Qual è il sottogenere che ultimamente se la sta suonando per la maggiore?
Come dite?
I Soulslike!?
Ah, si, avete ragione, come darvi torto.
Da quando Dark Souls e From Software hanno fatto irruzione nel mercato dei videogiochi è inutile negare l’influenza che questa raffinata commistione di action game, RPG e non linearità ha avuto sul resto della scena videoludica.
Diversissimi sono stati gli emuli nel corso degli anni: da chi ci ha provato mettendo sul campo quasi le stesse carte (The Surge 2 è un buon esempio di ciò) a chi ha traslato il paradigma sulle due dimensioni, con risultati a volte splendidi (Hollow Knight) a volte molto buoni (Dark Devotion)
Dolmen è un videogioco che cerca di rifarsi ai paradigmi dei soulslike aggiungendo qualche ingredientuccio speziato quà e là. In primis approccia al genere attraverso un’ambientazione ed un immaginario di tipo fantascientifico, assomigliando più a The Surge che agli altri titoli di From Software.
Nel suo tessere questo universo chiaramente non si scorda di nominare l’altra buzzword che è tipica dei giorni nostri, ovvero il termine Lovecraftiano che ha portato alla luce un sacco di giochi, anche quà con alti e bassi (The Sinking City per dirne uno).
E si, stiamo tutti quanti aspettando Elden Ring ma c’è da essere sinceri: non si vive soltanto di From Software; questo è il motivo principale che ci ha portato a provare questa fatica dei brasiliani Massive Work Games.
Parliamo di Dolmen.
Visto che abbiamo iniziato questa anteprima facendo un grande numero di richiami continuiamo nel farlo.
Dolmen, come dicevamo, è un soulslike con ambientazione fantascientifica e dall’atmosfera horrorifica che prende in prestito un certo tipo di incubo e lo fa assorbire a creazioni purulente degne di un buon capitolo di Dead Space.
Il primo impatto del giocatore con il titolo è molto semplice: il giocatore viene lanciato in una schermata di creazione personaggio dove può scegliere la classe del suo eroe.
Ogni classe è caratterizzata da un equipaggiamento diverso e da delle statistiche caratterizzanti che però lasciano spazio ad una progressione del tutto libera del giocatore.
In Dolmen il combattimento a lungo raggio è presente in praticamente ogni personaggio, così come quello all’arma bianca può essere a una o due mani.
Inutile dire che, questo titolo, le componenti più importanti sono i combattimenti e l’esplorazione.
Quello che sicuramente vi ritroverete a fare per la maggioranza del tempo, complice il non scarsissimo numero di game over che ci si ritrova ad affrontare, sarà il combattimento nudo e puro. Il feedback dei colpi all’interno di quest’anteprima non è il top: non c’è grandissima fisicità nella risposta dei nemici ai nostri colpi e pertanto la soddisfazione non è eccezionale ma, senza dubbio, abbiamo notato una componente interessante nelle armi messe a disposizione al giocatore.
Il protagonista può attaccare sfruttando armi da mischia e armi a distanza. Le prime possono essere divise grossolanamente in due diverse categorie, ovvero armi da mischia leggere ed armi più pesanti. A cambiare, oltre che la classica velocità degli attacchi, è la quantità di stamina che viene consumata colpo per colpo. In questo gioco la stamina è un parametro di immane importanza visto che i nemici risultano particolarmente aggressivi.
Le armi a distanza sono un’altra interessante variazione sul tema, offrendo al giocatore uno strumento offensivo non per forza di cose sbilanciato. I colpi delle armi a distanza non sono malaccio a livello di danni ma nascondono il loro vero potenziale dietro una caratteristica specifica: quello di poter infliggere status alterati agli avversari.
Uno degli elementi più importanti del titolo è sicuramente la possibilità per il giocatore di andare ad aggiungere effetti ulteriori alle armi attraverso la cosiddetta modalità energia. Questa permette al giocatore di eseguire gli attacchi sfruttando non la stamina ma una terza risorsa, l’energia, offrendo uno strumento ulteriore per la gestione delle combo.
