Bacchettate sulle policy del Play Store, siamo a un cambio di paradigma?
I litigi di Epic Games con le big tech non si contano, per anni ha tenuto banco la sfida contro Apple a suon di cause e contro-cause, che se non è finita benissimo per Epic sul piano prettamente giudiziario (tutti le sue rimostranze sono state cassate eccetto la pratica dell’anti-steering), ha decisamente contribuito ad aumentare il dibattito e l’interesse legislativo e governativo nei confronti dello strapotere delle compagnie proprietarie degli store mobile, ovvero Apple stessa e Google, che almeno qui in occidente detengono dei monopoli di fatto sul mercato della distribuzione delle app su dispositivi mobili.
Esaurite le cartucce contro l’azienda di Cupertino, Epic si è ora rivolta, più agguerrita che mai, contro quella di Mountain View, rea di impedire l’installazione di store di terze parti su dispositivi Android, nonché di bloccare l’introduzione di circuiti di pagamento e servizi di fatturazione esterni a Google Pay. Le cose potrebbero cambiare a seguito della diatriba legale in corso, ed è stata la stessa Epic a suggerire come.
C’è spazio per tutti nel mercato mobile?
Torniamo brevemente a Apple vs Epic, o meglio alle sue conseguenze, per capire come negli ultimi mesi la situazione di monopolio di fatto esercitata da Apple sia a un punto di svolta, e potrebbe cambiare sensibilmente in tempi brevi. Il fatto è che le autorità antitrust americane ed europee – pur con colpevole ritardo – si sono accorte che la concentrazione di tutto il potere economico di pochissimi players nel mercato mobile ha generato storture di mercato e barriere di ingresso che rendevano di fatto impossibile la creazione di una concorrenza in grado di giocare ad armi pari, assicurando così benefici ai consumatori e all’equilibrio del mercato stesso. Ecco perché in tempi recenti la situazione sta cambiando: in Unione Europea l’introduzione del Digital Markets Act sta obbligando molte multinazionali della tecnologia ad adeguarsi a norme più favorevoli ai principi della libera concorrenza, e per Apple questo ha riguardato in particolare la gestione della distribuzione di app in iOS.
Dopo essersi dovuta adeguare a malincuore alla sentenza di tribunale che le ha imposto di consentire agli sviluppatori di app di offrire agli utenti link diretti verso store e/o piattaforme di pagamento esterne all’App Store, Apple ha anche dovuto arrendersi alle imposizioni del DMA aprendo di fatto la possibilità della presenza di store di terze parti in iOS; non solo, a partire dai prossimi mesi dovrebbe essere possibile per gli sviluppatori distribuire le proprie app per iOS direttamente tramite i propri siti web, quindi senza passare per l’App Store. Indubbiamente un bel passo avanti sul fronte della libera concorrenza. Ma se tali regole si applicano severamente ad Apple, Google non poteva pensare di scamparla a lungo, infatti gli occhi della giustizia sono ora puntati su di lei.
Epic detta le regola a Google!
Google è attualmente imputata in un processo per abuso di posizione dominante e violazione delle norme sulla libera concorrenza negli Stati Uniti, intentato da Epic, mentre deve difendersi in altri due processi intentati direttamente dall’antitrust statunitense in merito alla sua politica di gestione delle ads e di abuso posizione dominante del motore di ricerca. Insomma non se la passa certo bene ed è solo questione di tempo prima che capitoli e ceda almeno una parte delle sue prerogative. La cosa curiosa è che sia la stessa Epic a suggerire come dovrebbe fare. L’azienda di Tim Sweeny ha infatti depositato una serie di proposte al tribunale distrettuale di San Francisco in merito a politiche di apertura che Google dovrebbe adottare relativamente a Play Store. In estrema sintesi, suggeriscono che a Google sia impedito di:
- Imporre paletti o precondizioni di sorta alla presenza di store di terze parti su sistemi Android
- Imporre condizioni di esclusività legate alla pubblicazione di app su Play Store
- Imporre differenze di prezzo a seconda dell’area geografica, favorendo alcuni paesi al posto di altri.
- Bloccare l’accesso di app di terze parti a funzioni integrate dei sistemi Android come geolocalizzazione o altro.
Infine, per un periodo di 6 anni dovrebbero essere presenti client di store di terze parti direttamente sul Play Store. Google ha tempo fino al 3 maggio per rispondere a queste proposte, dopodiché il giudice dovrà valutare la questione ed stabilire la soluzione finale.