Perché gli astronomi hanno bisogno di più telescopi spaziali, come Hubble e Webb? Perchè intorno alla Terra o al sole ci sono più telescopi in orbita?
La risposta è dovuta a due fattori principali: uno riguarda il campo visivo del telescopio, cioè la parte di cielo che osserva, il secondo fattore è la loro lunghezza d’onda. Ma cosa significa nello specifico? Andiamolo a scoprire!
Hubble e Webb: i telescopi spaziali più celebri dell’universo
Alcuni telescopi sono utili per osservare vaste aree del cielo in modo meno dettagliato, lavorando come telescopi di rilevamento per identificare oggetti indispensabili alle ricerche o, più semplicemente. per osservare l’universo su larga scala. Altri ancora, come il telescopio spaziale Hubble, osservano piccole aree del cielo con un grande livello di dettaglio, utile per studiare fenomeni particolari.
Un’altra caratteristica importante dei telescopi spaziali è la lunghezza d’onda in cui operano. Sia Hubble che il James Webb Space Telescope sono utilizzati per studiare le galassie, ma lo fanno con lunghezze d’onda diverse. Hubble opera principalmente nella lunghezza d’onda della luce visibile, la stessa degli occhi umani, mentre la tecnologia del Webb lavora principalmente nell’intervallo infrarosso dello spettro elettromagnetico: ciò significa che, osservando lo stesso oggetto, possono vedere aspetti completamente diversi.
Telescopi a confronto: Hubble VS Webb?
Detto questo, anche se Webb viene spesso definito il sostituto di Hubble, forse è più corretto definirlo un vero e proprio successore. Dopo tutto, gli obiettivi scientifici dietro il James Webb Space Telescope sono stati motivati dai risultati stessi di Hubble. La tecnologia di Hubble ci ha spinto a guardare a lunghezze d’onda differenti per andare oltre ciò che il telescopio aveva già osservato. Gli oggetti più distanti sono infatti più vicini al rosso e la loro luce viene spinta dall’UV, ed è per questo motivo che l’osservazione di questi corpi celesti particolarmente lontani, come le prime galassie formatesi nell’Universo, richiedono un telescopio a infrarossi.
Gli strumenti di Hubble possono osservare solo una piccola porzione dello spettro infrarosso: le sue capacità principali sono basate sull’ultravioletto e la parte visibile dello spettro. Questo è il motivo per cui, definire Webb come un sostituto di Hubble, non è del tutto corretto: le loro capacità non sono identiche e possono essere utilizzate per scopi diversi. Mentre Webb osserva l’Universo principalmente con l’infrarosso, Hubble lo studia basandosi su lunghezze d’onda ottiche e ultraviolette. Inoltre, anche la distanza in cui operano è un altro fattore piuttosto importante: Hubble si trova in un’orbita molto vicina alla Terra, mentre Webb è posizionato a 1,5 milioni di chilometri di distanza.
Vista a luce visibile e vista a infrarosso: due visioni dell’universo
Perché le osservazioni all’infrarosso sono importanti per l’astronomia? La risposta risiede soprattutto nelle stelle e nei pianeti che si stanno appena formando, e che, a causa della loro particolare condizione, rimangono nascosti dietro a bozzoli di polvere che assorbono tutta la luce visibile. Tuttavia, la luce infrarossa emessa da queste situazioni può penetrare lo strato polveroso e rivelare cosa si cela al suo interno.
Per capire al meglio le differenze e i vantaggi della vista a infrarossi e a luce visibile, vi basta osservare l’immagine qui sopra: si tratta della nebulosa Monkey Head, una regione di formazione stellare. A sinistra, l’immagine catturata con vista a luce visibile, a destra vedete quella catturata grazie agli infrarossi. Come potete notare, con la vista a infrarossi si riesce a superare la nube di polvere stellare, permettendo così di vedere moltissime più galassie.
Per quanto riguarda invece le possibilità ben distinte che offrono i due telescopi, trovate un altro esempio nelle immagini qui sotto. Il telescopio spaziale NASA/ESA Hubble ha reso famosi i Pilastri della Creazione catturando la prima immagine nel 1995: precisiamo che, l’immagine che vedete qui sotto a sinistra, è una versione rilasciata nel 2014, che offre una visione in luce visibile ancora più nitida e più ampia rispetto all’originale.
A destra vedete invece una nuova vista a luce “quasi infrarossa”, offerta dal telescopio spaziale James Webb, che ci aiuta a rivelare cosa nasconde la polvere in questa regione di formazione stellare. I pilastri marroni, spessi e polverosi, non sono più così opachi e si intravedono molte altre stelle rosse ancora in formazione. Mentre i pilastri di gas e polvere sembrano più scuri e meno penetrabili nella vista offerta dal telescopio Hubble, appaiono più trasparenti nell’immagine catturata dal Webb.
Hubble e Webb: due prospettive fondamentali per studiare l’universo
Un altro recente confronto conferma queste differenze: quella che vedete è la galassia NCG 3256, catturata sia dal Webb che da Hubble. L’immagine offerta dal Webb (a destra) mostra i vortici di polvere e gas che formano i bracci di questa galassia. Quando nuove giovani stelle nascono dalla polvere e dal gas, emettono radiazioni che colpiscono i grani di polvere intorno a loro, facendo brillare la polvere sulle frequenze dell’infrarosso. Anche le giovani stelle brillano sulla lunghezza d’onda dell’infrarosso, e le regioni più luminose visibili indicano focolai di formazione stellare.
L’immagine di Hubble (a sinistra) mostra la stessa galassia, ma osservata con una diversa lunghezza d’onda, ed è stata scattata nel 2018. Mentre la vista a infrarossi di Webb permette di guardare attraverso le nubi di polvere, nella gamma di luce visibile in cui opera Hubble la polvere crea fili scuri che bloccano la luce. La galassia è molto più luminosa vista sulle frequenze dell’infrarosso, è vero, ma grazie alla visione a luce visibile di sinistra possiamo notare che la galassia ha in realtà due nuclei, che sono il risultato della fusione di due galassie. Quest’ultimo è forse l’esempio migliore per comprendere i diversi vantaggi offerti dai due telescopi spaziali, i magici Hubble e Webb.