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The Finals | L’FPS che non meritiamo ma di cui abbiamo bisogno | Anteprima (PC)

Approcciarsi ad un nuovo gioco, non sempre risulta immediato.
Quando un nuovo titolo arriva sul mercato, la prima cosa che i consumatori, gli utenti finali, cercano di fare è incasellare quel gioco. Per farlo ci si affida a classificazioni date dal genere o, per rendere il paragone ancora più immediato, ci si basa su somiglianze con altri giochi. In questo modo, chiunque conosca già il gioco che fa da termine di paragone, avrà un’idea seppur vaga, del prodotto che si troverà ad esperire.

Ci sono però delle volte in cui, per quanto le somiglianze possano essere ravvisate, si riesce a creare un’esperienza che trasmette sensazioni nuove ai giocatori. Ad esempio, si prendono tanti elementi di altri titoli, si aggiunge un pizzico di follia e novità e si cerca di amalgamare il tutto in maniera efficace e divertente.

The Finals si propone esattamente come quel mischione di ispirazioni, capace di divertire in una maniera così conosciuta eppure così nuova. Ma andiamo per gradi.

The Finals è il nuovo lavoro proposto dai ragazzi di Embark Sudios, Il team di Embark è composto da ex sviluppatori di DICE, il team dietro ad alcuni titoli della saga di Battlefield che ancora oggi vengono ricordati come i migliori, come ad esempio Bad Company 2. E proprio con quest’ultimo, The Finals condivide tanto in termini di modo di vivere l’ambiente di gioco.

Cosa importante e da ricordare è che gli sviluppatori, vendono e pubblicizzano The Finals, non come semplice gioco ma come un “game show“. Potrebbe sembrare una definizione buttata lì, col semplice scopo di accattivare gli ignari avventori, ma se messa in prospettiva con il grado di spettacolarità che il titolo offre, pare più che azzeccata a definire quella che, molto probabilmente, sarà l’esperienza degli utenti.

Abbiamo avuto la fortuna e il piacere di poter provare in anteprima una closed Beta di The Finals e cercheremo di raccontarvi, al meglio, le primissime impressioni su quello che pare essere uno sparatutto come non se ne vedevano da tempo. O come non se ne sono mai visti, a voi la scelta.

Bello, ma che si fa?

Le modalità!

The Finals è uno sparatutto in prima persona, free-to-play e incentrato sulla modalità cooperativa. Si verrà infatti divisi in squadre, formate ognuna da tre giocatori e si potrà giocare in due modalità (o almeno così è stato, nella Beta provata da noi): Quick Play o Tournament.

Nella prima modalità si sarà divisi in quattro team composti da tre giocatori ciascuno e si tratterà, come il nome fa intuire, di partite “veloci”, cioè di incontri che non influiranno su una nostra classificazione in gioco e che serviranno, perlopiù, ad esplorare le varie meccaniche o a provare armi e gadget nuovi una volta sbloccati.

La seconda modalità sarà un vero e proprio torneo ad eliminazione. La prima fase sarà composta da quattro gruppi di squadre, quattro squadre per ogni gruppo, tre giocatori per ogni squadra. Solo uscire vincitori dalla scontro tra le squadre del proprio gruppo, garantirà la possibilità di progredire nel torneo, fino a raggiungere la vetta.

L’obiettivo del gioco è, sostanzialmente, fare soldi.
Le squadre dovranno infatti cercare di aprire delle casseforti, i “vault“, disseminati per la mappa di gioco. Una volta aperti, dovranno depositare il denaro e attendere che venga estratto. La squadra che riuscirà ad accumulare più denaro, ne uscirà vincitrice.

Sebbene la dinamica possa non sembrare particolarmente entusiasmante, i ragazzi di Embark si sono dimostrati in grado di creare un’impalcatura di gioco, in grado di rendere estremamente divertente il processo. Sebbene il vostro obiettivo, sulla carta, sia raccogliere denaro, la vera volontà di potenza si manifesterà nel cercare di essere più subdoli dei propri rivali.

Sarà infatti possibile affrontare il gioco in tre maniere, quante sono le classi selezionabili (di cui parleremo più avanti): come dei tank vogliosi solo di infliggere quanto più danno, noncuranti dei proiettili che ci esplodono addosso; come dei support, abili con armi un po’ più leggere ma essenziali in tutto ciò che riguarda le cure e la facilitazione del movimento per la mappa; come delle vere e proprie spie alla Team Fortress 2, mimetizzandosi con l’ambiente, imbracciando armi di piccolo calibro o corpo a corpo e freddando i nostri avversari alle spalle.

