La speranza è un concetto umano decisamente interessante.
Sperare significa, il più delle volte, richiedere con fede cieca a una qualche indefinita energia regolatrice, che le situazioni si volgano verso dove crediamo che il vento ci sia più favorevole.
Di speranza, ne scrissero tanti autori, inquadrandola quasi sempre con un pizzico d’ironia. Non si può controllare quello che è un semplice desiderio verso ignoti e verso situazioni più grandi di noi. Paolo di Tarso, figura biblica di estrema importanza, riconosciuto come uno degli Apostoli di Gesù più celebri anche grazie alla sua famosa storia di redenzione, scrisse:
Spem contra spem
L’Apostolo Paolo, mette in contrapposizione quelli che all’apparenza sembrano lo stesso termine ma che, a una più attenta analisi filologica, vogliono comunicare sensazioni totalmente opposte. Traducendo il brocardo infatti, per chi non mastica il latino, viene fuori la sentenza “la speranza contro la speranza”.
In questa breve ma significativa frase, sono racchiusi due concetti di speranza: quello irrazionale o soggettivo e quello razionale od oggettivo. Partendo dal primo, la speranza (la seconda “spem” del brocardo) diventa quel movimento involontario che una mente disperata compie, d’innanzi a una situazione di una talmente malagevole risoluzione, da far risultare quasi grottesco quel moto di speme.
Il secondo concetto di speranza (incarnato dalla prima “spem” del brocardo), simboleggia invece l’ammissione dell’irrazionalità della speranza. Sperare anche quando nulla ci è favorevole, sperare anche quando tutto sembra ormai perduto, sperare anche oltre ciò che l’umanità può controllare. Come definire questi comportamenti se non come estrinsecazione di una volgare e insolente follia?
Però forse, proprio in quanto umani, ci è impossibile smettere di sperare.
Nell’analisi da me svolta infatti, manca un terzo fattore indeducibile dal solo brocardo: il fattore umano. Gli esseri umani sono caratterizzati da un attaccamento alla vita, che alle altre specie difficilmente appartiene.
Marco Tullio Cicerone, una delle più grandi penne pervenuteci dal mondo latino, già in una sua opera aveva restituito questa innata voglia umana di sopravvivere, e anzi, aveva aggiunto un dettaglio che calato in questo discorso, risulta fin troppo ironicamente calzante. Cicerone scriveva, nelle Epistule ad Atticum:
Aegroto dum anima est, spes est
Traducendo, la frase diventa “per chi è ammalato si dice che, finché c’è respiro, c’è speranza”, che pare quasi essere precursore del più famoso detto “finché c’è vita c’è speranza”. Questo piccolo estratto, comprova l’immobilità della natura umana, che nonostante il continuo divenire dei secoli, delle scoperte, delle invenzioni, degli uomini, resta fissa su un punto: la speranza buona da coltivare è quella che porta alla vita.
Questo perché, non ha senso sperare nella morte. Come ci ricorda il poeta Virgilio, stat sua cuique dies (per ciascuno è fissato il suo giorno), a cui si aggiunge la voce del poeta Orazio, secondo cui debemus morti nos nostraque (Noi e le nostre cose siamo votati alla morte). Mentre quindi, sperare nella vita è irrazionale ma quantomeno sensato, vista la sua natura sfuggevole, così non è per la morte, la cui speranza diventa per lo più segno di impazienza.
E non a caso, in apertura ho preso come esempio Saulo di Tarso.
Sperare è umano, ma ancora più lo è creare un idolo in cui sperare, così da non abbandonare le nostre preghiere e richieste all’oblio. Da concetti del genere, nasce l’attaccamento alla religione e ai riti che la compongono. Perché l’uomo, ha bisogno di quel disegno superiore, il cui termine sinonimico diventa presto “Dio”.
L’uomo ha così tanto bisogna di Dio, che arriva a “crearlo” come scriveva Feurbach, a sua immagine e somiglianza. E ciò che chiede, quando spera in questo Dio, è niente più che la vita eterna, una vita alternativa da realizzare oltre la vita terrena. L’uomo tende inevitabilmente a legare, la vita alla speranza e viceversa, in una danza ideo-teologica che non avrà mai fine.
