L’ormai celebre chatbot ChatGPT è finito di nuovo nella bufera per motivi legali: OpenAI si difende e respinge le accuse.
ChatGPT è considerato da molti il capostipite dei chatbot basati sull’Intelligenza Artificiale, dato che è stato il primo a essere conosciuto dagli utenti di tutto il mondo.
Il programma di OpenAI però nel corso degli anni è anche risultato al centro di numerose controversie che ne hanno rovinato parzialmente la reputazione che aveva inizialmente.
Se all’inizio era considerato quasi alla stregua di un oracolo, successivamente la sua fama è venuta sempre meno, anche grazie (o a causa) di altri chatbot più aggiornati e prestanti.
Questo però non ha impedito agli utenti di continuarlo a provarlo: anche al giorno d’oggi ChatGPT viene utilizzato molto di frequente da tantissime persone, sia per piccoli dubbi che per problematiche più grosse.
Come abbiamo detto in precedenza, però, il chatbot di OpenAI è finito più volte al centro di bufere mediatiche che talvolta hanno generato anche cause in tribunale.
Nonostante le diverse accuse e controversie il bot è ancora accessibile a tutti liberamente, ma stavolta ChatGPT deve superare un ulteriore ostacolo dato che è stato ancora una volta citato in giudizio.
ChatGPT, continuano le controversie: OpenAI finisce di nuovo in tribunale
A inizio giugno per esempio OpenAI era stata già citata in tribunale da un giornalista per diffamazione: in quel caso un utente aveva chiesto informazioni sul suddetto personaggio e ChatGPT avrebbe scritto delle accuse considerate non vere dalla persona interessata.
Questo è uno dei casi più eclatanti dello storico del chatbot, ma anche prima c’è stata più di una controversia.
Si ricorda per esempio il caso in cui un avvocato avrebbe utilizzato ChatGPT per cercare informazioni e precedenti di un imputato, salvo poi scoprire che si trattava di argomentazioni false e inventate di sana pianta dal bot.
Oppure quando il chatbot è stato utilizzato per un test fallendo miseramente quasi tutte le risposte citando bibliografie e fonti mai esistite.
Appurato dunque che ChatGPT non è del tutto esente da errori e strafalcioni, ma questa volta il chatbot non c’entra nulla, o meglio, non direttamente.
A essere accusata è stata direttamente OpenAI dato che, secondo l’accusa di alcuni autori, avrebbe violato più volte le leggi sul diritto d’autore.
OpenAI accusata di violazione di copyright: ecco cosa rischia
Per capire meglio le accuse bisogna spiegare come funziona in sostanza ChatGPT: si tratta di un chatbot dotato di intelligenza artificiale capace di imparare e immagazzinare informazioni e utilizzarle per conversare con gli utenti, scegliendo la risposta più inerente.
Queste informazioni possono essere prese da internet (anche se non è ancora certo) oppure apprese di conversazione in conversazione.
Le accuse mosse da diversi autori di cui non ci è dato sapere il nome sono state mosse proprio perché, stando alle loro affermazioni, OpenAI avrebbe “dato in pasto” a ChatGPT diverse opere protette da copyright senza aver chiesto il consenso.
In questo modo l’azienda avrebbe utilizzato in maniera impropria dei contenuti protetti da diritto d’autore.
L’accusa è stata mossa anche conoscendo i precedenti e il funzionamento stesso di ChatGPT che spesso prende estratti o trame già esistenti in altre opere spacciandole per inedite.
Anche se si prospetta un duro scontro in tribunale, gli artisti hanno chiesto a OpenAI un risarcimento in denaro, ma per adesso l’azienda non ha dato alcuna risposta.