Potrete quindi decidere se prendere di punta gli scontri, cercando di liberare una zona infestata di nemici, al fine di sottrarre loro il bottino o, molto più subdolamente, potrete seguire da lontano i vostri avversari, nascosti nell’ombra, aspettare che si distraggano e colpirli alle spalle privandoli di tutto ciò che si erano sudati fino a quel momento.

Che giocatori sarete?

Oh, sviluppatori innamorati

La cura del sound

Sono tanti i modi di esaminare un gioco e, se è vero che in buona parte il giudizio dipende da chi giudica, è anche vero che molto spesso alcuni fattori esogeni al gioco stesso, possono permettere di capire meglio l’essenza del titolo che si ha sotto mano.

Non dimentichiamo mai infatti, che un videogioco è un’opera creata da esseri umani, uomini e donne che passano mesi, anni della loro vita a sviluppare con più o meno cura quel titolo che poi, verrà magari giudicato da un trailer di un minuto.

Certo, esistono molti titolo “impersonali”, in cui gli sviluppatori si limitano ad essere mestieranti che vogliono portare a casa la pagnotta e non c’è assolutamente nulla di male in questo. The Finals però, non rientra in questa casistica.

Facendo un giro veloce sul sito di Embark Studios, si possono trovare degli interessanti making of di The Finals che aiutano a capire quanto amore ci sia dietro allo sviluppo di questo titolo. Molto interessante è, ad esempio, vedere lo studio realizzato presso dei magazzini abbandonati in Svezia negli anni ’50 del ‘900 (periodo di industrializzazione del paese), per quanto riguardo il sound design dei colpi.

Armati di microfoni e armi da fuoco, gli sviluppatori hanno passato giorni interi in questa location, cercando di riprodurre tutte le possibili situazioni in gioco, cercando di ottenere dei riferimenti reali per spari in spazi aperti, spazi chiusi, spazi aperti con poca o molta eco, colpi su vari tipi di superficie e con vari tipi di armi, dalle mitragliette ai mitraglioni.

Vedere la passione con cui hanno cercato di curare il sound design, rituffarsi in gioco e sentire proprio quella cura sprigionarsi da ogni singolo proiettile esploso, riesce a scaldare il cuore. In un’epoca di disillusione videoludica, in cui guardare al capello per riversare livore contro lo sviluppatore di turno e in cui anche gli sviluppatori che più sembravano inattaccabili, commettono errori che smuovono il parere delle community (vedi CD Projekt Red con Cyberpunk 2077), assistere ad una tale dimostrazione d’amore verso il proprio videogioco, che porta effettivamente ad uno sviluppo intelligente e solido, scioglierebbe il cuore anche del recensore più spietato.

Classi e Build

Il mio bel pesantone

La struttura di The Finals, come detto, riprende un po’ da questo e un po’ da quell’esponente del genere FPS.

Potrete infatti approcciarvi al gioco scegliendo una delle tre classi disponibili. Ogni classe avrà delle sue caratteristiche peculiari che ne inficeranno sia il movimento che l’equipaggiamento. E ovviamente, ogni classe avrà a disposizione un’abilità speciale unica e irreplicabile dalle altre classi.

Vediamo più nel dettaglio quali sono queste classi e come consigliamo di approcciarvi ad esse.