Gli elementi difensivi in mano al giocatore sono quelli canonici del genere: abbiamo una schivata che consuma stamina (i cui tempi d’utilizzo non ci sono sembrati particolarmente gentili), una parata che deflette parte del danno ed il classico parry che, una volta masterato, può aiutare il giocatore ad abbattere rapidamente qualsiasi cosa trovi a schermo. Il tutto funzionerebbe bene se non fosse per una telecamera che non ci è sembrata particolarmente sveglia e reattiva, specie se ci siamo ritrovati a dover eseguire delle schivate nelle zone più strette della mappa di gioco.
Anche il sistema di cura di Dolmen è abbastanza in linea con quello che è stato canonizzato dal genere dei soulslike: il numero di cure del giocatore è limitato e si ripristina solamente attraverso il raggiungimento dei checkpoint sparsi in giro per la mappa. Anche qui, morendo, si perde una risorsa vitale per il potenziamento del giocatore e, anche qui, eseguire la classica corsa verso il simulacro delle proprie risorse, è un attività olimpionica di tutto rispetto.
L’esplorazione ci è sembrata abbastanza interessante, con un bel senso di verticalità e con degli intrecci di corridoi piuttosto interessanti. Il level design a volte si perde un po’ troppo su sé stesso, con delle soluzioni eccessivamente convolute, ma il lavoro fatto finora lascia ben sperare per il futuro. Chiaramente esplorando ci è capitato di doverci prendere a testate con nemici di ogni forma e dimensioni che, purtroppo, non ci hanno convinto pienamente a livello di moveset, spesso non leggibile nella maniera corretta e pertanto portatore di game over piuttosto scoccianti.
Il sistema di combattimento di Dolmen si appoggia su un comparto GDR abbastanza anonimo che, dietro ogni statistica, nasconde dei parametri che non hanno fatto troppo la differenza nel nostro caso in termini di danni o resistenza.
Tolta la stamina che è il fulcro portante del gameplay del titolo, le statistiche di Dolmen non ci hanno impressionato troppo; è andata meglio al comparto di crafting che, nel gioco finale, avrà sicuramente un grande impatto complessivo sull’esperienza di gioco. Il risultato finale resta comunque gradevole alle mani del giocatore, pur senza dover reinventare la ruota.
Da quanto ci sembra di aver capito il crafting è collegato alla creazione di armi, elmi, guanti, pistole ed armature ed è l’elemento di game design con cui sono stati giustificati i drop praticamente continui dei mob sparsi per il gioco.
Dal punto di vista tecnico abbiamo una notevole nota dolente da sottolineare: la nostra versione di prova su PC ha mostrato ottimizzazione rasente lo zero, con un gioco che faticava a mantenere i 30 FPS con una build ampiamente sopra i consigliati.
A questo abbiamo dovuto aggiungere uno stile grafico nella media, che ha ricordato veramente una crasi tra Dead Space e The Surge senza avere ne il terrore ancestrale del primo, ne il senso fantascientifico del secondo.
Gran peccato, specie considerando le visioni allucinate che recentemente titoli come Hellpoint hanno portato nel mondo dei Soulslike.
Dolmen è un titolo che ha buoni presupposti ma che, in alcuni frangenti, sembra un po’ perdere la retta via. Il titolo è riuscito nel suo intento cardine (quello di divertirci) senza però farci gridare al miracolo in alcuna occasione. Modalità energia e level design ci fanno davvero ben sperare per il futuro del titolo e i contenuti su cui non abbiamo potutto mettere mano siamo sicuri saranno in grado di risolvere i problemi riscontrati in termini di performance artistica. Sottotono la prestazione del titolo su PC ma davvero, ormai non ci facciamo troppo caso durante le anteprime.
This post was published on 16 Dicembre 2021 10:00
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