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Blacktail | Anteprima (PC) | Una fiaba alla scoperta della Baba Yaga

C’era una volta… una ragazzina di nome Yaga. Yaga non era molto ben voluta nel suo villaggio perché, a differenza degli altri bambini, aveva delle strane cicatrici in faccia che cercava di coprire con un’inquietante maschera. Una persona però le stava sempre accanto, una persona su cui sempre avrebbe potuto contare: sua sorella gemella Zora. Anche quando le cose si mettevano male, le due sorelle sapevano di potersi rivedere ai piedi della grande Quercia Rossa, il loro posto sereno, dove tutti i mali sarebbero stati sconfitti. Un giorno però, dal villaggio iniziarono a sparire tanti bambini, inoltratisi nella foresta e mai più tornati. Tutti incolparono Yaga ma lei non ne capiva il motivo. Era solo una bambina e solo sua sorella si prestava a difenderla, cercando di placare la folla inferocita. Un giorno però Zora sparì. Al villaggio incolparono Yaga che fece una promessa: sarebbe andata via da quel villaggio e sarebbe ritornata solo dopo aver ritrovato Zora.

La Quercia o la Capanna?

Il mondo delle favole raccoglie in sé, alternativamente, delicatezza e inquietudine. Ciò che rassicura il lettore è la certezza data dalla vittoria dei buoni sui malvagi. Ciò che invece potrebbe spiazzare, sarebbe avere tra le mani le sorti di un personaggio le cui storie sono già state scritte e reinterpretate, ma di cui si ignorano le origini.

Blacktail è l’opera prima di THE PARASIGHT, software house polacca indipendente che si carica sulle spalle l’emotivamente oneroso racconto delle origini di uno dei personaggi che da sempre condisce il folklore mitologico slavo: Baba Yaga. La vecchia signora, che nelle favole della tradizione russa viene rappresentata come una strega mangia bambini, diventa in Blacktail una scintilla per raccontare una storia, forse inedita, forse no.

Per chiunque sia appassionato di mitologia e filosofia slave, Blacktail assume un carattere da non sottovalutare, ce ne sarà da dire e vedere.

Una mitologia irreperibile

La Baba Yaga in tutto il suo splendore

Per come viene presentato, Blacktail nasce per essere fruito da quanta più gente possibile attorno al mondo, insistendo su tematiche che in un modo o nell’altro riguardano tanti di noi: l’amicizia, l’abbandono, l’amore di un familiare, la scelta della buona o della cattiva strada. Ed effettivamente il racconto procede in maniera piuttosto diretta, nonostante l’infinità di misteri a cui dovremo cercare di dare delle risposte.

Tuttavia, giocare senza avere una solida base di mitologia slava, risulterà affascinante ma sentiremo che ciò che l’ambientazione cerca di raccontarci, non ci arriverà in pieno. Considerando quello che è lo stile artistico, di cui parleremo più avanti, ogni frame può avere tanto da dire ed è qualcosa che anche l’occhio di un profano noterà. L’effetto che potrebbe far scaturire è un’estrema voglia di sapere, di ricercare quanto più possibile le influenze assorbite dalle varie mitologie, su tutte quella russa e quella polacca.

Ed è incredibile notare come reperire informazioni a riguardo sia ostico. Un po’ dovuto sicuramente a traduzioni mai realizzate dagli occidentali che raramente hanno visto di buon occhio ciò che l’enorme continente slavo aveva da offrire. Un po’ perché molto di quello che è il folklore slavo, fino ad un certo momento della loro storia, all’incirca sino all’avvento del cristianesimo a cavallo dell’anno 1000, veniva tramandato oralmente.

Una ricerca approfondita può però darci delle coordinate che potrebbero permetterci di muovere dei passi più solidi alla scoperta di miti che, forse, mai abbiamo sentito nominare. Lo scrittore e folklorista russo Vladimir Propp è stato tra i più grandi studiosi a riguardo ed è riuscito a collocare temporalmente i primi miti slavi a certi riti d’iniziazione del neolitico . Propp era consapevole dell’inconsistenza di fonti che i miti slavi portavano con loro e cercò per tanto di creare un modus legendi.

Nella sua opera più importante, La Morfologia della Fiaba pubblicata a Leningrado nel 1928 ed arrivata in Europa solo nel 1958, Propp propone trentuno “funzioni”, degli elementi che a suo dire si ripetono ciclicamente nei racconti slavi e che possono aiutare ad identificarli. In Blacktail non mancano riferimenti a questo modo di percepire la fiaba: tra le funzioni di Propp che è possibile ravvisare abbiamo, in ordine, l’allontanamento, con Yaga che va via dal villaggio; il divieto che Yaga si autoimpone ovvero non tornare al villaggio finché non avrà ritrovato la sorella; la ricognizione di informazioni che Yaga svolgerà rivolgendosi ai funghi parlanti che incontrerà sul suo cammino. E queste sono solo alcune delle funzioni ravvisate di cui ci sembra il caso di parlarvi, senza però andare oltre per evitare di rivelarvi troppo.

