Il termine “tie-in” è sicuramente noto agli appassionati di videogiochi, soprattutto a coloro che tra gli anni ’90 e 2000 erano soliti provare qualsiasi tipo di gioco indipendentemente dal genere di appartenenza: a quell’epoca, infatti, numerosi prodotti d’intrattenimento, soprattutto cinematografici, erano spesso accompagnati da videogiochi con non troppe pretese, i quali facevano semplicemente da contorno e da cassa di risonanza per il prodotto principale che veniva mostrato sul grande schermo al cinema.
Un modus operandi adottato soprattutto da Disney che proprio in quegli anni ha dato il consenso alla produzione per numerosi tie-in dedicati ai suoi classici, da Hercules a Il Re Leone passando per Tarzan e chiaramente le intramontabili Principesse; titoli che magari l’effetto nostalgia ci fa ricordare come delle perle, ma che in fin dei conti erano qualitativamente molto inferiori rispetto alla stragrande maggioranza dei giochi dell’epoca, proprio perché erano solamente un contorno.
Al giorno d’oggi i tie-in esistono ancora, come ad esempio i diversi titoli dedicati a Star Wars oppure quelli sui supereroi Marvel e DC, ma sono prodotti videoludici a sé stanti che non dipendono poi così tanto dal franchise di cui portano il nome, dunque quando si dice che “l’era dei tie-in è finita” si fa riferimento proprio a quei videogiochi che facevano “da contorno” al prodotto principale che andava al cinema o in fumetteria.
Si tratta di un’introduzione doverosa per parlare de “I Puffi – Dreams“, il nuovo titolo su licenza sviluppato da Ocellus Studio e pubblicato da Microids dedicato ai tanto amati esserini blu ideati dal fumettista belga Peyo alla fine degli anni ’50 e che nel corso degli anni ha ricevuto, tornando al discorso introduttivo, numerosi tie-in videoludici che magari un tempo potevano funzionare, ma che, sulla base di quanto detto in precedenza, al giorno d’oggi funzionano un po’ meno e in questa recensione vedremo il perché nel dettaglio.
Gargamella colpisce ancora: questa volta manda tutti a nanna
I Puffi sono stati protagonisti di tantissime storie diverse, sia sulle strisce a fumetti che poi successivamente in formato animato, e praticamente tutte si basano sul rapporto conflittuale tra questa comunità di piccole creaturine azzurre che vivono in armonia e il malvagio Gargamella che tenta di catturarli in tantissimi modi diversi e questa opera videoludica non è da meno ripercorrendo il leitmotiv delle altre opere.
Essendo questo titolo un platform, situazione che comunque approfondiremo nel prossimo paragrafo in maniera dettagliata, non presenta una vera e propria storia, ma solamente un pretesto narrativo per giustificare il gameplay: il malvagio stregone stavolta ha creato una pozione capace di addormentare i Puffi e intrappolarli nel mondo dei sogni e saremo noi giocatori, nei panni di un giovane Puffo, a entrare nel mondo dei sogni e salvare tutti i nostri simili dalle grinfie di Gargamella.
L’incipit narrativo, per quanto poco originale, non è poi così male, ma si ferma tutto lì: da quel momento in poi c’è solamente gameplay e non esiste una storia trainante che fa capire l’evoluzione del villaggio dei Puffi man mano che salviamo i nostri simili o le reazioni di Gargamella alle nostre azioni, se non per un paio di scene di pochissimi secondi in cui si mostra preoccupato; siamo tutti d’accordo che magari un platform non ha bisogno di una narrazione trainante, ma il gioco non presenta cutscene, non presenta dialoghi e i gli altri Puffi del villaggio non sono altro che elementi riempitivi che non hanno alcuna funzione per il wordbuilding del gioco.
Il platform non è sempre la strada più semplice da percorrere
Tornando al discorso dei tie-in che facevamo in introduzione bisogna aggiungere un altro particolare che ho volutamente omesso per parlarne in questo paragrafo: la maggior parte delle trasposizione videoludiche di fine anni ’90 utilizzavano il genere del platform dato che non solo era il genere più in voga in quegli anni, ma di base era anche quello più semplice da realizzare: bastava infatti prendere i personaggi protagonisti dei film di riferimento, creare una mappa di gioco visibilmente simile a quella presente nell’opera originale e aggiungere dei collezionabili da raccogliere lungo il percorso in linea con il contesto narrativo.
Ocellus Studio e Microids hanno pensato bene di prendere la medesima decisione, solo che ai giorni nostri solo questo non basta: non è più sufficiente creare un platform basilare con quegli elementi descritti in precedenza dato che il media videoludico si è evoluto molto negli anni e anche per fare un tie-in c’è bisogno di qualcosa in più, di espedienti di gioco originali, soprattutto in un’epoca dove i platform fanno molta fatica a emergere e ci riesci solamente se fai qualcosa di straordinario come Astro Bot.
Chiaramente non si sta chiedendo assolutamente a “I Puffi – Dreams” di essere ai livelli di Astro Bot o degli ultimi capitoli di Super Mario, dato che con ogni probabilità non era l’intento degli sviluppatori quello di diventare il miglior platform di sempre, ma allo stesso tempo se vuoi fare un platform hai comunque bisogno di sorprendere il giocatore con qualcosa di nuovo anche magari evolvendo il gameplay nel corso delle ore di gioco.
