Un gruppo di scienziati ha identificato una nuova proprietà quantistica per misurare le stranezze dello spaziotempo e l’ha ufficialmente chiamata “magia”: potrebbe essere la chiave per spiegare come sono nati lo spazio e il tempo.
È stato lo scrittore di 2001: Odissea nello spazio, Arthur C. Clarke, a dire che “qualsiasi tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia”. Oggi possiamo dire che non ci siamo mai avvicinati tanto a questo concetto: secondo i ricercatori lo spazio-tempo potrebbe emergere da proprietà quantistiche, e una di queste particolari e misteriose proprietà è stata ufficialmente denominata “magia quantistica”.
Magia, mana e scienza
Appassionati di fantasy, giochi di carte, videogiochi e boardgame, quante volte avete sentito o letto parole come magia e mana durante le vostre letture o sessioni di gioco? Tante, vero? Bene, da oggi potreste cominciare a utilizzare questi termini anche in ambito puramente scientifico: un gruppo di scienziati del RIKEN Interdisciplinary Theoretical and Mathematical Sciences in Giappone ha identificato una nuova proprietà quantistica per misurare la stranezza dello spaziotempo e l’ha ufficialmente chiamata “magia”.
“I fisici sono da tempo affascinati dalla possibilità che lo spazio e il tempo non siano fondamentali, ma che derivino da qualcosa di più profondo“, spiega Kanato Goto del RIKEN Interdisciplinary Theoretical and Mathematical Sciences (iTHEMS) ai microfoni di Phys.org.
Il mistero dello spaziotempo: da Maldacena agli scienziati del RIKEN
Negli anni ’90, il fisico teorico Juan Maldacena ha messo in relazione la teoria gravitazionale che governa lo spaziotempo con una teoria che coinvolgeva le particelle quantistiche. In particolare, ha immaginato uno spazio ipotetico racchiuso in qualcosa di simile a un barattolo di zuppa.
Maldacena immaginò anche delle particelle che si muovevano sulla superficie della lattina, controllate dalla meccanica quantistica., e si rese conto che, dal punto di vista matematico, una teoria quantistica utilizzata per descrivere le particelle sul bordo è equivalente a una teoria gravitazionale che descrive i buchi neri e lo spaziotempo all’interno della massa.
“Questa relazione indica che lo spaziotempo stesso non esiste fondamentalmente, ma emerge da una qualche natura quantistica”, afferma Goto. “I fisici stanno cercando di capire quale sia la proprietà quantistica chiave”.
Secondo il documento scientifico “Probing chaos by magic monotones”, pubblicato di recente sulla rivista Physical Review D, esiste una proprietà di uno stato quantistico chiamata “magia”: “come dimostrato dal teorema di Gottesman-Knill, i cosiddetti stati stabilizzatori, che sono composti solo da porte di Clifford, possono essere calcolati in modo efficiente su un computer classico e quindi la computazione quantistica non offre alcun vantaggio.”
La “magica” ricerca di Kanato Goto e del RIKEN iTHEMS
“Gli stati non stabilizzatori sono chiamati stati magici, necessari per ottenere la computazione quantistica universale. La magia (monotona) è la misura della quantità di risorse non stabilizzatrici e misura quanto sia difficile per un computer classico simularne lo stato. Studiamo la magia degli stati nei regimi integrabili e caotici della generalizzazione higher-spin del modello di Ising attraverso due quantità: “mana” e “robustezza della magia” (RoM).”
I ricercatori giapponesi hanno scoperto che “nel regime caotico, il mana aumenta monotonicamente nel tempo nella regione dei primi tempi, mentre nei tempi finali queste quantità oscillano intorno a un valore non nullo che aumenta linearmente rispetto alle dimensioni del sistema. Il nostro risultato suggerisce anche che, in una dinamica caotica, qualsiasi stato si evolve verso uno stato il cui mana quasi satura il limite superiore ottimale; in altre parole, lo stato diventa massimamente magico”.
Goto e i colleghi di iTHEMS, Tomoki Nosaka e Masahiro Nozaki, hanno cercato la quantità quantistica che si potesse mappare e applicare al sistema limite per descrivere meglio i buchi neri. In particolare, hanno notato che i buchi neri hanno una caratteristica caotica che può essere descritta.
“Quando si getta qualcosa in un buco nero, le informazioni su di esso vengono strapazzate e non possono essere recuperate”, dice Goto. “Questo rimescolamento è una manifestazione del caos”. Il team si è imbattuto quindi nella “magia”, che possiamo definire come una misura matematica nata per stabilire quanto sia difficile simulare uno stato quantistico con un normale computer. I loro calcoli hanno dimostrato che, in un sistema caotico, quasi ogni stato si evolverà in uno “massimamente magico”, ovvero il più difficile da simulare.
Fonti: Phys.org