Le Ai usano materiale coperto da diritto d’autore | Le risposte delle aziende non piacciono a nessuno

BIG TECH E ai

Volenti o nolenti, le IA (Intelligenze Artificiali) stanno diventando sempre più utilizzate da parte delle persone in tutto il mondo e anche da parte di diversi colossi e aziende internazionali. Nel corso del 2023 ci sono state diverse lamentele da parte di individui i cui prodotti od opere di ogni tipo sono state usate da parte delle IA, in molti casi gestite da compagnie, per allenarle: ebbene secondo molte di esse queste non dovrebbero essere obbligate a pagare.

Che sta succedendo nelle specifico?

L’ente americano chiamato “US Copyright Office” ha recentemente concluso la sua indagine pubblica conoscitiva (partita il 30 agosto e finita il 18 ottobre), al fine di capire quale tipologia di leggi implementare in futuro per quanto riguarda l’uso da parte di IA generative (gestite dalle grandi aziende del settore) di materiali coperti dal diritto d’autore al fine di poterle istruire. Stando a quanto emerso, l’ente americano ha contattato diverse grandi aziende attive nel settore, tra le quali abbiamo: Meta, Google, Microsoft, Adobe, Hugging Face, StabilityAI, Anthropic e Apple (quest’ultima è stata contatta in merito alla creazione di stringhe di codice).

Ebbene la risposta pressoché ricorrente da parte di questi grandi colossi è stata la seguente: per molte di esse non sarebbe sensato pagare per l’uso di materiale coperto dal diritto d’autore. Insomma, una risposta non del tutto ottima e che non renderà felice le persone il cui materiale è stato utilizzato senza il loro consenso. Nei paragrafi successivi potrete trovare alcune di queste risposte.

Ecco le risposte delle grandi aziende che gestiscono IA generativa

Per semplificare la lettura e visione di quanto detto in particolare da parte di Meta, Google, Microsoft, Adobe e Apple, le risposte sono state strutturate mediante l’uso di un comodo elenco:

  • Meta: secondo la compagnia dietro Facebook, Instagram e WhatsApp l’imposizione di un regime di licenza unico potrebbero portare al caos, in quanto tantissimi sviluppatori saranno obbligati a identificare milioni e milioni di titolari dei diritti d’autore dei relativi elementi. Pertanto l’imposizioni di leggi stringenti a riguardo potrebbe non essere ottimo per Meta, anche perché secondo lei “ai diretti interessati corrisponderebbero delle royalty insignificanti e di basso livello” (chissà se questo varrà pure per lei in futuro, ma ho i miei dubbi).
  • Google: invece la grande G ritiene che non sussisterebbero problemi nel caso in cui la formazione delle IA venisse effettuata senza la creazione di copie degli elementi usati per l’apprendimento. Per Google nel momento in cui un’IA va a usare determinati materiali e quasi come se questa stesse leggendo un libro, apprendendo così determinate nozioni su un dato argomento al fine di conoscerlo meglio. Di conseguenza queste copie sono più o meno necessarie, in quanto garantiscono alla suddetta tecnologia di poter apprendere e non per rubare contenuto altrui.
  • Microsoft: spostando l’attenzione sulla casa di Redmond, essa ritiene che qualsiasi obbligo di ottenere il consenso da parte degli autori di determinati materiali andrebbe a rallentare pesantemente l’attuale sviluppo delle intelligenze artificiali. Infatti per il colosso americano è pressoché impossibile creare in tutto e per tutto delle IA responsabili che sappiano riconoscere a priori l’autore o creatore di un dato contenuto. Allo stesso tempo l’imposizione di regole stringenti andrebbe a limitare la creatività e innovatività delle piccole start-up attive in questo ambito: questo porterebbe per Microsoft a uno sviluppo relegato a quelle compagnie che hanno le risorse economiche per pagare i relativi diritti o attive in paesi dove l’addestramento di IA mediante l’uso di materiale coperto dal diritto d’autore non costituisce reato.
  • Adobe: la nota azienda dietro ad applicativi quali InDesign, Illustrator e Photoshop ha affermato che l’uso di materiale coperto dal diritto d’autore per addestrare le IA è del tutto corretto. A riguardo ha citato il caso detto “Sega Enterprises Ltd. v. Accolade, Inc.” del 1992, riguardante la copia di alcuni materiali di proprietà di SEGA (in ambito videoludico). Infatti l’editore chiamato Accolade negli anni Novanta disassemblò il software interno della console SEGA Genesis – mediante l’uso di tecniche ascrivibili al mondo del “reverse enineering” – al fine di scoprire i requisiti per rendere i giochi compatibili con la suddetta console. Secondo Adobe questo fu positivo, in quanto ne beneficiò il pubblico, con particolare riferimento al mercato indie dei videogiochi che crebbe molto in quel decennio (sempre secondo la visione della compagnia americana).
  • Apple: infine abbiamo il colosso che produce ogni anno nuovi Iphone, Mac e Ipad. L’azienda si è concentrata in particolare sulla questione riguardante la creazione di stringhe di codice. Secondo Apple nelle circostanze in cui uno sviluppatore umano vada a controllare direttamente diversi elementi nella sua realizzazione quali modifica, aggiunta, miglioramento o rifiuto del codice suggerito dall’IA, allora sussistono le condizioni per l’attribuzione di un diritto d’autore al programmatore o sviluppatore (per quanto minimo).

Tutte queste risposte assai variegate sono state molto utili all’ente americano, che senza ombra di dubbio varerà nel prossimo futuro diverse leggi per regolamentare questo caotico mondo.