Ma cosa succederebbe se vivessimo in un mondo in cui pregare una divinità, può effettivamente darci qualcosa di più concreto della speranza? Un mondo in cui le regole della natura e le regole divine, si fondono, creando un connubio di umanità, magia e follia?
Dall’incrocio di mondi diversi, da quella speranza attaccata alla vita, da quell’orgoglio che nella vita vede solo un mezzo e da una ricostruzione in salsa dark fantasy, prende vita il nuovo lavoro della software house indie Covenant, Gord!
Iniziamo prima di tutto, spiegando cosa sia Gord.
Il titolo sviluppato da Covenant e pubblicato da Team17, viene proposto come un gioco single player, d’avventura e strategia. O almeno, così viene inquadrato su Steam. Approfondendo un attimo il discorso infatti, verrà fuori una definizione che potrebbe aiutare a inquadrare il titolo in una maniera più stringente: Colony Sim.
Sebbene, incasellare a tutti i costi potrebbe quasi apparire come un malus, specialmente nel cangiante mondo dei videogiochi, in questo caso ritengo sia necessario. Questo perché, il titolo di Covenant presenta delle caratteristiche estremamente specifiche che sono tipiche di altri titoli che rientrano nell’identificazione di colony sim.
E non perché effettivamente non ci sia l’avventura o non ci sia la strategia, ma perché un titolo come Gord vive come una totale somma delle parti, dalla componente city-builder a quella survival fino al party-RPG, tutte tenute insieme da un’anima narrativa decisamente spiccata considerando quanto titoli del genere, non sempre si prestino volentieri a una narrazione lineare, a una storia guidata che mira verso obiettivi specifici.
Certo, quella che abbiamo potuto provare noi è una semplice demo, non sappiamo dunque quanto il gioco riuscirà a scavare in profondità una volta rilasciato integralmente, ma è giusto chiarire che la formula adottata finora, è parecchio intrattenente.
Cerchiamo prima di tutto dunque, di capire cosa sia un gioco colony simulator.
Si tratta di un sotto genere dei giochi manageriali. In un colony sim, ci ritroveremo a impartire ordini a un gruppo di personaggi, che avranno quindi azioni limitate in base alle richieste che effettueremo. Componente importante del colony sim, è il lato survival, che in Gord non solo è presente ma viene presentato in maniera eccelsa e inquietante.
Ci troviamo quindi già di fronte, a una particolare deriva dei building games, che grazie alle atmosfere di cui parleremo a breve, riesce a regalare un’esperienza unica, sia a chi si approccia per la prima volta al genere, sia a chi vive di sopravvivenza e costruzioni.
Vediamo dunque, prima di ogni cosa, cosa la storia vuole trasmetterci, quali sono le influenze e dove pensiamo voglia andare a parare.
Gord presenta un’ambientazione dark fantasy medievaleggiante, ambientazione che i videogiocatori hanno imparato a conoscere negli anni grazie a tantissimi titoli che ricalcavano questo modello. Tra i più celebri, sicuramente è impossibile non citare la trilogia di Dark Souls o Elden Ring, in cui mondi decadenti si popolavano allo stesso tempo di magia, dominazioni, umanità e sangue.
E Gord pare tendere proprio verso quei lidi narrativi, a livello di “ambientazione che comunica” col giocatore. Il Mondo di Gord è un mondo oscuro, periglioso, in cui un passo falso può condurre a una morte atroce.
E per quanto possa sembrare un cliché, parlando di dark fantasy, le similitudini con Berserk di Kentaro Miura ci sono. Lo so, sono banale, but still.
La mia passione per Berserk, non sapendo assolutamente cosa mi trovassi di fronte, nacque in un momento specifico. Evitando qualunque tipo di spoiler, ciò che mi fece rizzare i peli, fu il momento in cui da storia “umana”, fatta solo di fendenti di spada e intrighi di corte, diventa sopranaturale. Nel momento in cui, un certo personaggio appare, rompendo la monotonia del racconto umano fatto di guerre da vincere secondo dettami da manuale di battaglia, il racconto vira. Il divino subentra tra l’umano.