I guizzi di gameplay di Puffi Dreams, dunque, sono davvero pochi: oltre ai classici livelli nei quali bisogna partire da un punto A e arrivare a un punto B raccogliendo collezionabili lungo il percorso, sono presenti alcune sezioni di gioco nelle quali bisogna utilizzare un gadget, ovvero una pistola che blocca i nemici e attiva delle piattaforme, un martello che rompe e ricostruisce delle casse e una lampada che materializza o smaterializza delle piattaforme; nonostante siano comunque oggetti per certi versi divertenti da utilizzare, sono comunque circoscritti a piccole sezioni di livelli e talvolta si ripetono all’infinito dando sempre quella costante sensazione di già visto.
Molto probabilmente, nonostante il gioco provi a proporre livelli con delle caratteristiche uniche in base al sogno di riferimento, è proprio questa la problematica principale: il tentativo di variare il gioco in qualche modo proponendo fasi di gameplay diverse come ad esempio sezioni stealth o in caduta libera evitando ostacoli non è pienamente riuscito dato che, anche se si cambia mondo o livello, sembra di essere rimasti sempre nello stesso posto, complice anche una scelta di elementi di design della mappa di gioco che si ripetono in tutti i livelli.
Uno dei punti più dolenti è rappresentato anche dai collezionabili che sappiamo essere un elemento cardine dei platform e quello che ti spinge ad andare avanti nel gioco e completarlo al 100%: in Puffi – Dreams gli elementi collezionabili da raccogliere e trovare lungo il percorso sono relativamente pochi, molto semplici da trovare e soprattutto non rappresentano una vera e propria sfida dato che le ricompense per averli raccolti tutti non sono poi cosi soddisfacenti oltre il mero senso di completismo.
In ogni livello sono presenti infatti solo tre categorie di collezionabili: i funghi azzurri, che sono nascosti e sono utili a sbloccare i livelli successivi, le bobine di filo colorato, che servono a sbloccare delle skin per il protagonista e infine le bacche rosse che possono essere utilizzate per acquistare altre skin: dunque due collezionabili su tre hanno il medesimo funzionamento mentre il terzo è praticamente obbligatorio per procedere nell’avventura, in questo modo si perde il senso della raccolta dei collezionabili che di base dovrebbero dare ricompense molto più gradite al giocatore.
Il completismo dei livelli, inoltre, è ostacolato dal gioco stesso dato che non permette in alcun modo di tornare sui propri passi e quindi di eseguire il cosiddetto “backtracking” quando ci si accorge di aver lasciato qualcosa alle proprie spalle: questo perché i livelli non sono formati da un unico percorso ma, inspiegabilmente, da una serie di piattaforme collegate da una ringhiera dorata che si può percorrere solamente in avanti e non indietro, dunque se ci si accorge di aver lasciato qualcosa bisogna per forza cominciare il livello da capo.
I Puffi, da soli, non bastano
“I Puffi – Dreams”, dunque, fa parte di quel filone di giochi collaterali basati su un franchise divenuto famoso sotto tutt’altra forma, in questo caso i fumetti prima e le serie animate poi, ma tornando al discorso introduttivo al giorno d’oggi non basta più prendere dei personaggi famosi e piazzarli all’interno di un esoscheletro ludico qualsiasi, ma bisogna comunque cercare di creare un mondo coerente con delle proprie regole e propri funzionamenti che si possa discostare magari dalla narrazione canonica, ma che allo stesso tempo abbia tutte le carte in regola per funzionare anche da solo.
Quanto appena detto in Puffi Dreams non succede mai: all’interno dei fumetti e soprattutto delle serie animate abbiamo imparato a conoscere le differenze tra i vari Puffi, sia dal punto di vista morfologico che caratteriale, ed è proprio questo uno dei punti forti del franchise che però all’interno di questo videogioco si perde dato che non c’è una reale differenza tra i vari Puffi (se non dal punto di vista grafico per alcuni più famosi). Tutti i Puffi sono uguali, si comportano allo stesso modo, non parlano e, come dicevamo in precedenza, non hanno un vero scopo all’interno del gioco e non contribuiscono affatto al world building del Villaggio dei Puffi che è l’hub principale.
L’unico Puffo che conta all’interno del Villaggio, oltre al protagonista e a una mezza entrata in scena di Grande Puffo, è Sarto dato che è il PNG adibito alla vendita delle skin, tutti gli altri Puffi invece non hanno alcuno scopo all’interno del gioco se non quello di riempitivo all’interno dei livelli che altrimenti sarebbero abbastanza vuoti.
Conclusione – si poteva osare di più
I Puffi – Dreams è il classico videogioco tie-in che però molto probabilmente sarebbe dovuto uscire qualche decennio fa: l’unico elemento che lo fa apparire come un gioco moderno è rappresentato dalla grafica pulita, che però allo stesso tempo non è esente da difetti e incongruenze di stile soprattutto nel passaggio tra le scene animate e le fasi di gioco. Anacronistico e quasi mai sul pezzo, i Puffi meriterebbero forse qualcosa in più di un semplice platform basilare.
PRO
- I Puffi sono sempre i Puffi
- Difficoltà bilanciata soprattutto nelle boss fight
CONTRO
- Platform troppo basilare, pochissima originalità
- World-building totalmente inesistente
- Raccolta collezionabili non soddisfacente
- Grafica che un po' stona nelle cutscene
- Comparto tecnico non perfetto
Se hai letto tutta la recensione (e l'hai letta per davvero tutta senza imbrogliare) puoi cliccare qui sotto per scoprire il voto: