EA vuole colpire duro nel cuore dei giochi di guerra.
Lo ha fatto grazie a Battlefield Bad Company 2, l’aveva fatto con Crysis e cercherà di farlo anche con l’atteso seguito Crysis 2 e, per la terza volta consecutiva, vuole aggiudicarsi il trono con la nuova reincarnazione di Medal of Honor, questa volta visto in chiave moderna. Tremate dunque Activision e Infinity Ward, perché la guerra è una cosa maledettamente seria, anche quella fra case di produzione di videogiochi.
MI FISCHIANO LE ORECCHIE
La primissima cosa che mi ha colpito giocando alla beta multiplayer del nuovo Medal of Honor sono gli effetti sonori. Messi sempre in terzo piano dopo gameplay e grafica, questa volta devo dire che le mie orecchie fischiavano per una quantità inaudita di pallottole sparate a bruciapelo, mortai e esplosioni, gente che urlava e compagni che cadevano sul terreno di battaglia, mezzi aerei e di superficie che sparavano come dei forsennati…un vero inferno insomma. Suoni che riescono ad evocare alla perfezione la guerra virtuale all’ennesima potenza e che ci renderanno ancora più partecipi di quello che ci succede alle spalle, davanti, sopra la testa e alle volte anche sotto, se saremo disposti in una zona superiore al piano terra. Per dirla in parole povere, se alzate il volume delle casse, credo che il vicino si spaventerebbe a morte.
Medal of Honor, per la gioia di molti, è un vero e proprio reboot della serie originale e ci catapulta di prepotenza nella guerra moderna, abbandonando le tanto amate o odiate ambientazione della Seconda Guerra Mondiale. Nella beta si possono scegliere due fazioni e due mappe, l’esercito americano e quello iracheno che se le daranno di santa ragione a Kabul City (guerriglia urbana) o a Helmand Valley (spazio aperto). Una volta scelta la classe di appartenenza fra le tre – rifleman, special ops, sniper – si entra in campo in una mappa davvero grande e ben modellata. Ogni cosa sembra essere stata posizionata per inflazionare o aiutare il nemico / amico. Ripari e protezioni in ogni dove ma anche punti ciechi che ci permetteranno di abbattere facilmente gli avversari per quanto riguarda la mappa cittadina. Spazi aperti e poco difendibili, buche o dune per quanto riguarda la mappa in esterno, il tutto condito da un ottima grafica ma da elementi poco distruttibili – almeno non come accadeva per Battlefield – qui potremo fare a pezzi casse o muretti ma anche alberi o porte ma finisce li. Dal punto di vista estetico mi sarei aspettato qualcosa di più complesso ma non credo che il visivo deluderà i palati più esigenti, si respira comunque una ricerca estetica meno inflazionata dei recenti Call of Duty.
Sul fronte del gameplay, il gioco mi ha lasciato un bella sensazione per quanto riguarda gli scontri, sempre frenetici e immediati. Morire e riapparire sulla mappa è qualcosa di immediato e calibrato, verremo sempre riportati o alla base o in un luogo di sicura copertura. Gli schemi purtroppo non permettevano grosse novità e il tutto finisce per essere un enorme deathmatch a squadre, anche quando si cerca di mantenere la posizione conquistata (la combat mission): proprio per questo, l’avanzamento alla missione è assolutamente lineare e mai caotico. Sulla mappa in alto a sinistra, fra l’altro, verranno visualizzate le forze in campo con delle freccette blu per i nostri commilitoni e arancione per il nemico, utile per scovare facilmente gli avversari.
Medal of Honor sembra promettere molto bene benché le dinamiche della guerra “in solitaria” o “a squadre” sembra non regalino nulla di davvero nuovo sotto il sole se non nei già visto Battlefield o Call of Duty. Insomma, un gioco che si appresta a migliorare diversi aspetti sotto il sole del deserto, senza però evolversi più di tanto in nulla di nuovo. Staremo a vedere se il gioco finito, saprà farci cambiare idea o meno, restate con noi per saperlo.