Che amiate o meno FromSoftware, l’approccio di Miyazaki o proprio il concetto stesso di soulslike, è praticamente impossibile che non abbiate sentito menzionare Elden Ring e, di conseguenza, il suo recente network test, conclusosi alle 7 del mattino dello scorso Lunedì 15 Novembre. Ebbene, questa è stata l’occasione per pochi e fortunati eletti di poter dare uno sguardo più ravvicinato (ed ovviamente in prima persona) ad uno dei titoli che inaugureranno il 2022 videoludico.
È inutile affannarsi a negare l’hype che aveva avvolto (e che continua ad avvolgere) la creatura dello sviluppatore nipponico; proprio a causa di ciò, la fanbase si era divisa tra chi era già andato in visibilio con i gameplay trailer diffusi e chi, invece, conservava un più o meno sano scetticismo, alimentato da quegli stessi filmati. Questa piccola closed beta ha (o avrebbe rappresentato) la miglior occasione possibile per entrambe le categorie di giocatori per smentire o rafforzare le loro posizioni.
Chi vi scrive è rientrato nella ristrettissima cerchia di cui sopra, avendo così la possibilità di spendere qualche ora in compagnia di uno dei videogame più attesi del momento, o quantomeno di una sua frazione. Le sensazioni ricavate sono molto più che positive ma, come avviene in tutte le produzioni di questo calibro, è possibile riscontrare anche la presenza di elementi spigolosi, soprattutto quando è evidente la voglia di innovare una formula tanto collaudata quanto oramai troppo consolidata.
Nelle righe che seguono, proveremo a parlarvi di Elden Ring nella maniera più diretta possibile, elencandovi ciò che ci ha convinto e ciò che, invece, ci ha lasciato un po’ di amaro in bocca.
La prima cosa che questo network test ci richiede di fare è, ovviamente, creare il nostro personaggio; tuttavia, data la natura “ristretta” di questa esperienza di gioco, saremo chiamati a scegliere tra sei diverse classi preimpostate, ognuna con due varianti: Combattente, Cavaliere Incantato, Profeta, Campione e Lupo Sanguinario. Siccome il sottoscritto è un inguaribile amante del corpo a corpo e dei set di armature appariscenti, capirete benissimo che il Lupo Sanguinario fosse una scelta pressoché obbligata, e molto soddisfacente.
Come da buona tradizione From, i tutorial a nostra disposizione sono sempre gli stessi: pochi, striminziti e limitati alle sole azioni base.
Il nostro cammino inizia nella zona di Sepolcride, dove il nostro eroe, a cui tutti si rivolgeranno con l’appellativo di Senzaluce (o Tarnished, nella versione inglese), farà la conoscenza di un mondo di gioco molto più grande, luminoso e “aperto” rispetto al recente passato. Tuttavia, proprio per evitare un eccessivo senso di smarrimento, facciamo subito la conoscenza della Grazia, un fascio di luce che, di fatto, ci dirà che direzione seguire per il prosieguo della nostra avventura.
Va da sé che le informazioni sulla trama di gioco sono pochissime, e limitate perlopiù allo stato caotico in cui versa il mondo a seguito della distruzione dell’Anello Ancestrale. Il nostro compito sarà quello di raccogliere tutti i suoi frammenti, perlopiù dai cadaveri degli esseri divini ed ebbri di potere che li detengono.
Detto questo, Elden Ring ci mette a disposizione un frammento della world map, dandoci carta bianca in merito all’esplorazione di ogni suo anfratto, consentendoci di scoprire, di sbagliare e, come di consueto, di morire e riprovare!
Bisogna fare un’importante premessa: per un titolo come questo, 15 ore sono decisamente poche. Quanto ora scritto, insieme all’intrinseca “provvisorietà” che accompagna qualsiasi beta, non può che aver limitato la nostra analisi, soprattutto considerando il cospicuo numero di volte che il qui presente ha sbattuto la testa con quei minacciosi muri di poligoni che rispondono al nome di boss.
Tuttavia, al netto di quanto ora affermato, è stato possibile farsi un’idea tra ciò che di Elden Ring funziona e ciò che, invece, stenta un po’ ad ingranare.