  • Light: no, non stiamo parlando di Death Note. Il Light è la classe “spia”. Non è dotata di molti punti vita ebasa il suo modo di lottare non sul logoramento ma sugli assalti a sorpresa. Le sue armi sono leggere e comprendono pistole silenziate, coltelli, mitragliette e qualunque altro arnese possa essere maneggiato con una mano. Ha inoltre la possibilità di usare degli strumenti che gli permettono di vedere al buio o di creare dei diversivi, come ad esempio le granate fumogene. La sua abilità speciale è quella di diventare invisibile per una manciata di secondi, tanto da permettergli di assalire alle spalle i suoi nemici. Consigliamo di giocarlo una volta che si è acquisita una buona conoscenza delle mappe e dei nascondigli. Anche se non è proprio il tipo di gioco in cui camperare è anche solo lontanamente immaginabile.
  • Medium: in media stat virtus + la sentenza postualata dai seguaci medievale della scuola aristotelica. E incredibilente, si confà perfettamente alla classe Medium. Si tratta di quella classe che, in altri titolo, verrebbe definita “Support”. Imbraccia armi più pesanti del Light come ad esempio l’AK come arma di partenza. Avere un medium in squadra è essenziale per due motivi: è l’unico con capacità curative, cosa che in situazioni di scontro concitato e cruento può fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta; può posizionare oggetti che facilitano il movimento per la mappa come ad esempio rampini, utili a raggiungere i tetti dei palazzi o trampolini futuristici, in grado di saltare imponenti voragini. La sua abilità speciale permette l’utilizzo di un cannone spara-cure, così da poter seguire molto da vicino uno scontro, permettendo ai propri compagni una continua rigenerazione della salute (un po’ come Mercy in Overwatch o il Medico di Team Fortress 2).
  • Heavy: arriviamo al pezzo… duro. La smetto. L’Heavy svolge una doppia funzione facendo sia da tank grazie ai suoi elevati punti vita, sia da DPS grazie ad un assortimento di armi in grado di cagionare grandi danni. La prima arma che si avrà a disposizione sarà un mitraglione pesante, con una cadenza di fuoco abbastanza elevata. Andando avanti sarà possibile sbloccare altri equipaggiamenti come ad esempio il lancia granate o il lanciafiamme (per ora, una delle armi più sbilanciate, ma ne parleremo più avanti). Il compito di chi giocherà un Heavy sarà cercare di creare un muro di fuoco per i propri compagni, durante la presa del denaro. Per farlo, avrà a disposizione una serie di gadget come un lanciarazzi, del C4 o, più semplicemente, delle barricate dietro cui ripararsi prima di ricoprire i nemici di piombo. E per gli amanti del contatto fisico, divertitevi pure a fracassare le teste degli avversari con un bel martellone (bbbbuscio de culo). La sua abilità speciale è una carica arrabbiata che travolge i nemici, francamente abbastanza inutile rispetto a quelle dei suoi compagni.

Queste sono le tre classi del gioco. Ovviamente, dalla breve prova che abbiamo affrontato, non possiamo effettivamente parlare con profondità di tutte le opzioni che ognuna di queste offre. Ciò che è certo è che di opzioni ce ne sono tante e che, semplicemente continuando a giocare, potrete avere pian piano accesso a tutte.

Per gli appassionati di personalizzazione poi, il gioco propone un editor relativamente approfondito, considerando la natura del gioco che non ne richiederebbe nemmeno. Potrete personalizzare visivamente sia il vostro personaggio, sia la vostra build, cambiando skin ad armi e gadget. Non è nulla di incredibile ma è un plus ben accetto.

L’importanza del gioco di squadra

Big Splash!

In base a quanto appena detto, ci si rende conto di che tipo di gioco sia The Finals.
Avere successo nel completare gli obiettivi in game, dipenderà da tanti fattori personali che possono essere la conoscenza del proprio operatore, delle mappe e dei gadget ma, ciò che mai dovrà mancare per arrivare alla vittoria, sarà il gioco di squadra.

Giocare The Finals da soli è sicuramente possibile. Il gioco è comunque estremamente dinamico, riuscendo a catapultare il giocatore in un parco giochi fatto di esplosioni, colori e spari, tutto con la finezza stilistica e tattica che solo il Rainbow Six: Siege dei tempi d’oro riusciva a regalare.

Tuttavia, dopo aver provato il gioco per diverse ore, ci rendiamo conto che la componente multiplayer è essenziale nella comprensione dell’opera. Non si tratta di una caratteristica semplicemente numerica come può ravvisarsi in un Fortnite o un COD Warzone dove l’essere in singolo o in due o tre, cambia solo il numero di amici che riesci a coinvolgere nelle ore di divertimento che il gioco offre.

The Finals fa della collaborazione un’arma extra in mano ai giocatori più attenti. Una squadra ben amalgamata ed oliata, potrebbe tranquillamente trovarsi in condizioni favorevoli, riuscendo a identificare i pericoli sulla mappa, costruendo ripari per i propri compagni, utilizzando l’estrema distruttibilità della mappa non solo per nuocere agli avversari ma per creare vie di fuga alternative.

Un buon Heavy può caricarsi il peso offensivo della squadra mentre un buon medium continua a curarlo alle spalle, tutto ciò per fare da diversivo ad un Light che prontamente coglierebbe alle spalle i nemici più disattenti.

Considerata la vasta gamma di gadget a disposizione dei giocatori e la vasta malleabilità della mappa, il consiglio migliore che ci sentiamo di dare a chi si approccerà al gioco, è di non sentirsi ingabbiato in regole troppo stringenti.