Ed è questa la più grande similitudine che sono riuscito a trovare in Gord, che ha anche rappresentato, come per Berserk, il gancio per farmi appassionare alle vicende di Calanthia (regno in cui si svolgono le vicende).
Se fino a un certo punto, tutto ciò che ci interessa, è seguire gli ordini del messo di un Re, costruendo qualche struttura e uccidendo qualche gruppo di lupi, ci si renderà conto presto (dopo circa la prima ora di gioco) che qualcosa ben oltre la nostra concezione da paesani lavoratori, sta nascendo nei meandri più oscuri della foresta che ci circonda.
E come per Berserk, sarà un personaggio nello specifico a permetterci di notare questa spaccatura, questo “prima e dopo”, così concreto da far paura. Ma vi lasciamo il gusto di scoprirlo e di vivere quel momento, in cui il rumore delle ossa rotte vi si pianterà in testa, facendovi vivere il resto del titolo con un misto di angoscia e paura.
Veniamo adesso, all’analisi del gameplay.
Da buon maniavantista quale sono, ci tengo subito a chiarire che non sono il più grande e appassionato giocatore di gestionali, city builder e simili.
Tuttavia, dopo essermi avvicinato a Gord, grazie alla spiccata componente narrativa e al mondo oscuro e decadente, sono rimasto affascinato da tante scelte di gameplay, che hanno reso decisamente gradevole il mio soggiorno a Calanthia.
Quando inizierete a giocare, prima di tutto vi verrà chiesta la difficoltà che volete applicare. Ci sono quattro differenti gradi di difficoltà (casual, standard, brutal e permadeath). Per dovere di cronaca, il gioco da parte mia è stato testato per lo più in modalità Standard, anche se ho provato quanto meno a comincare delle run a difficoltà più elevate.
Una volta selezionata la difficoltà, in base a quanto vi sentite sicuri ad affrontare quel mondo tanto inospitale quanto affascinante, sarete gettati nel mezzo di vicende più grandi di voi, semplici paesani che interpreterete.
Una volta spiegato l’antefatto, vi troverete, da giocatori e non da interpreti, a comandare un gruppo di 6 persone. E qui iniziano le cose interessanti.
Sebbene infatti, Gord potrebbe quasi sembrare un gioco fondato sulla coralità, sulla pluralità e sull’aiuto reciproco, questa cosa è vera solo in parte. In Gord, dovrete prestare grande attenzione alle singolarità di ognuno dei paesani che compongono il vostro team.
Di ognuno conoscerete nome e inclinazioni. E quando parlo di inclinazioni, intendo talenti, punti di forza e di debolezza, che vi aiuteranno a conoscere chi avete davanti, così da capire di preciso chi utilizzare per specifici compiti. Qualcuno potrebbe essere più forte fisicamente ma avere paura dei lupi, un altro potrebbe essere portato per la raccolta di cibo ma meno per la costruzione di immobili.
Fare attenzione ai singoli elementi, sarà fondamentale, non solo per vostro tornaconto personale, ma per evitare che… impazziscano.
In Gord infatti, il fattore “follia” è ciò che veramente inizierà a mettervi in difficoltà. Analizziamo un attimo perché questo fattore è così importante.
Gord racconta un mondo popolato da mostri e, anche lasciando perdere i mostri, si raccontano storie di guerra e dominazione, di cui i poveri paesani sono semplici spettatori inermi. Nulla di strano che qualcuno di loro possa perdere la testa. Specialmente, se ci si trova ad affrontare traversate nell’oscurità, con scorte esigue di cibo, in cui tutti sono obbligati a lavorare per costruire le varie strutture necessarie alla progressione della storia.
Dovrete quindi rendervi conto di chi avete davanti: se il vostro taglialegna, non si è fermato un attimo, è probabile che stia per impazzire. Rimediate, ordinandogli di fare un bagno o di sedersi insieme a un suo compagno a sorseggiare qualcosa di fresco.