Siete appena usciti da un’angusta cripta e dei raggi di luce vi baciano la fronte. Siete in un gioco FromSoftware, ed il timore è sempre un fedele compagno d’avventura, ma stavolta non è il caso di allarmarsi: quella luce è “solo” del sole. Una volta usciti, la sensazione di meraviglia vi pervade: non c’è più un corridoio più o meno evidente ad attendervi, ma una landa verde, lussureggiante ed apparentemente “in quiete”. Va da sé che i pericoli non tarderanno a palesarsi, ma questi enormi spazi aperti sono il primo elemento di novità che ci ha piacevolmente colpiti.
Non mancheranno ovviamente i dungeon, i castelli ed i luoghi chiusi, ma il grosso del nostro peregrinare avverrà in un mondo di gioco aperto, soprattutto se consideriamo il pedigree di Miyazaki e soci. Come chiariremo in seguito, non si può parlare di open world a 360 gradi, ma sarebbe sciocco negare che quanto ora descritto sia la prima nota positiva di Elden Ring.
Continuando ad avventurarsi per le terre di Sepolcride, è stato praticamente impossibile non notare le nuove feature su cui Elden Ring potrà contare. Dal banco del crafting, che ci spingerà ad essere costantemente alla ricerca di materiali di ogni sorta, alla cavalcatura, che ci consentirà di raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili, passando per uno dei must di ogni open world che si rispetti: i punti di viaggio rapido. Ma non è finita qui! Riposando presso questa nuova versione dei bonfire, potremo decidere se far trascorrere o meno il tempo, assistendo così a dei veri e propri cambiamenti dell’ambiente circostante, nemici compresi.
Inoltre, sempre riposando, potremo decidere a quali fiaschette dare precedenza: un personaggio improntato al combattimento, ad esempio, prediligerà quelle che consentono il recupero degli HP, mentre uno portato agli incantesimi si assicurerà di portare con sé degli oggetti che provvedano ad un pronto recupero del mana.
Come è possibile constatare, mai come stavolta, FromSoftware non si è limitata al “compitino”.
Se però siete degli inguaribili nostalgici delle radici della saga From, e temevate che la nuova fatica del maestro Miyazaki mostrasse troppe novità (magari per strizzare l’occhio ad un pubblico più ggggiovaneh), non preoccupatevi: Elden Ring è un souls a tutti gli effetti! Nel titolo in questione troverete tutto ciò che avete amato della vostra saga preferita: dai dungeon da esplorare, con le loro atmosfere lugubri e claustrofobiche, alle tante possibilità di personalizzazione del nostro avatar, passando per la scoperta di luoghi segreti, nemici sempre in agguato e, ovviamente, per le spettacolari boss fight.
Sulla base del nostro provato, potremmo definire Elden Ring come una rivisitazione di una formula vincente, resa più fresca e moderna, ma senza tradire quei tratti distintivi che l’hanno resa celebre. Volendo cercare di riprendere una delle più insistenti domande del web: Elden Ring è un Dark Souls 4? Assolutamente no! È l’inizio di “qualcosa di nuovo”.
Volete veramente che vi menzioni qualcosa da sempre presente in ogni souls che si rispetti? Una direzione artistica ispirata e mai ridondante e fine a sé stessa. Ebbene, questo è uno dei punti più positivi riscontrati nella nostra breve (ma intensa) esperienza di gioco: il titolo alterna con sapienza elementi vecchi e nuovi, riuscendo a rendere ugualmente affascinante ogni ambiente di gioco, dai sotterranei ai castelli, con una particolare attenzione agli enormi spazi aperti. Questi ultimi forse potranno risultare “stonati” rispetto alle nostre precedenti esperienze in ambito soulslike, in cui la luce era solo un mezzo per mettere in risalto il lento ed inesorabile decadimento che affliggeva il mondo di gioco.
In questo caso, gli spazi aperti saranno pervasi da dei raggi solari quasi “rassicuranti”, che illuminano un mondo la cui bellezza non ha ancora ceduto il passo al caos derivante dalla distruzione dell’Anello Ancestrale. Inutile dire che gli scorci mozzafiato non mancheranno, e non saranno poche le volte in cui vi ritroverete immobili a contemplare il panorama, o la maestosità del gigantesco Albero Madre, visibile da praticamente qualsiasi punto della mappa di gioco.