Liberate la fantasia e cercate di godere al meglio di tutte le possibilità che il titolo offre.

Che problemi ci sono?

Eccolo qua il lanciafiamme, eccolo

Al netto del fatto che quella da noi provata è una closed Beta, che non rappresenta quindi in pieno quello che sarà il gioco finito, possiamo tranquillamente affermare che il lavoro fatto da Embark Studios, non è per niente male.

Giocato su PC, con una configurazione medio-alta, il titolo risponde bene, offrendo una buona resa grafica, un’ottima tenuta dei frame per secondo (fissi a 60 durante la nostra prova), presentando leggeri e sporadici problemi di struttering. Nulla che infici la fruizione del gioco che, anzi, mouse alla mano, risulta estremamente gradevole.

Tra le caratteristiche più problematiche, vi sono la distribuzione dell’audio in cuffia e lo shooting. Ma spieghiamo per bene, evitando fraintendimenti.

L’audio in cuffia risulta abbastanza pulito, ogni suono riesce, dopo un po’ d’esperienza, a rendersi riconoscibile, riuscendo a trasmettere immediatamente al giocatore la sensazione di ciò che sta accadendo. Che si tratti di un’esplosione, di un tipo particolare di granata o di un particolare tipo di arma, dopo qualche partita riusciremo a distinguere abbastanza chiaramente di cosa si tratta e, più o meno, del suo posizionamento nello spazio.

E dico “più o meno”, proprio in nome di quel problema enunciato poco sopra.
In cuffia infatti, non sempre sarà facile riuscire a capire dove i rumori sono localizzati nello spazio. Più volte ci siamo trovati al centro di situazioni che pensavamo fossero a palazzi di distanza da noi. Una spiegazione può essere data dal fatto che la distruttività sia estrema e, per tanto, il suono deve adattarsi secondo per secondo a risposte dinamiche diverse.

Si può passare in un secondo dallo spararsi tra le mura di un palazzo a tirare giù quelle mura a colpi di granate, creando tutto un nuovo ambiente in cui il suono dovrà propagarsi. Altre volte, a rappresentare un problema sono i passi degli altri giocatori, che potranno sembrare ora subito accanto a noi, ora lontani metri e metri. Più volte è capitato di essere colti alle spalle da un Heavy dal passo sgraziato, senza però ravvisare alcun rumore vicino a noi.

Considerato però il minuzioso lavoro svolto proprio riguardo ai suoni delle armi e ambientali, contiamo che i ragazzi di Embark riusciranno a risolvere questo piccolo problema, che comunque non compromette troppo la bellezza del gioco.

Per quanto riguarda lo shooting, le sensazioni richiamano certamente quel Battlefield che tanto ha forgiato gli sviluppatori. Il tipo di gioco però è estremamente diverso, dinamicamente molto più accelerato.

Lo shooting ha una buona risposta mouse alla mano, riuscendo a restituire abbastanza dignitosamente la pesantezza degli armamenti (non siamo ai livelli di Battlefiled, certo), tuttavia, il problema più grande si ha in modalità mira.

Quando si mira, la schermata viene eccessivamente occlusa, cosa che potrebbe andare bene in FPS più tattici come un Rainbow Six: Siege o un Ready Or Not, ma in un titolo come The Finals, molto veloce e frenetico, tutto ciò potrebbe rappresentare un handicap non da poco.

Si insomma, nella sfida tra un Heavy col mitraglione e un Light col coltellino che ti corre addosso, l’Heavy è un uomo morto.

A ciò si aggiunge lo squilibrio che certe armi danno al gioco che, altrimenti, parrebbe perfettamente bilanciato. Nelle nostre non troppe ore di prova, l’arma che più ci ha fatti penare incontrandola in mano ad avversari e che più ci ha regalato gioie imbracciandola, è il lanciafiamme. Oltre a cagionare un danno estremo ad una distanza anche abbastanza elevata, infligge ai nemici colpiti un d.o.t. (damage over time) che li arde vivi per qualche secondo. Oltre a tutto ciò la confusione generata dalle fiamme a schermo rende impossibile per il giocatore colpito capire cosa diavolo stia succedendo, condannadolo a morte certa.