A livello invece di mera raccolta di racconti, in maniera antologica ed organizzata, dobbiamo andare indietro fino al 1855 all’opera di Alexander Afanasyev, il cui titolo in occidente è Russian Folk Tales in cui sono riportati tanti miti slavi, tra cui l’incredibile storia di Baba Yaga e Vassilissa la Bella, una sorta di Cenerentola ante litteram.

La forza della natura e dei… gatti?

Occhietti vispi

Addentrandosi nella lettura di queste opere, si possono scoprire tanti lati di questo folklore che permetteranno di vedere Blacktail con occhi totalmente diversi.

L’aspetto naturalistico ad esempio, nelle fiabe copre sempre un lato molto importante. La natura è vista come immutabile ed eterna, compagna dell’uomo ma superiore ad esso. Più volte viene evidenziato come la natura, per quanto deturpata, torna sempre allo stadio di partenza in un processo di eterno ritorno e rinascita. Ed allo stesso modo, nel gioco, ci troveremo a rinascere dopo la morte come se ci stessimo risvegliando da un incubo. Ed ugualmente faranno i nemici.

Non importa quante frecce scaglieremo su un ragno, basterà aspettare un po’ per vederlo di nuovo pendere dal soffitto. Non importa quante volte uccidiamo il Fungo Cavaliere, lui continuerà a germogliare portando con sé nuove consapevolezze, su di noi e sul mondo.

Tutto sarà coerente a livello folkloristico. Pensiamo ai gatti. I gatti in Blacktail sono degli elementi importanti in quanto fungono da teletrasporto diretto all’hub centrale. L’importanza del gatto ci arriva direttamente dalla storia di Vassilissa la Bella. La ragazza, prigioniera della Baba Yaga, si trova spesso a dialogare con un cane ed un gatto, compagni di Baba Yaga, che decidono però di aiutarla a fuggire dalle grinfie della strega. E quale metodo migliore dunque per rappresentare la benevolenza del gatto se non come colui che ci permette di tornare a casa a riposare e rinforzarci.

O ancora, il folklore polacco vuole che la capanna della Baba Yaga si trovi su di un’enorme zampa di gallina in mezzo alla foresta, mentre il folklore russo vuole che la capanna posi su due zampe. In Blacktail, oltre a trovare la capanna su un ramo molto simile nella forma alla zampa di gallina, in giro potremo trovare degli scrigni speciali a forma di piccole casupole che poggeranno proprio su due zampe di gallina.

L’intento degli sviluppatori risulta quindi chiaro. Si cerca di creare un mondo credibile composto da tutti gli elementi del folklore polacco, senza dimenticare le derive russe. Ed il risultato non delude. Prima d’immergervi nel gioco però, è consigliata una forte dose di approfondimento per riuscire a catturare la magia che anche un semplice elemento in lontananza sullo schermo può regalare.

Buoni o cattivi?

Zora e Yaga o Yaga e Zora?

Occhio alle scelte che fate in Blacktail. Da queste potrete orientare il futuro della piccola Yaga in un’inesorabile spirale, da cui sarà difficile fare ritorno.

Nel gioco è presente un sistema di karma che farà oscillare la piccola protagonista tra l’essere “buona” o “cattiva” a seconda delle azioni che compiremo e di come ci relazioneremo alla natura intorno a noi. Scoccare una freccia per far cadere un frutto da un albero troppo alto per essere raggiunto da un povero riccio affamato farà aumentare la nostra bontà. Mentire al Signor Larva sulla strada da percorrere per trovare la città farà aumentare la nostra cattiveria.

Risulta affascinante vedere come non solo le importanti scelte di trama ma anche i più fugaci incontri casuali permettano di dare il giusto peso ed orientamento al mondo, alla protagonista ed alle sue scelte. Ma bisogna fare attenzione alle nostre scelte, perché non saremo soli quando le prenderemo.

Nostra instancabile compagna di viaggio sarà una voce nella nostra testa, che noi conosceremo solo come, appunto “La Voce”. I Commenti della Voce risulteranno sempre strani, quasi fuori luogo, totalmente anti climatici rispetto all’atmosfera del gioco. Questa infatti suonerà crudele, cinica e non farà mancare il turpiloquio.

Nonostante sia una presenza molesta, Yaga sembrerà abbastanza a suo agio nell’ascoltarla. Sicuramente, quella Voce le gira in testa da molto tempo e chissà quali potrebbero essere le implicazioni che questa oscura presenza porterà nella vita della giovane.