Ancora una volta, FromSoftware è riuscita a stupirci.
Ed eccoci arrivati al vero crocevia di questo articolo. Si è a lungo discusso sulla libertà di approccio concessa dalla nuova creatura di Miyazaki-san, spingendo molti appassionati a porsi la seguente domanda: Elden Ring è un open world? Alla luce di quanto da noi constatato, la risposta è un “NI”.
Spieghiamoci meglio: non appena metterete il piede fuori dalla cripta di partenza, vi ritroverete in un’ampia vallata, che si estenderà fin dove il vostro sguardo potrà arrivare. È inutile dire che la tentazione di esplorare sarà altissima, e quasi sempre ricompensata: il team di sviluppo ha piazzato aree secondarie più o meno segrete proprio per premiare gli esploratori più audaci. Ovviamente alcune di esse saranno raggiungibili solo a determinate condizioni (spesso collegate all’essere in possesso della cavalcatura), ma non è proprio questa l’essenza di un soulslike?
Il sentirsi sopraffatti dalla mole di stimoli e di “cose da fare” nell’ambiente circostante è tipico di un open world, ma non possiamo attribuire questa etichetta ad Elden Ring. Nonostante gli ampi spazi creati, il titolo in questione trova il suo cuore pulsante negli ambienti chiusi (o circoscritti) che ogni appassionato dello sviluppatore nipponico ha imparato ad amare. Molte delle attività secondarie si svolgeranno en plein air, ma gli snodi principali della main quest saranno collocati altrove.
Ma è solo questo il motivo per cui non possiamo considerare Elden Ring un open world nel vero senso del termine? Ci arriviamo subito.
Come sempre, ogni innovazione comporta degli aspetti riusciti ed altri che lo sono meno e, nel caso della libertà di cui sopra, si incappa in alcune lacune che chi ha giocato i più recenti open world ha imparato a riconoscere. Sotto un primo aspetto, ad esempio, si nota un’enorme differenza tra le zone in cui dovremo progredire nella main quest (più grandi ed articolate) e quelle destinate allo svolgimento delle missioni secondarie (più spartane ed “essenziali”).
Volendo rispondere al summenzionato quesito inevaso, non è possibile considerare Elden Ring un open world proprio per l’assenza di una libertà d’approccio in senso assoluto. Mi spiego meglio; prendiamo in esame un Fallout 4 o un The Witcher 3: per arrivare al punto in cui dovremo attivare la prossima missione principale (una città, un’osteria, o un semplice NPC con cui parlare) sono previste tante possibilità diverse; in Elden Ring, invece, potremo vagare nelle zone aperte come e quanto vorremo, ma la strada che ci condurrà al successivo snodo della trama sarà soltanto una.
Se i fasci luminosi della Grazia, da una parte, ridurranno il nostro senso di smarrimento dovuto ad ambienti aperti e molto molto grandi, dall’altra questa feature fa capire quanto il percorso di progressione principale sia fondamentalmente già prestabilito.
Quanto ora detto non è per forza di cose un male, ma scontenta chi desiderava un soulslike realmente open world.
Chi di voi ha comprato Assassin’s Creed IV: Black Flag al day one? Dai, non fate i timidi! Ho capito, inizio io: io acquistai il gioco nel lontano 29 Novembre 2013, insieme alla mia PS4 nuova e fiammante, per poi accorgermi che di next gen c’era decisamente poco. La ragione era semplice: AC IV doveva girare anche sulle piattaforme di precedente generazione. Elden Ring ha la stessa natura e, di conseguenza, si è scelta la strada del compromesso.
Ci tengo a specificare bene due cose: sono ben consapevole che FromSoftware non sia mai stata sinonimo di “grafica hi-end” e che la direzione artistica faccia passare questa caratteristica in secondo piano ma, sulla base di quanto il sottoscritto ha potuto constatare, c’è qualcosa da limare. Nonostante i già menzionati panorami mozzafiato, i modelli poligonali dei personaggi sono piuttosto spigolosi, così come la definizione delle texture non è sempre di qualità uniforme. Il titolo, inoltre, soffre (su Playstation 5) di vistosi cali di frame, riscontrati stranamente nelle boss fight.