Anche in questo caso però, sentiamo di poter dare fiducia ad Embark che, al netto di questi errori, abbastnza classici in una Beta che farà del parere della community un tassello sicuramente importante, propone un gioco dalla struttura molto solida che fa tornare una voglia un po’ appassita, di racimolare quei due amici con cui costruire tattiche su tattiche, buttandosi ripetutamente palazzi che crollano e proiettili che fischiano nell’aria.

Qual è il pubblico di The Finals?

Kissini spaziali

La perplessità che più ha pervaso le ore di Beta, è stata riguardo al pubblico a cui il gioco si rivolge. Per chi si approccia per la prima volta, dall’esterno, The Finals appare come un gioco molto indirizzato al casual gaming, riuscendo a rendersi godibile attraverso alcuni stratagemmi parecchio accattivanti.

Tuttavia, basta giocare qualche ora per rendersi conto di quanto il casual gaming sia lontano dalle intenzioni degli sviluppatori. La costruzione della tattica richiede ore di studio della mappa, se si vuole arrivare a livelli di soddisfacente competitività. Ciò significa che solo passandoci ore, si riuscirà a diventare estremamente efficienti.

Ciò non vuol dire che giocando in maniera più sporadica, non ci si riesca a divertire. Bisogna sempre ricordare come il titolo sia inteso come quell’enorme parco giochi dove è possibile distruggere qualunque cosa con un lanciarazzi.

Tuttavia, si corre il rischio di giocare, solo per ritrovarsi in un infinito loop di morte e rinascita. Questo perché, al netto di tutto, non si può risolvere tutto con un semplice colpo di cannone ma serve capire bene dove puntare quel cannone e quando farlo. E se non si conoscono le mappe o il team non si dimostra capace di organizzare una tattica, anche senza dialogare ma semplicemente leggendo le situazioni a schermo e rispondendo di conseguenza, l’esperienza potrebbe non essere delle più rosee.

Consigliamo quindi di armarsi sia di pazienza che di un team di compagni fidati, con cui espugnare ogni cassaforte, non prima di aver elaborato un piano immediato ma efficace, soprattutto se vorrete competere in modalità Tournament.

Conclusioni sospese

Grande team

The Finals è quel lavoro che nessuno pensava di volere, fin quando non è arrivato. Per molti figli videoludici dell’ultimo decennio, potrà sembrare un rimpasto delle ormai superate battle royale, con l’aggiunta di qualche dinamica extra. The Finals è però molto più simile ad un death match in stile Call of Duty, con quel pizzico di Rainbow Six: Siege misto a Team Fortress 2, e una spruzzatina di OPay Day. Ripesca quindi da stilemi molti più vetusti delle battle royale, riuscendo ad offrire un elevato grado di sfida e di studio. La distruttibilità di (quasi) ogni parte di mappa, la verticalità degli spostamenti, la pesantezza dello shooting e il dinamismo generale, rendono The Finals un ottimo candidato a diventare nuova materia di assuefazione e discussione, per tutto quello che sarà il mondo degli FPS da qui a qualche anno. Aspettiamo impazientemente l’uscita del gioco, nonostante non ci sia ancora una data precisa. Siamo abbastanza sicuri però, anche da quanto detto dagli sviluppatori durante le presentazioni del gioco, che potrebbe arrivare già in questo 2023.

This post was published on 18 Marzo 2023 12:30

Pietro Falzone

Redattore Appassionato di videogiochi sin dal sempre più lontano 2002, quando per festeggiare i 5 anni ricevette una copia di Crash Bandicoot per la prima PlayStation. Il richiamo dell'avventura digitale lo fece innamorare di un mondo fatto di pixel, più o meno definiti. E l'amore non si è mai fermato. Inizia così a tastare tutti gli aspetti del mondo videoludico. Tra le sue più grandi passioni, si piazzano in ordine gli MMORPG (con sempre meno per giocarli, purtroppo), gli sparatutto in prima persona e, doprattutto, giochi di ruolo single player. Così si spiegano le più di mille ore, spalmate sui vari titoli From Software, da Demon's Souls in poi. Dalla fine delle medie, scopre una nuova passione: la scrittura. E come se non bastasse, scopre che nel mondo c'è chi scrive riguardo ai videogiochi, come se fosse un lavoro vero. Cosa fare di due passioni del genere dunque? Inizia così la ricerca disperata del giusto vascello, che riuscisse a convogliare voglia di fare, idee e tempo. Dopo un periodo passato a peregrinare, tra siti e sitarelli, approda su Player.it dove trova una casa in cui convogliare idee e spunti, al fianco di un team solido e costruttivo.

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