Ma chi decide chi fa cosa? Ovviamente il giocatore.
Man mano che costruirete le varie strutture, dalla segheria al mulino fino alla torre d’avvistamento, sarà necessario che qualcuno ci lavori. Ogni struttura, avrà un massimo di personale impiegabile. Potrete quindi controllare ogni aspetto per quanto riguarda la raccolta di risorse e la loro gestione.
Cliccando sui singoli edifici poi, potrete decidere di volta in volta chi assegnare per un determinato lavoro. Potrete quindi avere tre taglialegna, due che si occupano delle fibre tessili, altri due che si occupano del cibo. Ovviamente all’inizio potrebbe essere un po’ complicato.
Inizialmente, come detto, disporrete soltanto di sei personaggi e dovrete essere bravi e capaci a spartire tutti i compiti necessari tra i pochi paesani che vi troverete a gestire, ricordandovi però di volta in volta, di farli riposare, di farli abbeverare o di fargli fare un bagno. Tutto ciò sarà possibile, cambiando l’ordine impartito, verificando di volta in volta chi può continuare a coprire il lavoro di un collega mentre l’altro riposa.
Ci sarà quindi un continuo ricambio necessario di professioni. Il mio consiglio è di tenere fisso in una professione, solo chi tra le abilità mostra una particolare propensione, proprio per quella specifica professione.
Alle professioni “civili” però, si uniscono quelle militari.
Ricordate sempre, di comandare dei paesani che si trovano a vagare in un bosco infestato da animali feroci o non meglio precisate bestie fameliche. Vi tornerà quindi molto utile avere a disposizione della armi.
E quindi via, con la fornace per fabbricare asce e con il piano per fabbricare archi e frecce. Ma la cosa interessante dei lavori militari, non è solo il fatto di poterli fare ma di poterli integrare ai normali lavori civili.
Una cosa che ho omesso volutamente fino adesso, è che ogni personaggio potrà avere al massimo un solo mestiere civile per volta, Il taglialegna potrà fare solo il taglialegna e, nel momento in cui gli verrà ordinato di raccogliere i funghi, perderà qualunque capacità nel trasportare legname. Ma i mestieri militari fanno testo a parte.
Sarà infatti possibile assegnare a ogni paesano, un mestiere civile e uno militare allo stesso tempo. Anche fare da vedetta è importante e inoltre, coloro che vengono assegnati come “Scout” diventano fondamentali per l’esplorazione esterna perché sono coloro che possono portare le torce. E senza torce, si sarebbe totalmente al buio. E senza luce, si finirebbe per impazzire.
E non vogliamo che i poveri paesani impazziscano, no?
In Gord in realtà, qualunque cosa diventa un lavoro. In senso utilitaristico, ogni attività, è utile per uno scopo sociale. Banalmente, anche pregare ai piedi di un tempio o di una statua è estremamente importante, perché permette di recuperare “Fede”, che è utile per castare magie. E le magie sono veramente utili, possono salvarvi da situazioni difficili, per questo è sempre utile tenere la barra della Fede carica. Nonostante infatti, le varie magie siano sottoposte a coll down anche abbastanza importanti, cercate quanto meno di partire più preparati possibile.
Come accennato, il fuoco in Gord, è un elemento estremamente importante.
Quello di Gord è un mondo che vive in uno stato che secondo convenzioni umane potremmo definire giusto come notte polare. Per lunghi periodi dell’anno non esiste il giorno e la popolazione a costretta a vivere in una notte perenne.
Certo, quello di Gord è un buio magico, che persiste chissà perché, ma l’effetto straniante sui personaggi viene comunque percepito. Ed è qui che entrano in gioco gli utensili forse più utili del gioco: le torce.
Imparerete a seguire il vostro Scout con lo stesso trasporto con cui seguite un tedoforo durante l’ultimo chilometro, prima dell’accensione della fiamma olimpica. Perché il fuoco di quella fiamma, nella fitta e imprevedibile boscaglia, sarà l’unica cosa che riuscirà a tenere vivo il vostro spirito.
