È probabile che io sia la persona (meno) adatta per parlare di Ghostwire Tokyo, lo dico da subito. Per quanto siano uno dei “pilastri” fondamentali del gaming, non amo i giochi Horror: per non autoinsultarmi sono solito dire che la mia immaginazione tende a viaggiare molto e quando vedo qualcosa di “spaventoso” il mio cervello mette in moto tutta una catena di pensieri che mi portano ad immaginare di essere da solo in casa con tanti vari “amici” che vogliono fami la pelle, dissanguarmi e farmi allo spiedo. E non dormo! Fantasia che viaggia o semplice paura, ancora non l’ho capito… forse…
Visto il background storico di Tango Gameworks – rappresentato da The Evil Within 1 e 2 – e di Shinji Mikami, papà di Resident Evil, in cuor mio già ipotizzavo nuove notti insonni in compagnia dei più disparati esseri eterei provenienti dal folklore di Tokyo, tutti agghindati con dei bavaglini pronti a banchettare su di me.
Il sogno proibito di Peter Venkman e soci
Il nostro terreno di caccia è una Tokyo ormai deserta: una strana nebbia maledetta ha inghiottito la città e quasi la totalità della popolazione è sparita lasciandosi dietro solo vestiti. Ad ogni angolo, in ogni auto e lungo ogni panchina è facile notare giacche, scarpe e pantaloni che sembrano li abbandonati a se stessi, peccato che solo qualche minuto prima fossero effettivamente indossati da qualcuno.
Akito, sopravvissuto a questa maledizione, si risveglia improvvisamente all’interno dell’area di Shibuya e scopre di condividere il corpo con KK, un cacciatore di spettri che sembra essere molto informato su ciò che accade in città e che, apparentemente, vuole prendere il controllo totale dei movimenti del nostro “protagonista”. A seguito di una prima fase di stallo i due giungono ad un accordo: aiutarsi a vicenda per salvare la sorella di Akito ed eliminare Hannya, uno uomo che indossa una maschera da Oni che sembra essere la mente dietro la sciagura che si è abbattuta sulla città, e che guarda caso ha anche rapito la sorella di Akito in quanto parte del suo diabolico piano di distruzione della realtà.
Fin qui tutto normale, non fosse per il fatto che le dimensioni di vivi e morti si sono intrecciate e lungo la nostra strada ci imbatteremo in varie e variegate creature, i Visitatori, tutte appartenenti al folklore Giapponese spinto: uomini d’affari senza volto, studentesse decapitate che brandiscono coltelli, piccoli neko artigiani e chi più ne ha più ne metta.
Come difendersi, quindi, da tutto ciò? Grazie alla Tessitura Eterea, il potere che Akito eredita da KK e che gli consente di sferrare degli attacchi a base elementale grazie a dei sigilli simulati con i movimenti delle mani.
Kage Bunshin no Jutsu
Il Gameplay di Ghostwire Tokyo rientra a pieno titolo nei canoni del gioco Action RPG più che in quelli del Survival Horror come era lecito aspettarsi da Shinji Mikami. Lo schema dei controlli è quello a cui ci hanno abituato i titoli più disparati di altre Software Houses: con R2 si effettuano gli attacchi, la pressione dello stick analogico destro invece ci permette di correre e così via; la familiarità con la gestione delle movenze di Akito è di facile interpretazione, e questo è un bene poiché si ha l’impressione di essere già pronti dalle prime fasi del gioco ad esorcizzare tutti i demoni che ci si parano davanti.
L’esagerazione dei movimenti delle mani del nostro protagonista quando lancia la sua Tessitura Eterea poi è qualcosa di sorprendentemente ben riuscito e che ben si cala all’interno dei giochi di luce ed ombre scelti da Tango Gameworks per accompagnarci durante la nostra visita notturna di Tokyo.
