In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Facendo un piccolo sforzo prima di immergervi nella lettura, provate a fare un esercizio. Pensate a quella serie TV o a quel film che adorate. Magari conoscete le battute a memoria, riuscite a recitarle dietro agli attori, riuscite ad identificare le situazioni a schermo anche senza vederle. Pensate a quella serie o a quel film in cui riuscite ad associare anche solo un rumore di sottofondo ad un ricordo ben preciso. Quella serie che conoscete a memoria e che non vi richiede tanto sforzo per essere seguita.
Fatto? Bene. Adesso, con quella serie o con quel film in sottofondo, procedete pure ad aprire e giocare I Am Jesus Christ. Forse così, riuscirete a non annoiarvi già dai primi minuti di gioco.
I Am Jesus Christ PROLOGUE è un gioco sviluppato da SimulaM, studio indipendente che si carica dell’annoso compito di raccontare le origini e la vita di una delle figure più importanti della storia dell’umanità, a prescindere da quale possa essere la fede di ognuno di noi: Gesù Cristo. Il nostro provato è una demo della durata di circa un’ora.
Creare un gioco con simili premesse non è mai facile e, tendenzialmente, gli sviluppatori corrono il rischio di sbilanciarsi su due lati, totalmente opposti, a seconda dell’esperienza che vogliono offrire: potrebbero finire col creare un gioco fedele e rispettoso del personaggio e della mitologia o religione di riferimento, con l’intento di espandere col medium videoludico determinate figure, che ancora oggi ricoprono ruoli importanti nella spiritualità di molte persone.
Oppure, il gioco può diventare un pretesto per fare facile ironia su tematiche che in molti ambiti sono ritenute uno dei punti fissi su cui scherzare. Pensiamo alla stand-up comedy in cui la religione, insieme al sesso e alla politica rappresenta un punto su cui si imperniano la maggior parte dei monologhisti comici.
Maneggiare la vita di Gesù Cristo, tra vangeli e fonti apocrife può sicuramente risultare stimolante ma, davanti al bivio tra ironia e rispetto, cos’avrà prevalso nelle intenzioni degli sviluppatori?
Raccontare la storia di un personaggio come Gesù Cristo può risultare interessante a prescindere da quale sia il nostro credo: per un fedele cristiano, può palesarsi la possibilità di rivivere con fini propedeutici, la vita del figlio di Dio, dell’incarnazione di Dio tra gli uomini capace di estirpare il male dal mondo, facendo proselitismo e predicando il bene.
Per chi non è credente o professa culti differenti, il racconto della vita di Gesù di Nazareth potrebbe essere un importante excursus storico nella Palestina degli anni che vanno da circa il 6a.C al 40 d.C.: una terra martoriata da dominazioni infelici come quella di Erode, sovrano descritto dallo storico ebraico Tito Flavio Giuseppe come dispotico e crudele; una terra che trova in Gesù un simbolo di rinascita, un’ideologia fondata sull’amore e il perdono.
Un rivoluzionario molti direbbero, laddove il termine rivoluzione indica la volontà di generare un cambiamento che sovverta l’ordina costituito. Un uomo che, aldilà di ogni santità, ha lottato e dato la vita per un’ideale che potremmo tranquillamente definire politico, laddove “politico” è inteso con accezione greca ovvero come forma d’attenzione alla vita della propria città o regione.
La Palestina entro cui si muoveva Gesù era un luogo in cui i poteri politici costituiti, quelli di Sommi Sacerdoti, Scribi e Anziani, erano considerati l’unico verbo su cui fare affidamento. Una Palestina in cui lui veniva visto male, dato che già molto prima della sua morte aveva generato disordini al tempio, infrangendo la legge, senza mai scadere nella violenza.
E con tutto questo materiale, la strada che lo studio SimulaM sceglie di percorrere è l’ignavia. Scelgono di non Scegliere da quale lato schierarsi: se esplorare il lato santo e mistico o il lato più umano, non riuscendo ovviamente nemmeno in un’impresa ancor più ardua che potrebbe essere l’intreccio tra i due lati del racconto.