Senza fuoco, la sanità mentale di ogni persoanggio tenderà a calare vertiginosamente. Ulteriore fattore da tenere in considerazione, durante il vostro peregrinare.
Aspetto forse residuale, ma che aiuta a far percepire il gioco in maniera viva e in continuo sviluppo, è la possibilità che nascano nuovi bambini, man mano che la comunità di paesani si stabilisce, creando delle condizioni adatte alla vita.
Ogni tanto infatti, potreste veder comparire un segnalino particolare che, una volta riempitosi completamente, darà alla luce un nuovo componente della tribù. Da quel momento però, dovrete aspettare qualche minuto prima di metterlo a lavoro. Per i primi minuti infatti, sarà semplicemente una bocca in più da sfamare, a cui dovrete prestare particolare attenzione, dato che non sarà nemmeno in grado di difendersi. Un genitore-simulator così non l’avevo mai visto.
Sarà molto affascinante notare come lo nostre scelte, aiuteranno nella creazione di una vera e propria comunità, viva, in grado di riprodursi e di crescere. Non nascondo che si tende anche ad affezionarsi a quella comunità, a sentirla propria. I figli della terra che da infanti indifesi, diventano autonomi, in grado di lavorare e combattere…
Andiamo avanti per favore, che sto diventando romantico.
Tocchiamo adesso questi due temi, per chiudere questa prima analisi della Demo di Gord.
Partendo dalle prestazioni, possiamo dire che il gioco si presenta decisamente solido nelle fasi di gameplay puro. Nonostante vi sia un leggero input lag nei comandi, che potrebbe risultare fastidioso all’inizio, considerata la natura del titolo, non sarà un problema poi così esagerato e a lungo andare si riuscirà a padroneggiarlo.
Nelle cinematic, che sono abbastanza carine, il gioco mostra qualche limite in più, specie dal punto di vista prestazionale. Gli scorci fascinosi, i paesaggi e i personaggi non sempre sono mostrati con una degna qualità nonostante dei filmati prenderizzati.
In quasi tutti i filmati in CGI che sono stati presentati, si presentavano cali di frame che inficiavano la fluidità, a cui il titolo tende ad abituare. Al netto che si tratta di una demo, ci auguriamo che nel momento dell’uscita che al momento è fissata per giorno 8 agosto 2023 per PlayStation 4, PlayStation 5, XBox One, Xbox Series X/S e PC, avranno risolto questi piccoli inconvenienti.
Perché ripeto, il gioco graficamente è veramente interessante, considerando che si tratta di un indie. E oltre il lato tecnico e grafico, grande importanza è data al lato artistico. I paesani sono leggermente anonimi, anche se hanno poche caratteristiche che li rendono però, estremamente riconoscibili a una singola occhiata.
Grande attenzione è stata posta per i personaggi principali della storia, come il messo del Re o il capo spirituale della Tribù dell’Alba, la tribù che ci troveremo a gestire.
Il tutto poi, è contornato da musica d’atmosfera, non troppo presente ma capace di sottolineare i momenti importanti e da suoni ambientali, perfettamente capaci di calare nell’atmosfera del titolo.
Gord è un lavoro che merita attenzione. Al netto di alcune pecche tecniche, presenta un’ambientazione in grado di catturare l’attenzione e un gameplay vario e divertente, che obbliga a stare sempre attenti a tutti i fattori ambientali, che costringono i nostri paesani a vivere in un perenne stato d’ansia. E noi con loro, saremo costretti a vivere situazioni estremi, sempre perché, da bravi esseri umani, non possiamo far altro che continuare di sperare, di sperare nella vita. Anche quando il nemico che dovremo affrontare sarà aldilà della nostra concezione, la speranza che quelle divinità non ci abbiano ancora abbandonati, sarà l’unica ancora di salvezza che ci permetterà di continuare ad avanzare.
This post was published on 23 Luglio 2023 19:30
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