A volte nei videogiochi compaiono mondi onirici e cadenti, luoghi in cui esistono solo sentori e distorsioni di quella che oggi è la realtà.
Nel caratterizzare delle ambientazioni gli sviluppatori e gli artisti, che lavorano dietro ad un progetto, utilizzano numerosi vettori come la grafica o il sonoro nel tentativo di far ricevere al giocatore un messaggio ben preciso.
Polygod sceglie la via dell’ermetismo con uno stile che ricorda vagamente titoli dal sicuro impatto come El Shaddai o Everything.
Avviato il titolo ci si pone davanti una scelta: creare il proprio mondo sulla base di un seed da noi deciso o giocare lo stesso mondo degli altri? La seconda opzione viene anche aiutata dalla presenza di una leaderboard dove poter sfidare i nostri amici sulla base di quanto avanti si è proseguiti nel gioco.
E’ presente anche una modalità multiplayer in split screen in grado di far felici chi ha qualcuno di fisico con cui condividere un controller.
La prima discesa nel mondo di Polygod è alienante: un’isola sospesa sul niente abitata da curiosi figuri in cui aleggiano solo silenzio e mistero. Un mondo in cui le informazioni sono poche e frammentate, ricavabili attraverso l’interpretazione dei nebulosi dialoghi di cui fanno uso gli NPC presenti.
Il nostro eroe, unico disponibile fra una moltitudine di altri figuri, è Faceless The Blessed. Il suo compito è quello di esplorare i regni celesti attraverso dei portali per ascendere.
Il processo di ascensione è caratterizzato dalla sconfitta di numerose entità estremamente potenti e dalla cattura delle loro anime; questo assieme alla fattura dei dialoghi dona al titolo un qualcosa di vagamente soulsiano.
I paralleli con la saga di Miyazaki però finiscono qui, il titolo è molto più simili ad un Paranautical Activity che ad un dungeon crawler in tre dimensioni.
Polygod è un roguelike con vezzi da first person shooter; il figliolo, molto apocrifo, di Quake e The Binding of Isaac. Entrati nel portale dimensionale ci si ritrova alle prese con un gameplay semplice ed efficace: armati di un fucile laser si ha il compito di arrivare dall’altra parte della mappa mietendo quante più vittime possibili.
Ogni nemico eliminato ci ricompenserà con la sua anima, vera e propria merce di scambio all’interno del mondo di gioco. Disseminati per i livello infatti sono presenti altari che fungono da hub per potenziare il nostro personaggio.
Ogni altare presenta tre power-up diversi che modificano parametri legati al nostro figuro o alla nostra arma. Essi sono stati pensati come autobilancianti: per ogni parametro che aumentiamo di due punti, ad esempio, ne vedremo un’ altro scendere di un punto.
Questo sistema permette alla nostra crescita di non diventare mai eccessiva, bensì di lasciare il nostro personaggio con delle caratteristiche mai troppo esagerate. Per diventare una divinità, come vedremo poi, serve un sacrificio più grande.
I power up sono molti e con meccaniche diverse tra loro: alcuni implicano il sacrificio delle anime raccolte ad ogni colpo sparato per aumentarne il danno, altri modificano la velocità di fuoco della propria arma e la tipologia di proiettile in uso.
Mescolando i giusti parametri ci si ritrova per le mani una vera e propria macchina di morte in grado di spezzare rapidamente tutto ciò che ci si presenta davanti con una sola, dannatissima eccezione.
Navigare tra i livelli di Polygod prevede la sconfitta di un Boss presente dopo l’apertura del portale d’uscita. Ogni entità possiede la sua arena e le sue meccaniche uniche, in grado di metterci finalmente i bastoni tra le ruote.
Oltre ad essere veri e propri muri di carne ambulante, i super nemici del titolo presentano abilità come la capacità di creare illusioni, di modificare la tipologia dei loro danni e di moltiplicarsi se si sbaglia il colpo. Ogni super scontro necessita della sua strategia che non è sostituibile dalla mera potenza di fuoco.
Ucciso il boss sarà possibile sacrificare la sua anima per ottenere un potere superiore, in grado di cambiare volto alla partita che si sta giocando. Ammucchiare e concatenare i giusti potenziamenti derivanti dai boss permette al titolo di sfociare sempre più in un delirio di onnipotenza.
Tutti i difettini del titolo si rifanno alla sua natura di Early Access. Polygod necessita semplicemente di alcune importanti rifiniture al comparto tecnico prima di poter arrivare alla sua release 1.0.
L’estetica low poly ad esempio è ancora troppo impersonale e risulta semplicemente sgradevole, i modelli poligonali che popolano lo già scarno mondo di gioco non risultano accattivanti e danno l’idea di placeholder. Questo minimalismo eccessivo và orientato e reso più stiloso puntando alla creazione di una forte personalità visiva.
Non và meglio per il comparto sonoro che si snoda tra loop musicali dalla durata di trenta secondi ed un’effettistica ripetitiva nel giro di qualche minuto. Intuizione interessante, invece, quella di cambiare dinamicamente la musica durante l’esplorazione dei livelli in base alla presenza di nemici sul nostro cammino.
Abbiamo provato Polygod su Steam grazie ad una key fornitaci da Marvelous Interactive
Polygod è un po’ un brutto anatroccolo nel bel mezzo di una trasformazione; meccaniche di gameplay divertenti intrappolate in un comparto tecnico che ancora ha bisogno di rifinitura. Si nutrono belle speranze per quando uscirà dall’early access.
This post was published on 14 Gennaio 2018 14:20
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