È bene ricordare che ci troviamo di fronte al gioco più “tecnicamente” impegnativo mai creato da FromSoftware, ma sarebbe da ipocriti non sottolineare quanto, sotto questo aspetto, ci sia ancora del lavoro da fare.
Non avete voluto ammettere la vostra debolezza con Black Flag? Vi capisco, ma almeno rispondete a questa domanda: quanti di voi sono rimasti a bocca spalancata quando hanno visto il proprio personaggio… saltare? Non credo di essere stato l’unico a chiedermi come mai, in una delle serie action RPG per eccellenza, fosse impossibile compiere un’azione tanto basilare. Miyazaki e soci devono averci sentito ed hanno provato a colmare questa singolare lacuna; il risultato: bella da vedere ma con un’utilità riservata quasi solo al combattimento.
Iniziamo subito con la prima contraddizione di questa nuova feature: potrete saltare dei (piccoli) ostacoli, ma non potrete aggrapparvi a niente! Proprio così, se il vostro personaggio non riuscirà a saltare oltre il margine dell’ostacolo, la sua invalicabilità sarà assoluta e perentoria, pari a quella di una cinta muraria, ma forse anche più frustrante. Certo, potremmo risolvere il problema richiamando il nostro destriero ed eseguendo un doppio salto, ma questo non toglie enfasi alla domanda nel titolo: perché dover scomodare il double jump per un sasso un po’ più grande, ma non di certo insormontabile?
Come detto in precedenza, il salto ha un’utilità riservata prettamente al combattimento, quando sceglieremo di imbracciare un’arma a due mani o, ancora di più, quando ne imbracceremo due. Se saltare addosso a un nemico potrà aprire le sue difese (soprattutto se dotato di scudo), questa azione non sostituirà affatto la schivata, che sarà sempre la soluzione più agile (e veloce), anche considerando il fatto che praticamente nessuno dei boss incontrati ha lanciato attacchi che fosse possibile evitare solo saltando. Una build incentrata sugli attacchi fisici potrà sfruttare a dovere questa nuova feature, che però risulta premiare maggiormente queste classi e solo nel momento in cui avranno sguainato le armi.
È inutile negarvi che, sotto questo aspetto, c’è un po’ di delusione.
Come detto in precedenza, Elden Ring è comunque “figlio di suo padre” e, sulla base di quanto ora affermato, l’esperienza di gioco risulta comunque impegnativa; tuttavia, non tutti i combattimenti affrontati lo sono stati ugualmente. Per farvi degli esempi, se Margit Il Presagio Implacabile (il boss di Castello Grantempesta) rappresenterà una sfida tanto complessa quanto strategicamente ponderata, lo stesso non si può dire di altri boss, caratterizzati il giusto e decisamente poco probanti, come il Cane Albero Sepolcrale che, per attacchi ed estetica, sembra più un mob che ha ricevuto una “promozione”.
Ed a proposito di mob: nonostante alcuni di essi possano risultare veramente ostici da sconfiggere (o comunque non immediati), altri risulteranno stranamente agevoli da battere. Il caso più lampante è quello dei troll; ne abbiamo incontrati diversi, ma mi soffermerò su quello incontrato per la strada per il Castello e su altri due che trainano una carrozza. Ebbene, il primo era battibile facendolo “incagliare” all’ingresso della caverna e bersagliandolo con armi a distanza, mentre i “troll da traino” erano praticamente impossibilitati a voltarsi, arrivando addirittura ad colpirsi a vicenda per cercare di ucciderci, e rimanendo immobili nel momento in cui ci collocavamo alle loro spalle.