Gameplay vario ma non centrale

Ce n’ di roba da fare

Giocare Blacktail è sicuramente un’esperienza eccitante a livello scenico ma non altrettanto a livello di gameplay. Questo action adventure con elementi survival, pecca purtroppo d’inesperienza e di cercare forse, di fare più di di quanto potrebbe.

Arco e frecce saranno le nostre armi principali ma avremo a disposizione diversi gadget, perfettamente integrati nella storia, che ci forniranno dei potenziamenti essenziali per proseguire in alcune zone. Tuttavia, si sente tanto la mancanza di una giusta fluidità che ci permetta di utilizzare i nostri arnesi in maniera sciolta durante il gameplay.

Il gioco è pensato per essere abbastanza lento nei movimenti ma sembrerà esserci mancanza di bilanciamento tra la reattività di Yaga e quella dei nemici attorno a noi. Saranno presenti manovre evasive da poter utilizzare, ma molto spesso i tempismi saranno ostici da decifrare, complice il giocare in prima persona.

Giocare in prima persona comporterà, infatti, l’impossibilità di guardarsi intorno e nonostante l’audio posizionale funzioni abbastanza bene, permettendo alle nostre orecchie di compensare la mancanza di vista periferica, sarà complicato riuscire a gestire le orde, seppur piccole. Potremmo trovarci in balia di nemici da diverse direzioni, punitivi e dalle hitbox incomprensibili.

Le hitbox sono uno dei problemi più fastidiosi del gioco. Giocare in prima persona, con un arco, renderà ogni azione lenta in quanto dovremo mirare, scoccare la freccia e ricaricare. Saranno tutte azioni fisiche, che richiederanno secondi interi per essere realizzate e ciò comporterà che se dovessimo mancare un colpo ad un nemico, questo ci correrà incontro per punirci. Il fastidio arriverà quando, anche pensando di essere ad una distanza di sicurezza, verremo colpiti.

Quelli che ci sembreranno almeno un paio di metri tra noi e il nemico, verranno computati dal gioco come pochi centimetri e ci troveremo a subire colpi fantasma. E che colpi.

Sembra chiaro che il gioco non punti a stupire lato gameplay, né ad essere ricordato come un’esperienza estremamente difficile e punitiva. Il cuore del gioco è tutt’altro. La difficoltà deriverà quindi da mancanza di agevolazioni per il giocatore, che vivrà un perenne stato d’ansia dato da colpi indecifrabili e pochi punti vita. Spesso, riusciremo a non subire danni per zone intere, ma basterà un nemico leggermente più fastidioso per venire colpiti e, spesso e volentieri, uccisi con non più di un paio di colpi.

In compenso, lo skilltree prova in tutti i modi a fornire delle alternative o dei potenziamenti per andare incontro a qualsiasi situazione ma da quel che abbiamo potuto provare, solo potenziamenti diretti hanno un effettivo peso sul gameplay come ad esempio aumentare i punti vita o il numero di frecce trasportabili.

Altre meccaniche come ad esempio richiamare una scopa che attirerà a se i nemici, distogliendo l’attenzione da noi o sbalzandoli via, sparare frecce multiple o l’uso del guanto, appaiono per ora estremamente situazionali e difficili da mettere in atto a causa della continua gestione di risorse e della reattività di Yaga.

Ci auguriamo di vedere dunque, all’uscita, miglioramenti dal punto di vista del gameplay che rendano funzionale un gioco che è già affascinante nella narrativa e nella proposta.

La natura che germoglia attorno a noi

Il platano picchiatore?

Ogni azione che vorremo compiere, sia essa un attacco, una manovra evasiva o un semplice salvataggio al checkpoint, ci costerà risorse. Potranno essere occhi, fiori, rami, piume, denti, miele. Tutto ciò con cui potremo interagire sarà utile prima o poi e nonostante ciò possa sembrare un meccanismo che occlude un po’ la libertà del giocatore, procurarsi tali risorse sarà incredibilmente semplice ed immediato.

In nome dell’eterna rinascita della natura, potremo trovare le risorse sempre dove le abbiamo raccolte la prima volta. Ciò significa che se volessimo farmare un po’ e potenziarci, in vista di nemici temibili, ci basterà imparare a conoscere l’area entro cui ci muoviamo.

Il farming non potrà comunque essere selvaggio ed infinito visto che ogni tipo di risorsa ha un massimo di unità di raccolta. Ad esempio, la legna utile a fabbricare le frecce potrà raggiungere al massimo le trenta unità trasportate. Anche la nostra faretra avrà delle limitazioni: inizialmente potremo portare con noi solo nove frecce, per poi aumentarle grazie ad alcuni perc.