E come se non bastasse, non riescono nemmeno ad indirizzare per bene la dicotomia ironia/serietà. A causa di un comparto tecnico scarso, per usare un eufemismo (ne parleremo), I Am Jesus Christ risulta grottesco e raffazzonato, con situazioni che provocano reazioni involontariamente ilari. Ma dal taglio che le cut scene sembrano dare al gioco, la tendenza sembrerebbe quella di voler creare un racconto serio, una narrazione verosimile dei momenti più importanti nella vita del Figlio di Dio.
Un gioco che non è serio, che non è un meme, sa solo ciò che non è.
Un ulteriore problema di coerenza si pone, già dal filmato introduttivo. La cut scene iniziale si apre infatti con la presentazione dell’universo. Cioè, del nostro universo ovviamente, l’universo creato da Dio. Il problema, che in realtà è un mero filosofeggiare sulle Sacre Scritture, si ha nel momento in cui vengono mostrati i dinosauri.
Mostrare i dinosauri e mostrare come la terra fosse in principio dominata da questi essere enormi, di cui oggi ci restano solo fossili, significa portare avanti un discorso che vuole la conciliazione della teoria creazionista e di quella evoluzionista formulata da Charles Darwin nel 1858.
Di per sé non sarebbe nemmeno una scelta sbagliata, sarebbe semplicemente una scelta. Sarebbe stupido attribuire ad una scelta del genere, un aggettivo di merito. Tuttavia, un problema di natura filosofica si pone nel momento in cui il gioco inizia a “parlare” citando frasi dei quattro vangeli del nuovo testamento.
E il problema più grosso arriva col vangelo di Giovanni. La voce narrante inizia a recitare “Giovanni 1:1” ovvero “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio“. Dato che ogni parola ha un suo peso specifico, citare una frase del genere significa assodare che Dio è il primo motore immobile da cui tutto si genera e che, quindi, nulla era mai esistito prima.
Il versetto di Giovanni non indica solo il Dio che si fa uomo, ma il Dio creatore, corroborando de facto la teoria creazionista. E quindi, ancora una volta, il gioco non sa assolutamente dove collocarsi nemmeno in quella che sarebbe dovuta essere la prima questione da dirimere per indirizzare la storia e portarla ad essere un racconto del Santo o dell’Uomo.
Ancora una volta, si nota come l’unica cosa interessante del gioco sia il titolo ma se si è giocatori che cercano un determinato livello di approfondimento da un videogioco, sappiate che rimarrete delusi.
Certo, è una questione che potrebbe interessare a molta poca gente, ma che fastidio.
Manco a farla a posta, di recente su Disney+ è uscita la quarta stagione delle serie italiana Boris. Senza spoilerare nulla sulla serie o sulla quarta stagione, è quanto meno bizzarro vedere come I Am Jesus Christ sembri un’estrinsecazione della serie TV.
Nella quarta stagione di Boris infatti, una troupe si ritrova a dover girare un serial sulla vita di Gesù, affrontando fin troppo spesso il problema della mancanza di fondi e risolvendo molte situazioni con la tecnica del O’Dimo (espressione romanesca che significa “lo diciamo”). La tecnica consiste nel far raccontare a voce avvenimenti che non possono essere messi in scena, vista l’esiguità del budget.
E incredibilmente, è questa la più grande analogia tra Boris 4 e I Am Jesus Christ. Nel gioco vengono raccontati alcuni dei fatti che più hanno contraddistinto la vita di Gesù eppure, nonostante il gioco sia in prima persona, cosa che potrebbe permetterci d’immedesimarci ancor di più con la narrazione, tutto sarà raccontato con dei filmati in computer grafica, animati poco e male e narrati da una voce fuoricampo.
E quando tutto il fatto ci sarà stato raccontato, che si tratti di un miracolo o di un evento particolare, noi rivivremo la scena appena raccontataci giocandola in prima persona, in un maniera così esigua e scarna che ringrazieremo quei filmati per averci dato almeno l’illusione di star assistendo ad un racconto vero e proprio.