Per quanto invece riguarda le fasi stealth, anche in questo caso il boccone è agrodolce. Da una parte, infatti, non saremo obbligati sempre e comunque a sguainare la spada, potendo sgattaiolare alle spalle dei nemici e facendoli fuori con un singolo attacco alle spalle; dall’altra, invece, questa funzione risulta realizzata in maniera piuttosto superficiale. Se verremo individuati da una sentinella, questa suonerà la tromba, richiamando l’attenzione di tutte le guardie “in ascolto” che, magicamente, sapranno già la nostra posizione, rendendo impossibile (e inutile) nascondersi; inoltre, la stessa sentinella rimarrà totalmente impassibile qualora passi accanto ad un cadavere da voi ucciso appena un istante prima, non reagendo minimamente a qualsiasi urlo o rumore, neanche ad un combattimento che si verifichi appena al di fuori della sua area di competenza.
Anche sotto questo aspetto, quindi, sembra veramente che manchino diversi “centesimi” per fare un euro.
Avete presente i punti in cui abbiamo parlato della ventata di freschezza e del fatto che, in ogni caso, fossimo in presenza di un’opera di chiara matrice Souls? Bene, quanto ora detto deve essere letto anche sotto un’altra ottica, decisamente meno piacevole: quella del riciclo. Un occhio un po’ più smaliziato non potrà non notare che alcuni asset sembrano provenire direttamente dagli illustri predecessori di Elden Ring: le leve, gli archi, gli ascensori e molti dei prop utilizzati sono stati poco o niente “aggiornati” e, quindi, le somiglianze con il passato sono decisamente percepibili.
Un discorso simile può farsi per le animazioni e, ovviamente, per il setting e le scelte narrative.
Badate bene, nessuno di noi sa ancora molto sulla trama di Elden Ring, ma è innegabile constatare come determinati elementi siano praticamente onnipresenti: un mondo in precedenza perfetto ed ora sprofondato nel caos, un misterioso manufatto da recuperare (o ricomporre), un protagonista senza nome che si riscoprirà come prescelto, esseri semidivini che ci proporranno di stringere “patti”, e l’elenco potrebbe essere ancora lungo.
È innegabile che non si possa pretendere di tagliare ogni ponte con il passato, ma la presenza di quanto sottolineato fa pensare, ad esser buoni, alla non volontà di recidere il cordone ombelicale con un passato glorioso, ed a pensar male…
Come abbiamo più volte anticipato, quanto da noi visto non è che un piccolo frammento di ciò che ci attende nella versione finale dell’ultima fatica di Miyazaki e soci; molte cose sono destinate ad aggiungersi, molte probabilmente a cambiare ed altrettante ad essere migliorate. È facile, quindi, che la gran parte delle lacune da noi rilevate (soprattutto quelle tecniche) non saranno presenti al day one. Detto questo, però, è possibile farsi, a grandi linee, un’idea di ciò che ci attende nel videogame e, soprattutto, di ciò che Elden Ring effettivamente rappresenti.
È chiaramente percepibile la volontà dello sviluppatore di apportare dei cambiamenti ad una formula che, seppur vincente, iniziava a sentire il peso degli anni; le innovazioni ci sono, tutte pienamente percepibili. Ciò che non sempre funziona, almeno secondo noi, è la loro integrazione in un sistema di gioco che, per fare un esempio stupido, non ha mai previsto che un personaggio potesse saltare e cavalcare.
Elden Ring non è un “Dark Souls 4”, ma il nuovo corso di FromSoftware che, però, dimostra di non aver voluto tagliare i ponti con il proprio passato, riproponendo tutte le caratteristiche più note ai fan della sua saga. È ancora troppo presto per dire se questo rappresenti un bene o un male, ma è innegabile che la presenza dei Souls aleggi praticamente ad ogni passo.
Detto questo, la sensazione che chi vi scrive ha avuto è stata quella di trovarsi di fronte ad uno dei giochi che influenzeranno maggiormente il nostro 2022 videoludico. Vuoi per un mondo di gioco finalmente ampio e non obbligatoriamente rinchiuso tra quattro mura, vuoi per la dimostrata voglia di aggiornarsi, vuoi perché la direzione artistica di FromSoftware riesce sempre a bucare lo schermo, le impressioni complessive finora raccolte sono molto più che positive.
Come sempre, ai posteri l’ardua sentenza ma, dopo questo blindatissimo network test, quel 25 Febbraio 2022 sembra ancora più lontano.
This post was published on 25 Novembre 2021 12:06
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