All’interno di un breve video l’attuale CEO di Intel, Pat Gelsinger, si sbottona e parla di quelli che a suo dire sono stati i tre più grandi errori compiuti dal colosso dei microprocessori.
Se ci seguite da un po’ di certo vi sarà capitato di leggere delle nostre lamentele riguardanti il tipo di comunicazione portata avanti da CEO e business-people nei confronti dell’utenza. Sempre troppo abbottonata, mai abbastanza sincera, sempre opaca a più non posso, in un continuo tentativo di far si che la verità, quella completa e reale, non venga mai fuori.
Oggi però siamo davanti a un caso più uinco che raro: quello di un CEO che decide, chissà per quale motivo, di sbottonarsi ai microfoni di Digit, un grande magazine indiano con una ricca serie di contenuti redatti in lingua inglese.
Nel giro di un singolo minuto Pat Gelsinger, attuale CEO di Intel, ha identificato e spiegato tre grandi errori che l’azienda, una delle più importanti in assoluto nel campo dei microprocessori, ha compiuto durante il corso degli ultimi quindici anni; per chi non mastica magari l’argomento hardware informatico potrà sembrare tutto poco interessante ma, in realtà, le parole di Gelsinger oltre a suonare stranamente sincere aprono la mente a scenari ipotetici davvero molto interessanti.
Three is THE magic number
Three is a magic number cantava Bob Dorough, collaboratore di Miles Davis e importante autore della canzone americana del dopoguerra.
Gelsinger è abbastanza convinto della stessa cosa perché a Digit ha riassunto anni di speculazioni degli addetti i lavori in circa un minuto di chiacchiere.
Dove sono gli smarphone con processore Atom?
Il primo grande errore secondo il CEO di Intel è stato quello di non cercare di penetrare in maniera importante all’interno del mercato degli smartphone. Intel ha provato ad immettersi nell’allora mercato grazie al brand Atom che, però, non riuscì ad avere particolare successo portando a miliardi di dollari in perdite operative.
Atom spirò durante il corso del 2016, dopo tantissimi tentativi che portarono a ben poco di buono per l’azienda e che con quella situazione incrinò un poco la sua posizione nei confronti del pubblico e delle aziende, dopo decenni di successi senza particolari rivali.
A questo bisogna aggiungere un’altro elemento, assolutamente non di poco conto: Intel durante la seconda metà degli anni duemila rinunciò a progettare il processore del primissimo iPhone, con tutto quello che ne consegue poi. La rinuncia, fatta per una questione più finanziaria che pragmatica (come si può evincere dall’intervista rilasciata dall’allora CEO Paul Otellini al The Atlantic) da una parte non ha fatto prendere alla compagnia il treno di una vita, dall’altra invece ha spalancato ad ARM Holding le porte del successo visto che, ad oggi, l’intero settore dei telefoni cellulari utilizza prodotti con quella tecnologia.
C’era una volta Larrabee
L’altro grande fallimento di Intel riguarda invece Larrabee, un nome che suonerà di certo come nuovo a tantissimi utenti ma che invece i più smanettoni ricorderanno come una delle istanze più innovative mai portate avanti da Intel. Parliamo infatti di una GPGPU, ovvero di una GPU che offre lo stesso livello di programmabilità di una normale CPU: un prodotto in grado di permettere a dispositivi dall’elevata potenza di calcolo delle schede video di affrontare una gamma più vasta di compiti.
Che fine ha fatto Larrabee? Forte della sua natura avveniristica e arrivata plausibilmente un po’ troppo presto rispetto a quanto il mercato richiedeva, dopo anni di presenza nel mercato con prestazioni insoddisfacenti il progetto fu cancellato durante il corso del 2010: dei suoi resti è ancora possibile trovare all’interno dei prodotti a marchio Xeon Phi; nota di colore: fu proprio Pat Gelsinger, all’epoca chief technology officier di Intel, ad essere responsabile di alcune delle storture del progetto.
Gelsinger, inoltre, ha detto che se Intel avesse continuato a sviluppare Larrabee si sarebbe potuta risparmiare l’acquisizione di cinque diverse compagnie legate al mondo dell’intelligenza artificiale. Il CEO non ha fatto i nomi ma i ragazzi di Tomshw america hanno sottolineato acquisizioni non andate per il meglio come quella di Nervana nel 2016 (comprata nel 2016 per poi cancellare tutti i prodotti a essa collegati quattro anni dopo) o DeepLabs (comprata nel 2014 per 500 milioni di dollari senza mai ottenere ricavi paragonabili). Altri nomi ipoteticamente
In un altra tempolinea Larrabee sarebbe ricordato come il progetto padre dei prodotti che animano le intelligenze artificiali generative; in questa il nome che più associato a questo genere di applicativi GPU intensive è quello di Nvidia e Intel non fa altro che rincorrere da lontano, anche soltanto nel settore gaming.
Questione di fonderie
Il terzo erroraccio sottolineato da Gelsinger invece riguarda le fonderie, ovvero il mattone principale della filiera produttiva dei chip. In questo caso il dirigente non si è sbilanciato più di tanto anche se è fare qualche ipotesi è più semplice del previsto.
Secondo le dichiarazioni di Gelsinger, infatti, Intel aveva dei pregiudizi nei confronti dell’idea di mettere in piedi una grande fonderia. In questo caso è probabile che il pregiudizio fosse legato all’aprire le proprie fonderie alla possibilità di realizzare chip per aziende di terze parti, cosa che al momento sta rappresentando la grande fortuna di aziende orientali come TSMC o Samsung.
A oggi Intel, infatti, non ha mai nascosto il desiderio di diventare un grande produttore per conto terzi specie per tutte quelle società che per motivi politici non vogliono legarsi al mercato asiatico. Con delle fonderie già attive e preparate per includere al loro interno flussi di lavoro non proprietari di Intel, l’azienda si troverebbe in una posizione di estremo vantaggio poiché desiderata da tantissimi grandi player del settore, specie considerando anche come il governo americano abbia fatto partire una gigantesca proposta di legge per incentivare questo genere di lavori nel territorio americano.
Intel, in ogni caso, al momento sta investendo nella creazione di nuovi poli produttivi tanto negli Stati Uniti quanto in Europa, con particolare attenzione a una fabbrica produttiva in pieno territorio Italiano (un riassunto delle ultime notizie lo potete trovare dentro questo articolo di Wired).
Il video si conclude in maniera più divertente del previsto, con il CEO di Intel che prevede di sentire il suo successo etichettarlo come un vero idiota per non essere stato in grado di cogliere le tendenze più lucrative nel momento esatto. Per il momento abbiamo visto Intel non saltare sul carro degli NFT e questo ci basta per renderci mediamente felici per il corso dei prossimi giorni.