E ancora meno persone sanno che esiste…
Il vaccino contro l’HPV, ovvero il papilloma virus responsabile del tumore al collo dell’utero, esiste da anni ma la comunicazione in tal senso è scarsa. Tra l’altro lo stesso vaccino può aiutare a combattere anche altri tipi di tumore, come quello al pene, all’ano, alla testa, al collo e alla vagina. Normalmente l’HPV è un virus piuttosto comune e la sua presenza nelle cavità uterine non comporta sempre l’insorgere di un tumore. Solo alcuni ceppi sono particolarmente maligni, 13 su oltre 200 secondo l’Istituto Europeo di Oncologia. È su questi che bisogna intervenire, e fin dagli anni ’90 sono stati vaccini di comprovata efficacia. Il virus è sessualmente trasmissibile, ed esistono molti portatori sani asintomatici che, non sapendo di averlo, lo diffondono tramite il semplice contatto pelle-contro-pelle.
Alcune sperimentazioni condotte nel Regno Unito hanno evidenziato un tasso di guarigione dell’87% nei pazienti trattati con tale vaccino rispetto a coloro che non l’hanno ricevuto. Si tratta di cure che sono già accessibili, da parte di uomini e donne, ragazzi e ragazze, in moltissimi paesi, tuttavia si fa molta fatica a comunicarne l’esistenza tanto che in due terzi dei paesi in cui è disponibile non viene utilizzato a dovere.
Una questione di costi e di cultura
Inizialmente la diffusione limitata del vaccino per l’HPV era dovuta all’alto costo, come sempre capita quando si lancia un nuovo farmaco. Ecco perché si preferì concentrarne la somministrazione nelle bambine di età compresa tra i 9 e i 14 anni, in assoluto i soggetti più a rischio. Ecco perché c’è l’abitudine a considerare il papilloma virus come una malattia “femminile”, sebbene i ragazzi e gli uomini siano altrettanto a rischio infezione! Per qualche anno la produzione delle case farmaceutiche ha avuto difficoltà a star dietro alla domanda, improvvisamente espansa ad altre categorie di età e di genere, ma le cose stanno migliorando. L’India, uno dei paesi più grandi e popolosi del mondo, sta mettendo a punto un vaccino nazionale per far fronte al problema, inoltre l’efficacia delle ultime versioni del farmaco rendono in molti casi sufficiente un unica dose, rendendolo di fatto disponibile ad una platea dei pazienti ancora più ampia.
La sua diffusione continua ad essere frenata dal pregiudizio culturale che addita le donne come principale genere portatore del virus, “stigmatizzandole” e facendo cadere su di loro l’intera responsabilità della diffusione della malattia, quando gli uomini sono altrettanto a rischio e spesso portatori inconsapevoli. Ogni anno, in tutto il mondo vengono diagnosticati 700.000 nuovi casi di tumore dovuto all’HPV. La maggior parte di essi sono tumori al collo dell’utero, che causa circa 340.000 decessi l’anno.
In pochi sanno che oltre un quarto dei casi di tumore dovuto all’HPV riguarda gli uomini: una recente ricerca pubblicata su Lancet ha dimostrato che quasi un uomo su tre è portatore di un’infezione da HPV! Peraltro tali tumori sono più difficili da individuare rispetto a quelli che colpiscono le donne. Mentre er queste ultime è stato messo a punto il famoso pap-test, di comprovata efficacia, non esistono protocolli di screening simili riguardanti il tumore al pene o all’ano negli uomini. Purtroppo non si fa sufficiente comunicazione su questo argomento.
Rischio emergenza sanitaria
È difficile stimare quanti uomini in tutto il mondo siano portatori della malattia, ma un dato inquietante arriva dagli Stati Uniti, dove ricerche recenti hanno rilevato che i casi di tumori della testa e del collo hanno addirittura superato quelli al collo dell’utero tra i casi più comuni di tumori legati all’HPV. Esiste quindi la possibilità concreta che ci siano decine – se non centinaia – di migliaia di uomini portatori sani della malattia non diagnosticati, che contribuiscono alla sua diffusione. Purtroppo contare solo sulla vaccinazione delle donne per limitare la diffusione del virus non è sufficiente: sebbene sia vero che la prevenzione femminile costituisce una difesa, di riflesso, anche per gli uomini, questo vale limitatamente per le coppie eterosessuali. Nei rapporti omosessuali uomo-uomo, infatti, tale effetto di immunità non si replica, dunque proprio i maschi omossessuali sono tra i soggetti più a rischio da questo punto di vista.
Ecco perché negli ultimi anni diversi paesi hanno iniziato ad allargare il bacino di utenza delle proprie campagne di sensibilizzazione sul tema, nonché di vaccinazione vera e propria. Nel 2013 è stata l’Australia il primo paese ad estendere il programma di vaccinazione anche ai ragazzi, seguito poi da Irlanda, Canada, Regno Unito, Argentina e Nuova Zelanda. Ovviamente la reticenza delle persone a vaccinarsi rappresenta ancora oggi un ostacolo di difficile soluzione. La situazione pandemica del passato biennio non ha fatto altro che accentuare la paura e la diffidenza verso i vaccini da parte di persone che, principalmente per ignoranza e suggestione, hanno ritrosie rispetto alla vaccinazione tout-court, compresa quindi quella per i tumori causati dall’HPV.
Wired riporta una ricerca condotta negli USA dalla quale risulta che tra il 2015 e il 2018 il numero di genitori che non vaccina i propri figli è aumentato dell’80%. Nello stesso anno, un altro studio ha concluso che solo 15% delle ragazze ha fatto il ciclo completo di vaccinazione, e solo i l4% di ragazzi. Insomma il nostro primo nemico, ancor più che il virus, è l’ignoranza e la miopia delle persone che rifiuta di accedere alla cure che oggi sono già disponibili. L’OMS ha posto l’obiettivo di vaccinare il 90% delle ragazze idonee, tuttavia l’obiettivo sembra ancora molto lontano da raggiungere. Forse si dovrebbe cambiare totalmente approccio, ed optare per la vaccinazione di massa come quella che è riuscita a debellare per sempre il vaiolo, sradicandolo dalla faccia della Terra una volta per tutte.