Fra USA, Russia e Cina si combatte da tempo una guerra. Non con le armi da fuoco ma con quelle dell’informazione, o meglio, disinformazione. Il caso dell’incendio delle Hawaii è un esempio lampante.
Che i rapporti tra USA e Russia siano problematici non è una novità, lo stesso Christopher Nolan nel suo ultimo film Oppenheimer ha rappresentato il progetto Manhattan non tanto come l’atto finale della WWII ma come iniziale della Guerra Fredda. Dal 1945 in poi Gli Stati Uniti hanno giocato un perenne braccio di freddo geopolitico contro Russia e Cina, a colpi di spionaggio, guerre commerciali e minacce nucleari, tutto tranne il conflitto aperto, che si è sempre riuscito ad evitare, almeno finora.
Ma con l’avvento di Internet e dei social network, un nuovo strumento si è aggiunto all’arsenale non-bellico di questa eterna Guerra Fredda: l’informazione, o meglio, la disinformazione. Dalla “fabbrica di troll” messa in piedi da Evgenij Prigožin con la fondazione del Gruppo Wagner alla propaganda antioccidentale dei media cinesi, gli USA sono stati sotto il costante attacco mediatico di questi due paesi, con il sospetto concreto di fortissime ingerente nelle elezioni presidenziali che hanno portato all’elezione di Donald Trump nel 2017.
Un esempio recente di questa strategia disinformativa ha riguardato un evento particolarmente tragico occorso quest’estate, ovvero gli incendi nelle isole Hawaii. Ecco cos’è successo.
Hawaii in fiamme
Dall’8 all’11 agosto di quest’anno una serie di incendi ha afflitto l’arcipelago delle isole Hawaii, in particolare l’isola di Maui, che è stata completamente devastata. Alimentato da venti impetuosi e dal clima secco dovuto alla combinazione di fenomeni metereologici (area di alta pressione a nord delle isole, passaggio dell’uragano Dora a sud), il fuoco ha distrutto interi villaggi, raso al suolo oltre 2000 edifici, causato la morte di quasi 100 persone accertate, il ferimento e la sparizione di altre decine, e danni complessivi per oltre 5 miliardi di dollari. Il fenomeno è stato talmente imponente che dei 4 incendi principali attualmente solo due sono stati completamente domati, mentre di altri due continuano a permanere piccoli focolai ancora in queste settimane, sebbene ormai la situazione sia totalmente sotto controllo.
Se sulle conseguenze non vi sono dubbi che si tratti di una tragedia umanitaria ed economica per l’arcipelago, sulle cause aleggia il mistero: non è stata ancora stabilita ufficialmente la scaturigine degli incendi, per cui restano aperte molte ipotesi, dall’evento naturale spontaneo alla propagazione di un focolare sfuggito al controllo umano. Nell’immediato dell’evento però, si era fatta strada anche un’altra ipotesi, assai più inquietante, un’ipotesi dolosa che aveva a che fare con oscuri esperimenti militari dello stesso governo statunitense, che avrebbe poi cercato di insabbiare tutto. Una teoria complottista inquietante, di cui si è presto scoperta la matrice russo-cinese.
La disinformazione al lavoro
Come riportato dal Business Times, le teorie riguardanti un test militare finito male di un’arma metereologica messa a punto dal governo americano, ha iniziato a diffondersi a macchia d’olio sui social network. Gruppi di ricercatori di Microsoft, Recorded Future (un compagnia privata di cybersecurity), RAND Corporation, NewsGuard e l’Università del Maryland hanno rintracciato la provenienza di queste notizie, scoprendo come fossero state diffuse da agenti cinesi specializzati nella disinformazione sui mass media, e che le immagini riportate da tali notizie erano state generate tramite algoritmi di intelligenza artificiale, il che tra l’altro rappresenta il primo caso documentato in cui le AI vengono utilizzate per fini disinformativi.
Questa mossa sottolinea un cambio nelle strategie dell’intelligence cinese: fino ad ora la propaganda di Pechino aveva operato unicamente nei confronti di migliorare la percezione che gli altri paesi avessero della Cina stessa, soprattutto in merito alle questioni che più tengono banco a livello internazionale come lo status politico di Taiwan. Ora invece per la prima volta i troll cinesi hanno attivamente messo in piedi una campagna di disinformazione tutta interna agli Stati Uniti, con l’obiettivo di stabilizzarne l’unità politica. Una linea di condotta, insomma, molto più simile al modus operandi russo, le cui ingerenze dirette nell’influenzare l’opinione pubblica statunitense su argomenti politici è stata ampiamente documentata negli anni passati.
Ovviamente anche la Russia ci ha messo del suo in occasione del disastro delle Hawaii: i ricercatori hanno scoperto che il buzz disinformativo russo si è concentrato soprattutto su questioni economiche, cercando di alimentare il dubbio sull’opportunità di continuare a sostenere militarmente l’Ucraina a fronte di un’emergenza interna agli USA che richiederebbe urgenti sostegni economici. Sebbene non ci siano prove di una strategia messa in piedi di comune accordo tra Cina e Russia contro gli Stati Uniti, il caso delle Hawaii fa riflettere sulla necessità di tenere alta la guardia su argomenti quali cybersecurity e controllo delle fonti di informazione. Gli effetti di tali attività di disturbo sulle prossime elezioni presidenziali, se prese sottogamba, potrebbero avere effetti devastanti sul futuro del paese e dell’intero mondo occidentale.