Fasci di luce colorati e fosforescenti che collegano le punte delle dita di Akito al nucleo centrale dei Visitatori prima che questo esploda in mille pezzi, che fanno da contraltare alle buie atmosfere della città spoglia. A farla da padrone sono le tonalità scure e del blu notte e poi c’è Akito, il fascio di luce che illumina e purifica la via.
Nel corso dei primi due capitoli affrontati in questa anteprima ho potuto provare anche l’ebrezza di purificare dei Cancelli Torii ed inserire delle anime all’interno di una cabina telefonica tramite l’utilizzo di Bambole Katashiro – le bamboline di carta Giapponesi – perché è bello debellare il male si, ma Akito deve pur diventare più forte per poter competere con Hannya!
Ecco che spunta fuori la parte simil RPG; non ci troviamo certamente davanti alla più ampia delle possibilità di personalizzazione, ma anche il nostro protagonista ha delle abilità sbloccabili e migliorabili tramite una serie di alberi di crescita. Diventa così fondamentale cercare di esplorare tutta Tokyo alla ricerca di nuovi luoghi da purificare, spiriti da liberare e missioni secondarie da svolgere – assegnateci dai classici spiriti tormentati, che non hanno potuto lasciare il mondo terreno perché ancora legati da questioni irrisolte. Nostro compito in quanto “Acchiappafantasmi” Onorario di Tokyo sarà risolvere gli enigmi che li hanno tenuti ancorati alla città Giapponese.
Sogno o son desto
Quando mi sono ritrovato ad attraversare un corridoio che improvvisamente ha cominciato a far cadere sangue dalle pareti, che poi si sono anche incendiate, ho temuto di aver sbagliato qualcosa. Proseguendo improvvisamente ho attraversato una porta e il sopra è diventato sotto, quadri affissi su quello che per me era il pavimento e poltrone lungo le pareti laterali. Calma, c’è qualcosa che non quadra, quando è avvenuto il caricamento di tutta questa roba se non ho dovuto attendere nemmeno mezzo decimo di secondo?
Questo è l’esempio più calzante che posso fornire di come è stata sfruttata la potenzialità offerta da PlayStation 5 da Tango. Ghostwire Tokyo è pieno di questi momenti eterei, di alienazione dalla realtà, che permettono ad Akito di attraversare scenari orrorifici e “Vedere” al di là del reale; e sono tutti gestiti e caricati all’istante sulla console.
Non un attimo di ritardo o di caricamento delle nuove texture, la transizione è senza soluzione di continuità e regala quella sana dose di ansietta che è sempre dietro l’angolo nei giochi a tinte Horror.
Le modalità grafiche offerte da Ghostwire Tokyo, inoltre, sono davvero tante e permettono ad ogni videogiocatore di scegliere di avviare una partita che prediliga il framerate piuttosto che il dettaglio grafico e viceversa, od addirittura “estremizzare” il tutto con delle opzioni più aggressive.
Considerazioni Parziali
Ghostwire Tokyo è un progetto ambizioso. Shinji Mikami ha riversato tutta la lore folkloristica giapponese in un Videogame e l’ha fatto bene! Nulla è fuori posto in questa distopica e fantasmagorica ambientazione che invoglia il giocatore a viaggiare per le stradine e scoprire tutti i segreti che si celano dietro Hannya ed il suo piano di distruzione della realtà.
Dai cancelli Torii alle Bambole Katashiro, dopo aver giocato nei panni di Akito e KK tutto vi sembrerà normale. Come se la realtà fosse quella del gioco e non quella in cui viviamo.
Un plauso a Tango Gameworks che ha creduto in un progetto importante per quanto messo in campo e che potrebbe tranquillamente essere l’apripista per un ritorno sulla scena del genere J-Horror che a tanti manca da troppo tempo.
Personalmente posso solo dire “Grazie“. Grazie a Ghostwire Tokyo perché le sue tinte Horror sono coerenti con la lore raccontata e non rientrano nella categoria dei “Jump Scare”, e mi hanno permesso (seppur con i battiti leggermente elevati in qualche situazione) di godere a pieno dell’avventura di Akito e KK.