per quanto visto nel primo atto di gioco, in due macro-categorie distinte. Da una parte abbiamo infatti delle quest longeve e sviluppate anche a livello narrativo, che portano il giocatore anche in più ambientazioni, mentre dall’altra dei livelli spesso e volentieri brevi, che non aggiungono più di tanto a trama e gioco. Una divisione che potrebbe essere facilmente essere raccontata con il classico binomio di missioni principali e secondarie, se solo non fosse che nella futura opera di From Software esse facciano tutte parte della prima categoria.
Purtroppo non ci è a ora dato sapere se negli atti successivi appariranno delle vere e proprie quest secondarie e se quelle viste in questo nostro hands-on siano state inserite tra quelle principali solo per dare un maggior senso di progressione alla nostra avventura come mercenario. Se il leitmotiv del primo atto rimanesse lo stesso per l’intero titolo è però evidente come il rischio di trovarsi dinnanzi a un ritmo di gioco altalenante sia dietro l’angolo. Per saperne di più c’è però da attendere ancora un mese, ossia fino alla data d’uscita del gioco attualmente prevista per il 25 agosto.
Pochi dubbi invece sull’aspetto artistico, che imbraccia delle scelte di design ben precise e aderenti a quello che è l’immaginario mecha. Sebbene alcune location possano risultare un po’ ripetitive, è indubbio come il livello generale sia comunque alto, soprattutto per quanto riguarda le linee dei vari AC. Da non dimenticare, infine, come il tutto sia pensato al servizio della verticalità del gameplay del titolo, con grosse strutture sviluppate a più livelli che sembrano essere lo standard di molte mappe di gioco.
Questo primo approccio con Armored Core VI Fires of Rubicon si è rivelato strabordante. From Software pare infatti essere riuscita a trovare la chiave di volta in grado di accontentare vecchi e nuovi fan, rendendosi più accessibile ai neofiti senza però tradire le fondamenta della saga. Un titolo, insomma, da tenere in grandissima considerazione, che potrebbe rivelarsi una delle più piacevoli sorprese dell’anno, grazie a un gameplay con tutte le carte in regola per rivelarsi dirompente. Che sia la volta buona che Armored Core riesca a entrare nell’Olimpo videoludico dalla porta principale?
This post was published on 25 Luglio 2023 17:00
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