La discrepanza tra le dichiarazioni delle aziende e le rilevazioni ufficiali è nota, ma di chi è la colpa?
L’Europa ha un problema con le emissioni delle veicoli a motore. Malgrado le numerose iniziative messe in atto in ogni campo per ridurre l’impatto dell’inquinamento ambientale, le città continuano a essere funestate dallo smog prodotto dal traffico cittadino. Aumentare le piste ciclabili, pedonalizzare le piazze, potenziare il trasporto pubblico e incentivare i motori ibridi sono tutte misure utili, ma ancora insufficienti a risolvere il problema. E così ogni anno il rapporto che tira le somme sulle rilevazioni dell’inquinamento prodotto da automobili e affini registra numeri tutt’altro che confortanti.
Al danno si aggiunge la beffa: le autorità europee sottolineano la discrepanza tra le emissioni dichiarate dalle aziende automobilistiche e quelle effettivamente riscontrate nell’atmosfera dalle centraline sparse su tutto il continente. Com’è possibile? Sono gli strumenti di rilevazione a essere inadeguati? Oppure le aziende non dichiarano i numeri corretti? Qualcuno sta mentendo ed è il caso di scoprire il colpevole prima che sia troppo tardi.
I conti non tornano
La direzione generale Azione per il clima (DG CLIMA) dell’Unione Europea ha lo scopo di formulare e attuare le politiche e le strategie dell’unione in materia di politiche climatiche. L’UE si è posta l’ambizioso obiettivo del Net Zero entro il 2050, ovvero diventare il primo continente a impatto climatico zero. Per fare questo è indispensabile monitorare tutti gli agenti inquinanti e adottare politiche per la riduzione delle emissioni.
Buona parte di esse sono provocate dal traffico dei veicoli su gomma, che spesso avvolgono le nostre città in una coltre di smog devastante per l’ambiente e per la stessa salute umana. Da questo punto di vista però i conti non tornano, decisamente. Come evidenziato a fine gennaio dall’International Council on Clean Transportation, infatti, il divario tra i valori reali e quelli ufficiali delle emissioni di CO2 e del consumo di carburante delle nuove auto con motore a combustione è aumentato tra il 2018 e il 2022 dall’8% al 14%. Ciò è avvenuto malgrado l’UE abbia introdotto una nuova metodologia per il test dei veicoli dal punto di vista delle emissioni prodotte. Ciò significa, in sostanza, che rispetto alle emissioni dichiarate dai produttori di automobili, le emissioni sono maggiori del 14%. Inutile dire che questa discrepanza, se mantenuta nel tempo, impedirà il raggiungimento dell’obiettivo Net Zero entro il 2050.
Qual è il problema?
Ecco come l’ICCT si è reso conto del problema:
Lo studio analizza i dati ufficiali sulle emissioni di CO 2 , un indicatore del consumo di carburante, riportati dall’Agenzia europea per l’ambiente (EEA), combinati con le informazioni sul consumo di carburante nel mondo reale di oltre 160.000 auto con motore a combustione e ibride convenzionali riportate dai consumatori. (…) Nel 2017, una nuova procedura di prova, la procedura di prova per veicoli leggeri armonizzata a livello mondiale (WLTP), ha sostituito il precedente indice NEDC. Sebbene i nuovi valori WLTP siano più rappresentativi rispetto al predecessore – e di conseguenza abbiano ridotto il divario dal 33% nel 2018 all’8% nello stesso anno – il divario ora sta nuovamente crescendo.
Il problema principale sta nella mancata adozione da parte di alcune aziende automobilistiche dell’installazione di dispositivi di monitoraggio del consumo di carburante e di energia (OBFCM) a bordo dei veicoli che producono. Tali dispositivi sono un obbligo di legge dettato dall’UE, ma alcune aziende sono tardive nell’adeguarsi alle normative vigenti. L’ICCT propone di rendere pubblici i dati raccolti dagli OBFCM attualmente anonimizzati, per responsabilizzare le aziende. Un’altra ipotesi è quella di attribuire delle classi di efficienza energetica anche alle automobili così come oggi si fa per gli elettrodomestici o per le case, in modo da consentire ai consumatori di effettuare scelte di acquisto più consapevoli.