Una gestione delle risorse del genere, tiene il giocatore sempre sull’attenti perché dovrà continuamente ricercare l’equilibrio nel proprio inventario. Raccogliere un materiale quando ne hai già l’inventario pieno, sarà uno spreco così come iniziare a “panic-shottare” verso nemici particolarmente resistenti, ci farà rimanere immediatamente sforniti di frecce.

La ricerca dell’equilibrio è apprezzabile ed è perfettamente in linea con quanto il gioco vuole trasmettere. La protagonista è alla ricerca di un giusto equilibrio tra bene e male e ottenere equilibrio nell’inventario sembra un’ottima metafora del concetto di equilibrio interiore che il cristianesimo ortodosso porta con sè. Come scrive l’arcivescovo Elpidophoros Lambriniadis <<Il ruolo dell’ascetismo cristiano è di ammorbidire il cuore di pietra, di offrire una qualche integrità, equilibrio e rotondità>>

L’arte di Blacktail

Le nuvole sono incredibili in sto gioco

Lo studio THE PARASIGHT propone con Blacktail uno stile che sembra richiamare i vecchi libri di fiabe pop up, con colori sgargianti e forme rotonde. Ciò che più impressiona, oltre gli incredibili sfondi che alimentano un’insaziabile voglia d’esplorare, è lo sky box.

Potrà sembrare secondario ed in teoria lo è, e forse proprio per questo vedere la cura che vi è stata riservata lascia esterrefatti. Il mondo attorno a noi vuole dare una parvenza di realismo, ovviamente con dei canoni molto cartooneschi ma cercando di dare una continuità artistica che ci permetta di renderci conto di star muovendoci in un mondo unico ma vero, pulsante di vita.

Ma levando gli occhio al cielo, noteremo subito le nuvole. Le nuove in Blacktail sembrano disegnate a mano, da un bimbo con nemmeno troppa immaginazione. Allo stesso modo il sole sarà un’entità con un volto e sarà rappresentato esattamente come un bambino lo immaginerebbe: una palla tonda con dei raggi tutti attorno.

Questi che potrebbero sembrare dei dettagli di poco conto, sono in realtà il più grande gesto d’amore che gli sviluppatori potrebbero fare verso il giocatore. Dei disegni così infantili sono l’unico elemento che ci permetterà di ricordarci che, per quanto male possa esserci a schermo, per quanto le nostre scelte non portino miglioramenti, per quanto potremmo diventare cattivi, saremo sempre dentro ad una fiaba.

E in una fiaba, in qualsiasi fiaba, vincerà sempre il bene. E anche se avremo tante scelte da poter fare, le modalità di narrare le vicende, le descrizioni degli oggetti, i personaggi che incontreremo lungo la strada, ci faranno venire una forte voglia di fare la cosa giusta e guardare il cielo potrà essere l’unica cosa che potrà permetterci di farla.

Conclusioni

C’era una volta… Blacktail il gioco propone un’avventura che mette al centro la storia e le sensazioni del giocatore. THE PARASIGHT è al suo primo lavoro e si vede viste le tante carenze lato gameplay che ci auguriamo vengano migliorate per la release del 15 dicembre. Tuttavia, emerge tanto cuore da parte dello studio polacco, da ogni descrizione, da ogni immagine, dal concetto stesso dietro Blacktail: la riscoperta di un folklore troppo spesso dimenticato. Alla luce di quanto giocato, ci sentiamo comunque di consigliarlo se siete in cerca di una storia ben narrata, mai banale ma che saprà farvi riscoprire il fanciullino che risiede in ognuno di noi. Se mai vi sentirete persi, guardate le nuvole e ricordate di star vivendo una fiaba.

This post was published on 7 Novembre 2022 18:30

Pietro Falzone

Redattore Appassionato di videogiochi sin dal sempre più lontano 2002, quando per festeggiare i 5 anni ricevette una copia di Crash Bandicoot per la prima PlayStation. Il richiamo dell'avventura digitale lo fece innamorare di un mondo fatto di pixel, più o meno definiti. E l'amore non si è mai fermato. Inizia così a tastare tutti gli aspetti del mondo videoludico. Tra le sue più grandi passioni, si piazzano in ordine gli MMORPG (con sempre meno per giocarli, purtroppo), gli sparatutto in prima persona e, doprattutto, giochi di ruolo single player. Così si spiegano le più di mille ore, spalmate sui vari titoli From Software, da Demon's Souls in poi. Dalla fine delle medie, scopre una nuova passione: la scrittura. E come se non bastasse, scopre che nel mondo c'è chi scrive riguardo ai videogiochi, come se fosse un lavoro vero. Cosa fare di due passioni del genere dunque? Inizia così la ricerca disperata del giusto vascello, che riuscisse a convogliare voglia di fare, idee e tempo. Dopo un periodo passato a peregrinare, tra siti e sitarelli, approda su Player.it dove trova una casa in cui convogliare idee e spunti, al fianco di un team solido e costruttivo.

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