Per non parlare di alcune sezioni che lasciano a bocca aperta per i motivi più sbagliati come ad esempio il filmato subito successivo alla boss fight contro Satana. Dopo aver affrontato e battuto il Diavolo durante la nostra peregrinazione nel deserto, costui, iracondo, vorrà farcela pagare e inizierà a diffondersi tra la popolazione come un virus.
E tutto questo noi lo vivremo direttamente in prima persona, nei panni del Diavolo, in una delle più aberranti e sconclusionate sequenze video mai viste in un videogioco. Giusto per intenderci, l’ultima cosa che il Diavolo farà dopo averci giurato vendetta spargendo la malvagità nei cuori delle persone, sarà una risata malefica tra le più stereotipate che il voice acting abbia mai conosciuto.
E ancora, ritorna il problema del dove collocare idealmente I Am Jesus Christ: gioco biografico quanto più fedele possibile al netto dei mezzi poveri o racconto in chiave ironica e grottesca?
I Am Jesus Christ, almeno nella scarsa oretta di prologo che provata, prova a raccontare alcuni dei fatti più importanti della vita di Gesù come ad esempio il battesimo praticatogli da Giovanni nel fiume Giordano, le nozze a Cana, i 40 giorni di peregrinazione nel deserto e altri dettagli più o meno interessanti.
Tuttavia gli sviluppatori, forse resisi conto dei loro limiti tecnici e della frammentazione della vita di Gesù che poco si prestava ad un adattamento videoludico, si sono ritrovati a dover fare minutaggio nella maniera più stupida possibile.
Le missioni di I Am Jesus Christ infatti per la maggior parte, sono fatte di soli dialoghi e totale assenza di vero gameplay, riducendo tutto ad un “vai a parlare con -inserire nome-“. Con un gameplay del genere, è ovvio che la longevità ne risentirebbe e quindi per allungare il brodo, i punti d’interesse, gli npc con cui dovremo interagire saranno dislocati in zone lontanissime tra di loro che richiederanno minuti interi per essere raggiunte.
Si parla di un paio di minuti a botta di camminata totalmente vuota, in un mondo di gioco spoglio e noioso, senza che sia necessario esplorare o deviare dal percorso. E quando la cosa è ripetuta per ogni missione, si finisce col sentirsi presi in giro.
Andare da punto A a punto B solo per parlare con un npc che non ti dirà nulla di interessante solo per poi dover tornare a punto A a riferire quel nulla ad un altro npc che, di nuovo, ti dirà niente di interessante. Non è divertente, non è appagante, non ti incoraggia a seguire la storia, non ti lascia assolutamente nulla.
Quando invece ci sono le sezioni di vero gameplay… il gioco non migliora. In quanto figli di Dio, saremo dotati di alcuni poteri come, ad esempio, lo Spirito Santo. Guadagneremo l’utilizzo dello Spirito Santo dopo 39 giorni nel deserto, camminando in dei cerchi di luce in cui Dio sotto forma di raggio di luce e con voce femminile, ci spiegherà come usarlo.
La meccanica è molto simile a quella dei giochi di Dragon Ball per la prima e la seconda Playstation: ricarichi in autonomia la barra del mana e poi usi due tipi di attacchi. Con la mano destra spareremo un raggio che attirerà più vicini a noi i nemici e li immobilizzerà, così da rendere più semplice colpirli; con la mano sinistra emetteremo un’ondata di potere che fungerà da parry e ci permetterà di rispedire al mittente gli attacchi.
Vi saranno poi delle sezioni dove dovremo estirpare il male da una determinata zona, distruggendo dei cristalli di… malvagità, credo. Quello che potrebbe quindi configurarsi come una sorta di puzzle ambientale, diventa totalmente inutile poiché tutti i cristalli da disattivare saranno disposti uno accanto all’altro.
Tutto ciò che dovremo fare sarà avvicinarci ad un cristallo per volta, usare su di esso lo Spirito Santo per circa 5 secondi e poi rivendicare la zona, dichiarandola purificata dal peccato.
A livello di gameplay dunque, non c’è una singola sezione salvabile o che permetta di intravedere buone idee che potrebbero portare il gioco ad intrattenere.
