Grazie a Kock Media abbiamo potuto giocare all’ultima build di Kingdom Come Deliverance, il gioco di ruolo dei ragazzi di Warhorse Studios che incentra le vicende narrate nel mezzo della guerra di Boemia tra il figlio di Carlo IV, Sigismondo, e Venceslao. A differenza di quanto si pongono i titoli del genere normalmente, ovvero cercare di enfatizzare il lato fantasy e creare un mondo magico con diverse razze e popolazioni, in questo titolo ci viene mostrato il più possibile la vera vita del medioevo. Un prodotto quindi che non si pone certo per tutti, che riesce a fare della narrazione lenta e descrizione minuziosa di ogni avvenimento il proprio punto di forza, con un sistema di combattimento ben studiato ma allo stesso tempo adeguato a quello che gli sviluppatori chiamano un “sistema di attesa”. La nostra prova ci ha portato lungo tre diverse missioni, che ci hanno potuto far vedere i diversi tipi di gameplay a cui il giocatore verrà sottoposto e che ci hanno dato un’idea migliore di quello che il gioco vuole essere.
Il tuo regno per una spada
La storia parla del giovane Henry e viste le premesse di realismo sia storico che di lentezza della narrazione le tre missioni che abbiamo affrontato si dislocavano in momenti molto diversi tra loro, ciò perché sarebbe stato difficile iniziare la quest principale dal principio e riuscire ad arrivare a vedere combattimenti e scontri in sole tre ore di tempo. Il titolo si presenta infatti cosi ampio e con oltre 85 missioni, comprese quelle secondarie, che ci vorranno un centinaio di ore per essere portato a termine ed essendo un gioco di ruolo in stile Bethesda aumenteremo le nostre abilità semplicemente usandole. Nella prima missione che abbiamo affrontato abbiamo potuto vedere il mondo di gioco, com’è stato ricreato un intero villaggio e le mura del castello, iniziando a prendere dimestichezza con i controlli e appurando che il realismo del titolo impone la presenza di una mappa generica da visionare nell’apposito menù, ma nessuna indicazione a schermo se on quella in stile Skyrim con un’iconcina che non rivela però se l’obiettivo sia in alto o in basso rispetto alla nostra posizione. L’esplorazione è quindi un elemento molto importante, come le poche risorse a nostra disposizione che dovranno essere dosate perché il nostro personaggio si stancherà, avrà sia fame che sonno e ad esempio attendere un determinato evento spostando il tempo in avanti potrebbe causare anche la diminuzione di queste statistiche. Un soldato in battaglia a stomaco vuoto e assonnato prenderà facilmente la strada del campo santo. Per ciò che abbiamo potuto appurare i controlli sono molto intuitivi, i personaggi non giocabili hanno sempre qualcosa da dire e si riesce a vedere la profondità di questo volerci immergere in un mondo vero e dal sapore antico anche da tutti i dialoghi di gioco.
La lentezza del gameplay si evince anche da una serie di scene d’intermezzo davvero lunghe e che ci spiegano avvenimenti storici realmente accaduti, cosi sezioni come il tutorial che in altri titoli vengono buttate di fronte al giocatore da subito e superate in pochi minuti, qui diventano una vera e propria quest che necessiterà il suo tempo per essere terminata. Una volta presa dimestichezza con il sistema di combattimento era abbastanza ovvio che la nostra seconda missioni fosse ambientata all’interno di una battaglia, dove abbiamo ritrovato il nostro Henry più maturo e deciso di prima, segno che narrativamente il protagonista subirà un percorso di crescita ben determinato e che i vari eventi che affronterà forgeranno. In questa specifica missione abbiamo visto come Kingdom Come Deliverance ci pone in combattimenti lineari e non liberi, con specifici compiti da portare a termine in uno specifico ordine. All’assalto di un accampamento nemico infatti non avremo alternativa se non quella di buttarci nella mischia, in attesa che questa prima schermaglia sia terminata, prima di poter passare oltre, anche se ad esempio avremo degli arcieri in bella vista pronti a farci fuori in realtà rimarranno fermi a guardarci in attesa di “entrare in gioco”. Anche il sistema di combattimento è lento come la narrazione, tanto che usare la spada non sarà cosi immediato come in altri titoli e i fendenti saranno davvero dati con lentezza e pesantezza, mentre con l’arco non avremo nemmeno un mirino e la nostra stamina determinerà quanto potremo tenere tesa la freccia prima di scagliarla. Certo non siamo rimasti colpiti dal sistema utilizzato, davvero troppo macchinoso e con questa schematizzazione delle battaglie che è troppo lineare e schematizzata, ma gli sviluppatori hanno premesso come il loro intento non sia quello di creare un gioco d’azione, ma di raccontare una bella storia attraverso la ricostruzione più realistica possibile dell’epoca in cui si sono svolte le vicende. L’ultima missione ci ha visti metterci i panni di un novizio e iniziare la ricerca di indizi per arrivare al nostro obiettivo, dovendo cosi parlare con tutti i monaci presenti e mostrandoci anche in questa fase la lentezza generale del sistema di gioco. Parlare con tutti e prendere indizi, fare attenzione alle domande che si pongono o anche rispettare le regole per non essere puniti, sono tutti elementi che rendono il titolo interessante e lo portano fuori dagli schemi, nonostante però anche in questa occasione il dover calcolare le tempistiche tra giorno e notte e osservare i rituali di un vero novizio ci hanno portato a un’eccessiva perdita di tempo in meccaniche superflue e decisamente noiose.
Conclusioni
Al momento attuale Kingdom Come Deliverance si mostra come un gioco di ruolo molto diverso da tutti gli altri, adatto a un pubblico decisamente più paziente e che ama gli schemi lenti e le narrazioni piene di dettagli. Al momento manca molto al completamente del titolo, quindi evitiamo un giudizio sul comparto tecnico sebbene il CryEngine non sembri sfruttato al massimo, mentre le musiche orchestrate sono sublimi. La personalità unica e l’accento su un approccio di gioco diverso da quello dei classici titoli Bethesda ci impone di tenerlo in considerazione, visto che le probabilità di avere tra le mani un buon titolo ci sono tutte.