La prima cosa che ci sentiamo di consigliarvi a riguardo è di non giocare col pad. La precisione ne risentirà incredibilmente, rendendo frustrante ogni singolo movimento in combat. Facendo una piccola digressione proprio sul pad, vi anticipiamo che nella build PC da noi provata, l’uso del pad sembra essere stato implementato in maniera fin troppo approssimativa.
Nonostante il pad fosse collegato, la configurazione dei comandi e i prompt che figuravano a schermo, restavano con i tasti della tastiera rendendo ostico capire quale pulsante facesse cosa. Anche esplorando tra le varie impostazioni, non è stato possibile cambiare questa impostazione. E parlando di menù, nonostante il pad ci permettesse di giocare più o meno tranquillamente, non ci era possibile navigare i vari menù di gioco né mettere in pausa, se non da tastiera.
Non si parla nemmeno di game design dunque, visto che i problemi iniziano già all’apertura del gioco. Si respira un’aria d’instabilità sotto mano che, sicuramente, non conferisce al titolo quella forza che un gioco dovrebbe avere per far affezionare il giocatore, pronto ad essere stupito.
Tecnicamente, I Am Jesus Christ è spaventosamente irritante. Non c’è veramente nulla nel gioco che sembri essere stato sviluppato nel 2022. A partire dai modelli poligonali, molto spesso riutilizzati per vari personaggi, piatti da far paura. Gli npc sembreranno dei cartonati, dei placeholder. Ci sarebbe poi da chiedersi perché dare la possibilità d’interagire con tutti quando la maggior parte dei dialoghi si risolverà con un “Nothing, sorry”.
La maggior parte delle superfici del gioco è in bassissima risoluzione, dando un feeling che si potrebbe definire retro ma che forse è più giusto additare come economico.
Il punto più basso è forse raggiunto dalle ambientazioni: spogli paesaggi che alternano lievi sfumature di marrone a timide sfumature verdi, con forte predominanza di collinette di sabbia e case d’argilla, intervallate da sporadici alberi bidimensionali, anche questi in bassa risoluzione.
A rendere tutto ancora più tedioso sarà l’assenza di molti suoni ambientali come ad esempio quello del salto, cosa che contribuirà alla mancanza di percezione della fisicità nel nostro Gesù. Il mix audio risulta pessimo, con suoni a volumi bassi ed altri con picchi da far paura, come ad esempio il crepitio del fuoco o alcune sezioni di voce fuori campo.
La meccanica che darà probabilmente più fastidio però sarà quella dei testi del vangelo che sbucano fuori dal nulla, con l’aspetto di scritte infuocate fluttuanti. Come fossero un’esplosione, queste scritte verranno lette e recitate dalla ridondante voce fuori campo, con l’intento forse di calarci maggiormente nell’atmosfera generale dell’opera, ma fallendo miseramente. La sensazione è più simile a quella che provoca un jumpscare.
Unica nota di vero merito è la colonna sonora che in certi frangenti non solo è azzeccata ma ricorda alcuni passaggi delle composizioni di Susumu Hirasawa, famoso compositore giapponese. Il problema però, ancora una volta, è il mix audio e la totale mancanza di pensiero d’insieme della colonna sonora. La sensazione che si ha è che ogni brano si stato mixato senza curarsi degli altri, per pi buttare tutto nel gioco senza un controllo dei livelli audio.
I Am Jesus Christ PROLOGUE è una delle più cocenti delusioni di questo 2022. Dopo aver detato scalpore anche in chi i videogiochi non li mastica, con la promessa di rappresentare la vita di Gesù, di “diventare il Messia”, le aspettative erano decisamente alte, tenendo comunque conto di aver a che fare con un indie. Gli aspetti sotto cui pecca però, lo rendono decisamente indifendibile e non creano forti aspettative e speranze per il gioco completo che dovrebbe uscire, secondo indiscrezioni, a fine del 2023. Dopo 40 minuti di perenigrazione nel mondo di gioco, anche noi ci sentiamo tentati da una presenza oscura che ci spinge, sovente, a disinstallare il titolo. Tra qualche anno, ripensandoci, magari potrebbe anche strapparci una risata.
This post was published on 28 Dicembre 2022 18:30
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